Immagine di apertura; l’isola di San Giulio con l’omonima Abbazia, al centro del Lago d’Orta (o Lago Cusio). (Foto di Giancarlo Pavat)
ALLA SCOPERTA DELLE CREATURE FANTASTICHE DELL’AMBONE DELLA BASILICA DI SAN GIULIO.
LAGO D’ORTA (Piemonte).
di Giancarlo Pavat
C’era una volta un lago ai piedi delle Alpi. In mezzo a questo specchio d’acqua sorgeva un’isoletta che godeva di trista fama. In quanto era invasa da spaventosi mostri e velenosi rettili.
Un giorno giunse sulle rive del lago un sant’uomo che, venuto a conoscenza della situazione dell’isoletta, decise di liberarla da tanto orrore.
Disteso il proprio mantello da pellegrino sulle acque del lago, vi salì sopra e miracolosamente questo lo condusse sino alle spiagge infestate.
2. immagine sopra; affresco del XV secolo visibile nella navata sx della Basilica, raffigurante l’episodio del miracoloso arrivo di San Giulio sull’isoletta del Cusio, sopra il proprio mantello (foto di Giancarlo Pavat)
Qui, gettando dei pani ai serpenti ed agli altri poco simpatici abitatori, li convinse a lasciare per sempre quel lembo di terra emersa.
3. Immagine sopra; una immaginaria creatura delle acque…con zampe anteriori e testa leonine e corpo pisciforme.
Non è l’incipit di una fiaba, o forse si. Comunque così comincia una leggenda, poi ripresa da vari racconti agiografici, sull’arrivo di San Giulio presso le rive del Cusio, nell’attuale Piemonte e sulla cacciata delle orribili creature dall’isola che da lui prenderà il nome, posta in mezzo al Lago d’Orta.
4. Immagine sopra; Sonia Palombo sulle rive del Lago d’Orta (o Lago Cusio). Sullo sfondo l’isola di San Giulio (foto di Giancarlo Pavat)
Il racconto dell’espulsione degli immondi rettili tramite l’escamotage dei pani non è altro che una allegoria dell’Evangelizzazione del Cusio mediante l’Eucarestia.
L’antico lago glaciale prealpino, fu davvero raggiunto nel IV secolo da due fratelli greci, Giuliano e Giulio. Provenivano dalla nativa isola di Egina, nell’omonimo golfo tra Attica ed Argolide. Erano sbarcati in Puglia, avevano risalito l’Italia Meridionale, attraversato il Basso Lazio, ed infine erano stati ricevuti dal Papa a Roma. Durante il lungo viaggio avevano fondato 99 chiese.
La centesima venne eretta sull’isoletta del Lago d’Orta. Dopo averne, beninteso, sfrattato mostriciattoli ed altre creature non certamente amabili. Almeno così racconta la leggenda.
5. Immagine sopra; Bassorilievo del XVI secolo, visibile nella Basilica di San Giulio, che immortala il Santo mentre arriva sull’isola in mezzo al Cusio e la trova infestata da serpenti, draghi e altre creature mostruose (foto di Giancarlo Pavat)
Nella Sacrestia della romanica Basilica (dedicata non s caso a San Giulio) dell’isola, si conserva la vertebra di una di queste repellenti creature. La spaventosa “Orchera”.
6. immagine sopra; la vertebra della spaventosa Orchera. Forse appartenente ad un animale preistorico o a qualche mammifero marino (foto di Giancarlo Pavat).
Trattasi, con tutta probabilità, del fossile di qualche animale preistorico o di un grande mammifero marino. Non risulta, però, che siano state fatte analisi per identificare a quale creatura appartenga la vertebra.
Comunque, ancora oggi, in ricordo dell’esorcismo del Santo, in quello scrigno di arte, storia, leggende e Fede, che è diventata l’isola di San Giulio, nel giorno di San Giulio, il 31 gennaio, vengono distribuiti e consumati i “Pani di San Giulio”. Focaccine dolci di farina bianca, preparate dalle monache che vivono nel Convento insulare. È antica tradizione consumarli sui prati o sui “sabbioni”, l’approdo all’isola.
7. Immagine sopra; Giancarlo Pavat sulle rive del Lago d’Orta (Cusio). Sullo sfondo l’isola di San Giulio con l’omonima Basilica (foto di Sonia Palombo)
Come facemmo io e mia moglie Sonia, in una freddissima ma sfolgorante domenica di gennaio (il 31 gennaio, appunto) di un anno lontano, in un altro secolo, dopo essere salpati in barca dal paese di Orta San Giulio, posto sulla riva orientale del Cusio
Un rito devozionale collettivo, che adombra l’“agape” dei primi Cristiani. Come erano appunto, San Giulio ed il fratello Giuliano.
8. immagine sopra; affresco del XV secolo visibile nella antisacrestia della Basilica di San Giulio, raffigurante San Rocco (foto di Giancarlo Pavat).
Un’isola affascinante, quindi, intrisa di antichi misteri, storie di santi e mostri, e sublimi opere d’arte, che conservano ancora gelosamente la cifra per disvelare i più reconditi significati.
9. immagine sopra; interno della Basilica di San Giulio, sull’omonima isola in mezzo al Lago Cusio in Piemonte (foto di Giancarlo Pavat).
Una tra le più importanti, custodita all’interno della Basilica di San Giulio, è l’ambone scolpito in serpentino d’Oria. Universalmente considerato come uno dei più alti esempi di scultura romanica, non solo dell’Italia settentrionale.
10. immagine sopra; l’ambone romanico dell’XI secolo della Basilica di San Giulio. Vi è raffigurato un abate con il bastone a firma di Tau. Si tratta, forse, di Guglielmo da Volpiano (foto di Giancarlo Pavat).
L’ambone si presenta decorato da una teoria di simbologie di matrice cristiana (ma non solo), che vanno dalle figure vegetali, animali, a quelle fantastiche, mostruose ed umane.
11. immagine sopra; l’ambone romanico dell’XI secolo della Basilica di San Giulio. Sulla sx si nota un centauro pronto a scoccare una freccia con il suo arco. Al centro, invece, sono stati scolpiti due leopardi (simbolo del Demonio) che stanno per ghermire un cerbiatto (forse simbolo Cristico). (Foto di Giancarlo Pavat).
Inoltre, si riconoscono un mitologico centauro in procinto di tirare con l’arco, i Quattro Esseri del Tetramorfo, e due leopardi, in procinto di ghermire un cerbiatto.
In genere il leopardo, a cagione della sua pelle maculata, raffigura la doppiezza del Demonio. Mentre il cerbiatto è probabilmente una immagine di Cristo.
Troviamo persino un volto riconducibile all’essere denominato “Green Man”, “l’Uomo Verde”, “l’Uomo Arboreo”. Dalla cui bocca fuoriescono rampicanti vegetali e foglie.
Ma visto che si è sull’Isola di San Giulio non poteva mancare un rettile mostruoso. Una specie di coccodrillo in lotta con un Grifone.
12. immagine sopra; l’ambone romanico dell’XI secolo della Basilica di San Giulio. Da sx si riconosce l’abate con il Tau (forse Guglielmo da Volpiano), al centro l’Aquila giovannea e , a dx, il Grifone, simbolo cristico, in lotta con una specie di coccodrillo.
Allegoria dell’eterno conflitto tra il Bene ed il Male. Il Grifone o “Grifo” secondo la mitologia custodiva favolosi tesori e ricchezze e per questo motivo, ancora oggi, campeggia sullo stemma araldico del Corpo della Guardia di Finanza.
13. Immagine sopra; il Grifone simbolo della Guardia di Finanza in una artistica raffigurazione esposta al Museo Storico della Guardia di Finanza a Roma (foto di Giancarlo Pavat).
14. Immagine sopra; lo stemma araldico del Corpo della Guardia di Finanza.
15. Immagine in basso; due grifoni in oro e bronzo reggono uno scudo con il Monogramma dell’Arciduca Massimiliano d’Asburgo nel Castello di Miramare a Trieste (foto di Giancarlo Pavat)
Nella scultura dell’ambone il mitico animale rappresenta Cristo, ed il coccodrillo, ovviamente, impersona il Male con la maiuscola.
16. Immagine sopra; l’ambone della Basilica di San Giulio. Il Grifone (che probabilmente rappresenta allegoricamente Cristo) in lotta con un rettile (forse un coccodrillo), simbolo del Male (foto di Giancarlo Pavat).
Sebbene le guide e le pubblicazioni sulla Basilica di San Giulio e sulle opere d’arte ivi conservate, riconoscano nel misterioso rettile proprio un coccodrillo, lo è per davvero?
17. Immagine sopra; l’ambone della Basilica di San Giulio. Da sx si notano uno dei due leopardi, l’abate Guglielmo da Volpiano, l’Aquila giovannea e il Grifone in lotta con una specie di coccodrillo. Ma è davvero un coccodrillo?
Se osserviamo bene la scultura ci si accorge che sembra avere soltanto due zampe! Mentre i Coccodrilli (e i loro cugini alligatori, caimani e gaviali) ne hanno ovviamente quattro.
18. Immagine sopra; un fantasioso coccodrillo miniato sul “Bestiario di Aberdeen” del XII secolo. Tralasciando il muso… (che non è certamente quello dalla caratteristica forma triangolare di questi “arcosauri” viventi), le zampe sono correttamente quattro! (Fonte Wikipedia).
19. Immagine sopra; un gigantesco Coccodrillo del Nilo (Fonte Wikipedia)
Ma non solo. Sul fianco del rettile ci sembra di scorgere addirittura un’ala ripiegata!
Quindi ci troviamo davanti ad una specie di rettile bipede e alato. Un Drago?
Non proprio. Abbiamo già visto in altri articoli pubblicati su questo sito che, quello che normalmente viene chiamato “Drago”, è per gli studiosi di araldica, folklore o iconografia sacra, il “Drago occidentale” o “Drago classico della tradizione europea”.
Per la cronaca è quello che compare nella bandiera del Galles.
20. Immagine sopra: il “Drago occidentale” che campeggia sulla bandiera del Galles (Archivio ilpuntosulmistero).
Iconograficamente è reso come una sorta di rettile (effettivamente simile ad un coccodrillo!) di smisurate dimensioni. Ha un corpo coperto di scaglie, con ali membranose di pipistrello, corna, spesso una cresta, coda acuminata, capacità di sputare fuoco e fiamme e, soprattutto, quattro zampe.
Quindi il “coccodrillo” dell’ambone della Basilica di San Giulio non può essere un drago.
E allora cos’è? Tenendo sempre presente che l’ignoto artefice ha realizzato un opera simbolica e non certamente un manuale di zoologia, possiamo ipotizzare che si tratti di una Viverna.
21. Immagine sopra; Bassorilievo della Cattedrale di Trento. Vi è raffigurata un Viverna morsa da una cane. Ha solo due zampe anteriori e le ali sono ripiegate sui fianchi del mostro. (Archivio ilpuntosulmistero).
22. Immagine sopra; una Viverna araldica disegnata da Giancarlo Pavat. Qui la Viverna ha solo due zampe posteriori! (Archivio ilpuntosulmistero).
La mostruosa creatura chiamata Viverna è decisamente simile al Drago, ma si differenzia da quest’ultimo per la presenza di due sole zampe!
Generalmente nei bassorilievi romanici possiede solo le zampe anteriori, mentre nell’Araldica si presenta soltanto con quelle posteriori. Quindi il rettile in lotta con il Grifone potrebbe essere proprio una Viverna. La quale, in questo particolare contesto, ha le medesime valenze negative dei Draghi, dei Serpenti e di tutti i rettili in generale .
23. Immagine sopra; Drago o Viverna? Qual’e’ la reale natura del mostruoso rettile del bassorilievo conservato nella cripta della chiesa di San Giovanni Battista a Ceccano in Ciociaria? (Foto di Giancarlo Pavat)
Anche due delle quattro colonne che sorreggono l’ambone sono decorate. Su una si notano nodi intrecciati, teste leonine ed il Serpente dell’Eden con una mela in bocca.
Infine, l’anonimo artista ha eternato un misterioso personaggio che impugna un bastone a forma di Croce del Tau.
24. Immagine sopra; affresco con Sant’Antonio Abate con il bastone a forma del Tau, visibile nell’omonima chiesa di Priverno (LT). (Foto di Giancarlo Pavat)
Tra il X ed il XII secolo, simili oggetti venivano utilizzati come insegna degli Abati in ricordo del Primo di essi, Sant’Antonio da Coma.
Per questo motivo, la grande studiosa Beatrice Canestro Chiovenda (che pubblicando, nel 1957, una monografia sull’ambone, lo ha fatto conoscere al mondo) ritiene che si tratti proprio di un abate e, molto probabilmente, di quel Guglielmo da Volpiano (1), monaco e riformatore cluniacense, nato e battezzato sull’isola stessa. Il Tau dell’ambone presenta il tratto orizzontale terminante con due volute a forma di corna d’ariete.
Ed un bastone del tutto simile è stato scoperto nell’Abbazia della Trinità di Fecamp in Normandia. Che ebbe come abate proprio Guglielmo da Volpiano, che vi morì nel 1031.
25. Immagine sopra; Reliquiario di San Giulio conservato nella Basilica di San Giulio. (Foto di Giancarlo Pavat)
Quindi l’unica figura umana dell’ambone della Basilica di San Giulio, sarebbe il grande riformatore che con il suo bastone a forma di Tau, dalle rive del Cusio, percorse con inesauribile vigore, pellegrino tra i pellegrini, peccatore tra i peccatori, povero tra i poveri, umile con gli umili e coraggioso con i potenti, le vie tortuose dell’Occidente Europeo, per diffondere il Vangelo e la riforma dell’”Ordo Sancti Benedicti“.
(Giancarlo Pavat)
(1) Durante le guerre contro Berengario II (900-966) per il controllo della “Corona Italica”, l’Imperatore Ottone I° di Sassonia assediò l’Isola di San Giulio in cui si era asserragliata Willa, moglie del “Re Italicus“, con i suoi fedelissimi. Nell’estate del 962 d.C., dopo due mesi di strenua resistenza, l’Isola venne presa per fame. Ma l’Imperatore si mostrò magnanimo ed in segno di riappacificazione liberò Willa. Anzi, come ulteriore dimostrazione di volontà di pace, fece da padrino assieme alla consorte Adelaide, al battesimo del figlio di Roberto da Volpiano, luogotenente di Willa. Il piccolo verrà chiamato Guglielmo e diventerà uno dei personaggi più importanti a cavallo dell’Anno Mille nell’ambito del movimento di Riforma irradiatosi da Cluny. Guglielmo fu abate di San Benigno vicino a Digione, sostò a lungo nel cenobio di Farfa nel Reatino e, presso Volpiano, nelle terre avite, fondò la celebre Abbazia di Fruttuaria. Sono sopravvissute alcune sue lettere autografe ed è citato in numerose “cronache” di vari monasteri europei. Inoltre, le vicende della sua vita ci sono note attraverso la biografia scritta dal suo discepolo Rodolfo il Glabro (980-1047). Il famoso cronista dell’Anno Mille, di cui è celebre la frase “.. come scrollandosi e liberandosi della vecchiaia, la terra si ricopre di un candido manto di chiese“, riferita alla ripresa dell’attività di edificazione sacra al volgere del Millennio.
26. Immagine sopra; l’isola di San Giulio in Piemonte (Archivio ilpuntosulmistero).
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