ATTENZIONE! L’ARTICOLO CONTIENE IMMAGINI NON ADATTE A PERSONE IMPRESSIONABILI!
Il ‘Dottor Morte’ e i Maestri del Sonno Eterno…
di Roberto Volterri
Mummificare un corpo con l’antiquata tecnica utilizzata all’ombra delle Piramidi?
Troppo complicato!
Oppure affidarsi a particolari condizioni climatiche come potrebbe essere avvenuto per certe mummie peruviane? Località troppo lontane e costi proibitivi…
In tempi molto più recenti va per la maggiore il metodo della ‘plastinazione’ ideato nel 1982 dal dottor Gunther von Hagens!
Per gli amici soltanto Dottor Morte…
1. Immagine sopra; L’ineffabile anatomopatologo Gunther von Hagens avrebbe deciso di vendere on line i corpi “plastinati” con il suo innovativo metodo della per imbalsamare i cadaveri.
In pratica, i liquidi biologici del cadavere vengono sostituiti da polimeri siliconici iniettati dopo aver pompato, attraverso le arterie, massicce dosi di Formalina per arrestare qualsiasi processo degenerativo cellulare.
Il ‘Dottor Morte’ – così oggi viene chiamato l’anatomopatologo dottor von Hagens. Con somma sua soddisfazione… – ha pensato anche di esporre alcune sue ‘opere d’arte’ in una mostra denominata “Body World”, forse ispirandosi ad un suo più illustre predecessore, Honoré Fragonard, fondatore dell’omonimo Museo ove espose le sue creazioni anatomiche ottenute imbalsamando in modo quasi incredibili uomini e animali e mettendo in evidenza ogni struttura anatomica.
2. Immagine sopra; Il “simpatico” Dottor Morte vorrebbe plastificare anche il suo corpo. Naturalmente post mortem!
3. Immagine sopra; Eros e Thanatos! Una delle più ammirate creazioni del ‘Dottor Morte’!
4. Immagine sopra; Pochi anni fa, a Roma, chi scrive ha ovviamente visitato questa interessante Mostra con l’esposizione di molte opere del Dottor Morte.
Gli inquietanti ‘scorticati’ di Fragonard
Nella bella cittadina francese di Grasse – oggi più nota per i profumi che lì vengono creati – nel 1732 nasce Honoré Fragonard, cugino del più noto e quasi omonimo pittore. A trent’anni, con una laurea in chirurgia in tasca, Fragonard incontra lo stalliere di corte del re Luigi XV, tale Claude Bourgelat, appassionato sia di cavalli della loro complessa anatomia.
5. Immagini sopra; Una delle moltissime, ben riuscite, imbalsamazioni di Honoré Fragonard, conservata nell’omonimo Museo, a Parigi.
Per comprenderne più a fondo il modo in cui i possenti muscoli consentano al magnifico quadrupede di lanciarsi a folli velocità, Bourgelat assume Fragonard per dissezionare i cavalli deceduti per le più svariate cause, lo nomina Docente di Anatomia alla locale Scuola Veterinaria e, successivamente, anche Direttore della Scuola stessa.
Fragonard non perde di sicuro tempo e, visti i successi conseguiti, apre a Parigi una seconda Scuola di Veterinaria dove si dedica a tempo pieno ai suoi ‘scorticati’, ovvero animali e corpi umani imbalsamati con un suo metodo di cui, però, non divulga i particolari, salvo il fatto che la miscela da lui ideata per rendere ‘eterni’ i tessuti vascolarizzati non usava cera fusa ma sego di montone – quasi una ‘ricetta’ alchimistica! – che fonde a temperatura più bassa e non distrugge i tessuti.
6. Immagine sopra; Un inquietante, poco rassicurante, capolavoro di Honoré Fragonard: uno ‘scorticato’ in cui sono visibilissimi i muscoli, i tendini e l’apparato circolatorio.
Oggi rimangono solo una ventina di ‘scorticati’ poiché la Rivoluzione Francese provvide – purtroppo! – a distruggerne la maggioranza. Chi volesse osservarne da vicino qualcuno – de visu e non in fotografia. É molto meglio! – potrebbe recarsi al Musée Fragonard, situato presso la Scuola Nazionale Veterinaria di Alfort, appena fuori la città di Parigi.
La prego, dottore, mi imbalsami con cura!
Imbalsamare, che passione!
Proprio così, poiché – tralasciando l’antico Egitto – già il grande Leonardo da Vinci aveva fatto qualche interessante esperimento (ci meravigliamo?) per imbalsamare i cadaveri iniettando alcune sostanze chimiche di cui non sono riuscito a trovar traccia. Miglior successo sembra avesse il dottor Frederik Ruysich oltre due secoli più tardi, ma furono William Hunter e Jean Gannal – tra Settecento e Ottocento – a iniettare attraverso la carotide efficaci miscele chimiche in grado di conferire ‘vita eterna’ al corpo di qualche (in)volontario ‘paziente’.
Dobbiamo ora recarci a Palermo…
Qui incontreremo Alfredo Salafia, la piccola Rosalia Lombardo e il dottor Giuseppe Tranchina del quale posso riportare en passant solo qualche notizia del suo metodo per imbalsamare i cadaveri.
In pratica Tranchina incideva la carotide e vi iniettava una soluzione acquosa di Arsenico bianco e Cinabro. Dopo un’ora sembra che il cadavere riprendesse… ‘colore’ e si mantenesse flessibile per alcuni mesi, dopo di che si disseccava e diventava di un inquietante colore scuro e così rimaneva per tempi lunghissimi e senza emanare ‘afrori d’oltretomba’.
7. Immagine sopra; Il dottor Giuseppe Tranchina, il quale ebbe come allievo anche Alfredo Salafia.
Sulle tracce di Tranchina e del suo metodo potrei ricordare anche il dottor Raimondo Barsanti il quale riuscì ad imbalsamare l’intero corpo di tale Gaetano Arrighi dopo il suo passaggio ad una “vita migliore ” di quella che poteva offrirgli il Bagno Penale di Livorno nei primi decenni degli anni Trenta dell’Ottocento.
Il 9 Marzo 1836 Arrighi abbandonò per sempre la ‘valle di lacrime’ in cui aveva commesso un bel po’ di reati e – poiché amici, se ne aveva, e parenti pensarono bene di non reclamarne il corpo – Barsanti ebbe l’idea di sperimentare il ‘metodo tranchiniano’ con notevole successo, tanto che adesso il risultato dell’esperimento è ben visibile presso il Museo di Anatomia dell’Università di Pisa.
8. Immagine sopra; Il corpo imbalsamato del detenuto Gaetano Arrighi appare così dal lontano 1836 ad opera del dottor Giuseppe Barsanti che usò il ‘metodo tranchiniano’.
I Maestri del Sonno Eterno
La ‘macchina umana’ – come tutte le ‘macchine’ – non ha una durata illimitata. Purtroppo è così!
A volte ha una ‘durata’ che rientra nei limiti imposti dal ‘costruttore’ – l’Onnipotente per chi ha fede, Madre Natura per gli altri… – ma a volte va in panne troppo presto, quasi subito. Però appare insito nell’animo umano una sorta insopprimibile anelito all’immortalità fisica.
Dagli “elisir di lunga vita” di alchimistica memoria alle raffinate tecniche egizie per conferire una sorta di pseudo-immortalità al corpo del loro Faraone durante la sua permanenza nell’Amenti – l’Aldilà per chi viveva all’ombra delle piramidi – è stato un continuo susseguirsi di tentativi per lasciare concrete, durature, visibili ‘tracce’ della permanenza dell’Uomo in questa – tutto sommato piacevole! – ‘valle di lacrime’.
Senza avventurarci troppo lungo gli infiniti rivoli della Storia, facendo finta di dimenticarci per un attimo di Gerolamo Segato & Co., in grado di ridurre “ a solidità lapidea” i corpi organici, vorrei proseguire ricordando un personaggio, quasi sconosciuto al gran pubblico, il quale, nei primi anni del Novecento, mise a punto una raffinata tecnica in grado di conservare indefinitamente e con caratteristiche direi uniche il corpo di chi si era avventurato sine die sui sentieri di un sonno senza fine, in un lontano e nebuloso Aldilà.
Intendo parlare di Alfredo Salafia – forse il miglior “Maestro del Sonno Eterno” – e del suo più ben riuscito esperimento: l’incorrotto corpo della piccola, sfortunata Rosalia Lombardo, la quale lasciò questo mondo a soli due anni.
Procediamo con la calma dovuta all’ambiente in cui ci stiamo avventurosamente incamminando…
9. Immagine sopra; L’imbalsamatore siciliano Alfredo Salafia riuscì ad imbalsamare quasi perfettamente il corpo della piccola Rosalia Lombardo, deceduta nel 1920.
Palermo, 1869.
Nel capoluogo siciliano nasce un personaggio che passerà tutta la sua esistenza ad assicurare ad alcuni suoi simili una sorta di ‘immortalità’ consistente nel rallentare quasi per sempre il disfacimento dovuto ai naturali processi disgregativi delle cellule. Non studia medicina ma acquisisce una vastissima esperienza come tassidermista, mettendo soprattutto a punto un procedimento chimico che sembra producesse quasi incredibili risultati. Il suo nome è Alfredo Salafia.
In una trentina di fogli manoscritti descrive il suo ‘miracoloso’ metodo nel piccolo trattato “Nuovo metodo speciale per la conservazione del cadavere umano intero allo stato permanentemente fresco”. Dopo una più che ovvia introduzione relativa alle antiche tecniche di mummificazione, Salafia – già allievo del medico Giuseppe Tranchina, i cui metodi erano stati ben descritti da Francesco di Colo nel libro “L’imbalsamazione umana”, pubblicato nel 1910 – illustra anche i suoi più riusciti interventi sulle mortali spoglie di Francesco Crispi, del Senatore del regno Giacomo Arnò e anche dell’arcivescovo palermitano Michelangelo Celesia.
10. Immagine sopra; Il bel volto – conservatosi in modo quasi incredibile per oltre un secolo anni – della piccola Rosalia Lombardo, morta a Palermo nel 1920 all’età di due anni. “Miracolo” dovuto alla perizia di Alfredo Salafia.
Poiché il ben noto detto “nemo propheta in Patria” – ovvero, perdete le speranze se aspettate di essere apprezzati da chi vi sta più vicino… – trova spazio sotto qualsiasi cielo, in qualunque latitudine e in qualsiasi epoca, anche il nostro imbalsamatore, bravissimo ma purtroppo privo di qualsiasi titolo accademico, non riscuote eccessive simpatie negli ambienti ‘scientifici’ della terra sicula e così, nel 1910, raggiunge il nipote Achille Salomone emigrato negli Stati Uniti quattro anni prima.
A New York, insieme, danno…vita – permettetemi il fin troppo facile calembour! – ad un’attività, la “Salafia Permanent Method Embalming Co.”, che si occupa di imbalsamazioni di corpi umani la cui ‘anima’ vaga negli eterei universi di lontani ‘Altrove’.
C’è da precisare che fin dai primissimi anni dell’Ottocento la scuola siciliana di anatomia poteva vantare eccelsi risultati anche nel campo dell’imbalsamazione di corpi umani soprattutto per merito del già citato dottor Tranchina ideatore di un metodo a base di Arsenico, senza eviscerazione ma praticato appena dopo il decesso.
Sembra ottenesse ottimi risultati nel giro di pochissimo tempo…
Le mummie di Via dei Cipressi
A Palermo, il locale Ufficio Toponomastica non avrà dovuto impegnarsi molto per decidere quale nome dare alla via che conduce al Convento dei Cappuccini, noto in tutto il mondo per le sue migliaia di mummie – variamente conservate – che accolgono i visitatori lungo i lugubri corridoi delle Catacombe.
Se ne ricordò anche Ippolito Pindemonte nei “I Sepolcri” che hanno ‘rallegrato’ – insieme al foscoliano e quasi omonimo carme – la nostra permanenza sui banchi del Liceo…
Inaugurate – diciamo così per sdrammatizzare! – nel 1621, le Catacombe hanno ospitato i corpi dei più vari personaggi – preti, militari, avvocati, bambini, gente del popolo, chiunque – fino al 1881.
“L’effetto di quelle gallerie vaste e semibuie, illuminate solo dall’alto, dalle pareti folte di quelle che a tutta prima potrebbero sembrare bizzarre sculture naturali, brune stalattiti polverose, è un effetto piranesiano. Casse da morto ammucchiate le une sulle altre, dal cui spioncino intravedi un volto spaventoso di mummia, spesso azzimato dai fronzoli di una moda defunta, file e file di scheletri irrigiditi in bruni sai, penduli come abiti usati nel tenebroso magazzino di una Morte rigattiera…”.
Così scrive Mario Praz nel suo libro “Viaggi in Occidente” e l’autore delle pagine che state leggendo non può che dargli ragione, avendo visitato in lungo e in largo le Catacombe del Convento dei Cappuccini.
In un orario – poco prima della chiusura serale… – che accresceva il vago senso di inquietudine originato dal sentirsi ‘osservato’ da chi non ha più occhi per vedere…
11. Immagine sopra; Uno dei numerosi corridoi delle Catacombe del Convento dei Cappuccini di Palermo. Passeggiarci poco prima dell’ora di chiusura è un po’ inquietante…
Come venivano imbalsamate quelle migliaia di silenziosi ‘ospiti’ delle Catacombe? Prima di tutto veniva effettuata l’eviscerazione e poi la “scolatura” del corpo per disidratare tutte le parti molli. Dopo un anno, il defunto, ormai essiccato, veniva lavato con aceto – nei casi ‘pericolosi’, con Arsenico e acqua di calce, ovvero una soluzione acquosa diluita di Idrossido di Calcio, Ca(OH) – riempito con paglia e reso ‘elegante’ con quelli che erano stati i suoi abiti della festa.
Un metodo che i mummificatori della Valle del Nilo avrebbero di sicuro disdegnato!
Di metodi per imbalsamare un corpo umano, in verità, ne sono stati messi a punto moltissimi, ma quello ideato dal Salafia non ha eguali e solo di recente – anche grazie alle ricerche di un Paleoantropologo che più avanti incontreremo – è stato pubblicato un libro a cui mi sono ispirato per il titolo di questo articolo: “ Il Maestro del Sonno Eterno”, ove il “Maestro” è solo e soltanto Alfredo Salafia con il suo ‘immortale’ capolavoro, il corpo della piccola Rosalia Lombardo, incorrotto da quasi un secolo.
12. Immagine sopra; Il libro scritto dal Paleoantropologo messinese Dario Piombino Mascali per ricordare l’opera di imbalsamatore di Alfredo Salafia, oltre ad approfondirne la tecnica e a riportare la ‘ricetta’ usata per ottenere tali eclatanti risultati.
Uno dei metodi usati e abbastanza noti, risale al 1873 e lo si deve al dottor Leprieur che con la sua ‘ricetta’ riuscì a dare ‘vita eterna’ – ma solo al corpo, naturalmente! – iniettando a tale Alberto Keller, abitante a Terzuolo, in provincia di Cuneo, un liquido attraverso la carotide sinistra.
Poiché sono certo che di ‘materia prima’ a portata di mano non ne avrete mai, posso anche correre il rischio di fornirvi la ricetta ‘stessa. Tanto…
‘Ricetta’ imbalsamatrice usata dal Leprieur.
- 20 grammi di Acido fenico in acqua, al 2,5%
- 20 grammi di Acido arsenioso
- 100 grammi di glicerina industriale
- 100 grammi di Acetato di soda
- 760 grammi di acqua
Però – forse per innate ‘affinità elettive’ verso i metalli e le loro infinite applicazioni – il metodo che più mi ha incuriosito è il ‘processo galvanoplastico’, dovuto al Variot.
In pratica, verosimilmente tramite un sistema di piccole pompe, il sistema vascolare della salma veniva riempito con una miscela di Cloruro di Zinco, Acido fenico e Glicerina. Poi stomaco, intestino, fosse nasali venivano disinfettate con forti soluzioni antibatteriche.
Ogni apertura naturale del corpo del ‘paziente’ – che ormai tale più non era… – veniva chiusa con un mastice mentre tutta la superficie cutanea veniva resa conduttrice di elettricità mediante una soluzione di sali di Argento e Fosforo bianco sciolto in Solfuro di Carbonio. Infine il corpo veniva immerso in una soluzione di Solfato di Rame. Quasi un procedimento alla Frankenstein!
Alla fine del complesso processo, il cadavere risultava ‘metallizzato’, di un… ‘bel’ colore ramato poiché era ricoperto da circa mezzo millimetro di questo metallo.
In questa atmosfera quasi ‘alla Dario Argento’ proseguiamo…
Il ‘Fluido della perfezione’
Così sembra venga definita la composizione liquida messa a punto da Alfredo Salafia e ora descritta dettagliatamente nel libro di Piombino-Mascali.
“[…] Il fatto – egli scrive – che Salafia abbia perfezionato il proprio fluido entro il 1901 suggerisce che egli sia stato uno dei primi a mettere a punto una formula d’imbalsamazione “moderna”, non più costituita da sostanze tossiche come l’ Arsenico e il Mercurio, altamente nocive per l’ operatore […]” .
In pratica, nei manoscritti di Salafia studiati dal ricercatore messinese – ma pare che la composizione fosse già nota in precedenza… – consiste in una parte di Glicerina, una parte di Formalina al 40% satura di Solfato di Zinco e contente anche il 10% di Cloruro di Zinco secco, infine si aggiunge una parte di Acido salicilico.
La ‘miscela’ veniva iniettata attraverso un’arteria femorale.
“[…] Messa a nudo un’ arteria femorale – riporta ancora Piombino-Mascali riprendendo le note manoscritte del Salafia – si incide la parete superiore per una lunghezza capace di lasciare il tubetto di vetro con la direzione verso il tronco: si lega bene il tubetto di vetro all’ arteria e si lega pure l’ altro lato dell’ arteria; si apre il rubinetto e così sarà iniziata l’ iniezione endovasale… Per ottenere una pressione uguale e costante, l’ iniezione endovasale, deve eseguirsi a mezzo di una vaschetta di vetro con tubo di gomma posta a m. 1,50 più alta dell’ arteria da cui si vuole introdurre il liquido conservativo […]”.
Sembra un procedimento non complicatissimo, ma pare che solo il Salafia sia riuscito ad ottenere uno splendido risultato come quello di dare imperitura ‘vita’ – almeno nel ricordo dei suoi cari e di chi apprezza il genuino interesse dei ‘Maestri del Sonno Eterno’ – al corpicino della sfortunata bambina siciliana il cui viso si mostra ancor oggi turgido e quasi ‘vivo’ anche grazie ad iniezioni di Paraffina sciolta in etere.
“[…] La glicerina – spiega ancora il paleoantropologo siciliano – faceva sì che il cadavere non si disidratasse troppo, oltre a donare elasticità e uniformità di colore ai tessuti. La formalina esercita un’ azione disinfettante e disidratante e i sali di Zinco una funzione antisettica e preservativa. Infine l’ alcool agiva sia come veicolo che come sostanza conservativa e penetrante, mentre l’ Acido salicilico preveniva la formazione di funghi […]”.
Oggi, purtroppo, “[…] sono evidenti – scrive ancora, allarmato, Piombino-Mascali – un certo oscuramento del volto così come lo sbiadimento dei capelli e tessuti per un processo di fotossidazione. È in atto un progressivo deterioramento imputabile alla continua esposizione alla luce. Inoltre l’ aumento dell’ umidità e l’ inquinamento atmosferico all’ interno delle catacombe forma acidi corrosivi che minacciano la sua conservazione […]”.
Sono comunque in atto iniziative atte ad evitare che il luogo in cui Rosalia Lombardo dorme da quasi un secolo il suo eterno sonno – luogo, probabilmente, oggi non del tutto idoneo ad evitare deterioramenti del corpo della piccola – venga opportunamente adattato (camera climatica, atmosfera satura di Azoto, ecc.) alle variate condizioni ambientali.

13. Immagine sopra; Una fotografia di alcuni anni fa del giovane Paleoantropologo Dario Piombino-Mascali durante le sue indagini sui resti di qualcuno che non avrà di certo problemi per sottoporsi ad una comunissima TAC!
Il “nemo propheta in Patria” vale purtroppo anche per i mortali resti di Alfredo Salafia poiché del suo corpo – tumulato nel cimitero di Santa Maria del Gesù, a Palermo – nulla rimane eccetto un abito blu dal nostro geniale imbalsamatore indossato al momento del trapasso nel lontano 1933…
Caro Dottore, così non si imbalsamano i Papi!
Purtroppo, tra tanti successi qualche volta capitano incidenti di percorso che – soprattutto in certi ambienti! – non dovrebbero mai capitare.
Il dottor Riccardo Galeazzi Lisi – Archiatra Pontificio, medico personale di Papa Pio XII, membro onorario della Pontificia Accademia delle Scienze – sembrava aver messo a punto un nuovo metodo di imbalsamazione da lui stesso definito “rivoluzionario”.
Dato l’ambiente in cui lavora – il Vaticano – pensa bene di illustrane i particolari proprio ad Eugenio Pacelli, al Papa, che – lo capiamo… – non apprezza immediatamente l’idea di venire ‘tagliuzzato’ in lungo e in largo per favorire il ‘progresso’ della Scienza e per far verificare al dottor Lisi la bontà del suo metodo. Si convince solo quando l’Archiatra Pontificio gli mostra l’ottimo risultato ottenuto imbalsamando la mano di un povero automobilista deceduto di recente in un incidente stradale…
Si giunge così al fatale 9 Ottobre 1958 quando anche Papa Pacelli passa a miglior vita. Il dottor Galeazzi Lisi non perde tempo e avvolge il corpo del Pontefice in molti strati di cellophane in cui ha posto anche varie miscele aromatiche e spezie di vario tipo. Forse si è ispirato a qualche sconosciuto metodo egizio scoperto rovistando negli infiniti archivi vaticani?
Se così fosse, egli ha ‘rovistato’ solo superficialmente poiché il corpo del Papa si decompone in tempi insolitamente brevi, il volto diviene subito grigio e da ogni orifizio naturale – nessuno escluso… – cominciano ad uscire scuri liquami che ne ricoprono il corpo esalando nell’ambiente un olezzo che mette a dura prova anche la proverbiale imperturbabilità delle Guardie Svizzere incaricate della sorveglianza dell’augusto cadavere.
Poi il ventre del Papa si gonfia incredibilmente e durante il tragitto verso Castel Gandolfo – residenza estiva dei Pontefici – letteralmente scoppia a causa dell’accumulo dei gas intestinali. Successivamente, durante il periodo in cui il corpo del Papa viene esposto per il devozionale pellegrinaggio dei fedeli, nauseabondi miasmi si diffondono nell’ambiente, mentre al povero Eugenio Pacelli cade il setto nasale e, a causa della deformazione dei muscoli facciali, un agghiacciante sogghigno ne devasta il viso.
Non soddisfatto del pessimo risultato ottenuto – ad onor del vero, la storia della Scienza è costellata di insuccessi a volte inevitabili… – Galeazzi Lisi immortala l’evento con molte fotografie e poi… le vende a giornali francesi!
Ovvia conseguenza di tutto ciò è che viene immediatamente radiato dall’Ordine dei Medici, è licenziato dal Collegio Cardinalizio e, addirittura, Giovanni XXIII, successore di Pio XII, lo bandisce a vita dal Vaticano.
L’ex Archiatra Pontificio, forse a sua ‘discolpa’, nel 1960, dà alle stampe un libro in lingua francese, “Dans l’ombre et dans la lumière de Pie XII” (Edizioni Flammarion) dove, incredibilmente, ripubblica le foto scattate durante l’agonia e l’imbalsamazione dello sventurato Papa Pacelli!
Sic transit Gloria mundi et Archiatri Papalis…
(Roberto Volterri).
–Le immagini sono state fornite dall’autore.
14. Immagine sopra; L’Archiatra Pontificio, dottor Riccardo Galeazzi Lisi, sfortunato imbalsamatore del corpo del Pontefice Pio XII, Papa Pacelli. A volte capita…
15. Immagine sopra; Le spoglie imbalsamate del papa Pio XII sembra si siano decomposte proprio durante le onoranze funebri…
16-17. Immagini sopra; Uno dei libri pubblicati dall’Archiatra pontificio Riccardo Galeazzi Lisi anche per giustificare certe incresciose circostanze durante e dopo il processo di imbalsamazione del Papa. Non so se esista anche il lingua italiana.
I LIBRI DI ROBERTO VOLTERRI



























