PIRAMIDI IN SICILIA E IN ITALIA ; di Daniela Giordano.

Immagine di apertura: una piramide siciliana.

PIRAMIDI IN SICILIA E IN ITALIA

di Daniela Giordano

Esiste una struttura architettonica che ci arriva da un lontano passato. E’ presente quasi dappertutto sulla Terra e molti ricercatori indipendenti ne ipotizzano un’unica origine culturale che attraverso i millenni ci parla della sua presenza: la piramide. 

Diversi sono gli stili rappresentati nel mondo: a gradoni, romboidali, la classica a punta, a forma allungata, o anche a cono ma tutte vengono chiamate piramidi o templi piramidali.      

  1. Immagine sopra. I diversi stili delle Piramidi presenti nel mondo – Disegno di S.E. Davis

 

Sebbene diverse per posizione geografica, per grandezza o per stile, molte hanno in comune l’orientamento secondo i punti cardinali, l’allineamento astronomico con Sirio o con le tre stelle della cintura di Orione – così come si ritiene quelle della piana di Giza, in Egitto – o allineamenti con astri diversi, secondo le divinità amate dalle popolazioni.

Sebbene poco famose, anche in Italia abbiamo delle piramidi.

Grazie ad una osservazione satellitare, l’architetto Vincenzo Di Gregorio ha scoperto nel 2001 tre formazioni collinari, modellate dall’uomo e utilizzate come siti astronomici e sacrali. Denominate le Piramidi di Montevecchia, si trovano nella Val Curone, in Lombardia, e sono simili, se non per grandezza, per posizione e orientamento astronomico a quelle di Giza.

 

  1. Immagine sopra: una delle tre “Piramidi di Montevecchia”. Probabilmente trattasi colline naturali modellate deliberatamente dall’Uomo. Si trovano nei territori di Perego (frazione del comune di La Valletta Brianza) e Rovagnate in provincia di Lecco.

Purtroppo ben poco è stato fatto per quanto riguarda analisi o datazioni di queste strutture. Di Gregorio ricorda che i Celti in Nord Italia erano presenti circa nel VII secolo B.C. e che le prime forme di agricoltura risalgono a circa 11 mila anni fa. Questo fa ipotizzare che queste piramidi del Nord Italia potrebbero essere state costruite dai 10.000 ai 3.000 anni fa.

 

L’archeologa viennese Gabriella Lukacs, professore associato alla University of Pittsburgh Department of Anthropology, ha effettuato un allineamento e una triangolazione tra le piramidi in Italia e quelle bosniache. Dal tracciato si evidenzia che la Piramide di Vesallo (Reggio Emilia) è in allineamento con quelle di Sant’Agata dei Goti-Pontassieve-Vesallo-Montevecchia Curone. È da notare che Vesallo si trova all’altezza della Piramide Motuvun (Istria), mentre quella di Sant’Agata dei Goti si trova proprio sulla perpendicolare di Visoko (Bosnia).

 

  1. Immagine sopra: l’ipotesi dell’archeologa Gabriela Lukcas sulla “Triangolazione piramidale”.

  1. Immagine sopra: Piramide di Sant’Agata dei Goti (BN)

 

Ipotesi e teorie si sprecano anche per le misteriose piramidi scoperte circa 10 anni fa in Sicilia

Sono circa una quarantina, di cui una proprio al centro della Sicilia, vicino Enna, denominata la Piramide di Pietraperzia. Mancando dati e riferimenti certi, come provenienza e datazione, accese discussioni sono di prammatica. La maggior parte di queste piramidi sono collocate in semicerchio intorno alle pendici del vulcano Etna nella piana di Catania, la più estesa pianura siciliana coltivata ad uliveti e agrumeti.

Alte fino a 40 metri, a gradoni o coniche, su base rotonda o quadrata, intatte o semi-distrutte, e talvolta con altari sulla cima, queste piramidi sono state realizzate con la tecnica della posa delle pietre a secco, utilizzando blocchi di roccia vulcanica ordinatamente posizionate secondo uno schema eccezionalmente preciso. E una delle caratteristiche costruttive in Sicilia è proprio quella dei muri a secco. Ve ne sono moltissimi, sparsi per la campagna e anche nelle periferie delle città delimitando strade e poderi, soprattutto perché hanno un’ottima funzione antisismica.

Per lungo tempo la popolazione locale non ha mai dato molta importanza a queste strutture, considerate semplici vecchie costruzioni per controllare il lavoro degli agricoltori da parte dei latifondisti. Alcune sono difficili da individuare perché si trovano su terreni privati semi ricoperte dalla vegetazione o addirittura inglobate nella costruzione di abitazione private.  Inoltre, la ritrosia dei proprietari dei terreni, che temono che tali piramidi si trasformino in monumenti che necessitano di decreti e vincoli secondo le leggi, impedisce agli eventuali archeologi o ricercatori di sviluppare piani di studio e di analisi di queste costruzioni.

Comunque, la recente scoperta di antichi sentieri e canalizzazioni delle acque fanno pensare alla presenza di un’antica civiltà alle falde dell’Etna e quindi le piramidi potrebbero essere  antecedenti allo sbarco del popolo greco in Sicilia.

6. Immagine: Piramidi di Guimar, Tenerife, Canarie

 

Secondo alcuni storici italiani invece le costruzioni della Valle dell’Alcantara (orientate secondo i punti cardinali) sono soltanto delle semplici postazioni di osservazione costruite tra il XVI e il XIX Secolo.

 

7. Immagine sopra: Un’altra Piramide dell’Etna in Sicilia.

 

Ma con la loro somiglianza costruttiva e con il linguaggio astronomico del tumulo (“Cairn“) di Barnenez (lungo 70 metri, largo 26 e alto 8) in Bretagna, risalente secondo gli archeologi ad un’epoca compresa tra il 5000 e il 4400 BCE, e le celebri piramidi  presenti alle Canarie, nell’Isola di Tenerife, denominate le Piramidi di Güimar, ripropone il problema della loro datazione ed accende gli animi tra i ricercatori indipendenti e l’archeologia conservatrice/ortodossa sui loro misteriosi costruttori.

Così come le piramidi siciliane, anche le Piramidi di Guimar erano considerate solo il prodotto del lavoro dei contadini.

In realtà dimostrano connotazioni astronomiche eccezionali che furono scoperte dall’esploratore Thor Heyerdahl (1914-2002), celebre studioso norvegese che si era recato alle Canarie negli Anni ’60.

Antoine Gigal, fondatrice di Giza for Humanity, ricercatrice francese indipendente, esperta in egittologia e autrice di numerosi articoli pubblicati in svariate lingue, ha scoperto le piramidi siciliane grazie ad alcuni fotografi italiani.

Sapevo dell’esistenza di una decina di piramidi da alcuni fotografi italiani, ma durante la nostra missione esplorativa ne abbiamo trovate circa una quarantina” spiega l’archeologa francese “Tutte le piramidi, nonostante le diverse forme, avevano un sistema di rampe o scale d’accesso alla cima con vista privilegiata sulla sommità dell’Etna, un fattore che potrebbe far pensare a un culto di adorazione del vulcano”.

Queste costruzioni hanno caratteristiche architettoniche simili a quelle delle piramidi di Güímar, nell’arcipelago delle Canarie, e questo farebbe pensare a un’origine molto antica della loro costruzione. Secondo gli studiosi potrebbero essere stati i Sicani, prima dell’arrivo dei Siculi (e dunque prima del XV sec. a.C.), gli stessi che del resto hanno costruito alcune strutture piramidali nella Sicilia centrale.

Secondo una tesi più affascinante, le piramidi dell’Etna sarebbero state costruite dagli Šekeleš (o Shekelesh), una tribù della confederazione dei Popoli del Mare, provenienti dalla zona del Mare Egeo e che secondo alcuni archeologi sarebbero gli antenati dei Siculi (o i Siculi stessi).

 

Secondo l’archeologa britannica Nancy K. Sandars sono stati gli Shekelesh a costruire le piramidi.

Originari della Sicilia sud orientale, questo popolo era esperto in navigazione e molti reperti ritrovati, come le anfore presso il Monte Dessueri (vicino Gela, Sicilia), sono totalmente identici a quelli trovati ad Azor, nei dintorni di Jaffa (Israele). Grazie alla loro maestria nella navigazione, hanno raggiunto Tenerife e l’isola di Mauritius, costruendo delle piramidi identiche a quelle presenti in Sicilia.

Omero, nell’Odissea, si riferisce alla Sicilia come Sikania e nei testi classici viene denominata Sikelia, questa è l’origine del nome per cui sono stati chiamati Sicani. Questo popolo probabilmente era già lì tra il 3000 e il 1600 B.C. amalgamandosi poi con la popolazione del Neolitico.

Dall’Età del Bronzo e dall’antichità classica vengono le prove dell’esistenza di un altro popolo: gli Elisani (o Elimi ai quali si attribuisce la costruzione del Tempio di Segesta e di cui nessuno finora è riuscito a decifrare la loro lingua) che emigrarono dall’Anatolia e potrebbero essere i discendenti dei famosi Popoli del Mare. Tucidide riferisce che erano rifugiati scappati da Troia.   

Questi sopravvissuti potrebbero essere un gruppo di troiani fuggiti via mare che, stabilitisi in Sicilia, si mescolarono con i Sicani. Virgilio scrive che erano guidati dall’eroe Aceste, re di Segesta in Sicilia, che diede aiuto a Priamo durante la guerra e accolse il fuggitivo Enea, aiutandolo nella sepoltura del padre Anchise ad Erice (Erix).

Per avere conferma delle diverse ipotesi e delle origini troiane, basterebbe fare delle analisi del DNA delle ossa che sono state trovate.  Come sempre, problemi di carattere economico e burocratico impediscono veloci soluzioni per dipanare dubbi e misteri.

8. Immagine sopra: le posizioni approssimative degli Elimi e i loro vicini, i Sicani e i Siculi, in Sicilia intorno all’XI secolo a.C. (prima dell’arrivo dei Fenici e dei Greci).

9. Immagine sopra: Il Tempio degli Elimi a Segesta in Sicilia.

 

Non è facile stabilire quali dei popoli elencati abbia costruito le Piramidi in Sicilia.  Gran parte della nostra conoscenza degli antichi abitanti di quest’isola proviene da autori come lo storico Diodoro Siculo (90-27 a.C.), che in realtà ne dice ben poco, e Tucidide (460-394 a.C., storico e militare ateniese, uno dei principali esponenti della letteratura greca antica), che considerava i Sicani una tribù dell’Iberia del sud. Sempre secondo Tucidide, furono i Sicani a sconfiggere il gigante Ciclope.

10. Immagine sopra: Diodoro siculo in un affresco del XIX secolo.

 11. Immagine sopra: Tucidide (460-394 a.C.)

 

Si sa che i Sicani vivevano in confederazioni autonome e che avevano stretti legami con la civiltà minoica a Creta (4000 – 1200 B.C.) e con i Micenei (1450 – 1100 B.C.). È anche noto che la civiltà minoica con cui i Sicani erano ben collegati fece un balzo improvviso verso il 2000 B.C. e primeggiò tra le culture del bacino del Mediterraneo.

Una teoria suggerisce che ciò era dovuto al contatto con gli antichi Egizi che avrebbero quindi divulgato le loro tecniche e condiviso i collegamenti commerciali con la Mesopotania. Infatti nello stesso periodo i Minoici inventarono una forma di scrittura basata su un sistema geroglifico.

Intorno al 1400 B.C. vi fu una grande migrazione dei Sicels (Si’keloi) dalle coste della Calabria verso la Sicilia che si stabilì principalmente nella parte orientale dell’isola, respingendo così i Sicani a ovest. Lo storico greco Filisto da Siracusa (IV secolo a.C.), autore di Storia della Sicilia (Sikelikà), racconta che questa invasione ebbe origine dalla Basilicata e fu guidata da Siculo, figlio del Re Italo, il cui popolo era stato costretto a trasferirsi dai Sabini e dalle tribù umbre. In tempi più antichi questo popolo avrebbe dominato tutta l’area tirrenica, dalla Liguria alla Calabria.

Altri ricercatori, in tempi recenti, pensano che Siculo e il suo popolo abbiano invece avuto origine da est. Il Prof. Enrico Caltagirone e il Prof. Alfredo Rizza hanno calcolato che nella moderna lingua siciliana vi sono più di 200 parole che provengono direttamente dal sanscrito.  

L’origine e la storia dei Popoli del Mare, presunta confederazione marinara, si evince solamente da sette antiche fonti scritte egiziane. Secondo questi documenti, durante l’ottavo anno di regno di Ramses III, della Ventesima Dinastia, i Popoli del Mare tentarono di conquistare il territorio egizio. Nella Grande iscrizione di Karnak, il faraone egizio li definisce come “nazioni o popoli stranieri provenienti dal mare”.  Probabilmente provenivano dall’Egeo e, navigando verso il Mar Mediterraneo orientale sul finire dell’Età del Bronzo, invasero l’Anatolia (determinando il crollo dell’Impero Ittita), la Siria, la Palestina, Cipro e il Nuovo Regno Egizio, quest’ultimo senza molto successo.  

Sebbene contestato da molti studiosi, il popolo degli Shekelesh è solo uno dei nove che configurano i Popoli del Mare (Deneyen, Ekwesh, Lukka, Peleset, Sherden, Shekelesh, Teresh, Tjeker, Weshesh ).

Il mistero delle Piramidi in Sicilia non è di facile soluzione poiché composto da mancanza di dati certi, dall’intrico storico dei dati conosciuti e da miti e leggende che lambiscono questo enorme patrimonio. 

Recentemente l’associazione “Free Green Sicilia – sos Beni Culturali” ha lanciato un appello per salvare le misteriose piramidi dell’Etna da speculazioni edilizie e piani regolatori che potrebbero cancellare per sempre queste testimonianze del passato.

Tra l’altro, notizia non confermata, sembra sia stata creata una collaborazione tra l’Unione Europea e una partnership con studiosi di Tenerife (tra cui Vicente Valensia Alfonso che ha già lavorato con l’Università del Maine nel sito spagnolo di Güimar) per poter effettuare uno studio approfondito su tutta la zona.

Nel frattempo necessitano approfondimenti, ricerche, esplorazioni e… studiosi di buona volontà.

 

(Daniela Giordano)

12. Immagine sopra: Una descrizione parziale del testo geroglifico a Medinet Habu (sulla torre destra del Secondo pilone, a sinistra) e un’illustrazione dei prigionieri raffigurati alla base della Porta fortificata orientale (a destra), furono fornite per la prima volta da Jean-François Champollion in seguito ai suoi viaggi del 1828–29 in Egitto e pubblicato postumo.

Sebbene Champollion non li etichettasse, decenni dopo i geroglifici etichettati da 4 a 8 (a sinistra) furono tradotti come Peleset, Tjeker, Shekelesh, Denyen e Weshesh, e i geroglifici accanto ai prigionieri 4 e 6 (a destra) tradotti come Sherden e Teresh. (foto e testo Wikipedia).

 

13. Immagine sopra: Pantalica: la più grande necropoli scavata nella roccia d’Europa. Situata nei pressi di Siracusa, nel 2005 è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

 

ARTE RUPESTRE

 

 

 14. Immagine sopra: La grotta dell’Addaura è un complesso di tre grotte naturali poste sul fianco nord-orientale del monte Pellegrino a Palermo, in Sicilia. L’importanza del complesso è determinata dalla presenza di incisioni rupestri databili fra la fine dell’Epigravettiano (20.000 anni fa) e il Mesolitico (11.000 anni fa).

 

15. Immagine sopra: Il complesso delle Grotte dell’Addaura, a 70 metri sul livello del mare, sul fianco del Monte Pellegrino che domina Palermo.

 16. Immagine sopra: Il Labirinto di Monte Pellegrino e la copertina del libro di Giancarlo Pavat.

 “Il Monte Pellegrino, chiamato Munti Piddirinu in siciliano, è un promontorio calcareo alto poco più di 600 metri che si protende nel Mar Tirreno, chiudendo a nord il Golfo di Palermo e a sud quello di Mondello. Anticamente veniva chiamato Heirkte (Εἱρκτή) dai Greci e Gebel Grin (ovvero “montagna vicina”) dagli Arabi. Il rilievo è famoso non solo perché ben visibile dal capoluogo siciliano ma pure in quanto vi sorge, a circa 429 metri slm, il Santuario seicentesco della patrona di Palermo; Santa Rosalia. “Santuzza”, come la chiamano i Palermitani. Ma il Monte è stato frequentato sin dalla preistoria. Infatti sulle pendici nord-orientali si aprono alcune grotte in cui sono stati trovati reperti come utensili e resti ossei risalenti al Paleolitico e al Mesolitico. Ma non solo. Sono state rinvenute anche straordinarie pitture parietali, grossomodo databili tra l’Epigravettiano finale e il Mesolitico. Vi sono raffigurati uomini ed animali, come cervi, bovidi, cavalli. Ma a sconcertare in particolar modo è la scena in cui si vedono un gruppo di personaggi che paiono mascherati, disposti in circolo, attorno ad altri due con il corpo inarcato all’indietro. Ancora oggi si discute su che cosa vi sia rappresentato. Un rito con degli acrobati, oppure un sacrificio umano con i due che vengono soppressi mediante (auto)strangolamento? O ancora un rito di iniziazione sciamanica? Il mistero rimane. E proprio su questa montagna che, evidentemente sin dalla Notte dei Tempi, per i suoi frequentatori ha significato qualcosa che va aldilà del mondo puramente materiale, nel 2016, in mezzo ad una pineta, Stefano Baldi ha realizzato con pietre e piante un grande labirinto riconducibile alla tipologia “classica”. Vanta 11 circuiti e oltre 18 metri di diametro. Il Labirinto, trovandosi in uno spazio aperto, è sempre fruibile gratuitamente a chiunque salga sul Monte Pellegrino.” (da Giancarlo Pavat “Guida curiosa ai labirinti d’Italia” – Newton Compton 2019)

 

17. Immagine sopra: Statuetta di Melkart attribuita ai Fenici, trovata a Sciacca in Sicilia (Foto Antoine Gigal)

 

 

-Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autrice.

 

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