Storia medievale.
Il Veglio della Montagna ‘Sheikh-el Jebel’ e i suoi Serial Killers
di Roberto Volterri
È abbastanza probabile che il termine italiano “assassini” derivi dal plurale arabo al-Hashishiyyun , cioè fruitori dell’Hashish, ovvero “erba”, in arabo حشيش – sostanza psicotropa che si ottiene da alcune inflorescenze della Cannabis sativa.
Giovanni Boccaccio nell’ottava novella della terza giornata del suo “Decamerone” ricorda una “polvere di meravigliosa virtù” con cui il Veglio della Montagna teneva sotto controllo i suoi seguaci, futuri assassini.
Molto probabilmente alludeva proprio all’ Hashish.
1. Immagine sopra; Il Veglio della Montagna incontra Luigi IX il Santo.
Nella sua novella, in realtà, la “polvere” viene somministrata a Ferondo, sempliciotto personaggio che dovrà apparire morto proprio per avere assunto un po’ di hashish.
Sempre nell’ambito della narrativa, l’hashish diventa d’uso abituale per il famoso, giustamente vendicativo, Conte di Montecristo il quale la usa per regolare a piacimento i ritmi del sonno e della veglia. Poi ci pensò il poeta Baudelaire a magnificarne le magiche virtù nel suo “Les Paradis artificiels”, saggiamente concludendo però che “… orrenda è la sorte dell’uomo la cui immaginazione, paralizzata non sia più in grado di funzionare senza il soccorso dell’hashish o dell’oppio”.
In questo articolo farete la non tranquillizzante conoscenza proprio del “Veglio della Montagna” il quale conduceva i futuri sicari – insomma Serial Killer on demand! – in un meraviglioso giardino, faceva assumere loro infusi di hashish e contemporaneamente li faceva deliziare tra frutti e disponibilissime, meravigliose fanciulle. Poi dopo questo necessario, inebriante imprinting, prometteva loro ulteriori delizie solo nel caso avessero eseguito ben determinati omicidi politici.
E così il capo carismatico, l’eresiarca, il Maestro quasi divinizzato, il Veglio, manteneva inalterato il suo potere assoluto…
Lo ‘Sheikh-el Jebel’, il terribile Grande Vecchio
Ne parla anche un instancabile e ben conosciuto esploratore del XIII secolo quando – insieme al meno noto Rustichello da Pisa – scrive il ‘Libro di Marco Polo cittadino di Venezia, chiamato Milione, in cui vengono raccontate le meraviglie del mondo’.
E delle sue gesta – o, come vedremo, delle ‘loro’ gesta – parlano nei secoli successivi molti viaggiatori che hanno raccolto in contrade del Medio Oriente i racconti su alcuni mitici personaggi che avevano dominato per molti secoli, con ‘geniali’ ma violenti metodi, la scena politica della Persia a partire dalla fine dell’XII secolo.
Raccontavano infatti le gesta del misterioso e implacabile ‘Veglio della Montagna’, lo ‘Sheikh-el Jebel’.
“Milice è una contrada ove ‘l Veglio della Montagna solea dimorare anticamente… Lo Veglio è chiamato in loro lingua Aloodin. Egli avea fatto fare tra due montagne in una valle lo più bello giardino e ‘l più grande del mondo… E facea lo Veglio credere a costoro che quello era il paradiso…E in questo giardino non intrava se none colui cu’ e’ volea fare assesin…”.
Così infatti ricorda messer Marco Polo dopo un lunghissimo viaggio iniziato nel 1270 insieme al padre e allo zio e terminato ben ventiquattro anni più tardi dopo aver visitato le più remote e ‘strane’ contrade d’Oriente. Così ricorda ancora messer Polo parlando della setta dei temutissimi ‘Assassini’…
La descrizione che egli fa del ‘Veglio della Montagna’ riguarda la visita che effettua, appena ventenne, al quasi leggendario castello di Alamut durante un loro spostamento da Trebizond, sul Mar Nero, a Kerman, nella Persia sudorientale.
2. Immagine sopra; Ciò che resta del mitico castello di Alamut.
Ma cos’era Alamut? Chi era – o erano – in realtà il ‘Veglio della Montagna’?
Chi erano gli ‘Assassini’?
Alamut, di cui ai giorni nostri non restano che pochi ruderi, era una delle più spettacolari ‘basi’ da cui partivano gli implacabili sicari agli ordini di colui che fu per primo denominato ‘Veglio’, del grande ‘Vecchio della Montagna’.
Il nucleo originario del castello era stato edificato intorno all’anno 860 d.C., fu esteso in più fasi e fu definitivamente trasformato in una sorta di cittadella fortificata sotto la dinastia dei Safavidi persiani, tra il 1502 e il 1736, finchè, tra il XVII e il XVIII secolo, non venne usata come prigione reale utilizzata dai regnanti locali – come scrisse un viaggiatore francese, Jean Chardin – per “…liberarsi senza eccessivo scandalo…” di prigionieri nobili.
Il castello fu realizzato con estrema perizia tecnica, dotato di un sistema di rifornimento d’acqua che prevedeva enormi cisterne scavate nella roccia e di sorprendenti qanats, canali di irrigazione che consentivano al ‘Veglio’… di turno e ai suoi accoliti di creare – così narrarono le leggende sorte in seguito – un meraviglioso ‘ferdaws’, un rigogliosissimo giardino che avrebbe dovuto fornire ai futuri ‘Assassini’ il ‘sapore del Paradiso’.
Ma perché tutto questo? Per quale motivo creare in una fortezza nel deserto condizioni di vita tanto agiate? Troppo agiate per dei semplici soldati…
A cosa sarebbero dovuti servire splendidi ‘Giardini delle delizie’, ombrosi e provvisti di piscine a dei rudi uomini abituati a sopportare il caldo torrido del deserto e i disagi delle vita militare?
3.Immagine sopra; Un “Giardino delle delizie” immaginato da Hieronymus Bosch.
Per saperlo, ma soprattutto per discernere la storia dalla leggenda, dobbiamo fare un breve passo indietro nel tempo e considerare come le vicende dell’Islam si siano articolate nel corso dei secoli mostrando un’interminabile sequela di discordie, di guerre, di scismi. Come, d’altra parte, gran parte del resto del mondo…
Spesso, in passato, alcune ‘controversie’ si risolvevano, infatti, poco diplomaticamente… eliminando fisicamente gli avversari. A volte anche ai nostri giorni.
La nascita della Setta
Nel 632 della nostra Era, quando muore il profeta Maometto senza aver designato un suo successore, si creano subito forti contrasti tra il gruppo dei Muhagirun – o ‘Emigranti’, poichè hanno accompagnato il Profeta nella sua fuga dalla Mecca a Medina – e gli ‘Ansar’, o ‘Sostenitori’, costituito dagli abitanti della città che lo ha accolto e gli ha fornito appoggio materiale e spirituale.
4. Immagine sopra; “Muhammad, Messaggero di Dio”. Iscrizione presente sulla porta della Moschea del Profeta a Medina (Fonte Wikipedia)
Tra i due aspiranti alla successione – Alì, cugino e genero di Maometto, avendone sposata la figlia Fatima – e Abu Bakr, suocero del profeta – quest’ultimo viene designato khalifa, cioè “successore”.
Ha così origine quello che ancor oggi si chiama ‘Califfato’, dove il khalifa, il ‘Principe dei Fedeli’ esercita un potere quasi assoluto, sia religioso che temporale.
Ma sono in agguato gli Shi’atu ‘Alì, o ‘Partito di Alì’, il genero sconfitto…
Abu Bakr governa per soli due anni ed è sostituito da Omar ibn al-Khattab, il quale ancora una volta impedisce ad Alì di prendere il potere, cosa questa che gli riesce finalmente solo dopo l’assassinio di un altro Califfo, Othman, avvenuto a Medina il 17 Giugno dell’anno 656. Ma anche la ‘Mannaia di vertebre’ – come veniva chiamato il genero del Profeta a causa del suo coraggio e della sua forza – è tradito e assassinato mentre da Damasco si reca a Kufa.
Ė il 24 Gennaio dell’anno 661 della nostra Era.
Come si vede il clima di dissidi, di congiure, di rapide ‘eliminazioni’ dell’avversario era abbastanza fertile da dare origine – in maniera oltremodo ‘scientifica’ – alla ‘Setta degli Assassini’ che – quattro secoli più tardi – vide in Hasan-I Sabbah il suo ‘geniale’ fondatore.
Nato intorno al 1060 a Qom, a 150 chilometri da Teheran, Hasan viene educato dal padre in base alla dottrina degli Sciiti Duodecimani, poichè questa è la religione dominante nella cittadina di Rey dove è allevato.
Ma l’incontro con due ‘saggi’ – dapprima con il da’i ismailita Amira Zarrab, detto il ‘coniatore’ dall’attività di ‘copertura’ adottata, e poi con Abu Najm Sarraj, per lo stesso motivo detto ‘il sellaio’, il quale lo inizia agli insegnamenti più segreti ed esoterici della religione – mutano il suo modo di concepire la vita… e la morte.
Un terzo da’i, chiamato Mu’mim, gli fa prestare giuramento di fede eterna alle nuove dottrine e avvia Hasan – forse il primo vero ‘Veglio della Montagna’ – ad una fulgida carriera e a fondare la nuova ‘da’wa’, la nuova dottrina dei Nizari Ismailiti.
Gli ‘Assassini’, nascita della leggenda
Hasan-I Sabbah ebbe la geniale intuizione di trasformare l’assassinio a fini politici in uno strumento quasi ‘scientifico’, ricorrente a raffinate tecniche psicologiche e di suggestione. Fu soprattutto un affabulatore eccezionale, particolarmente preparato sul piano teologico e capace di un comportamento ascetico che induceva i suoi seguaci ad imitarne l’esempio e a non aver più ‘argomenti’ nel caso venissero sfiorati da qualche dubbio ‘ideologico’. Fu insomma il capostipite di quei personaggi che ancor oggi, nell’area mediorientale – e il tragico ’11 Settembre’ ne è tragica testimonianza – sono capaci di infiammare gli animi e di spingerli non solo all’omicidio ‘politico’ ma anche a gesti suicidi finalizzati a ben più ampie e tragiche conseguenze.
Ma a cosa servivano le splendide canalizzazioni, a chi erano destinate quelle che i viaggiatori occidentali descrissero come suggestive oasi artificiali create nell’arido deserto?
Cosa accadeva realmente all’interno di fortezze come la già citata Alamut o come gli altri ‘castelli’ persiani quali Samiran – definita dallo storico Yaqut, vissuto nel XIII secolo, come la ‘madre di tutti i castelli’ – oppure come Lamassar o Maymun Diaz, forse il più fortificato tra tutti i ‘castelli’ degli ‘Assassini’, o come Shah Diz, esempio di perfezione nell’architettura militare dell’epoca?
5.Immagine sopra; In inespugnabili castelli come questo si arroccava il “Veglio della montagna” con i suoi “assassini”.
Per cercare di rispondere a queste domande dobbiamo incontrare un altro eccezionale personaggio – forse il ‘Veglio della Montagna’ per eccellenza – il quale dal 1162 al 1193 fu considerato il Gran Maestro degli ‘Assassini’ siriani: Rashid al-Din Sinan.
6.Immagine sopra; Forse così poteva apparire Rashid al-Din Sinan., uno dei “Vegli della Montagna”
Nato in un villaggio vicino a Basra, nell’Iraq sudorientale, fu alchimista, poeta e scrittore di prestigio ma chi lo conosceva bene, ad esempio lo storico Kamal al-Din, lo definiva anche come un…
“… uomo molto particolare che si serviva di stratagemmi, aveva progetti ambiziosi ed era un gran truffatore che aveva il potere di incitare e di traviare gli animi, di tramare in segreto, di battere in astuzia i nemici e di usare i vili e i folli per i suoi scopi malvagi…”.
Sorvoliamo sulle vicende… poco chiare con cui, nel 1162, divenne Da’i, capo degli ‘Assassini’ siriani e analizziamo ora ciò che avveniva intorno a questo personaggio che può aver lasciato in messer Marco Polo – il quale sembra sia transitato da quelle parti poco meno di un secolo più tardi – il ricordo di un ‘Vetulus de Montanis’, di un ‘Segnor de Montagna’, di un ‘Vius de la Montaigne’ o, infine di un ‘Veglio della Montagna’. In realtà il primo a definire in tal modo il capo della setta degli ‘Assassini’ fu tale Beniamino di Tudela, il quale descrisse, nel 1167, le folli imprese degli individui che vivevano nelle fortezze della montagna e ubbidivano ad un ‘Veglio’ che governava ‘nella terra di al-Hashishin’. E tale definizione contribuì moltissimo, in seguito, al crearsi di una particolare leggenda…
Gli arabi, più tardi, definirono ‘Shaykh al- giabal’ il grande ‘Veglio’ ispirandosi ai resoconti dei viaggiatori occidentali, i quali, come spesso avviene, aggiunsero qualche elemento di fantasia che rese ancor più ‘mitico’ il comportamento di quegli strani uomini. E confuse le idee.
A partire ad esempio dal ‘ Giardino del Paradiso’ che forse… non è mai esistito.
‘Il Giardino del Paradiso’
Sia che derivi dall’antico persiano ‘pairadeeze’ – ‘parco reale’ o ‘giardino delle delizie’ – sia che tragga origine dal termine ‘firdaws’ – più semplicemente ‘giardino’ – il ‘Paradiso’ ha sempre avuto il significato di luogo in cui si dimora in pace, gratificati dalla presenza di Dio.
Ma, nel mondo islamico l’al-janna, il ‘Paradiso’ è sempre stato considerato anche luogo dove l’uomo avrebbe potuto appagare ogni suo desiderio sia spirituale che fisico, un luogo ameno dove scorrono fiumi dalle acque limpidissime, ove crescono splendidi frutti e – anatema! – è possibile bere del vino, mentre si contemplano tali ‘delizie’ tranquillamente sdraiati e serviti da splendidi fanciulli e… fanciulle.
7.Immagine sopra; Secondo Marco Polo, ai futuri “assassini” veniva dato da bere un intruglio di varie erbe per far credere di essere il vero Profeta che possedeva le chiavi del Paradiso.
“Situato sulla sommità delle Montagne di Giacinto, che nessun essere umano può scalare, il Paradiso era un giardino dell’Est; una lieve brezza soffiava giorno e notte, d’estate e d’inverno, sul suo terreno profumato. Il Giardino era bagnato da numerosi fiumi e riparato da alberi molto alti; era pieno di frutta, di piante profumate, di fiori di tutti i tipi; vi vivevano animali docili e uccelli che cantavano.”
Così recita una delle epistole dei ‘Fratelli della Sincerità’, setta che ebbe molta influenza sulla formazione teologica e psicologica dei due personaggi che abbiamo già incontrati: Hasan-I Sabbah e Rashid al-Din Sinan.
8.Immagine sopra; Hasan-I Sabbah “un mago la cui vita non ha bisogno di essere romanticizzata”, uno dei tanti “Vegli della Montagna”.
Abbiamo prima visto infatti come i ‘castelli nel deserto’ quali Alamut possedessero splendide opere di canalizzazione necessarie ad assicurare l’approvvigionamento continuo di acqua per genti costrette a rinchiudersi per lunghissimi periodi tra le mura della fortezza. Non è d’altra parte affatto strano il ritenere che in questi ‘castelli’ fossero stati creati dei rigogliosi ‘giardini’ poichè essi appartengono intimamente alla cultura e al pensiero ‘mistico’ persiano.
Da qui il passo verso la leggenda, su strani riti aventi un substrato ‘magico’, fu molto breve.
Sui viaggiatori occidentali il vedere o il solo sentir descrivere questi meravigliosi ‘Giardini dell’Eden’ isolati nell’arido deserto esercitò infatti un’enorme suggestione.
Suggestione che influenzò – per inciso – addirittura il sommo Dante nel magnificare il ‘suo’ ‘Paradiso’ nella ‘Commedia’, poi definita ‘Divina’.
Lo studioso spagnolo Miguel Adin Palacios, nel suo lavoro ‘Islam and the Divine Comedy’ (Londra, 1968), sostenne infatti che l’Alighieri fu – diciamo così – ispirato dalla conoscenza dell’opera dell’arabo Shakir ibn Muslim, di Orihuela, vissuto nei primi decenni del XII secolo, il quale descrisse in termini altamente poetici il viaggio delle anime verso una pianura che conduce al ‘Paradiso’.
E naturalmente la stessa influenza di queste ‘ paradisiache’ descrizioni si esercitò su vari scrittori, compreso il ‘nostro’ Marco Polo.
Ma ciò che agì ancor di più sulla ‘fantasia’ e sui resoconti di quegli avventurosi viaggiatori del XIII secolo fu anche quel che si favoleggiava intorno al rito del ‘Salto nel vuoto’.
Il ‘Salto nel vuoto’…
Uno scrittore dell’epoca che ebbe modo di conoscere ciò che si narrava a proposito del ‘Giardino delle delizie’ e del ‘Veglio della Montagna’ sostenne che i fida’i, gli adepti della setta degli ‘Assassini’, erano talmente suggestionati dalle sottili arti ‘magiche’ e psicologiche del ‘Gran Veglio’ di turno che, venerandolo come un dio, dietro un suo comando, si gettavano nel vuoto dalle mura del ‘castello’.
Con ovvie conseguenze…
Testimone attendibile di episodi del genere – ad onor del vero – fu anche il conte Enrico di Champagne, quando, nel 1194, si recò nel Principato di Antiochia in soccorso dei crociati minacciati dagli Armeni.
9.Immagine sopra; Il Conte Enrico I di Champagne, detto il Liberale
Durante il tragitto fu ospitato nel castello di Kafh, presso il ‘Veglio della Montagna’ che era succeduto a Rashid al-Din Sinan. Il ‘Veglio’ volle allora mostrare al re di Gerusalemme come i suoi fida’i fossero infinitamente più devoti al loro capo di quanto non lo fossero i combattenti cristiani. Così ad un suo cenno due soldati che si trovavano su un’alta torre si gettarono nel vuoto sfracellandosi sulle rocce sottostanti.
10.Immagine sopra; I fedelissimi seguaci del “Veglio della Montagna”, da un’alta torre si gettavano nel vuoto sfracellandosi sulle rocce sottostanti. Ma entravano subito nel loro “Paradiso delle delizie”…
Ma, poiché repetita iuvant, il ‘Grande Veglio’ ebbe la brillante idea di… far ripetere lo spettacolo finchè non fu lo stesso Enrico di Champagne – più che convinto! – a chiedere di cessare l’insana esibizione.
Questa cieca devozione al ‘ Grande Vecchio’, questo sprezzo del pericolo e della morte era, dai fida’i considerato un dovere e un onore poiché credevano che al termine del cruento ‘rito’ si aprissero per loro le porte del ‘Paradiso’, esattamente come quando si chiedeva loro di commettere qualche ‘omicidio politico’ senza alcun riguardo per la loro stessa vita.
Come non poteva tutto ciò influenzare le menti occidentali fino al punto di ritenere che la cieca obbedienza fosse frutto di droghe, vere sostanze ‘psicotrope’ non solo ‘droghe’ psicologiche dovute all’abilità dialettica, al fascino, alla suggestione esercitata dai vari ‘Vegli’ che si succedettero per circa due secoli su quelle isolate montagne ammantate di ‘mistero’?
E da qui il passo verso la ‘leggenda’ dell’Hashish fu altrettanto breve.
… e l’Hashish
E l’Hashish? L’hashish che avrebbe dato origine al nome attribuito alla setta?
Che i vari ‘Vegli della Montagna’ addottrinati in campo teologico e muniti di una solida cultura si occupassero anche di Alchimia e di ‘filosofia occulta’ in genere sembra assodato, anche perché tali conoscenze esoteriche facevano parte del bagaglio culturale dei ‘Fratelli della Sincerità’, setta che, come abbiamo già visto, esercitò notevole influenza su Hasan-I Sabbah, su Rashid al-Din Sinan e successori.
Ma non c’è traccia del tanto favoleggiato uso di droghe, Hashish per primo, che spiegassero la cieca devozione e il coraggio quasi sovrumano dei soldati agli ordini dei ‘Grandi vecchi’ che si avvicendarono in quegli anni su quelle impervie montagne.
A creare un alone di ‘leggenda’ intorno agli ‘Assassini’ fu addirittura un valido orientalista – Joseph von Hammer-Purgstall – evidentemente fuorviato dai suoi interessi riguardo all’occultismo, “…l’influenza disastrosa delle società segrete sui governi deboli […]” e “[…] la terribile prostituzione della religione agli orrori di sfrenate ambizioni…”.
11.Immagine sopra; Joseph von Hammer-Purgstall. Nel libro ‘Hystory of the Assassins’ descrisse a fosche tinte gli “Assassini” seguaci dei “Vegli della Montagna”. Forse aveva ragione…
Nel suo libro ‘Geschichte der Assassinen’ pubblicato a Stoccarda nel 1818 e successivamente a Parigi, nel 1833, e a Londra nel 1835 con il titolo ‘Hystory of the Assassins’, egli sostiene acriticamente e senza alcuna prova documentale – quasi manipolando la storia! – tutta una serie di nefandezze, alcune senza dubbio vere, altre solo presunte, di cui si sarebbero macchiati gli ‘Assassini’ “ […] criminali divulgatori dell’ateismo […]”, arrivando addirittura ad assimilarli ai ‘Cavalieri Templari’.
12.Immagine sopra; Cavalieri Templari.
E ciò solo poiché si mormorava che i Templari ‘rifiutavano la Croce come gli ‘Assassini‘ rifiutavano i princìpi fondamentali dell’Islamismo, aggiungendo che altra ‘prova’ derivava dal fatto che i seguaci del ‘Veglio della Montagna’ usavano mantelli bianchi e bende rosse come i ‘Templari’ che indossavano… mantelli bianchi con la croce rossa!
13-14. Immagini sopra; a sinistra; Un moderno “Templare” con mantello bianco e croce rossa e a destra una raffigurazione di Ḥasan-i Ṣabbāḥ primo Grande Maestro, il quale si stabilì nella fortezza di Alamut con i suoi fedelissimi discepoli.
15. Immagini sopra; Il sigillo dell’Ordine del Tempio.
Ma il ‘colpo di grazia’ allo studio serio, distaccato e imparziale su ciò che potrebbe essere realmente accaduto sulle sperdute montagne della Persia giunse con il libro ‘Magic, its Rites and History’ del francese Maurice Bouisson, in cui sono descritte la vita, le gesta e i ‘misteri proprio di Hasan-I Sabbāh “[…] un mago la cui vita non ha bisogno di essere romaticizzata […]”.
16. Immagine sopra; Il libro ‘Magic, its Rites and History’ del francese Maurice Bouisson, forse aggiunse eccessiva fantasia alle reali vicende legate agli “assassini” seguaci dei “Vegli della montagna”
Ispiratosi anche alle teorie di Joseph von Hammer-Purgstal, riguardo a quest’ultimo ‘Veglio della Montagna’, scrisse che…
“Al Cairo egli cominciò a prendere ascisc…L’ascic deliziava sia le notti dei fellahin e dei vogatori dahabiyah che quelle dei grandi signori… Le virtù dell’ascic erano celebrate negli archivi segreti della Grande Loggia poiché questa droga faceva aumentare i desideri e il coraggio, moltiplicava le visioni dei mistici e rendeva i guerrieri insensibili al dolore e sprezzanti di fronte alla morte, tanto che questi si gettavano in mezzo alla mischia ridendo selvaggiamente […]”.
Così, molto probabilmente, nacque la leggenda sul ‘Grande Veglio’ il quale avrebbe fatto vivere gli ‘Assassini’ nel ‘Giardino del Paradiso’ prima di inviarli verso qualche pericolosissima missione in cui avrebbero maturato ulteriori meriti per permanere nel ‘Giardino delle delizie’ e che avrebbe esercitato sui suoi soldati un potere quasi ’ipnotico’, dovuto anche all’uso di sostanze stupefacenti. Hashish soprattutto…
Ma – chissà? – forse tutto prese spunto soltanto dalle ‘innocenti’ parole di Beniamino di Tudela sul ‘Veglio’ che governava… “nella terra di al-Hashishin”.
(Roberto Volterri)
- Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore
17. Immagine sopra; “Il ritorno del Crociato” (Lessing XIX sec.) (Archivio IlPuntosulMistero)
Due libri sui temi trattati nell’articolo.
LIBRI DI ROBERTO VOLTERRI































