Immagine di apertura: Il “Vero” Basilisco. Non mi dite che non ha uno sguardo ‘terrificante’! Eppure è un quasi timido rettile che non farebbe male ad una mosca. Mi correggo, a quella sì…
Un Basilisco medievale e una Mandragora in giro per casa…
di Roberto Volterri
Non esiste Alchimista che si rispetti che non faccia scorrazzare nel proprio laboratorio un pacifico Basilisco!
Ma ve lo immaginate un qualsiasi Theofrasto Bombast von Hoenheim – per gli amici Paracelso, s’intende! – senza un verdognolo Basilisco appoggiato lì, in un angolo del fumoso laboratorio, vicino all’Atanor?
Datevi da fare adesso, perché non potrete spacciarvi per Alchimisti senza un bel Basilisco a Denominazione di Origine certificata!
“… è un drago che ha sulla testa una corona d’oro, grandi ali spinose e una coda di serpente che termina con la testa di un gallo. Uccide con lo sguardo e con il veleno…”.
Parola del grande Plinio il Vecchio (23 d.C. – 79 d.C.)!
Sto parlando proprio del terrificante Basilisco.
Si chiama così – ma di certo lo sapevate, vero? – perché in greco Re si dice Βασιλεύς , in latino Basileus, mentre la cresta che adorna il nostro ‘mostro’ fa sicuramente pensare ad un personaggio ‘regale’.
2. Immagine sopra. Basilisco in una raffigurazione del XVI secolo.
Più o meno in quegli stessi anni ne parla anche Marco Anneo Lucano (39d.C. – 65 d.C.) sostenendo che il primo Basilisco fosse nato in Libia dal sangue della Medusa che Perseo aveva decapitato.
3. Immagine sopra; Il capolavoro di Benvenuto Cellini, “Perseo con la testa di Medusa” (1554). Loggia dei Lanzi in piazza della Signoria a Firenze.
Poi, finalmente, arriva… la ‘Scienza’ e in epoca medievale sia Santa Ildegarda di Bingen(1098 – 1179), insieme ad un altro ‘basiliscologo’, Pierre de Beauvais, sostengono che il ‘mostro’ nasce dall’uovo di un gallo (e meno male che parliamo di ‘Scienza’!) deposto nel letame e covato da un rospo.
Nel 1474 a Basilea – senza darsi pena di indagare più di tanto – viene condannano a morte un gallo colpevole di avere deposto un uovo. Misteri di Madre Natura!
Ai nostri smaliziati tempi, il Basilisco imperversa ancora…
4. Immagine sopra;Fontana con scultura realizzata da scultore Luca di Francesco, raffigurante un Basilisco, a Malesco nel Verbano-Cusio-Ossola (Fonte Wikipedia)
Il Basilisco di Malesco.
Se andate nella bella cittadina di Malesco, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, potreste ammirare una bella fontana in cui lo scultore Luca di Francesco ha immortalato un ‘Basilisco’ locale, attingendo informazioni dagli abitanti del luogo che giurano di averlo visto.
Di Francesco ha potuto documentare anche che da sempre in svariate località alpine, si narra di un rettile dalle proprietà ipnotiche, che semina il terrore tra gli escursionisti che si addentrano nelle numerose zone (quasi) incontaminate.
Ancor oggi si segnala qualcosa che assomiglierebbe ad un ‘Basilisco’ in Val Vigezzo, vicino al Parco Naturale della Val Grande e in particolare tra gli abitanti di Malesco.
Una ventina di anni fa, forse nel 1990, tale Giuseppe Costale, dirigente del locale Club Alpino Italiano, dotato anche di una buona formazione scientifica, viene contattato da due escursionisti che affermano di aver rinvenuti – nei pressi dell’ Alpe Lusentino – i resti ossei di uno strano rettile.
Il signor Costale tenta allora di ricomporre lo scheletro ma il risultato finale non trova riscontro in alcun testo di zoologia. Neppure relativo ai tempi in cui l’uomo ancora non camminava su questa terra…
L’anno dopo lo stesso Costale si trova sui sentieri che conducono a Pizzo Cronia alla ricerca di funghi ma invece di qualche bel Boletus edulis – per gli amici, Fungo Porcino – si trova vis-â-vis con una specie ignota di rettile, lungo una settantina di centimetri, di colore grigio chiaro ma con il dorso un po’ più scuro. Quel che colpisce il Costale è una strana criniera posta sulla sommità del cranio dell’animale e gli occhi ipnotici, che egli definisce ‘quasi umani’…
Naturalmente l’animale si dilegua nel bosco e di lui non se ne sa più nulla.
O meglio, sembra che i primi resti ossei facciano parte della collezione privata del signor Costale e che siano stati esaminati dalla Facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano e anche dal bellissimo Museo di Scienze Naturali della stessa città.
Ma non conosco i risultati di tali indagini…
5. Immagine sopra; Particolare del ‘Basilisco’ di Malesco, immortalato nel bronzo dallo scultore Luca di Francesco.
Molti altri esperti ‘basiliscologi’ hanno dissertato su questo più o meno mitico animale. Il Venerabile Beda afferma anche lui che il ‘Basilisco’ nasce da un uovo deposto, ogni tanto, da un gallo anziano e meno male che non precisa – come hanno fatto altri esperti del settore – che ciò avviene di certo ogni sette anni, quando la stella Sirio si trova in una particolare congiunzione ‘astrale’!
L’uovo però deve essere sferico e, per almeno nove anni, deve essere covato da un bruttissimo batrace. Procedimento lungo, difficile da realizzare nel vostro salotto di casa. E necessario trovare un’altra soluzione…
Tale Teofilo Monaco ci complica la vita perché suggerisce di far copulare due galli – suvvia allarghiamo il concetto di ‘libertà sessuale’ anche a questi simpatici animali! – che però siano rinchiusi in un luogo sotterraneo.
Al solito, il frutto…’della colpa’ deve essere covato da due rospi.
Ancor più difficile! Questo esperto suggerisce anche che arrostendo un Basilisco, le ceneri che se ne ottengono servono a preparare il cosiddetto Aurus hyspanicus, mescolandolo, sembra, con polvere di Rame.
Il tutto, secondo, gli esperti di Alchimia avrebbe consentito la mitica trasformazione dell’Argento in Oro. Qui ci addentriamo in un campo ‘minato’, troppo difficile anche per voi notoriamente esperti di Alchimia!
Se proprio volete avere a portata di mano un ‘Basilisco’ dovrete ripiegare su quel che Madre Natura vi offre…
In mancanza di ricette’ sicure per creare un Basilisco, rivolgetevi ad un bravo Erpetologo!
In casa avete un po’ di spazio – diciamo maggiore di quel che occuperebbe un discreto acquario – e volete allevare il vostro ‘Basilisco’ personale?
Non avete particolari problemi di ‘convivenza’ con vostra moglie, fidanzata, compagna? Bene!
Allora accendete il vostro PC e recatevi subito nell’affascinante sito ‘Amici insoliti’ di Roberto Benelli (www.amiciinsoliti.it) dove imparerete tutti i segreti per allevare in casa la versione non leggendaria del mitico animale. Certo che l’ottimo Roberto Benelli (anche per solidarietà con un suo omonimo…) apprezzerà la citazione, riporto brevissimi cenni sull’universo dell’allevamento di questo timidissimo rettile.
Altro che ‘sguardo che uccide’!
6. Immagine sopra; Un Basilisco dallo sguardo per niente rassicurante!
“… La teca ideale, in tutto vetro, dovrebbe misurare almeno 120 x 60 x 120 cm (Lu x La x Al), meglio se potete eccedere ulteriormente raggiungendo un paio di metri di lunghezza. Il fondo andrà diviso in due con una lastra alta 25-30 cm per ricavare una parte acquatica. Nella fase di progettazione del terrario ricordate quindi di praticare sul vetro posteriore due fori (pochi cm sopra il livello d’acqua) per l’entrata e l’uscita delle bocchette di un filtro a pompa centrifuga che starà fuori del terrario (da caricare con lana di perlon + carbone attivo, e pulire 15 giorni). Non usate filtri interni che vi costringerebbero a terrorizzare gli animali per le normali operazioni di manutenzione. Dovrete comunque effettuare cambi d’acqua regolari per evitare l’accumulo di inquinanti (minimo una volta al mese, meglio se più frequente, vista la tendenza di questi animali a defecare nell’acqua). Le feci, per inciso, andranno comunque allontanate immediatamente o non ci sarà filtro in grado di reggere! Nell’acqua potrete mettere sul fondo un sottile strato di ghiaietto a grana grossa (2cm) ed una radice affiorante che si appoggi alla riva. Nella parte asciutta potrete mettere palline di argilla espansa (come drenaggio) coperte con almeno 10 cm di torba, che, a causa del suo Ph molto acido, contrasterà lo sviluppo di batteri e funghi. In questa parte, basilischi permettendo, dovrete cercare di fare attecchire qualche pianta robusta: Monstera, Phylodendron, Dieffenbachia, Yucca, Sansevieria, Bromelie, o anche un semplice Ananas recuperato dal frutto (cresce lentamente però!). Inoltre riempirete tutta l’area sovrastante con rami robusti ben fissati (per evitare che i salti dei Basilischi li facciano crollare). L’alimentazione non rappresenta di solito un problema, i Basilischi consumano infatti qualsiasi tipo di insetto o piccolo vertebrato che gli entri in bocca, in genere li si nutre con grilli, locuste, caimani (Zophobas morio), camole del miele e topini appena nati. In natura gli adulti seguirebbero una dieta basata anche su anfibi e piccoli sauri, ma chi ha il cuore di sacrificarli? E’ buona norma integrare i pasti con preparati a base di calcio, soprattutto nel caso si allevino giovani esemplari, per evitare il rachitismo. Talvolta i Basilischi consumano anche frutta ben matura (banana, ananas, papaia, pesca, albicocca) che fornisce un prezioso apporto di vitamine e sali minerali…”
Ma consultate il sito indicatovi. Ne vale veramente la pena!
Oppure – per tornare un attimo alle antiche ricette – provate con quel che suggerisce il solito Giovanbattista Della Porta.
Egli prescrive di immergere un uovo di gallina – finalmente qualcosa di normale! – in una soluzione contenente Arsenico, veleno di serpente ed una miriade di altri ingredienti che è meglio non nominare affatto.
Lasciato qualche giorno in questa infernal mistura, l’uovo deve essere posto a covare da parte di una chioccia ‘volontaria’.
Non si garantiscono risultati sicuri…
7. Immagine sopra; Narrano antiche cronache che per eliminare il Basilisco è necessario che esso stesso… si elimini guardando la propria immagine riflessa in uno specchio.
8. Immagine sopra; Fontana con Basilisco a Basilea in Svizzera (Fonte Wikipedia).
Un’ulteriore curiosità…
Lo scudo con lo stemma della città svizzera di Basilea è retto proprio da un Basilisco, poiché (come visto all’inizio) nel 1474 un povero gallo venne dapprima processato infine condannato a morte – al rogo, c’era da aspettarselo! – per avere… deposto un uovo.
9. Immagine sopra; Il Basilisco che regge lo scudo con lo stemma della città di Basilea.
Come per molti altri ‘mostri’, non potendoli avere da Madre Natura, uomini di tutti i tempi hanno pensato di fabbricarseli.
Così, presso il Museo Civico di Storia Naturale di Venezia potete ammirare un ‘bel’ Basilisco che più falso non si potrebbe avere, frutto di qualche fantasioso incrocio di altri animali.
10. Immagine sopra; Il Basilisco visibile nel Museo Civico di Storia Naturale di Venezia.
11. Immagine sopra; Sempre con lo sguardo torvo, un Basilisco d’altri tempi.
12. Immagine sopra; Suvvia, non è poi così brutto questo Basilisco plumifrons che potrebbe vivere in cattività come qualsiasi iguana o tartaruga che si rispettino!
13-14. Immagini sopra e sotto; Carini vero? Sembrano parenti stretti! E, in effetti lo sono, poiché il ‘Drago’ sulla destra, affettuosamente abbracciato dall’autore di queste pagine, non è altro che il prodotto finale di una falsificazione che può partire dalla ‘Razza’ visibile nella foto sopra. Con un po’ di pazienza e di abilità manuale anche voi ci riuscireste…
15. Immagine sopra; Stemma dell’isola di Bornholm (in norreno Burgundaholmr, ovvero “l’isola dei Burgundi”) nel Mar Baltico. Sebbene si trovi a soli 37 km al largo della costa svedese, in realtà appartiene alla Danimarca.
16. Immagine sopra; Tipica spiaggia dell’isola di Bornholm nel Mar Baltico. Atmosfera da Basilischi e creature teratoformi marine! (Foto G. Pavat)
17 Immagine sopra; San Trifone, davanti all’Imperatore Gordiano, ammansisce il terribile Basilisco, personificazionedel Demonio. Tempera su tavola (141×300 cm) di Vittore Carpaccio, realizzata nel 1507 e attualmente conservata nella Scuola di San Giorgio degli Schiavoni a Venezia.
La magica Mandragora degli Alchimisti… in un angolo del salotto.
“… Colui che haverà bevuto il sugo della mandragora
coi suoi frutti o la radice patirà rossezza di viso, d’occhi, stupidezza di mente et alienazione e pazzia e sonno profondo. La sua cura e prendere la triaca magna, distemperata nel vino, ma che sia subito tardargli il mangiare per un giorno e beva del vino eccellente puro e fiuti l’aceto gagliardo”.
18. Immagine sopra; Da un Codice medievale la raffigurazione della Mandragora.
Così afferma categoricamente un cinquecentesco, ponderoso volume ove si avverte l’incauto lettore sulle pericolosissime proprietà della Mandragola officinarum, curiosa pianta della famiglia delle Solonacee caratterizzata da una strana biforcazione che le fornisce una connotazione ‘antropomorfa’.
Da qui la sinistra, magica fama acquisita nel corso dei secoli che, alternativamente, l’ha vista come apportatrice di eccezionali virtù afrodisiache o, viceversa, di tragiche conseguenze per il malcapitato che avesse avuto l’ardire di utilizzarne il rizoma.
19. Immagine sopra; Il rizoma della ‘Mandragora’ in vendita in Internet…
Sono passati i tempi oscuri in cui la si doveva cercare sotto le forche degli impiccati!
Secondo certi autori la Mandragora nascerebbe principalmente dallo sperma che l’impiccato emette durante spasmi dell’agonia e deve essere quindi cercata soprattutto nei luoghi dove sono avvenuti questi condanne a morte. I rinascimentali testi di ‘Magia’ raccomandano comunque di non toccarla con le mani: bisognerebbe legarla con un laccio ad un cane e far allontanare velocemente l’animale finché non la strappi dal terreno.
20. Immagine sopra; La ‘magica’ pianta della Mandragora dovrebbe essere recuperata, forse con l’aiuto di un cane, dal terreno dove era stato impiccato qualcuno. Mancando, ovviamente, tale soluzione, ci si può arrangiare… con Internet ove si vende di tutto.
Cosa, questa, più facile a dirsi che a farsi!
Plinio il Vecchio ebbe a notare, forse per primo, la sua struttura antropomorfa e, naturalmente, individuò subito la Mandragora maschile e quella femminile.
Passano inesorabilmente i soliti anni, i soliti secoli e – nei primi anni del 1200, Michele Scoto (1175 – 1232), matematico, astrologo e filosofo scozzese vissuto anche alla Corte di Federico II di Svevia, suggerisce di mescolarla all’Oppio e al Giusquiamo per usarla come anestetico durante le rudimentali operazioni chirurgiche dell’epoca.
Successivamente – quasi per certo a causa della sua forma vagamente ‘umana’ – diviene uno degli ingredienti principali delle pozioni o unguenti ‘stregoneschi’. E non a caso…
La Mandragora, infatti, contiene ioscina, iosciamina, atropina e altri principi attivi ‘psicotropi’ che inducono nell’individuo una sorta di ‘trance’ ipnotica, una fase REM (Rapid Eye Movement), ove nella mente si affollano anche terrificanti sogni, le indimenticabili ‘visioni’ oniriche caratteristiche di quasi ogni descrizione dei demoniaci Sabba.
Nel tardo Rinascimento si suggeriva addirittura l’uso di un unguento a base di Mandragora per trasformarsi in Licantropo!
21. Immagine sopra; Lupo che ulula alla luna. Con l’unguento a base di Mandragora ci si poteva trasformare in Licantropo? (Archivio IlPuntosulMistero).
In un prossimo articolo vedremo una semplice ricetta per ottenere una ‘magica’ Mandragora a partire dalla più innocente Brionia.
Insomma, una Mandragora autenticamente… falsa!
Un piccolo anticipo…
22. Immagine sopra; Dal libro di G.B. Della Porta (del 1560) una ‘ricetta’ per realizzare una ‘Mandragora’ autenticamente… falsa!
Ma la Mandragora, nella farmacopea dei nostri ‘ultrascientifici’ giorni trova applicazione anche nelle terapie antitumorali poiché essa permette la sintesi delle epipodofillotossine, derivati semisintetici che agiscono positivamente sulla struttura dell’Acido Deossiribo-Nucleico (per gli amici… DNA) favorendo la guarigione di quanti siano colpiti dalla ‘malattia del secolo.
(Roberto Volterri)
–Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore.
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