Immagine di apertura; a sinistra, ciò che resta del castello di Machecoul ove vide la luce Gilles de Rais. A destra, un maturo Gilles de Rais in un dipinto del 1835.
“Barbablu’”
e dintorni…
di Roberto Volterri
Machecoul, Francia, regione della Loira. 10 settembre dell’Anno del Signore 1404.
Qui nasce Gilles de Montmorency, Barone di Rais, militare di valore, compagno d’armi della ‘pulzella d’Orleans’ – Giovanna d’Arco – ma anche serial killer, stupratore di innocenti fanciulli e al giorno d’oggi, per ironia della sorte, considerato… come una sorta di ‘protettore’ delle madri e dei loro pargoli!
Ragazzo di vivace ingegno, Gilles impara presto ciò che ogni rampollo di nobil casato deve sapere, ma celle in particolare nello studio della lingua latina e dei classici. A causa della prematura scomparsa dei genitori, viene affidato al nonno Jean de Craòn e all’età di sedici anni va a vivere alla corte del futuro re Carlo II.
É questa l’epoca in cui si fanno ‘salti mortali’ affinché si estenda il patrimonio di famiglia mediante appropriate nozze. E i ‘salti mortali’ prova a farglieli fare proprio il nonno, cercando di farlo convolare a poco spontanee e desiderate nozze con la giovane Jeanne de Paynol, forse non bella ma con una ‘tangibile’ dote niente affatto trascurabile. Nulla da fare! Il giovane Gilles ha altro a cui pensare…
2. Immagine sopra; un altro scorcio di ciò che resta del castello di Machecoul.
3. Immagine sopra; un maturo Gilles de Rais in un dipinto del 1835.
Però l’incorreggibile nonno non demorde e questa volta ci prova con la nipote del Duca di Bretagna, Beatrice de Rohan. È un ‘flop’ anche in questo caso!
Ma alla fine l’augusto ascendente ha la meglio e il quasi imberbe Gilles finalmente ‘si accasa’ con la ricca Catherine de Thouars, facendo quasi una ‘fuitina’ ante litteram!
4-5. Immagini sopra e sotto; Del bel castello con dodici torri appartenente alla bella Catherine de Thouars, oggi rimane ben poco!
In realtà, qualche difficoltà appare all’orizzonte, anche se la sedicenne Catherine porta in dote ben otto avite dimore!
I due nubendi, infatti, sono cugini e il vescovo di Angers non è ben disposto verso questo ‘proibito’ matrimonio. Ma il ‘buon’ nonno Jean de Craòn sa bene come aprire tutte le porte e chiudere – magari non per sempre! – gli occhi di Sua Eminenza o addirittura del Papa.
Un più che cospicuo ‘assegno’ – ovvero una borsa con un numero difficile da calcolare di monete d’oro – convince subito quest’ultimo e, di conseguenza, fa diventare ben più aperto e benevolo anche il severo vescovo di Angers, invitato a celebrare le agognate nozze e naturalmente a sedersi al posto d’onore durante il successivo banchetto! Potenza della fede…
Ma in questi perigliosi tempi si è in guerra quasi perennemente e il ventitreenne Gilles non perde l’occasione per dimostrare il suo coraggio anche combattendo durante la Guerra dei Cent’anni contro i soldati della Perfida Albione – gli Inglesi – a fianco di un altro strano personaggio in gonnella – pardon! – in armatura: Giovanna d’Arco.
Ha solo venticinque anni quando viene promosso sul campo con il titolo di Maresciallo di Francia, anche per avere contribuito non poco a sbaragliare le truppe d’oltremanica nella battaglia di Patay, in un caldo 18 giugno del 1429.
6. Immagine sopra; Battaglia di Patay, ove si distinse più che valorosamente il giovane Gilles de Rais.
Tre anni più tardi, il ‘buon’ nonno Jean de Craòn decide di lasciare questa ‘valle di lacrime’ e d’amblè il nostro Gilles diventa ricchissimo avendo sommato alle cospicue ‘sostanze’ della consorte quelle già accumulate dall’appena dipartito avo nel corso degli anni.
Forse Gilles è stanco di armature, di duelli, di battaglie e decide di darsi alla bella vita, girovagando tra gli aviti castelli, dando feste faraoniche e sperperando denaro a volontà. É anche costretto a vendere qualche proprietà immobiliare – non il solito ‘tre camere, doppi servizi…’ come avverrebbe oggi – ma, ad esempio, il magnifico castello di La Motte-Achard…
7. Immagine sopra; castello La Motte-Achard in una cartolina di vari anni fa…
Dilapida oggi, dilapida domani entro poco tempo il Barone Gilles de Rais rimane ‘al verde’ e cerca disperatamente come rifarsi delle perdute ricchezze.
Tempi duri anche per i nobili rampolli! Cosa fare?
Pensa e ripensa, egli pone ogni sua speranza addirittura… nel Demonio!
Il ‘Mago Otelma’ non è ancora apparso all’orizzonte e ‘Vanna Marchi & Co.’ non affliggono il credulo genere umano con un po’ di sale da cucina sciolto in un bicchiere d’acqua, ma è tempo di malie, di esorcismi, di alchimie volte ad assicurare all’adepto lunga vita e ancor più cospicue ricchezze.
Così, il cappellano di corte, il furbo Eustache Blanchet viene promosso ad ‘inviato speciale’ in tutto il regno di Francia alla ricerca di un affidabilissimo evocatore di sulfuree potenze.
Blanchet fa dapprima arrivare al castello una miriade di maghi, aspiranti alchimisti, sedicenti ‘operatori dell’occulto’ come oggi li definiremmo.
Così varcano la soglia dei manieri di Gilles tal Francesco il Lombardo, un certo Antonio da Palermo e un ancor più misterioso Thomas Onafrasimus.
Non macano un suonatore di tromba alla ricerca di più redditizio impiego, di nome Dumesnil. Una vera e propria ‘corte dei miracoli’!
Però, evidentemente, i personaggi reclutati dal fido Blanchet sono solo dei ‘dilettanti allo sbaraglio’ perché i sulfurei risultati scarseggiano!
Fatti armi e bagagli, nel 1439 l’intraprendente Blanchet deve arrivare fino in Toscana, a Firenze, per trovare – anche grazie ai buoni uffici di un altro ‘mago’, tale ‘maestro di Montepulciano’ – il ‘sensitivo’ adatto.
Si chiama Francesco Prelati, ventiduenne, è nato a Montecatini e ha studiato “… poesia, geomanzia e altre lettere ed arti in particolare l’alchimia…”.
Prelati sbarca il lunario come può, vendendo la sua ‘avvenenza’ e il suo scioltissimo eloquio, ma anche lavorando al servizio del vescovo di Mondovì che al tempo risiede in terra di Toscana.
Qualche boccale di buon vino, la prospettiva di lauti pasti giornalieri, il miraggio di poter accumulare una fortuna esercitando l’arte della necromanzia, convincono il già convinto Francesco Prelati a gettare la tonaca alle ortiche affermare categoricamente di poter comunicare… con la ‘concorrenza’, con le potenze infernali.
I due si mettono in viaggio, mentre Prelati ‘ripassa la lezione’ leggendo un misteriosissimo libro che insegna come mettere in pratica le demoniache evocazioni.
A Saint Florent le Vieil, nei pressi della città francese di Tours, Blanchet invia un messaggio al suo datore di lavoro, a Gilles. Subito questi manda una scorta che porge il benvenuto all’ospite e lo conduce nel castello di Tiffauges.
È il 14 Maggio del 1439. Inizia la commedia. O la tragedia…
8. Immagine sopra; Forse Francesco Prelati ‘ripassava la lezione’ su un Grimoire come questo, in realtà ristampato nel 1760…
“Ti evoco Barron, Satana, Belzebù…”
Prelati non perde di certo la golosa occasione, si mette immediatamente al lavoro e convince il Barone de Rais – improvvisatosi cultor diaboli – che potrà avere in proprio potere le potenze ctonie, le sulfuree ‘divinità’ dell’Inferno solo invocando il demone ‘Barron’ – nome coniato lì per lì, ispirandosi al titolo nobiliare del suo ‘datore di lavoro’. Che fantasia! – con espressioni che potrebbero essere state quelle qui riportate…
“Ti evoco Barron, Satana, Belzebù
dal Padre, il Figlio e lo Spirito Santo
dalla Vergine Maria e tutti i Santi
per apparire in persone, così che puoi parlarci
ed esaudire i nostri desideri.
Vieni al mio invito e io ti concederò
qualunque cosa tu voglia, per quanto vile,
tranne la mia anima e la riduzione della mia vita”
Parola più, parola meno…
9-10. Immagini sopra e sotto; Gilles de Rais insieme allo spretato Francesco Prelati si dedicò a qualche evocazione simile a quelle che qui vediamo. Quella sopra era effettuata da un’altra ‘strana coppia’: il buon dottor John Dee e, forse, quel furbastro di Edward Kelley. In basso, qualcosa di simile…
É appena dopo cena e siamo nella grande sala inferiore del tetro castello di Tiffauges. Francesco Prelati entra con tutti i suoi ‘ferri del mestiere’: Grimoire, ceri, spada e ogni altro ammennicolo necessario ad invocare tutti i diavoli dell’Inferno.
Gilles e Francesco Prelati entrano da soli nel cerchio magico tracciato con la punta della spada sul pavimento, mentre fumi a base di incenso, mirra e aloe si innalzano da vasi posti intorno alla sala. Gli altri vengono allontanati…
Sull’orlo del baratro economico, inseguito da mille creditori, il Barone de Rais confida solo nell’aiuto di Belzebù per risanare il proprio patrimonio dilapidato in pochissimo tempo.
Nel caso in cui il Demonio appaia sul serio, sono stati preparati i doni da dargli in cambio – anima a parte! – dei favori impetrati: una gallina rigorosamente nera, un gallo e una colomba sarebbero stati la giusta mercede
“… per impegnarlo a non nuocere loro durante l’evocazione, e perché egli conceda più facilmente le cose sollecitate…”,
si legge nelle testimonianze registrate durante il processo.
Passano le ore…
“ Vieni Satana! Venite!”
Dopo due ore Blanchet osa origliare alla porta della sala e riesce a captare alcune strane parole “ Vieni Satana! Venite!” mescolate ad un inquietante mormorio di preghiere che ben poco hanno di cristiano.
La suggestione del momento fa udire al cameriere Henriet un misterioso scalpitio sul tetto: è Satana che si allontana dal maniero dopo aver conferito con il suo padrone?
Forse qualche temporale in lontananza fa bella mostra di se con qualche ben appropriato tuono, ma in quei casi è bene non badare troppo ai dettagli!
All’una di notte Prelati e Gilles escono dalla sala dell’evocazione… un po’ delusi.
Nelle evocazioni successive Gilles de Rais si fa sostituire da un terrorizzato ‘Poitou’ ma fa eseguire il rito in un prato nei pressi del castello.
Cerchio magico, croci incise sul terreno, fuochi e vapori d’incenso anche questa volta fanno da degna cornice alla magica circostanza. Ma il massimo che riescono ad ottenere è un impetuoso vento e una pioggia a dirotto che li convince a tornare al riparo. Evoca oggi, evoca domani ma ben poco si ottiene…
Allora il furbo Prelati chiede di eseguire il rito da solo e naturalmente, senza testimoni, Satana – anzi proprio il demonio Barron – gli appare
“… fino a dieci o dodici volte, sotto la forma di un bel giovane di circa venticinque anni…”.
Ma un brutto giorno le ‘potenze infernali’ si scatenano anche contro il giovane Prelati e Gilles ode forti rumori provenire dalla stanza
“ … come se qualcuno battesse un letto di piume…”.
La camera del prete spretato ha una piccola apertura in alto e da lì provengono lamentazioni di dolore “… come di un uomo gravemente ferito…”.
Dopo un po’ Prelati esce e riferisce che il Demonio lo ha percosso con infinita violenza e odio. Curato amorevolmente da Gilles de Rais in persona, Prelati lentamente si ristabilisce ma il suo padrone si allontana dal castello per qualche ragione poco chiara. Forse per cercare un altro ‘mago’ più potente…
Poi, da Tiffauges gli giungono buone nuove: Barron è apparso abbigliato con un mantello di seta violetta e ha fatto dono di una polvere nera a lui destinata. La polvere deve essere posta in una piccola scatola d’argento da portare al collo e solo in tal caso Gilles
“… avrebbe visto prosperare i suoi affari…”.
“Vanna Marchi & Co.”, in definitiva, non hanno inventato nulla!
Ma all’orizzonte non appare alcun affare d’oro. Neppure d’argento…
Gilles ordina a Prelati di chiedere a Barron del danaro sonante e il ‘mago’ vede
”… in effetti in una camera l’apparenza di una grande quantità d’oro in lingotti: il quale oro restò cola numerosi giorni; e non appena lo vide, volle toccarlo, ma lo spirito maligno rispose di astenersene perché non era ancora tempo…”.
Tra evocazioni, ‘oro’ che compare e scompare,
“… un grande serpente alato e vigoroso, della grandezza di un cane…”,
croci con inglobate parti delle “vera croce” e altre magie ben poco efficaci, si giunge purtroppo alla ‘Messa Nera’ vera e propria.
Se Gilles de Rais vuole diabolici favori di notevole consistenza, non deve limitarsi a semplici omaggi di colombe, galline nere e quisquilie del genere: deve offrire un sacrificio umano.
E qui la farsa, la commedia, il gioco delle parti condotto dal furbo Prelati diventa tragedia. Così, in un brutto giorno, Prelati vede entrare nella sua camera Gilles con una coppa di cristallo contenente sangue, cuore, mani ed occhi di un fanciullo che il signore di Rais ha da poco sodomizzato e fatto a pezzi.
É il vero inizio della fine e da questo momento in poi le cose precipitano.
Diaboliche ‘Odissee di sangue’
Gilles de Rais probabilmente pederasta – attratto cioè da ragazzi in età puberale, o poco prima – sicuramente pedofilo – focalizzante quindi le sue attenzioni sessuali su bambini e bambine di giovanissima età – si fa aiutare ancora da ‘Poitou’ – al secolo Étienne Corillant – il quale si aggira per le campagne circostanti attirando al castello soprattutto affamati figli di affamatissimi contadini.
Quando il sole tramonta, quando le tenebre avvolgono il suo castello di Tiffauges o anche quello di Champyocé, il perverso Barone di Rais si rintana in qualcuna delle innumerevoli stanze insieme al fido ‘Poitou’ e a qualche altro ‘servo sciocco’, facendo introdurre qualche povero, giovanissimo sventurato contadinello, attratto a corte con il miraggio di un po’ di minestra in più o addirittura di un agognato posto di paggio. Ma la realtà che li attende è ben diversa…
“Il detto Gilles de Rais – riferirà cinicamente, al processo, ‘Poitou’ – per esercitare con i suddetti bambini, fanciulli e fanciulle le sue lussurie contro natura e i suoi ardori libidinosi, prendeva primiriarmente la sua verga ovvero il suo membro virile nell’uno o nell’altra delle mani, lo soffregava o lo erigeva o lo tendeva, poi lo posava tra le cosce e le gambe dei detti fanciulli e fanciulle omettendo il vaso naturale delle fanciulle, fregando il suo detto membro sul ventre dei fanciulli e delle fanciulle con grande diletto, ardore e concupiscenza libidinosa, sino a che lo sperma si emetteva sul loro ventre…”.
In qualche caso, Gilles sceglie due ragazzi insieme, meglio se fratelli, ma se uno dei due non è di suo totale gradimento, al momento lo scarta per
“… esercitare il suo commercio lussurioso”
solo con il prescelto e alla fine fa sopprimere entrambi
“… affinché il secondo non si lamentasse della perdita del primo…”
riferirà sempre al processo il cameriere Henriet Griart, uno della combriccola che procaccia i poveri, sventurati bambini al suo padrone.
11-12. Immagine sopra; i resti del castello di Champyocé. Sotto, quelli del castello di Tiffauges, ambedue teatro delle ‘odissee di sangue’ di Gilles de Rais.
Alla fine di ogni truce incontro, Griart, ‘Poitou’ o lo stesso Gilles uccidono i fanciulli
“… talora decollandoli o decapitandoli, talaltra tagliando loro la gola, talaltra ancora smembrandoli e rompendo loro il collo con un bastone; c’era un pugnale destinato alla loro esecuzione, volgarmente chiamato ‘braquemard’…”
racconta al processo ‘Poitou’ senza alcun tremito nella voce.
“… Talora il signore di Rais esercitava le sue sfrenatezze su detti bambini prima di ucciderli, o prima di aver cominciato a ferirli, altre volte quando aveva cominciato ed essi languivano nell’attesa della morte, altre volte ancora dopo averli uccisi, essendo ancora caldi…”
si premura di puntualizzare ancora Henriet Griart nel timore che i giudici non abbiano bene afferrato cosa in realtà avveniva tra le mura di quei castelli.
Insomma, i fanciulli seviziati, sodomizzati, torturati in mille modi, gli sventurati destinati alle ‘orge’ e alla ‘Magia Nera’ che dovrebbe procacciare denaro, vengono alla fine uccisi, squartati, gettati nelle profondità del castello per far scomparire per sempre le loro tracce.
13. Immagine sopra; i tenebrosi sotterranei del castello di Tiffauges. É in questo tetro luogo che, in qualche anfratto, venivano gettati i resti dei poveri, sventurati fanciulli uccisi da Gilles de Rais nei suoi riti ‘infernali’, dettati anche da concupiscenza e perversioni sessuali.
Dieci? Cento? Mille? Non si sa con esattezza quante siano state in realtà le vittime del ‘nobile’ serial killer tardo medievale.
Ma il 15 Maggio del 1440, Gilles fa rapire un giovanissimo aspirante sacerdote, tale Jean Le Ferron. Un grave errore!
Interviene subito il vescovo di Nantes – evidentemente distrattosi in precedenza… – che avvia accurate indagini. Seguendo gli spostamenti di Le Ferron si arriva proprio ad uno dei castelli del Barone di Rais: il giovane prelato viene liberato, su Gilles piovono accuse di tutti i generi, le sue nobili origini, il suo glorioso passato militare non lo proteggono più ed egli viene arrestato in attesa di una giusta redde rationem..
Il 13 Ottobre dell’Anno del Signore 1440 il processo ha inizio…
14. Immagine sopra; Sulle nefandezze compiute dal ‘mostro’ di Rais è interessante leggere il libro di Georges Bataille sul processo, sui capi d’accusa, sulla condanna…
15. Immagine sopra; Un forse troppo giovanile Gilles de Rais giura all’inizio del processo che lo vedrà condannato al l’impiccagione seguita dal rogo.
“ Non in omnibus Diabolus est accusandus…”
… aliquando enim ipse homo diabolus suus est”,
sostiene giustamente Sant’Agostino!
Ovvero, non di tutte le vicende umane vicende può essere accusato il Demonio, poiché a volte è l’uomo ‘diavolo’ di se stesso.
Così Gilles de Rais si difende inizialmente negando di essersi dedicato a pratiche più o meno ‘diaboliche’ e replicando che i suoi accusatori gli stanno muovendo quelle orrende accuse unicamente per impossessarsi delle sue ricchezze. Non nasconde inoltre una ben poco velata ‘antipatia’ verso la religione e i suoi rappresentanti in terra.
Qualche ‘leggera pressione’ – a volte sinonimo di… tortura! – lo fa ben presto scendere a più miti consigli ed egli confessa tutti i suoi delitti non trascurando neppure un dettaglio.
É così puntuale nelle sue descrizioni che qualche giudice – pur avvezzo a ben altro – evita che vengano trascritti alcuni episodi che avrebbero fatto inorridire anche il Vlad Tepeş che abbiamo incontrato in qualche articolo de “Il Punto sul Mistero”.
16. Immagine sopra; il professor Volterri, autore di questo articolo con un ritratto di Vlad III “Dracul” Tepes, voivoda di Valacchia.
Ma dai verbali del processo è possibile estrapolare qualche significativo dettaglio.
17-18. Immagini sopra e sotto; Dagli atti del processo a Gilles de Rais è ora possibile conoscere quali ‘odissee di sangue’ egli sia stato in grado di porre in atto nelle segrete dei suoi castelli. In basso; il suo ‘sigillo’.
Sembra che una volta violentati, mutilati ed uccisi i fanciulli destinati a fargli propiziare le potenze infernali, Gilles si sia divertito a tagliar loro la testa e mettere ai voti, insieme ai suoi accoliti, quale potesse essere la più gradita a Satana in persona.
Non sappiamo come finivano spesso tali ‘referendum’ ma sappiamo bene che i giudici rimangono inorriditi e passano direttamente al loro giudizio finale: l’impiccagione e forse anche il rogo.
“Damnatio ad flammas!“ E non solo…
Questa condanna è il minimo che possa capitare a Gilles de Rais e accoliti!
É mercoledì 26 Ottobre 1440 e sono le nove del mattino.
Nella cattedrale di Nantes entra il vescovo Malestroit seguito da sacerdoti, novizi, chierici e da una stragrande folla di gente del popolo.
Dopo aver celebrato i riti che Santa Romana Chiesa riserva a certe tristi circostanze, una lugubre processione si avvia verso l’Ile de Biesse e la forca allestita per giustiziare Gilles de Rais, il bieco ‘Poitou’’, il cameriere Henriet, la megera Meffraye, colei che contribuiva a procuragli i fanciulli da trucidare e offrire in omaggio alle potenze infernali, e pochi altri.
19. Immagine sopra; L’impiccagione di Gilles de Rais avvenuta il 26 Ottobre dell’Anno del Signore 1440
Il Barone di Rais chiede e ottiene si salire per primo sulla forca e pronuncia anche una sorta di ‘sermone’ rivolto ai genitori presenti all’esecuzione affinché veglino sulla loro prole. Vero pentimento in articulo mortis? Forse…
Il trentaseienne Gilles viene quindi impiccato ma il vescovo Malestroit – probabilmente colpito dalle ultime parole pronunciate dal ‘mostro’ – evita che il suo corpo finisca tra le fiamme dei roghi allestiti lì accanto. Il suo cadavere viene quindi sepolto in terra consacrata nella chiesa di Notre Dame des Carmes, ma la tomba andrà distrutta – come mille altre! – durante la Rivoluzione Francese.
Sulla forca e sul rogo salgono poi tutti gli altri membri della cruenta ‘corte dei miracoli’, ma per i loro corpi non ci sarà salvezza e, dopo essere stati impiccati, verranno bruciati per disperdere al vento ogni loro ricordo materiale.
Fine della tragedia.
Dalla storia alla favola…
Alla fine dell’Ottocento l’abate Eugène Brossard, incuriosito ad tutte le strane, truci vicende fin qui narrate si reca sui luoghi che tali vicende videro, sembra riesca a trovare resti di ossa umane in qualche sotterranei dei castelli abitati da Gilles de Rais, raccoglie un’imponente documentazione e scopre che quelle lontane vicende, nell’immaginario popolare si sono fuse in modo inestricabile con la fiaba narrata da Perrault e intitolata ‘Barbablù’.
Ciò che cambia, sostanzialmente sono i personaggi soggetti alla furia omicida: la realtà storica descrive infatti ‘odissee di sangue’ più o meno rituali, sicuramente dettate da insane pulsioni sessuali di Gilles de Rais e anche da una sua poco latente forma di follia, mentre nella finzione letteraria sono le sette mogli di Barbablù a soccombere alla sua furia omicida.
20. Immagine sopra; Nella favola ‘Barbablù’ di Charles Perrault – autore anche di ‘Cappuccetto Rosso’, ‘La bella addormentata’, ‘Pollicino’, ‘Cenerentola’ e ‘Il gatto con gli stivali’ – sono le sette mogli del ‘mostro’ a soccombere alla sua furia omicida.
(Roberto Volterri)
– Tutte le immagini sono state fornite dall’autore.
IL LATO OSCURO DELL’UMANITÀ
Homo homini lupus ma sicuramente anche femina feminae lupior!
Gli esseri umani, uomo o donna che sia, spesso – troppo spesso! – si trasformano in Apostoli o Sacerdotesse del Male, lasciando indelebili, tristissimi, ricordi nella storia della Criminologia. Roberto Volterri ha accumulato tanto di quel materiale sul Fascino del Male da poter dar vita anche a questo libro le cui pagine sono basate su trattati di Criminologia, su fotografie realizzate in “luoghi di eterna pace” o direttamente in quelle che furono le scene del crimine. Insomma, nel libro troverete inediti dettagli su noti o meno noti casi, come quello del povero Girolimoni, di Ernesto Picchioni. il pericolosissimo “Mostro di Nerola”, di Cesare Serviatti, squallido emulo di monsieur Landru, o di Leonello Egidi, il “Biondino di Primavalle”… In conclusione, non ci resta che ricordarvi di augurarvi una buona lettura e di spegnere la candela prima di addormentarvi
Se ci riuscite…