Erzsébet Bathory, contessa di Nàdasdy e diabolica Serial Killer; di Roberto Volterri.

 

Immagine di apertura; L’inquietante blasone della ‘Contessa sanguinaria’ ove tre zanne di lupo indicavano l’iniziale del suo nome. Non lasciava presagire nulla di buono…

 

 

Erzsébet Bathory, contessa di Nàdasdy e diabolica Serial Killer

 

di Roberto Volterri

 

 

 o altra vanità con sì breve uso

 (Dante, Purgatorio, XXXI, v. 60)

 

2 Immagine sopra; una impressionante immagine moderna della sanguinaria Contessa Erzsébet Bathory.

 

Chi è la più bella del Reame?

Seconda metà del XVI secolo, nel tetro castello di Csejthe, ai confini della Slovacchia, sui Monti Carpazi…

Ė innamorata del biondo dei suoi stupendi capelli, tanto da mantenerli così ricorrendo a continui lavaggi con strani infusi di cenere, zafferano ungherese e camomilla selvatica. Ė innamorata della sua pelle bianca e vellutata. Ama la sua bellezza e la sua giovinezza che vorrebbe mantenere… in eterno.

Ė innamorata solo e soltanto di sé stessa e forse si chiede veramente chi sia “… la più bella del Reame…”.

Si chiama Erzsébet Bathory, contessa di Nàdasdy, ma da quando viene murata viva è da tutti chiamata la Contessa sanguinaria’..

La famiglia Bàthory è di nobilissime e lontane origini, risalenti al X o XI secolo, e si divide – nella prima metà del XIV secolo – in due rami: uno capeggiato da Giovanni Bàthory-Somlyò che si stanzia nella parte occidentale dell’Ungheria, presso il lago Balaton e l’altro capeggiato da Pietro Bàthory-Ecsed, che si stanzia in Transilvania e nell’Ungheria orientale.

Qui, nell’antica terra dei Daci, viene alla luce, nel 1560, Erzsèbet, nasce nella terra in cui si adora ancora la misteriosa dea Mielliki, in cui strane invocazioni vengono nottetempo fatte al dio Isten, nei luoghi in cui si onora il demone Ördög e la sua corte di streghe, cani e gatti neri, tra le foreste in cui  si immagina vivano draghi e vampiri…

I ritratti che hanno tramandato fino a noi questa strana donna la raffigurano con profondi occhi scuri, con mani affusolate e una pelle bianca, troppo bianca…

Anche ciò che è rappresentato sul blasone della sua casata avrebbe dovuto far meditare le anime candide che in seguito frequentano il suo castello.

Una linea verticale che rappresenta la mascella di un lupo viene attraversata da tre zanne in modo da rappresentare la lettera E di Erzsèbet, mentre una mezzaluna e una stella a cinque punte dominano dall’alto tale simbolo, poi racchiuso da un serpente che si morde la coda, l’Ouroboros.

3 Immagine sopra; veduta del castello di Csejthe, oggi Cachtice in Slovacchia.

 

Narcisista, sadica, dedita con eccessiva assiduità ad orge sfrenate – senza alcuna distinzione sul sesso del partner – Erzsèbet frequenta nottetempo la ‘strega della foresta’, un altro oscuro personaggio che ha deleteria – ma ce n’è bisogno? – influenza sul suo già volubile e strano carattere.

Ma su questo altro elemento di una orrenda ‘corte dei miracoli’ che si aggira tra le stanze del castello di Csejthe torneremo più avanti…

Nonostante le infinite ‘stranezze’ che la caratterizzano, Erzsèbet è sposata ad un marito… spesso assente, tutto dedito alle continue battaglie che, nell’Europa dell’epoca, rendono alquanto improbabile il poter raggiungere la vecchiaia.

Giovane, pallidissima, con una pelle bagnata a lungo in ‘acqua di vitello’ e cosparsa con unguenti ricavati da zampe di montone, il cui nauseabondo odore viene con difficoltà mascherato da essenze di gelsomino e di rosa inviatele dalla Transilvania dal cugino Sigismondo, Erzsèbet fa la sua comparsa ai banchetti, dati in onore del marito, in tutta la sua ‘notturna’ bellezza, facendo scivolare nella coppa del ‘distratto’ consorte polveri afrodisiache per la notte, una notte in cui, spera anche di poter diventare madre…

Notti da cui, invece, esce con lancinanti mal di testa, e d’occhi, in preda a strani deliri – forse crisi epilettiche? – a fatica leniti con droghe soporifere che le vengono somministrate sotto forma di vapori esalati da spugne imbibite con nauseabondi liquidi.

 

4. Immagine sopra; Erzsèbet Bàthory, la ‘Contessa sanguinaria’, volle mantenersi giovane e bella utilizzando il sangue di sprovvedute fanciulle attirate nel suo tenebroso castello in Slovacchia, che, all’epoca faceva parte del Regno d’Ungheria.

5. Immagine sopra; Ferenc Nadasdy, ‘assente’ marito della volubile, sadica e sfortunata ‘Contessa sanguinaria’.

 

 

Ma perché parliamo tanto di questa pur affascinante contessa d’Ungheria?

Perché questa ‘dark lady’ dei Carpazi ama il sangue, ama la morte in tutte le sue più orripilanti manifestazioni, ama circondarsi di strani, diabolici individui che alimentano il suo malsano desiderio di Eros e di Tanatos, di amore e di morte, facendola così apparire ai nostri occhi come una secentesca Sacerdotessa del Male”, un ‘vampiro’ che desidera prolungare all’infinito la sua giovinezza, la sua bellezza bagnandosi letteralmente nel sangue di ingenue fanciulle attirate – come in un’orrenda, lugubre favola – nel suo castello.

 

6. Immagine sopra; Ciò che resta del castello di Csejthe (oggi Cachtice in Slovacchia) in cui avvennero cruenti riti che avrebbero dovuto fornire alla Contessa lunga e imperitura bellezza…
 

 

La “Sacerdotessa del Male” dei Carpazi

 

In un universo esclusivamente femminile – ella mai offre alla teriomorfa dea Saroldu, la bianca donnola che striscia nei boschi illuminati da una pallida luna, alcuna vittima maschile, mai si bagna nel sangue di un uomo… – Erzsèbet Bàthory, ovunque si trovi, si preoccupa solo di trovare un luogo adatto ad allestire una sala delle torture ben isolata acusticamente, in modo che all’esterno giungano affievolite le urla di dolore e di paura delle’vergini’ adescate con prospettive di lavoro.

‘Vergini’, reclutate da uno strano servo nano, per fungere dapprima da dame di compagnia… e d’altro, poi per consentire ad Erzsèbet –  una sola volta e non più, nella loro breve esistenza… – di cercare di prolungare all’infinito il pallore della pelle, la bellezza di una giovinezza che inesorabilmente, anno dopo anno, svanisce.

Il servo preferito dalla Contessa dei Carpazi si chiama Ujvàry Jànos ed è un ragazzo del paese di Csejthe, gobbo, mezzo idiota, d’animo perfido ma del tutto succube della sua padrona. Rapito da piccolo da un certo Chetey, era poi stato da questi abbandonato in mezzo alla strada e da qualcuno raccolto e ‘donato’ alla contessa come qualsiasi cosa o animale fosse stato trovato nel territorio dei signori del luogo. Lo hanno soprannominato Ficzkò.

La sua deformità e la sua bruttezza gli hanno suggerito di guadagnarsi la vita al castello esibendosi in grottesche acrobazie durante i banchetti, ma quando cresce, oltre alla forza muscolare, cresce anche a dismisura la sua perfidia, il suo sadismo.

Fa delle scorribande nelle campagne intorno ai castelli abitati da Erzsèbet e non torna mai senza le ‘prede’ preferite dalla Contessa. Due o tre floride fanciulle lo accompagnano su per il sentiero che conduce al castello, felici di aver trovato un’occupazione al servizio di una Contessa appartenente ad un casato tra i più antichi d’Ungheria.

Ma la felicità dura ben poco.

7. Immagine sopra; Il personaggio di Erzsèbet ha lasciato un’indelebile traccia nella storia e nell’immaginario collettivo e ha dato vita a libri e vari film.

8. Immagine sopra; Il castello di Csejtheo (Cachtice in Slovacchia), ai giorni nostri, in un’atmosfera un po’ meno… ‘tenebrosa’.
 

Al castello vengono subito ricevute da un altro oscuro personaggio di quella strana ‘corte dei miracoli’, Jo Ilona, una sorta di ‘virago’, più brutta – se ciò fosse possibile! – del nano Ficzkò, senza dubbio più cattiva di lui e addobbata con un cappuccio di lana perennemente abbassato sugli occhi. Una visione da incubo…

Nelle sue funzioni di nutrice dei malatissimi figli della Contessa – ebbene sì, le ‘magiche’ pozioni fanno finalmente effetto… – è aiutata da un’altra creatura delle tenebre e del Male, la maleodorante Dorottya Szentes, forte come un mulo e che in fatto di bruttezza nulla ha da invidiare né al nano Ujvàry Jànos ne tantomeno a quella ‘kapò’ ante litteram di Jo Ilona, la quale fa di tutto per allietare le notti della Contessa e per alimentare il suo sogno di eternità.

Dorkò – come ‘confidenzialmente’ viene chiamata Dorottya – ha insegnato alla Contessa gli incantesimi, le magie assimilate nelle campagne ungheresi e la Contessa se ne rallegra, come illustra il brano di una lettera da lei scritta al distratto marito.

“…Dorkò mi ha insegnato una cosa nuova. Battete a morte una gallinella nera con una canna bianca, mettete un po’ del suo sangue sul vostro nemico: se non potete metterlo sulla sua persona, mettetelo su uno dei suoi abiti. Egli non potrà così farvi del male…”.

 

9. Immagine sopra; Le sventurate ‘galline nere’ sono state sempre usate nei rituali in ‘odor di zolfo’…

           

 10. Immagine sopra; Luogo d’elezione per i sinistri rituali legati alle ‘forze del Male’ sono sempre stati anche cimiteri o antiche rovine, come bene illustra questa antica stampa.

 

 

 

 “Nera Signora” vade retro!

 

Ma oltre a lanciare anatemi ai nemici – e ne ha tanti! – Erzsèbet ne ha paura…

Forse il suo invincibile terrore di invecchiare, il suo ossessivo desiderio di eterna giovinezza, ha avuto origine il giorno in cui, di ritorno da una lunga cavalcata in compagnia di uno degli amanti di turno, in preda al sadismo di cui si compiace, ordina allo sfortunato cavaliere di baciare sulla bocca una povera e mal ridotta vecchia che ha avuto la sventura di attraversarle la strada.

Non sappiamo come abbia reagito il cavaliere, ma conosciamo la maledizione lanciatale dalla poco avvenente ma temeraria contadina, per la quale le delizie dell’amore sono ormai un lontano e mai più raggiungibile ricordo.

Contessa, sarai come me tra non molto!”  le grida con rabbia, facendo scattare nella già tarata mente di Erzsèbet la molla che getta nel terrore le campagne nei dintorni del castello.

Non più maleodoranti erbe, non più improbabili incantesimi fatti alla luce del pallido astro notturno, non più la melissa tanto decantata dal ‘mago’ Paracelso.

Via le fiale, via gli alambicchi, le sue compagne di sventura le procureranno il rimedio efficace per combattere l’avanzare del ‘regno di Cronos’, del tempo che divora la vita e tutte le sue creature, le loro idee, i loro sentimenti.

Il 4 gennaio 1604 la Nera Signora, la Morte porta via, all’età di quarantanove anni, Frencz Nàdasdy, l’ignaro e assente consorte della insoddisfatta Erzsèbet, facilitandole così la pianificazione delle operazioni di reclutamento del ‘materiale’ umano necessario alle sue operazioni…’anti-age’.

Seguono giorni e giorni di lamentazioni, giorni e giorni di lugubri musiche suonate dai ‘Regös’ tzigani e dagli inebrianti balli delle donne che accompagnano quei suoni con la ‘danza della morte’ fino a gettarsi ai piedi delle Contessa nascosta nel suo abito più bello, da cui si vede uscire solo il suo pallido volto e le sue mani, sempre più bianche.

Quando il vecchio pastore di anime di Csejthe, il vecchissimo Andràs Berthoni, ha concluso il suo ufficio funebre – consegnando il corpo del Conte Nàdasdy alla terra della montagna in cui si narra vaghino lupi, draghi e vampiri – solo allora Erzsèbet si rende conto che è del tutto passato il tempo dei balli a corte, degli abiti sfarzosi, dei banchetti, delle orge…

Solo allora ella dà ampio sfogo al suo insano e terribile desiderio di eterna giovinezza e solo da allora qualcosa di veramente strano è percepito dagli abitanti di quelle strane contrade.

Il nuovo pastore, Jànos Ponikenus, succeduto al vecchio padre Berthoni, salito ad ottantacinque anni sulla ‘barca di Caronte’, viene spesso, troppo spesso, chiamato, di notte a presenziare a strane sepolture, magari in uno sperduto angolo di un campo, davanti ad un tumulo sotto cui qualcuno è stato frettolosamente sepolto. Qualcuno di cui egli neppure conosce il nome.

La Contessa Erzsèbet non è mai presente: controllano la situazione la terribile Dorkò accompagnata dal nano Fickzò e da due o tre ‘valletti’.

L’anziano prete Ponikenus non vuole dar credito alle continue voci che arrivano addirittura da Vienna, dove la terribile Erzsèbet è stata soprannominata ‘die Blutgrafin’, ossia la ‘Contessa sanguinaria’.

È però costretto ad ascoltarle il giorno in cui, dopo infinite, anomale sepolture di ragazze decedute misteriosamente, viene chiamato proprio dalla Contessa a celebrare le esequie di Ilona Harczy, la cui voce ha deliziato a lungo, cantando struggenti canzoni slovene, le serate al castello.

Finchè anche Ilona non era stata chiamata a contribuire al demoniaco sogno della ‘Dorian Gray’ dei Carpazi…

La Contessa Erzsèbet Bàthory ha spento per sempre quella melodiosa voce e ha bevuto il sangue della cantante, dopo averla torturata a Vienna per poi trasportarla, ferita a morte o già deceduta, nel castello di Csejthe.

Jànos Ponikenus rifiuta esequie solenni, scatenando l’ira della Contessa che giunge a minacciarlo, imponendogli di non occuparsi troppo di vicende ‘pericolose’, ordine a cui si era scrupolosamente attenuto l’anziano Berthoni, il quale si era limitato a scrivere in latino le cronache di Csejthe, annotando però che aveva dovuto dare sepoltura – in una sola notte e in gran segreto – a ben nove fanciulle che avevano  ‘improvvisamente’ deciso di abbandonare questo strano mondo, tutte insieme e in circostanze che sarebbero apparse sospette anche al più ingenuo dei pastori d’anime.

Il prete Ponikenus per nulla intimorito decide quindi di indagare e, accompagnato dal valletto Jàno, perlustra la cripta sotto la chiesa, dove scopre, accanto alla tomba del conte Christofer Orszàgh di Giath, già consigliere dell’imperatore Mattia di Ungheria, moltissimi sarcofagi di semplice legno contenenti i cadaveri – orrendamente mutilati – di fanciulle, tutte  misteriosamente ‘scomparse’ dopo essere state attirate nel castello dagli strani personaggi che gravitano attorno alla Contessa Erzsèbet. Il coraggioso curato pensa di denunciare i fatti a Elias Lany, sovrintendente di Bicse, ma esita, temendo che la sua lettera possa essere intercettata.

Decide così di denunciare gli orrendi misfatti a Presburgo (odierna Bratislava, capitale della Slovacchia).

Informata dalle sue domestiche – prima tra tutte tale Kardoska, in perenne stato di ubriachezza – che quotidianamente si scambiano confidenze e pettegolezzi con le donne del villaggio, la Bàthory lo fa arrestare nella cittadina di Trnava.  Il povero curato preferisce tacere.

Almeno fino al momento dell’inevitabile processo…

Erzsèbet è convinta sempre più dell’effetto del sangue sulla sua pelle un giorno in cui – contemplandosi nello specchio e non avendo apprezzato l’acconciatura con cui una damigella addetta alla sua persona aveva eseguito il lavoro – ha violentemente schiaffeggiato la sventurata al suo servizio. Uno schizzo di sangue l’ha colpita sul braccio e poco dopo si è coagulato. Cercando di lavare la macchia ematica, la Contessa ha scoperto che lì, proprio lì la pelle appare di uno strano splendore, mai visto prima. Da quel momento nessuna forza al mondo le impedirà più di usare le sue vittime, immolandole nella maniera più violenta che fantasia umana possa immaginare, per fornirle il prezioso liquido rosso, portatore di vita ma anche di morte. Ormai la Bàthory è entrata in un vortice di follia da cui mai più uscirà. Soprattutto perché ha cominciato a dedicarsi anche a pratiche necromantiche, ad esse iniziata da Darvulia, la strega della foresta che spesso va a trovare durante le sue cavalcate notturne.

11. Immagine sopra; Suggestiva raffigurazione,  forse  rispondente al vero, dei ‘bagni di sangue’ di Erzsèbet Bàthory.

12. Immagine sopra; Veri e propri bagni di sangue tra le tetre mura del castello di Erzsèbet…

 

 

Ormai la Belva di Csejthe – come la chiama, sottovoce, il popolino – è giunta ad un punto di non ritorno.

Ormai è del tutto succube di Darvulia, la megera di corte che  continua a magnificarle le ‘magiche’ virtù del rosso liquido in cui ella si bagna dopo che l’orrenda Dorkò ha legate le braccia alla sventurata fanciulla di turno, tagliandole poi le vene e raccogliendo il sangue in un grosso calderone di ceramica annerita. Calderone che fino a qualche anno fa veniva mostrato agli sbigottiti turisti in visita al castello di  Csejthe!

Il sangue viene poi versato sul corpo della Contessa, sicura che questo bagno nel liquido della vita allontanerà per sempre l’arrivo della Nera Signora.

 

 

13. Immagine sopra; Così un pittore ha immaginato cosa avvenisse nelle stanze del castello di Csejthe, con la Contessa affiancata dal nano Fickzò.

 

 

 

La “Belva di Csejthe” in trappola!

 

E viene finalmente la redde rationem anche per die Blutgrafin’, per la Belva che non ha avuto pietà per nessuno, pensando solo a sé stessa, alla sua bellezza, alla sua terribile esistenza.

György Thurzò, che governa Presburgo (attuale Bratislava, capitale della Slovacchia), inizia un’inchiesta recandosi a Csejthe per verificare de visu gli orrendi misfatti di cui si sente parlare.

 

            14..   Immagine sopra; György Thurzò ebbe il coraggio di iniziare una seria inchiesta sui cruenti misfatti di Erzsèbet Bàthory.

 

15. Immagine sopra; Il sepolcro del giudice György Thurzò.

 

Un’ispezione nei più segreti recessi del castello mette in luce la sala delle torture e muri macchiati di sangue. Un nauseabondo odore di putrefazione non lascia inoltre alcun dubbio sui riti, sulle  orrende esecuzioni, sulle pratiche necromantiche che lì si sono svolte in un continuo delirio di onnipotenza, in un perenne clima di follia il cui ultimo obiettivo è un’impossibile eterna giovinezza.

Il 2 gennaio 1611 inizia il processo ad Erzsèbet Bàthory.

 16. Immagine sopra; Una fase del processo in cui Erzsèbeth venne accusata dei suoi orrendi crimini.

 

Incredibilmente il 7 gennaio il processo, che prevedeva ben venti giudici e tredici testimoni, è già terminato.

17. Immagine sopra; Firma della ‘Contessa sanguinaria, Erzsèbet Bàthory

 

“…avendo le confessioni e le testimonianze dimostrato la colpevolezza di Erzsèbet Bathory e di come ella abbia commesso delitti contro persone di sesso femminile; visto che i suoi complici esigono una punizione, abbiamo deciso di strappare le dita con le pinze a Jò Ilona… per Ficzkò… è condannato a morte ma sarà decapitato prima di essere gettato tra le fiamme…” e con simili condanne passano ‘a miglior vita’ anche tutti gli altri collaboratori della folle Contessa.

Lei, proprio la sanguinaria ‘Belva di Csejthe’ viene invece murata viva in una stanza in cui non entrò mai più un filo di luce.

Il 21 agosto 1614 anche un’irriconoscibile Erzsèbet Bàthory raggiunge per sempre le sue innumerevoli e giovani vittime.

Queste vicende – degne di un ’horror movie’ – vengono alla luce solo nel 1729 quando il gesuita Laszò Turòczi pubblica in latino una monografia su Erzsèbet Bàthory.

Egli si era avvalso di documenti originali conservati negli Archi di Corte, a Vienna, e poi consegnati a Budapest. Nel 1894 il tedesco R.A. von Elsberg pubblica ‘Die Blutgrafin Elisabeth Bàthory’, inquadrante gli orrendi delitti in un’ottica psichiatrica.

Nel 1908 lo scrittore ungherese Dezsò Rexa, originario proprio di Csejthe (oggi denominata Cachtic) a ricordo dei luoghi, delle rovine del castello in cui aveva trascorso la giovinezza, pubblica in ungherese la storia della sanguinaria Contessa, in un libro dal titolo “Bàthory Erzsèbet Nadasdy Ferencnè“. Tracce delle vicende descritte si trovano anche nel libro ‘Witchcraft’ di William Seabrook, dedicato alla Stregoneria e nel libro ‘The book of the Werewolwes’ (‘Il libro dei licantropi’) della scrittrice Sabine Baring-Gould, pubblicato nella metà del XIX secolo. Ulteriori e più approfondite notizie – per chi volesse indagare ulteriormente su questa ‘odissea di sangue’ – si trovano presso la British Museum Library (Londra), la Bibliothèque de l’Institut Hongrois (Parigi) e l’Oesterreichisches Hofund Staatsarchiv, Universitatsbibliothek (Vienna).

(Roberto Volterri)

Le immagini sono state fornite dall’autore.

 

 

18: Immagine sopra; Eleganti orecchini con il ritratto di Erzsèbet Bàthory, Anche una sorta di “Vampiresco merchandising” si è interessato alle malefatte della “Contessa sanguinaria”.

   

19. Immagine sopra; Uno dei molti film sulle cruente vicende della Contessa sanguinaria.

 

      20. Immagine sopra; Uno libri dedicati alle sanguinose vicende. 

 

 

 IL LATO OSCURO DELL’UMANITÀ 

 

Homo homini lupus ma sicuramente anche femina feminae lupior!
Gli esseri umani, uomo o donna che sia, spesso – troppo spesso! – si trasformano in Apostoli o Sacerdotesse del Male, lasciando indelebili, tristissimi, ricordi nella storia della Criminologia. Roberto Volterri ha accumulato tanto di quel materiale sul Fascino del Male da poter dar vita anche a questo libro le cui pagine sono basate su trattati di Criminologia, su fotografie realizzate in “luoghi di eterna pace” o direttamente in quelle che furono le scene del crimine. Insomma, nel libro troverete inediti dettagli su noti o meno noti casi, come quello del povero Girolimoni, di Ernesto Picchioni. il pericolosissimo “Mostro di Nerola”, di Cesare Serviatti, squallido emulo di monsieur Landru, o di Leonello Egidi, il “Biondino di Primavalle”… In conclusione, non ci resta che ricordarvi di augurarvi una buona lettura e di spegnere la candela prima di addormentarvi

Se ci riuscite…

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E INOLTRE…LEGGERE FA SEMPRE BENE.

 

…… e se volete conoscere le sanguinose gesta dei “cuginetti” della Contessa, come Dracula e company…. NON POTETE  NON LEGGERE

 

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