Il misterioso mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto (LE) – 2 ^ e ultima parte; di Marco Di Donato.

 

Immagine di apertura; La Cattedrale di Santa Maria Annunziata a Otranto (Fonte Wikipedia)

 

IL MISTERIOSO MOSAICO PAVIMENTALE DELLA CATTEDRALE DI OTRANTO (LE)

Re Artù o Thomas Beckett?

2^ e ultima parte

di Marco Di Donato

 

Continuiamo nella descrizione di questa imponente opera musiva parlando di un interessante personaggio la cui presenza lascia più di qualche perplessità: ossia re Artù.

2. Immagine sopra; Rex Arturus nel mosaico del monaco basiliano Pantaleone nel Duomo di Otranto.

Il sovrano celtico lo vediamo raffigurato nella parte dedicata al Vecchio Testamento e, in particolare tra la scena della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden e le vicende legate all’uccisione di Abele ad opera di Caino.

Ma cosa ci fa questo personaggio, il cui nome è chiaramente indicato nel mosaico con l’appellativo di “Rex Arturus”, in questo mosaico?

3. Immagine sopra; Rex Arturus nel mosaico di Pantaleone a Otranto – foto G Pavat 2017

 

 

Perché sta cavalcando un caprone mentre sembra salutare e affrontare un grosso gatto?

Effettivamente tutto ciò lascia più di qualche dubbio, motivo per il quale è il caso di approfondire.

In merito ad Artù, non sappiamo se nella realtà sia davvero esistito un sovrano che portasse questo nome; però sappiamo con certezza che il primo grande racconto della vita e gesta di re Artù fu scritto da Geoffrey di Monmouth tra il 1135 e il 1137 in un’opera denominata “Historia Regum Britanniae”.

Successivamente, tra il 1170 e il 1185, furono composte altre opere da parte dello scrittore e poeta francese medievale Chrètien de Troyes, che ebbero grande diffusione soprattutto nelle corti normanne del Sud Italia.

Ma per quale motivo re Artù si trova a cavallo di un caprone, se nel Medioevo questo animale veniva associato al demonio, alla lussuria e alla corruzione?

Ciò che sembra strano è anche il fatto che il sovrano venga raffigurato nell’intento di lottare con un grande felino, identificato come il Gatto di Losanna”, ma la cui leggenda è narrata nel “Livre d’Artus”, che uscirà tra il 1220 e il 1230 ossia circa cinquant’anni dopo la realizzazione di questo mosaico.

Si può quindi ipotizzare che il mosaico sia stato fonte di ispirazione per l’autore del libro? O c’è dell’altro?

Inoltre, nel mosaico re Artù viene ucciso dal Gatto di Losanna, sbranato alla gola, mentre nel libro è il sovrano celtico a uccidere il Gatto.

Effettivamente queste particolarità lasciano più di qualche dubbio, tanto da domandarci se il personaggio raffigurato sia davvero re Artù e/o se la scena sia sempre stata presente nel mosaico o aggiunta successivamente.

Di fatto ci sono una serie di motivazioni che conducono a queste considerazioni:

  1. Nel mosaico sono raffigurati altri sovrani e tutti hanno un abbigliamento regale, mentre re Artù no;

  2. Re Artù porta in mano un bastone e non uno scettro, come invece hanno re Salomone e Alessandro Magno;

  3. Nel libro “Il mosaico di Otranto” di Grazio Gianfreda e nel libro “L’enigma di Otranto” di Carl Arnold Willemsen, gli autori riferiscono che in un disegno del mosaico di Otranto, realizzato nel 1818 dallo storico francese Millin, Artù non portava la corona;

  4. La parte di mosaico in cui è inserito Artù è stata più volte rimaneggiata nel corso dei secoli in quanto danneggiata;

  5. All’epoca di realizzazione del mosaico, la figura di Artù ancora non aveva raggiunto notorietà;

  6. Nel corso dei secoli non si menziona mai la presenza di re Artù tra i personaggi del mosaico di Otranto. Negli ultimi anni del XIX secolo, lo studioso Cosimo De Giorgi descrive il mosaico, richiamando anche gli studi sui monumenti dell’Italia meridionale effettuati da Demetrio Salazaro nella metà del XIX secolo, nominando altresì Caino e Abele ma non facendo alcun riferimento alla figura di Artù;

  7. L’allocazione nel mosaico di re Artù è davvero fuori luogo, in quanto si trova nella parte del Vecchio Testamento dove è raffigurata la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre e la biblica vicenda dell’uccisione di Abele da parte di Caino.

Ma se quindi non si tratta di re Artù o se, per meglio dire, il nominativo sia stato aggiunto successivamente, magari dopo che il sovrano celtico aveva raggiunto una certa fama, chi è o chi era il personaggio raffigurato?

Ci troviamo dinnanzi all’ennesimo mistero che da secoli aleggia sul pavimento musivo della Cattedrale di Otranto?

Il pavimento di Otranto, ricordiamo, venne realizzato tra il 1163 e il 1165 e di lì a poco ci sarà un avvenimento che scuoterà non poco la coscienza cristiana.

Parliamo di un episodio avvenuto nel 1170 nella Cattedrale di Canterbury in Inghilterra e che vedrà protagonista l’Arcivescovo Thomas Becket. 

4. Immagine sopra; Assassinio di Thomas Beckett.

Ma andiamo per gradi: alcuni anni prima, il re d’Inghilterra Enrico II aveva nominato l’amico Thomas Beckett, Cancelliere del Regno d’Inghilterra, ricevendo onori e proprietà per la sua capacità di interpretare la politica riformista del sovrano.

Nel 1162, Thomas Beckett venne nominato – sempre dal re d’Inghilterra Enrico IIarcivescovo di Canterbury.

L’intento del sovrano era di voler sottomettere la Chiesa inglese alla Corona, con il conseguente controllo dei beni ecclesiastici da parte del sovrano.

Ma evidentemente aveva fatto male i conti, perché Thomas Beckett era pur sempre un uomo di chiesa e consapevole del fatto che non poteva servire due signori.

Fu così che i rapporti tra i due si incrinarono irrimediabilmente al punto che Thomas Beckett fu costretto a rifugiarsi in Francia poiché colpito da un ordine d’arresto.

Qui visse per sei anni, ma una volta ritornato in Inghilterra, dopo una serie di episodi che avevano visto protagonisti sempre l’arcivescovo e il sovrano, nel dicembre del 1170 venne assassinato nella Cattedrale di Canterbury ad opera di quattro cavalieri inviati dal Re d’Inghilterra. L’assassinio fu così brutale che colpì le coscienze dei cristiani di tutta Europa.

Cosa c’entra quindi questo episodio con il mosaico di re Artù presente a Otranto?

Secondo alcuni studiosi, il personaggio in questione è Thomas Beckett che cavalca il caprone, simbolo di lussuria e corruzione: vizi che egli aveva tentato di combattere.

Il grande gatto, invece, è un leone leopardato, simbolo araldico di Enrico II o addirittura una lince.

La lince infatti viene anche menzionata da Merlino che, con riferimento alla famiglia di Enrico II, così dice:

“…Uscirà da lui una lince che s’insinuerà in ogni dove e che minaccerà la distruzione del proprio popolo…”

(foto 12)

5. Immagine sopra; lo stemma araldico di Enrico II d’Inghilterra. “Fu Enrico II Plantageneto, in lotta contro la Chiesa dopo l’assassinio di Thomas Beckett che, come provocazione adottò la celebre insegna con i tre leopardi, ripresa poi dai suoi successori” (Michel Pastoureau “Orso, Leone Aquila” 1988).

 

Si potrebbe pertanto ritenere che la scena sia stata inserita, forse alcuni anni dopo la realizzazione del mosaico, a ridosso dell’episodio di Caino e Abele proprio perché come il fratello cattivo della Genesi uccide il fratello buono davanti a Dio, così Thomas Beckett – che per anni era stato legato da una fraterna amicizia con il re Enrico II – viene ucciso dal fraterno amico nella casa di Dio.

Ma allora come mai indossa una corona e sopra vi è il nome di “re Artù”?

A tal proposito è presumibile ritenere che, così come tuttora accade oggi, qualcuno – durante uno dei vari interventi eseguiti sul mosaico – si sia chiesto cosa rappresentasse quella scena.

Nel frattempo, si era diffusa la letteratura arturiana e probabilmente quell’uomo che cavalca un animale e combatte con un grande gatto aveva ricordato la scena del “Gatto di Losanna” presente nel ciclo bretone e, pertanto, dopo aver aggiunto una corona e scritto il nome di re Artù, tutto gli è sembrato più congruente.

Di fatto, i resti di mosaico presenti, così come alcune tessere scollegate tra loro portano a ritenere che tra le scene della cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva e dell’uccisione di Abele ad opera di Caino, vi fossero altre immagini forse più collegate a specifici episodi della Genesi.

Infatti dietro la coda del caprone montato da Artù si vedono alcuni residui di tessere simili a foglie di un albero che non sembrano avere alcuna connessione con la restante scena.

Infine, c’è anche chi ipotizza che Re Artù rappresenti la scoperta dell’Arca dell’Alleanza (che, come sappiamo, conteneva le Tavole della Legge e il Bastone di Aronne), e di fatti il sovrano ha in mano un bastone, mentre le Tavole sarebbero quelle rappresentate in basso a sinistra. 

6. Immagine sopra; Rex Arturus o Thomas Beckett?

 

A tal proposito giova rappresentare che tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo vennero fatti dei lavori di restauro e non è da escludere che possano essere state fatte delle “interpretazioni” da parte di chi vi ha lavorato.

7. Immagine sopra; schizzo sullo stato di conservazione del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, realizzato agli inizi del XIX secolo e contenuto nel libro di Emile Bertaux “L’art dans l’Italie Méridionale”.

Infatti, come si evince da uno schizzo sullo stato di conservazione realizzato agli inizi del XIX secolo e contenuto nel libro di Emile BertauxL’art dans l’Italie Méridionale”, si può notare come il mosaico in quel punto fosse eroso e pertanto non sappiamo nemmeno con certezza se re Artù stesse davvero salutando o meno.

Ovviamente in tutti questi casi si tratta di ipotesi e quesiti che probabilmente non riusciremo mai a sciogliere, a meno che non trovassimo i disegni preparatori del mosaico o qualche documento redatto all’epoca della realizzazione.

Possiamo quindi concludere dicendo che questa immensa opera d’arte, nonostante i secoli trascorsi, continua a sfidare studiosi, esperti e appassionati. La sua interpretazione, in alcuni casi, non è stata ancora del tutto accertata ed accettata.

L’unione di diverse culture, da quella orientale a quella occidentale, e la sua ricchezza di elementi decorativi che spaziano da quelli religiosi, pagani e mitologici, rendono questo mosaico unico nel suo genere con la sua magnificenza che restituisce ai visitatori che quotidianamente si recano a Otranto un fascino senza tempo.

(Fine 2° e ultima parte)

(Marco Di Donato)

– Tutte le immagini sono state fornite dall’autore. 
7. Immagine in basso; Marco Di Donato all’interno della Cattedrale di Otranto (LE).

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