Immagine di apertura: il leggendario Fort Laramie come appariva prima del 1840. Dipinto da Alfred Jacob Miller (Walters Art Museum, di Baltimora -Maryland, Stati Uniti) – (Fonte Wikipedia).
Laggiù, nel selvaggio West…
Un mito e un “mistero” di due affascinanti leggende
di Roberto Volterri
2. Immagine sopra; William F. “Buffalo Bill” Cody, May 1909. Garlow Collection.
Buffalo Bill, il “moschettiere” del West
In un triste 10 Gennaio del lontano 1917 l’America perde un personaggio che incarna l’essenza stessa del Far West.
Il colonnello William Frederick Cody – in arte Buffalo Bill – ‘scende’ per l’ultima volta da cavallo a Denver, nella casa della sorella May dopo un malore che lo ha colpito in seguito all’ennesima esibizione in pubblico.
Alto, con lunghi capelli castani, i baffi e l’inconfondibile “pizzo” sul mento, egli segna in senso positivo un’avventurosa epoca caratterizzata da ambigui sceriffi, pistolere in gonnella e avventurieri senza scrupoli.
Diversamente dal celeberrimo generale Custer, il colonnello Cody non considera i pellerossa come carne da macello ma si limita a combatterli unicamente per essere fedele agli ordini militari ricevuti.
3. Immagine sopra; George Armstrong Custer (New Rumley, 5 dicembre 1839 – Little Bighorn, 25 giugno 1876)
4. Immagine sopra; La tragica battaglia di Little Big Horn avvenuta nel 1876 in cui il forse maldestro Generale Custer perse la vita.
Però Buffalo Bill, in età avanzata, quando percorre in lungo e in largo gli States e l’Europa, con il suo “Grande spettacolo del West” si fa ritrarre accanto all’ormai non più temibile Sitting Bull, il Toro seduto che ha sterminato il 7° cavalleria nella cruenta battaglia dei Little Big Horn, del 1876, dove il suo amico Custer perde la vita.
5. Immagine sopra; Sitting Bull, ovvero il grande capo indiano Toro seduto che sterminò le truppe del Generale Custer
Il nostro ‘moschettiere del West’ nasce quarto di otto figli, a Le Claire, nello stato dello Iowa, in una famiglia che si avvia ben presto alla ricerca dell’oro nella valle del Sacramento. In una casa che forse tale non è – appare come una sorta di fumosissimo saloon frequentato da desperados, predoni, indiani e squaw con uno stuolo di figli… di chiunque – il piccolo William Cody conosce ben presto i cavalli, le carabine, i revolver, l’arco e le frecce. Impara inoltre la classica ‘legge del più forte’…
Ad appena dodici anni trova lavoro presso l’impresa Russel & Waddel, assumendosi l’incarico di portare messaggi da una carovana all’altra, attraversando sterminate praterie e ‘macinando’ chilometri e chilometri in una sola giornata.
Gli fanno da poco rassicurante cornice i continui attacchi dei banditi e degli indiani con l’ascia di guerra perennemente dissotterrata.
Nel 1858 il giovane Cody si trova a difendere una carovana attaccata dai pellerossa e con la sua carabina manda nel regno di Manitou un importante guerriero.
Subito sul Kansas Herald Tribune egli ha l’onore delle prime pagine dove viene presentato come “… il più giovane giustiziere degli indiani.”
É l’inizio delle sua non breve carriera…
Da una costa all’altra degli USA, in seguito, nascono ballate che ne ricordano le quasi impossibili imprese, si parla di centinaia di pellerossa fulminati dalla sua infallibile carabina mentre con la divisa del 7° reggimento del Kansas, salva civili attaccati da sbandati dell’esercito sudista, guadagnandosi così i pubblici gli elogi dei generali Shermann e Ulysses Grant.
Alla fine della Guerra di Secessione apre con pochi risparmi un Saloon a Leavenworth e, su proposta di Wild Bill Hickok, parte come esploratore contro il terribile Geronimo al seguito dell’ex generale George Armstrong Custer, ora retrocesso a colonnello per ‘beghe’ legate alla Guerra Civile.
6. Immagine sopra; Il terribile capo Apache Chiricahua Goyaałé, ovvero, stranamente, “Quello che sbadiglia” ma per gli “amici“ soltanto Geronimo (1829- 1909)
Tra il 1868 e il 1876, Buffalo Bill caccia indistintamente indiani e bisonti, difende convogli, evita imboscate ad inermi civili e – tanto per rimanere in esercizio – in un duello all’arma bianca uccide Mano Gialla, grande capo della tribù dei Cheyennes, ed offre proprio al generale Custer il suo scalpo.
Di lui si favoleggia che abbia abbattuti almeno 4000 bisonti in pochi mesi: tutto il Far West è di William Cody, ‘in arte’ Buffalo Bill!
Diventato improvvisamente ricco – anche ad opera di uno pseudo colonnello e ‘pseudo’ un pò in tutto, tale Ned Buntline – il nostro eroe appare però impreparato al successo, diventa un anacronistico ‘dandy’ della prateria indossando uno strano doppio petto e spende migliaia di dollari insieme a compagni, compagne, saltimbanchi e cavallerizzi con un passato e un presente non proprio adamantini.
In Italia viene ricevuto dal Papa Leone XII e si esibisce – venendo sconfitto! – anche con i butteri della Maremma toscana.
Ma ormai è al tramonto e giunge quel triste Gennaio del 1917.
Ora il ‘guascone’ del West, il ‘moschettiere’ temuto da bisonti e pellerossa riposa a Look Mountain, nei pressi di Denver (Colorado).
Settantuno lunghi e rigidi inverni hanno raggelato le sue robuste membra…
7. Immagine sopra; L’ultima dimora del celebre Buffalo Bill
8. Immagine sopra; Buffalo Bill, al centro, immortale eroe del Far West, in posa accanto a due altri individui che all’epoca sarebbe stato meglio non incontrare senza la… pistola d’ordinanza!
Continuiamo…
Don Diego de La Vega, per gli amici… Zorro!
Alla base di molte leggende c’è sempre un fondo di verità.
Anche il mitico personaggio di Zorro, prima di diventare un eroe dei film di un po’ di tempo fa e di innumerevoli racconti – secondo alcune biografie – si chiamava Joaquin Murrieta Carrillo, californiano vissuto a metà dell’Ottocento (1829 – 1853).
Ma lo storico Frank Latta sostiene in un suo libro, “Joaquín Murrieta and His Horse Gangs”, che Joaquin Murrieta Carrillo fosse nato a Hermosillo, cittadina nel Nord del Messico e che aveva creata una banda con parenti e amici.
Quasi una sorta di Robin Hood si detraggiava come difensore dei più deboli, punitore dei prepotenti ma anche fuorilegge.
Torniamo agli aspetti leggendari e cinematografici…
Una spada sguainata, una cappa svolazzante e rigorosamente nera, una frusta pronta a lasciare indelebile ‘marchio’ sulla pelle del ‘cattivo’ di turno, et voilà: ecco apparire nella nostra mente solo e soltanto Don Diego de La Vega, per gli amici… Zorro!
Per la scrittrice Isabel Allende, autrice del recente libro ‘Zorro. L’inizio di una leggenda’, egli è
“… la combinazione di Robin Hood e di Peter Pan, più la sete di giustizia di Che Guevara…”
e, non contenta affatto di aver così definito l’eroe di infiniti romanzi, film e musical aggiunge
“… Voglio rinascere Zorro!”.
Ma al pensiero e all’opera dell’Allende torneremo tra breve…
Don Diego – il quale, nella finzione letteraria, fa la sua prima comparsa, nel 1919, nel romanzo “The Curse of Capistrano” di Johnston McCulley – è figlio del latifondista spagnolo Don Alejandro e di Toypurnia, nativa americana che intende dedicare la propria vita alla difesa dei diritti calpestati dal potente di turno, sentimenti questi indelebilmente incisi anche nel DNA di Diego.
Non c’è di certo lo spazio per avventurarci nella vita e nelle eroiche imprese di un eroe le cui imprese abbiamo lette ‘ai tempi della scuola’, e non abbiamo occasione per assistere alle sue iniziali lezioni di scherma impartitegli da Manuel Escalante, membro influente del gruppo massonico ‘La Justicia’ a cui si affilia anche il ‘nostro’ proprio con il nome di battaglia di… ‘Zorro’, ovvero ‘volpe’ in lingua catalana.
Però – tornando per un istante ad Isabel Allende – possiamo far cenno allo spettacolo dei Gypsy King legato alla leggenda (ma forse non lo è veramente del tutto) di Zorro.
Notissimo gruppo musicale, formato da “zingari” naturalizzati francesi, i Gypsy King traggono origine dalle due famiglie Reyes e Baliardo che lasciano la Spagna durante la guerra civile e si insediano in Provenza.
Qui i cinque fratellini imparano dal padre Josè la tecnica del canto, quella della chitarra applicata in particolar modo alla rumba, però in uno stile musicale che appare come una magica fusione di rumba flamenca, di flamenco – a Denominazione di Origine doverosamente Controllata! – e anche di musica pop.
Ovviamente i puristi del flamenco non esitano a storcere subito il naso, ma i Gypsy King continuano per la loro strada ottenendo, negli anni Ottanta, un incredibile successo con il brano Bamboleo e, quasi incredibile a dirsi, con una fantastica rielaborazione ‘in chiave flamenco’ dell’indimenticabile ‘Nel blu dipinto di blu’ (o ‘Volare’ che dir si voglia…) di Domenico Modugno!
Ora, fedeli al sempre valido e dantesco “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa…”, i ‘nostri’ portarono con successo in scena, nel West End di Londra, il loro kolossal da tre milioni di sterline, prodotto proprio da Isabel Allende, dedicato all’eroico Zorro e alla rumba flamenco, non curandosi neppure per un attimo del pur autorevole ‘Times’ e del suo critico musicale il quale ha definito lo spettacolo “… a cavallo tra Errol Flynn e i Monty Python…”.
(Roberto Volterri)
– Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore.
9. Immagine sopra; “… la combinazione di Robin Hood e di Peter Pan, più la sete di giustizia di Che Guevara…”, Zorro correva sempre in difesa dei più deboli. Soprattutto se rappresentati da un’avvenente donzella, come in questa immagine tratta da un film con Douglas Fairbanks!
10. La Monument Valley è uno dei simboli dell’Epopea del West è degli Stati Uniti occidentali, al confine tra Utah e Arizona (Fonte Wikipedia).
.….e visto che si parla di Zorro e della sua infallibilile spada……
….si consiglia il libro…
A FIL DI SPADA
di Giancarlo Pavat e Roberto Volterri.
(Amazon 2021)
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