SE SEI IMPRESSIONABILE NON ANDARE OLTRE L’IMMAGINE DI APERTURA. Mummie egizie, mummie naturali e…pietrificatori…nostrani; di Roberto Volterri

 

Immagine di apertura; la “Mummia” della principessa egizia Ahmanet, in sembianze decisamente piacevoli, protagonista dell’omonimo film del 2017 con Tom Cruise, Russel Crowe e Sofia Boutella.

ATTENZIONE! SE SEI IMPRESSIONABILE NON PROSEGUIRE LA LETTURA!

 

Mummie egizie, mummie naturali e ‘pietrificatori’…

nostrani.

 

di Roberto Volterri

 

 

Abido, Alto Egitto, a nord-est di Tebe. Una notte qualsiasi durante la XII Dinastia.

 

“…Avanti, iniziamo l’imbalsamazione del grande Yghernefret, il ‘padrone della doppia casa dell’Oro e della doppia casa dell’Argento’, il capo dei tesorieri del nostro faraone Senusret I, il sa’mer’ef di Horus…”

… e il complesso rituale, le complicate operazioni di eviscerazione iniziarono.

“…Costoro si raccolgono tutti attorno al cadavere che è stato aperto da qualche minuto e uno di essi attraverso l’incisione praticata dal ‘paraschyte’ (il ‘tagliatore’. N.d.A.), introduce la mano nel corpo e ne toglie tutte le viscere, eccetto il cuore e i reni; altri (forse i ‘taricheutes’, gli ‘imbalsamatori’. N.d.A.) lavano questi organi con vino di palma e liquori odoriferi. In seguito per oltre trenta giorni, ungono il corpo con della gomma ricavata dal legno di cedro, con mirra, cinnamomo e altri profumi che non solo contribuiranno a conservarlo per lungo tempo, ma gli faranno anche spandere un odore soavissimo...

… narra Diodoro Siculo che visse nel I secolo a.C.

Le operazioni che conducevano alla mummificazione erano estremamente complesse. E differenziate a seconda del livello sociale del defunto e della… disponibilità finanziaria dei parenti.

Ad esempio, l’imbalsamazione di ‘prima classe’ – riferisce Erodoto, il ‘Padre della Storia’ – iniziava con l’estrazione della materia cerebrale attraverso le narici, mediante appositi uncini di bronzo che aprivano un varco nell’osso etmoide, oppure attraverso il foro occipitale.

Successivamente, con una ’pietra di Etiopia’ bene appuntita, il ‘paraschyte’ praticava un’incisione lungo il fianco del defunto per estrarre le viscere.

Terminata questa operazione, l’interno dell’addome veniva lavato con vino di palma e riempito di aromi quali la gomma di cedro, la cannella e altre essenze profumate. Il corpo veniva quindi immerso, per settanta giorni, in una sorta di bagno di Bitume o coperto da uno spesso strato di Natron, miscuglio di sali, tra cui il Carbonati, Solfati, Bicarbonati e Cloruri di Sodio. Proveniva soprattutto dal Ouadi Natrum e da lì prese il nome.

Per inciso la parola Mummia significava invece Bitume perchè anch’esso costituiva uno degli ingredienti principali del processo di imbalsamazione.

Furono i Greci, particolarmente colpiti da questi complessi rituali e dai risultati ottenuti a identificare il corpo imbalsamato nel composto organico citato.

Anche se recenti studi farebbero pensare che la cera d’api rivestisse un ruolo non secondario nel processo mummificatorio.

Passati i settanta giorni, il corpo veniva lavato e i ‘coachythes’ lo avvolgevano in bende di lino intrise di ‘gomma arabica’.

Al termine di questa prima bendatura, i sacerdoti ‘ut’ introducevano tra una benda e l’altra particolari amuleti – lo scarabeo sacro’, l’occhio di Horus, ecc. – che dovevano essere posti in ben precisi punti indicati dal Libro dei Morti mentre un sacerdote pronunciava alcuni passi di tale libro e, riferendosi agli ingredienti usati nel processo di mummificazione recitava …

“…Essi entrano nella tua sostanza; sono per te la prova che camminerai su una terra d’Argento, su un suolo d’Oro…

Tu sei la Fenice, forma del Sole, per vedere il tuo nome in ogni terra, la tua anima nel cielo, il tuo corpo nella regione inferiore.

Viene nei templi. Tu sei vivo una seconda volta e per l’eternità. Tu sei giovane una seconda volta e per l’eternità…”

Tutto ciò costava un ‘talento’ di Argento.

Nell’imbalsamazione di ‘seconda classe’ si sopperiva all’eviscerazione diretta mediante iniezioni – attraverso orifizi naturali, successivamente chiusi – di olio di cedro che aveva il compito di provocare la lisi degli organi interni. Al termine del prescritto ‘bagno’ nel Natron, il corpo veniva  svuotato dell’olio di cedro ed insieme ad esso uscivano tutte le viscere ormai liquefatte. I parenti del defunto se la cavavano con sole venti ‘mine’, quasi un quarto di quanto avrebbero speso per un’imbalsamazione di ‘prima classe’.

Nell’imbalsamazione di terza classe’ un sommario ‘bagno’ nel Bitume e una frettolosa pulitura dell’addome con ‘succo di Syrmala’ – il nostro Rafano – completavano l’operazione.

Ma non tutti gli organi interni venivano distrutti.

Il fegato, i polmoni, lo stomaco e alcune altre viscere – ma,  stranamente, non il cervello che non veniva ritenuto un organo importante –  venivano conservati in appositi vasi, poi detti ‘canopi’ dal nome greco di Canopo, città del Delta del Nilo, abbastanza importante in età tolemaica.

In realtà, nei Bassi Tempi le popolazioni di tale città adoravano Osiride sotto forma di una particolare brocca sormontata dalla testa del dio.

Nel Nuovo Regno il tappo veniva invece modellato in modo da riprodurre le fattezze del defunto e nel vaso erano conservati gli organi del defunto stesso. In epoca più tarda il tappo fu modellato in modo da riprodurre la divinità che presiedeva a quella specifica parte del corpo conservata.

Poi, gli antiquari ottocenteschi crearono una certa confusione perchè chiamavano ‘canopi’ tutti quei vasi chiusi da tappi foggiati a testa umana, indipendentemente dall’uso che di essi si era fatto in antico.

Ma le mummie comparvero anche in altri ambiti culturali, in altre aree geografiche.

Non mi attarderò in questa sede nel parlare delle mummie rinvenute nel continente americano, accennerò invece ad una mummia rinvenuta nei pressi di Roma a metà degli Anni ’60 e ad una particolare mummia rinvenuta in Cina nei primi Anni ’70.

Il 6 Febbraio 1964, a Roma, sulla via Cassia, in località ‘Giustiniana’, all’angolo con via di Grottarossa, fu rinvenuta una piccola mummia risalente al periodo romano imperiale.

Dalla località in cui fu effettuato lo scavo essa fu denominata subito ‘Mummia di Grottarossa. 

Fu esaminata, nel 1970, dall’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Roma ‘La Sapienza e stazionò a lungo presso le sale del Museo Nazionale Romano.

Si tratta di una mummia di una giovane fanciulla, non eviscerata e con un parziale trattamento di imbalsamazione tanto che essa conserva ancora oggi il cervello e i polmoni.

Ma apparteneva certamente ad un ceto sociale abbastanza elevato poiché attorno ad essa fu rinvenuto un corredo di pregio, caratteristico della gens Cornelia del II secolo d.C.

2. Immagine sopra; La ‘Mummia di Grottarossa’

 

La fanciulla ora nota come ‘Mummia di Grottarossa’ salì…’sulla barca di Caronte’ in terra egizia e, forse, fu imbalsamata frettolosamente per portarla a Roma senza che il suo corpo dovesse subire gli ‘affronti’ della morte.

Proseguiamo.

Mawangtui, Cina, 1972. Qui fu rinvenuta una strana mummia di donna del primo periodo dinastico degli Han occidentali.

Il corpo apparve agli archeologi avvolto da oltre venti abiti di broccato, damasco e seta.

Ma ciò che attrasse particolarmente i ricercatori furono due cose: un particolare sudario, leggerissimo, quasi impalpabile del peso di circa 49 grammi nonostante sia lungo 128 centimetri e che alle analisi si presentò come una sorta di chiffon di… nylon.

3. Immagine sopra; La strana mummia di donna del primo periodo dinnastico degli Han occidentali.

Ora sappiamo che il nylon è un prodotto di sintesi nato nel 1935 ad opera dell’americano Wallace H. Carothers. Come si riuscì – oltre ventuno secoli or sono – a produrre un simile tessuto?

L’altra cosa sorprendente fu che il corpo della donna – alta 154 centimetri e dall’apparente età di cinquanta anni – era immersa in uno strano ‘liquido rosso’ che la ricopriva completamente.

Questo ‘liquido’ non ci ricorda, forse, il ritrovamento del corpo della fanciulla romana, avvenuto nel 1485,  interamente ricoperto da una “…sostanza alta due dita, grassa e profumata…” ?

Il corpo della dama cinese – forse la moglie del nobile Li Sang, ‘marchese’ di Tai che dominò in Cina agli inizi del II secolo a.C. – appariva in ottimo stato, con la pelle ancora elastica, quasi fosse deceduta da pochissimo tempo. Quando le fu iniettato un liquido antisettico si formarono rigonfiamenti tipici di un individuo… appena ‘passato a miglior vita’!

Cos’era quel liquido rosso? Cos’era la ‘sostanza grassa e profumata’

Forse un diverso, più efficace metodo di imbalsamazione?

Credo che non lo sapremo mai, ma noi cercheremo ugualmente, in questo articolo, di indagare ancora un pò nel misterioso, per certi versi affascinante, mondo delle mummie.

Anche di quelle ottenute non dall’uomo, ma da Madre Natura.

 

Le mummie ‘naturali’.

 

Vagheremo un pò qua e là per la nostra Penisola alla ricerca di mummie sulle quali non intervennero certamente nè il ‘paraschyte’ nè i ‘taricheutes’ che abbiamo incontrati in un sotterraneo di Abido, ma particolari condizioni ambientali, temperature adatte e, soprattutto, la presenza di particolari ife fungine, appunto quelle dell’Hypha bombicina.

Così battezzata, nel 1863, dal biologo Biazoletto, fu descritta da un altro studioso ottocentesco, il dottor Pari…

“… è un funghetto subrotondo, indeterminato, mollissimo, dissolventesi sotto il tatto. Questo funghetto getta sul corpo le sue radichette nello spessore della pelle, succhia distesamente e diuturnamente con le facoltà del corpo vivo e vegeto gli umori del cadavere, nutrendosene e permettendo così ai solidi di essiccarsi, stringersi, farsi leggeri, cioè a dire, mummificarsi…”.

Almeno questa apparve la causa principale della mummificazione di numerosi corpi rinvenuti a Venzone, a pochi chilometri da Udine. Qui, nell’antica Aventionum, davanti al trecentesco Duomo dedicato a Sant’Andrea Apostolo, si ergeva e forse si erge ancora un’antica cappella dedicata a San Michele in cui erano – o ancora sono – esposti i corpi di tredici individui che erano state sepolte nel Duomo stesso, in una zona particolare di esso, vicino al coro.

Salvo uno – quello del cosiddetto ‘Gobbo’ – rinvenuto nel 1647 vicino al portale settentrionale.

“…La mummia però di tutte è la più bella, la più elegante e la più degna di meraviglia, è un gobbo di struttura atletica, che da circa due secoli viene colà conservato, e che in epoca ignota e remotissima fu sepolto…”

… la descriveva così nel 1826 il dottor  Pagani, che ebbe modo di effettuare una ricognizione sulla mummia, aggiungendo anche qualche nota… ‘piccante’ –

“…Essa fino al 1797 offriva un raro pezzo patologico, quello cioè di un pene regolare, ma di lunghezza tanto enorme che tuttora resta flessibile quantunque per tre quarti dal capriccio e dalla licenza di militari francesi sia stato a bricioli tagliato per formarsi dei souvenir…”.

 

4. Immagine sopra; Le mummie di Venzone, a pochi chilometri da Udine, in Friuli – Venezia Giulia.

 

Ma oltre all’Hypha bombicina di cui ho fatto prima cenno, anche altre cause sono state ipotizzate per spiegare lo strano fenomeno della mummificazione spontanea.

Nel 1831, il dottor Marcolini pubblicò un volumetto dal titolo ‘Sulle mummie di Venzone’ in cui avanzava l’ipotesi che il processo di mummificazione fosse dovuto al formarsi di composti arsenicali oltre che di gas carbonico e di composti del Fosforo.

Era così convinto di essere nel giusto che si rammaricava che le autorità non lo autorizzassero…

“… nelle tombe varie della chiesa di Venzone a collocare ignudi cadaveri coprendoli di grosse invetriate, anzichè di pietra; fare che col mezzo di cannelli dall’interno di esse uscissero i gas per raccoglierli in apposito apparato, ed osservare ogni giorno e più volte al giorno le mutazioni di quelli, ed indagare successivamente con processi chimici la natura di questi, ed istituire tra l’uno e l’altro de’ cadaveri gli opportuni confronti…”.

Naturalmente la sperimentazione non gli fu mai concessa anche se non si trattava certo di indagare in…’corpore vivo’!

Trent’anni più tardi il dottor Pierviviano Zecchini pubblicò sul ‘Politecnico’ la sua ipotesi che chiamava in causa una ‘muffa’ biancastra che ricopriva alcuni corpi mummificatisi naturalmente. Avendo notato che le caratteristiche di buona conservazione dei tessuti corporei si rintracciavano anche i cadaveri di animali sparsi sul territorio nei pressi di Venzone, arguì che la causa del fenomeno potesse risiedere nell’Hypha bombicina ben diffusa da quelle parti.

Ė probabile che le cause fossero molteplici perché non sempre tale fungo si rintraccia in zone dove il fenomeno della mummificazione spontanea è più evidente.

Ma se ne rintracciano altri…

A Ferentillo, ad esempio, piccolo paese in provincia di Terni, a poca distanza dall’incantevole cascata delle Marmore c’è un suggestivo ‘Museo delle Mummie’ che ho più volte visitato proprio per… toccare con mano il fenomeno.

Eh sì, perché fino a non molti anni fa almeno uno dei corpi mummificatisi – quello di un brigante che aveva assassinato un avvocato del posto – era ancora lì, appoggiato ad un muro, appunto a… portata di mano, poiché non era stato conservato, come oggi avviene, all’interno di apposite teche di vetro.

La consistenza e il colore della pelle erano quella del cuoio e non creava certo particolari sensazioni da… brivido.

Sotto la chiesa di Santo Stefano, a Ferentillo, è infatti ancora visitabile una cappella lunga e stretta, scavata nella roccia e ben ventilata.

Qui, fino all’Editto napoleonico di Saint Cloud i morti del paesetto umbro venivano inumati alla profondità di un metro in una terra che “… si presenta”  come si legge in un referto analitico della fine dell’Ottocento “come sabbia fine, asciutta, con qualche sassolino e molti altri più piccoli con aspetti di calcinaccio, forse in parte trasportata da fuori. In 72 grammi si trovò: nitrati e cloruri (Calcio, Magnesio, Ammonia) gr. 6; silicato di Alluminio e di Ferro, e solfato di Calcio gr. 27; carbonati e fosfati (calcico e magnesiaco) gr. 24; sostanza organica gr. 15 “.

Ma, e qui sta, forse, la soluzione del problema, in tutte le mummie fu rinvenuta una specie di fungo appartenente alla famiglia delle Torulacee che, unitamente alle particolari condizioni ambientali, aveva fatto sì che i corpi sepolti nella terra della cripta rimanessero quasi inalterati per sempre.

Tanto che un sindaco del paese, nell’800, si offrì di… ‘ospitare’ “… eminenti personaggi… nella loro terra preservatrice, e così concorre pel meglio a mantenere integra la salma e l’effigie all’affetto e al culto dei presenti e delle future generazioni…”.

Non sappiamo cosa ne pensasse il resto del Consiglio Comunale…

5. Immagine sopra; Testa mummificatasi naturalmente a Ferentillo, in provincia di Terni, in Umbria,

6. Immagine sopra; Frontespizio di un libro procuratosi dall’autore di questo articolo per meglio comprendere i “segreti” che Gerolamo Segato non volle mai rivelare per intero.

7. Immagine sopra; Gerolamo Segato. Così il geniale Pietrificatore” lasciò detto ai posteri “…
“Qui giace disfatto Girolamo Segato, che vedrebbesi intero pietrificato, se l’arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell’umana sapienza, esempio d’infelicità non insolito”.

 

E per terminare questo nostro excursus che, spero, non turbi eccessivamente i sogni dei lettori, offrirei loro altre… ‘suggestive’ occasioni d’indagine

Nei pressi di Torino, ad esempio, è visitabile la Sacra di San Michele, il cui nucleo più antico risale al 998.

Nota per aver costituito in passato tappa d’obbligo per i pellegrini che si recavano nella Città Eterna, dopo alterne vicende che ne videro anche una parziale distruzione fu finalmente restaurata ed affidata ai Rosminiani che ancora oggi la reggono.

Qui, nello Scalone dei Morti, in una nicchia protetta da grate in ferro (si sa, i souvenir…) riposavano in pace alcune mummie, appoggiate al muro, mentre…

“…Un nero polverio di carne umana disseccata e rosa dai tarli , sollevato dal turbinare del vento, ricopre gli stracci di cui sono avaramente vestiti gli stinchi spolpati e le costole sporgenti sotto la pergamena del torace…”.

Poichè lo spettacolo, forse, non era del tutto gradito ai visitatori, le mummie sono state ‘dirottate’ altrove.

Ma non ‘disperate potrete sempre recarvi ad Agrano, in provincia di Novara, e vedere la ‘mort d’Angran’, mummia di ignota gentil signora d’altri tempi, che appare abbastanza ben conservata.

8. Immagine sopra; Agrano (Novara). Roberto Volterri, qualche anno fa, davanti allamort d’Angranesposta in una piccola cappella privata.

Non troverete difficoltà a rintracciarla perchè è esposta lungo la strada, all’angolo di una casa, in una piccola cappella privata. Qui mi sono recato a fotografarla…

Oppure potreste recarvi ad Urbania, in provincia di Pesaro, nella ‘Chiesa dei Morti’, risalente al 1380 e visitare il ‘Cimitero delle Mummie’ dove ben diciotto più o meno identificati  personaggi fanno bella mostra di sé (si fa per dire!).

Riconoscerete il dottor Vincenzo Piccini, farmacista deceduto nel 1834 o tal Lombardelli, fornaio del XVIII secolo, mentre qualche metro più in là vi… attende Sebastiano Macci, scrittore e umanista del XVII secolo.

In giro per l’Italia, dopo una breve visita alle mummie conservate ad Otranto e alla sua bellissima Cattedrale dove – nella Cappella dei Martiri – si conservano dal 1480 le mummie di gran parte dei cristiani fatti uccidere dai Saraceni del Pascià Achmed Giedik, potreste recarvi – ‘dulcis in fundo’! – a Palermo, nel Cimitero dei Cappuccini dove potrete ‘ammirare’ centinaia di corpi conservatisi per oltre un secolo in… perfette condizioni fisiche.

Quello che più lascia perplessi è il volto di una bambina, Rosalia Lombardo, deceduta nei primi anni del secolo scorso e che sembra solo ‘addormentata’.

9. Immagine sopra; Il corpo mummificato naturalmente della cosiddetta “Mummia di Similaun” scoperta nel Settembre del 1991.

 

 Le mummie… al miele.

Potrà sembrare strano, ma certi rituali, certe usanze in auge – oggi o in antico – presso i popoli cosiddetti ‘civili’ non fanno parte esclusivamente del patrimonio culturale dell’Homo sapiens.

Prima di tornare alle ‘nostre’ mummie, vorrei infatti ricordare come lo zoologo J. Goodall notasse che gli scimpanzé maschi di Combe Stream (Tanzania,) all’inizio di un violento temporale, si raggruppavano sulla sommità di una collina, discendendo e risalendo mentre brandivano verso il cielo dei rami.

Non ci appare forse, tale comportamento, una sorta di strana, rituale ‘danza della pioggia’?

Oppure sto peccando di eccessivo ‘antropocentrismo’?

Dopo questa brevissima digressione, proseguiamo tornando al tema principale di queste pagine, rimanendo però ancora in un ambito etologico.

La mummificazione – per fare un altro esempio non sembra essere una tecnica in uso solamente presso gli antichi Egizi o presso alcune popolazioni mesoamericane: alcuni apicoltori hanno notato infatti come  alla morte dell’Ape Regina si attui un vero e proprio ‘funerale’ con tanto di ‘mummificazione’ rituale.

10. Immagine sopra; Anche le api ricorrono ad una sorta di mummificazione dell’Ape regina utilizzando il prodotto a loro stesse più congeniale, il miele.

La Regina defunta – preventivamente ricoperta di cera, come in un vero e proprio sarcofago – viene fatta cadere, da un compatto sciame di api, sull’arnia dalla quale esse avevano spiccato il volo. Un forte odore di cera – prodotta dalle api che avevano portato a termine il lavoro di imbalsamazione – si spande nell’aria mentre altre api volano intorno al corpo dell’Ape Regina formando curiose figure, come una sorta di corteo che passerà sull’arnia per l’estremo ‘saluto’.

L’epilogo di questa cerimonia è ancora più strano: le api operaie rendono infatti omaggio alla Regina toccando con le proprie antenne la defunta, spingendola con le teste – non con le zampine! – giù dall’alveare, per poi volare via a rendere omaggio al nuovo Faraon….(scusate la distrazione!), alla nuova Ape Regina.

Se a quest’ultima viene riservato questo particolare trattamento è perché essa, probabilmente, aveva goduto per tutta la vita di particolari privilegi: soprattutto era stata nutrita con cibo ‘reale’ (la ben nota ‘pappa’) offerta a turno dai suoi ‘sudditi’ dei quali incarnava – mi si permetta il termine – l’anima collettiva che, con la mummificazione, viene preservata dal disfacimento fisico.

Inoltre, sappiamo che gli alveari spesso vengono ‘visitati’ da insetti predatori come l’Acherontia atropos – la farfalla ‘Testa di morto’ – o da piccoli roditori ai quali non sfugge il piacevole gusto del miele appena prodotto.

Ma i vigili imenotteri, le api, non se lo lasciano sfuggire e a colpi di dolorose e venefiche punture lo fanno passare… a miglior vita.

Però, poichè il corpo del roditore può andare in putrefazione e inquinare così l’alveare, esse lo ‘mummificano’ rivestendolo con la propoli, resina che esse sintetizzano partendo dalle resine dei pioppi e dei salici e che è impermeabile all’aria.

Ė possibile che a tutto ciò – mutatis mutandis, ovviamente ! – si siano ispirati gli antichi popoli, sia quelli che abitavano le rive del Nilo, sia altre popolazioni presso le quali i rinvenimenti archeologici hanno messo in luce il desiderio di conservare nel tempo l’involucro fisico di augusti personaggi?

Può darsi, ma vorrei concludere con un paio di aneddoti sufficientemente degni di essere considerati genuini.

Sembra infatti che il corpo di Alessandro Magno – deceduto a soli trentatrè anni a Babilonia – fosse stato immerso nel miele bianco per conservarne, almeno per un po’ di tempo, le sembianze mentre per il povero Agesilao, re di Sparta, passato a miglior vita nella città di Cirene nel 360 a.C si ricorse alla cera fusa, in mancanza del più prelibato miele.

Anche una sacerdotessa tebana della XII Dinastia – secondo il Granville che la studiò nel 1825 – era stata immersa a lungo nella cera mantenuta allo stato liquido.

Si narra, infine, anche di un viaggiatore arabo, tal Abd el Latil, che avrebbe assistito ad uno… sconvolgente episodio.

Un saccheggiatore di tombe aveva scoperto, durante una sua ‘ricognizione archeologica’ una grande giara piena di miele e, prelevando con un  dito il gustoso alimento, aveva cominciato a mangiarne fino al momento in cui sul dito, oltre al miele, non era comparso un lungo capello. Incuriosito e contrariato, aveva osservato meglio il contenuto della giara scoprendo – con comprensibile disappunto – che in essa, sotto il miele, era stato amorevolmente conservato… il corpo di un bambino!

Se vi siete ripresi dalle sensazioni create da quest’ultimo episodio, torniamo ora al nostro ‘viaggio’ qua e là tra il misterioso mondo delle Mummie, esplorando quello delle ‘Mummie naturali’.

 

Gerolamo Segato, il ‘pietrificatore’

 

Gerolamo Segato fu una singolare figura di ricercatore, viaggiatore, cartografo, esploratore vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

Nacque a Sospirolo, nella Certosa di Vedana, in provincia di Belluno, il 13 Giugno 1792 e giovanissimo si unì, tra il 1818 e il 1820, a spedizioni francesi dalle quali, però, in seguito fu escluso.

Ma il giovane Segato non si perse d’animo e proseguì da solo verso la Nubia, raccogliendo dati cartografici e reperti vari che arricchivano la sua collezione.

“…Per gli sterminati deserti dell’Affrica appunto discorreva nel luglio del 1820 il Segato, ardente in far tesoro di scienza…” – leggo in un curioso volumetto del 1835, scritto dall’avvocato Giuseppe Pellegrini che di Segato fu grande estimatore, intitolato “Della artificiale riduzione a solidità lapidea e inalterabilità degli animali” – “… ed ecco all’occhio scrutatore del filosofo occorrere qualche frammento di sostanza carbonizzata. Ricolta ed osservata minutamente vi ravvisava caratteri animali, e in particolare della specie umana…”.

Abbandoniamoci ancora per poco all’ampollosa prosa del Pellegrini e immaginiamo il giovane studioso ad elucubrare metodi artificiali per ‘pietrificare’ corpi animali o parti di essi.

Ma avendo voluto…

”…calarsi per un vano da lui faticosamente aperto entro la profondissima piramide di Abu-Sir… e dimoratovi sei giorni e conosciute le racchiusevi rarità, all’uscirne scoppiò in lui una letalissima malattia della respirazione dell’aria mofetica della piramide…”.

E sì, anche il buon Gerolamo Segato era stato colpito da qualche ‘maledizione di Tuthankhamon ante litteram e fu rimpatriato in fretta e furia.

In Italia, a Livorno, “…la forte natura trionfò il crudo morbo…” e quell’Indiana Jones d’altri tempi incominciò un’intensa sperimentazione finchè…

“…le parti animali sotto la possente azione del suo processo incominciavano a consolidarsi, conservando molti caratteri loro propri. Finalmente questa vigorosa non fallibile alchimia, quasi rapita la magica verga ad una qualche divinità, comandò ai corpi e membri degli animali d’impietrare; ed essi impietrarono.”

 

 11. Immagine sopra; Busto  di donna “pietrificato” da Gerolamo Segato.

 

Ma come ‘impietrarono’? Quale fu il complesso procedimento chimico che  consentì al Segato di ‘ridurre a solidità lapidea’ ben 214 differenti parti anatomiche inserite ad intarsio in un piano di un macabro tavolino conservato tuttora presso il Museo della Scienza di Firenze?

Però nelle cantine, poichè a detta della Direttrice da me interpellata, quella… non era vera Scienza! Mah!

Quali strane ‘alchimie’ gli permisero di ‘pietrificare’ un completo busto di giovane donna che fino alla tragica alluvione di Firenze del 1963 era conservato presso il Museo Anatomico di Firenze, in viale Morgagni?

12. Immagine sopra; Testa umana pietrificata da Gerolamo Segato con un metodo che non volle mai rivelare.

 

Gerolamo Segato fu a lungo osteggiato dalle autorità scientifiche e religiose che contestavano i suoi studi sia perché ‘contrari ad ogni etica professionale’, sia perché …  “polvere sei e polvere ritornerai”!.

Così il Segato, che aveva donato ad una sua giovane amica, tale Isabella, gocce del suo sangue… pietrificate, volle ‘punire’ chi in vita non aveva voluto ascoltarlo e decise di portare con sé il segreto, fin nella tomba, desiderando che su di essa fosse scritto un significativo epitaffio:

Qui giace disfatto Girolamo Segato da Belluno che vedrebbesi intero pietrificato se l’arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell’umana sapienza esempio d’infelicità non insolito morto di anni XLV il III Febbraio MDCCXXXVI ”.

Il 3 Febbraio del 1836 Segato lasciò definitivamente ai posteri il compito di indagare sui misteriosi metodi da lui impiegati per superare di gran lunga le capacità imbalsamatorie degli antichi Egizi.

Fu sepolto nel Chiostro di Santa Croce, a Firenze.

Ma quel compito qualcuno lo raccolse…

Il professor Giorgio Umani, umanista e uomo di scienza, nel Febbraio del 1948 pubblicò sulla rivista Armilla un articolo dall’accattivante titolo ‘Dell’arte facile e dilettevole di pietrificare i tessuti animali molli’.

Il metodo seguito da Umani, probabilmente, non è lo stesso impiegato dal Segato, ma sembra abbia dato risultati altrettanto soddisfacenti se non addirittura superiori.

Presso il Museo di Geologia dell’Università di Perugia ci dovrebbero ancora essere – ma non ho indagato in tal senso – svariati esemplari anatomici ‘pietrificati’ con il metodo che forse descriverò in un prossimo articolo…

Gli esemplari furono inviati al professor Cesare Lippi Boncambi che si mostrò più che soddisfatto dei risultati ottenuti dall’Umani.

13. Immagine sopra; Rosalia Lombardo mummificata magistralmente nel lontano 1920 da Alfredo Salafia, famoso imbalsamatore palermitano.

Qui termina la nostra esplorazione… da brivido e – per non farvi rimanere a lungo “inattivi” – inizierei subito a pensare come iniziare i più volenterosi alla difficile arte dell’imbalsamatore “fai-da-te”!

Vedremo…

(Roberto Volterri).

 

Le immagini sono state fornite dall’autore.

 

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