“Avete mai provato ad entrare in un quadro e girandovi intorno accorgervi con stupore che vi trovate in un posto unico, inaspettato? Ė un’esperienza irripetibile, fantastica…”
Con queste parole presentavo diversi anni fa il mio libro dal titolo “Il quadro della Madonna della Nova in Rocca Imperiale, il mistero del quadro” (Aletti editore) e raccontavo una scoperta assolutamente straordinaria.
Rocca Imperiale è un delizioso paese in provincia di Cosenza, sullo Jonio al confine con la Basilicata e conserva un quadro che è oggetto di devozione da secoli e che rappresenta l’incontro della Madonna con la cugina Elisabetta quando le annunciò di essere in attesa di Gesù.
Questo quadro mi ha subito incuriosito per alcune incongruenze e stranezze e sono riuscito a capire il perché delle mie perplessità solo quando vidi una fotografia dello stesso quadro prima del “restauro” maldestro eseguito nel 1948.
Il castello svevo di Rocca Imperiale (fonte Wikipedia)
Dal confronto fra le due foto sono riuscito a ricostruire una storia che ha dell’incredibile. Abbiamo notizie di questo dipinto dal 1583 ma abbiamo anche la certezza che sia molto più antico. La caratteristica della rappresentazione sta nell’essere stata più e più volte modificata con aggiunte e correzione creando un’immagine che corrisponde oramai solo in piccolissima parte a quella originale.
Le differenze sostanziali fra la vecchia fotografia e il quadro così come lo vediamo oggi stanno prima di tutto nel fondale che era un ambiente esterno, un cortile contornato da mura merlate, di un palazzo anch’esso con copertura merlata, al quale si accede attraverso un arco, con nuvole bianche appena accennate ed il cielo e non il mare come appare oggi. Segue poi la giovane figura femminile in piedi che ha la gamba destra molto in evidenza ed assolutamente sproporzionata con la parte terminale a forma triangolare che poco si adatta ad un piede.
La mano destra sempre della figura in piedi sta innaturalmente aperta a termine di un braccio eccessivamente lungo; il pavimento al centro delle figure è formato da mattonelle più grandi di quelle che si vedono dopo il “restauro” ed indicano chiaramente un ambiente esterno ed in legno; fra l’edificio con l’arco e l’altro non v’è alcun muro ed ambedue si completano con una cornice merlata; tutte e due la braccia della figura china sono eccessivamente lunghe ed assolutamente innaturali nella posizione ed è chiaramente visibile la forma del ginocchio destro piegato.
In definitiva si può tagliare idealmente il quadro in due metà, o più precisamente poco sotto la cintura della figura in piedi per avere due immagini ben distinte: l’una superiore di pregevole fattura, l’altra molto rozza e forzatamente costretta ad una precisa rappresentazione, senza tener in alcun conto le proporzioni.
Possiamo pensare che la parte inferiore del quadro per il suo deterioramento nel tempo sia stata molte volte modificata avendo come obiettivo quello di rappresentare la “visitazione di Maria” forzando le figure fino a raggiungere il risultato voluto. I particolari delle figure difformi dal resto sembrano seguire canoni precisi, modalità che da sempre caratterizzano la raffigurazione del fatto raccontato dal Vangelo.
Ma, allora, entriamo nella scena e giriamoci attorno: stiamo al centro di un cortile a cui si accede attraverso un arco e protetto da un’area con mura merlate. Dietro di noi un edificio con una cornice di copertura merlata ed una fila di altissime finestrelle rettangolari.
Questo complesso di edifici con questa disposizione ricorda in modo chiarissimo il Tempio di Gerusalemme ed esattamente il cortile davanti al Sancta Sanctorum.
Il Tempio di Salomone aveva due cortili, uno interno ed uno esterno. Dal cortile esterno, caratterizzato da un muro merlato come i portici, si accedeva attraverso un grande arco, la porta di Nicaore, al cortile interno che circondava il Tempio.
Antistante il Sancta Sanctorum si trovava un’altra stanza, il Santo, in cui si entrava tramite dei gradini (probabilmente raffigurati nel quadro, visto che la forma del pavimento proprio li davanti cambia).
L’identificazione del luogo come il Tempio di Salomone ci aiuta a ricostruire la scena originale che doveva rappresentare l’annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Zaccaria, il marito di Elisabetta, della futura nascita di Giovanni Battista.
Il fatto, come racconta il Vangelo, avvenne nel cortile del tempio di Salomone davanti al Sancta Sanctorum mentre Zaccaria era intento a “esercitare le sue funzioni sacerdotali…ritto alla destra dell’altare…”. Seguendo le proporzioni degli edifici indicati nel quadro ritornerebbero anche le misure che la Bibbia ci ha tramandato del Tempio di Gerusalemme.
Pertanto questa potrebbe essere l’immagine più antica e, forse, più fedele del Tempio di Salomone.
Ed allora ricapitoliamo i fatti, tenendo sott’occhio il quadro: Il Santo era un edificio con la facciata rettangolare, con una grande porta d’accesso, preceduta da una scalinata. Alla sommità del tetto un coronamento di merli la completava.
Dice la Bibbia (I Re 7, 21-22) ”eresse la colonna di destra che chiamò Jachin ed eresse la colonna di sinistra che chiamò Boaz. Così fu terminato il lavoro delle colonne” e, guardando attentamente la vecchia foto si vedono le due colonne ai lati della grande porta, più conferma di questo?
Il pavimento del cortile era in legno e, certamente, così come è dipinto, tale doveva apparire nel nostro quadro.
All’arco di Nicaore si accedeva da cortile delle donne, confuso spesso con il portico di Salomone, ovvero, dall’arco di Nicaore, come confermano gli scavi archeologici, si dovevano vedere le mura merlate del portico di Salomone.
Altra notizia che il nostro quadro ci dà è l’esistenza di alte finestre rettangolari sulla facciata del Santo, e non solo sui lati come tutte le ricostruzioni riportano. Secondo le risultanze archeologiche il Santo era disposto con la facciata ad est, pertanto, la luce entrava, dalle prime ore dell’alba e per gran parte del giorno, proprio attraverso le aperture poste in alto sopra l’ingresso.
L’ombra di un disco che si intravede nella vecchia fotografia, fra l’arco e il Santo, potrebbe essere proprio il sole al tramonto, rappresentato per indicare sia l’ora sia la disposizione dei fabbricati: una precisa attenzione nel riportare lo stato dei luoghi, una profonda conoscenza e rispetto del Tempio.
Ma chi fu l’autore di questo dipinto?
Penso che solo chi aveva una profondissima conoscenza dei luoghi rappresentati e possedeva una consolidata tradizione orale poteva accedere ad una ricostruzione così precisa; penso ai Templari, alla loro lunga permanenza nel palazzo reale sorto sulle rovine del Tempio di Salomone.
Esistono collegamenti fra i Templari, i Cavalieri Gerosolimitani e Rocca Imperiale che nacque per voler di Federico II di Svevia, ma questa è un’altra storia…….
(Guglielmo Viti)
- Se non altrimenti specificato, le immagini sono di Guglielmo Viti.