Mosè e il suo popolo attraversano quello che venne definito “Mar Rosso”
di Roberto Volterri
“I paesi stranieri che mi hanno visto pronunceranno il mio nome, lontano, in paesi stranieri sconosciuti.“
(Ramses II, dal Poema dello scriba Pentaur sulla Battaglia di Quadesh)
Ramses II (1303 a.C. – 1212 a.C.) nonostante l’opinione di alcuni studiosi forse non c’entra nulla…
Considerando con attenzione gli eventi cronologici che legano la sua vita a quella dell’Esodo biblico, forse qualcosa non torna. In realtà, a partire dai tempi più antichi, molti storici si sono cimentati nell’identificazione del Faraone coinvolto nell’Esodo biblico, il Faraone che contrastò l’azione di Mosè per portare lontano dalla terra d’Egitto gran parte del suo popolo. Erodoto, il Padre della Storia (ma non sempre del tutto attendibile…) e Giuseppe Flavio, ad esempio, propendono per Ahmose, vissuto nel XVI secolo a.C., mentre Tacito sposta la cronologia fino all’VIII secolo a.C.e “tifa” per Bocchŏris della XXV Dinastia. Eusebio di Ceasarea sostiene che l’evento biblico sia avvenuto nel XIV secolo a.C. sotto un Faraone che alcuni studiosi identificano con Akhenaton, ma Diodoro Siculo propende per degli eventi che videro principale interprete la regina Hatshepsut e in particolare su quest’ultima ipotesi vorrei incentrare gran parte delle note che seguono…
“… E avvenne il quattrocentottantesimo anno dopo l’uscita dei figli di Israele dal paese d’Egitto nel quarto anno del mese di ziv, cioè il secondo mese dopo che Salomone era divenuto re su Israele, che egli edificava la casa di Yahvè…”
(I Re, VI, 1)
… quattrocentottanta anni dopo il 970 a.C. – anno in cui, ufficialmente, fu edificato il Beit HaMikdash, il Tempio di Salomone – ci condurrebbero a metà del XV secolo e non nel 1290 a.C, cioè all’epoca del mitico Esodo di cui parla questo passo biblico!
Qualcosa non torna nella cronologia.
La Regina di Saba in visita al Tempio di Salomone
Ma qualcosa avvenne realmente intorno alla metà del XV secolo a.C.
Qualcosa di violento, qualcosa che sconvolse una parte del Mare Egeo, qualcosa che – forse – mutò il corso della storia del popolo ebraico.
Ci sarebbe, infatti, un ‘vuoto’ di circa due secoli che pone alcuni seri interrogativi a chiunque si interessi della storia e dell’archeologia veterotestamentaria.
Vediamo di confrontare tre distinti punti di riferimento storico-archeologici per cercare di inquadrare meglio alcuni avvenimenti di un lontano passato.
Il primo punto di riferimento lo abbiamo già visto: si tratta di un passo biblico difficilmente interpretabile in modo ambiguo. Il secondo punto di riferimento – che, in verità, non trova ampi consensi tra gli egittologi di ‘strettissima osservanza’ – è quello relativo ad una ‘controversa’ iscrizione in geroglifico che la regina Hatshepsut (1507 – 1458 a.C.) avrebbe fatto incidere su una stele oggetto di intense dispute accademiche:
“Io ho allontanato l’abominio degli dei e la terra inghiottì i loro passi”
La Regina Hatshepsut secondo i canoni classici
La Regina Hatshepsut raffigurata come Osiride
Negli anni Ottanta del secolo scorso, infatti, un egittologo ‘eretico’, Hans Goedicke, che insegnava alla ‘John Hopkins University’ di Baltimora, dopo oltre venti anni di ricerche storiche, sostenne che l’espressione “Io ho allontanato l’abominio degli dei…” si riferisse, senza dubbio alcuno, al popolo ebraico “espulso” dall’Egitto proprio dalla Regina Hatshepsut e che la frase “…e la terra inghiottì i loro passi.” dovesse riferirsi ad un preciso, catastrofico evento naturale che altre infauste conseguenze ebbe sulla civiltà minoica: l’improvvisa nascita e l’esplosione del vulcano formatosi nel 1477 a.C. nell’isola di Thera, nel Mare Egeo.
Hans Goedicke, egittologo controcorrente anche sulle complesse vicende dell’Esodo biblico
Quando governava Hatshepsut – figlia di Thutmosi I e di Ahmosis, la Regina che pur essendo andata sposa al fratellastro Thutmosi II, ella stessa ‘volle essere Faraone’ – un nutrito gruppo di israeliti (detti Shemau, prima mescolatisi al popolo chiamato Amu, cioè Semiti), in numero di oltre seicento ma non seicentomila come riferisce la tradizione ebraica, avrebbe deciso di sottrarsi al suo dispotismo e di fuggire, seguendo un percorso che li avrebbe condotti verso la costa.
E qui, secondo la frase scritta da Hatshepsut (nella traduzione di Goedricke) “…il padre dei padri“ identificato, da Goedricke, in Nun, il dio delle acque, giunse all’improvviso e “…la terra inghiottì i loro passi.”: i fuggitivi sarebbero stati annientati, quindi, da qualche calamità naturale.
Ma anche qui i ‘conti non tornano’: la realtà storica – a parte la cronologia – ci dice che furono le truppe egiziane a perire travolte dalle violente ondate del ‘Mar Rosso’!
Goedricke, però, non si perse d’animo giustificando l’incongruenza con l’asserzione che i Faraoni, quando tramandavano ai posteri le loro gesta provvedevano – come fanno un pò tutti i despoti – a ‘deformare’ ad arte la realtà, sottacendo gli aspetti meno opportuni e ‘magnificando’ gli episodi che potevano fornire maggior lustro al Faraone stesso.
Anche in questo caso… nihil sub sole novum, dunque!
Un egittologo italiano, il Professor Silvio Curto – all’epoca Sovrintendente alle Antichità Egizie del Museo di Torino – sottolineò però che l’espressione “abominio degli dei” poteva invece intendersi riferita al popolo degli Hyksos, i Re pastori, che circa un secolo prima che Hatshepsut governasse, avevano distrutto templi e città e che quindi la “Regina Faraone” volesse indebitamente attribuirsi il merito di aver debellato popolazioni che, in realtà, erano scomparse da tempo.
Un altro egittologo italiano, Antonio Loprieno, allora ricercatore presso l’Università di Göttingen, sostenne inoltre che – nell’antica lingua egizia – l’espressione “… shr.n.j bwt ntrw jn t3 tbw t.sn…” nella sua prima parte assomiglierebbe alla ‘traduzione‘ dell’eretico egittologo americano, ma la seconda parte significherebbe soltanto ”… e i loro sandali hanno calpestato la terra…”.
Nessun riferimento, quindi, al gigantesco maremoto che avrebbe travolto le truppe egiziane, salvando così gli Ebrei, ma – a parer mio – anche una frase… senza alcun senso particolare!
All’inizio dell’articolo, ho però evidenziato come possano essere almeno tre i punti di riferimento storico-archeologici che potrebbero farci rivedere in una nuova ottica l’episodio (o gli episodi?) del biblico Esodo.
Due di questi punti li abbiamo appena esaminati – un preciso passo biblico (I Re VI,1) – e una ‘controversa’ traduzione di un testo in geroglifico.
Ma il terzo, qual è?
Il terzo punto di riferimento potrebbe essere l’eruzione vulcanica dell’Isola di Thera, la più meridionale dell’arcipelago delle Cicladi, nel Mare Egeo, avvenuta nel XV secolo a.C. – con maggior esattezza nel 1477 a.C. – che sconvolse totalmente anche l’isola di Creta, situata cento chilometri più a sud, annullandone totalmente la civiltà. L’attuale forma a ‘mezzaluna’, che si estende nelle due isolette di Therasìa e Aspronisi, disegna proprio il profilo di una ‘caldera’, ovvero di un bacino che ha preso origine – tremilacinquecento anni fa – dal tremendo sprofondamento del cono superiore di un vulcano, dopo una serie di eruzioni che lo avevano svuotato del magma in esso contenuto.
Ma l’attività vulcanica non si esaurì all’epoca di Hatshepsut e del primo, possibile Esodo: per esempio, al centro della baia di Thera ci sono due belle isolette, Palea Kameni e Nea Kameni, ’nate’ nei primissimi anni del 1700.
Ovviamente nell’eplosione di Thera si riconobbe da più parti il cataclisma che distrusse la mitica Atlantide descritta da Platone nel Timeo e nel Crizia!
Ma molti elementi non concordano.
“…Questo mare [l’Oceano Atlantico] era allora navigabile, e aveva un’isola innanzi a quella bocca, che si chiama, come voi dite, Colonne d’Ercole…”: ma Thera non era davanti alle ‘Colonne d’Ercole’, né era “… più grande della Libia e dell’Asia riunite…”, né, tantomeno, “… in quest’isola Atlantide v’era una grande e mirabile potenza regale, che possedeva l’intera isola e molte altre isole e parti del continente…” (Platone, Timeo, 24, 25). Quindi, esclusa ragionevolmente l’identificazione del cataclisma che distrusse Thera – oggi più nota come Santorini, nome che trae origine da Sant’Irene, poichè così la chiamarono i navigatori veneziani – con l’Atlantide di Platone, possiamo cercare di individuare nella tremenda eruzione vulcanica che annientò la bella isola delle Cicladi l’origine del maremoto che arrestò le truppe egiziane all’inseguimento delle genti ebraiche in fuga?
“… A suo tempo sorse sull’Egitto un nuovo re che non aveva conosciuto Giuseppe. E diceva al suo popolo : ’Ecco, il popolo dei figli di Israele è più numeroso e più potente di noi…”
(Esodo, I, 8)
Un re, dunque, che temeva il popolo d’Israele!
Ebbene, Goedricke sostiene che poichè in quel tempo gli Egiziani…
“… Posero dunque su di loro capi di lavoro
forzati allo scopo di opprimerli con i loro pesi;
ed edificavano città come luoghi di deposito di
Faraone, cioè Pitom e Ramses…”
(Esodo, I, 11)
… gli Ebrei, cercando di sottrarsi a questa oppressione, implorarono il Farone di lasciarli tornare nella terra dei loro padri.
Sul monte Horeb, a Mosè…
“… l’angelo di Yahwè apparve in una fiamma di fuoco, dal mezzo di un roveto… E Yhawè aggiunse: ‘Ho visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido a causa di quelli che lo costringono al lavoro… E ora vieni e lascia che io ti mandi dal Faraone, e tu fà uscire il mio popolo, i figli di Israele, dall’Egitto’…”
(Esodo, III, 2 e segg)
“… l’angelo di Yahwè apparve in una fiamma di fuoco, dal mezzo di un roveto…”
Alle naturali obiezioni di Mosè sulle difficoltà dell’impresa, sugli ostacoli che il Farone avrebbe sicuramente frapposto per evitare la loro fuga, Yhavè lo rassicurò…
“… E io dovrò stendere la mia mano e colpire l’Egitto con tutti i miei atti meravigliosi che farò in mezzo ad esso; e dopo ciò egli vi manderà via…”
(Esodo, III, 20)
E, infatti, le ben note ‘dieci piaghe d’Egitto’ si abbatterono sul popolo che opprimeva un altro popolo, l’eletto!
Tre giorni di tenebre diffusero il panico; le acque del Nilo e dei laghi si arrossarono, causando una morìa di pesci; invasioni di rane, locuste zanzare e mosche resero un tormento l’abitare quelle terre; grandine e distruzione dei raccolti diffusero tragiche carestie; un misterioso morbo che uccideva tutti i primogeniti delle famiglie egizie e altre calamità piegarono infine la volontà del Faraone.
L’egittologo Goedricke ha ipotizzato che l’eruzione di Thera – all’epoca un’isola con rilevi montuosi che giungevano fino mille metri circa – possa avere sollevato un’immensa colonna di polvere, fumo, lapilli, cenere che non avrebbe trovato difficoltà a raggiungere anche i più alti strati dell’atmosfera.
Causando, forse, “giorni di tenebre” e altri ‘strani’ fenomeni anche nella terra dei Faraoni!
Non sono state infrequenti, nell’area orientale del Mediterraneo, sporadiche eruzioni vulcaniche con emissione anche di ossidi ferrosi e di composti solforosi che, ricadendo, coloravano di rosso fiumi e laghi.
Avvelenandone, ovviamente, le acque con l’inevitabile morìa della fauna ittica!
Proprio come potrebbe essere accaduto quando…
La violentissima eruzione del 1477 a.C, oltre a distruggere quasi completamente l’isola di Thera avrebbe inoltre potuto generare forti perturbazioni atmosferiche, fortissimi venti e piogge torrenziali, come avvenne in Egitto quando…
“…Mosè stese dunque la sua verga verso i cieli; e Yahvè diede tuoni e grandine, e fuoco scendeva sulla terra, e Yahvè faceva piovere grandine sul paese d’Egitto. Così venne la grandine e il fuoco guizzante fra la grandine…”
(Esodo, IX, 22)
“Ecco, io faccio cadere domani a questa stessa ora una grandine violentissima come non c’era mai stata in Egitto dal giorno della sua fondazione fino ad oggi.” (Esodo, 9, 18)
I fortissimi venti avrebbero inoltre potuto trasportare a grande distanza le locuste, come quando…
“…Yahvè fece soffiare un vento orientale sul
paese per tutto quel giorno e per tutta la notte.
Venne la mattina e il vento orientale portò le locuste…”
(Esodo, X, 13)
“Venne la mattina e il vento orientale portò le locuste…”
Fenomeni del genere (pioggia di rane, di insetti, di ‘sangue’) sono stati, d’altra parte, ben descritti da quel grande ‘profeta dell’assurdo’ che fu Charles Fort., però questa è tutt’altra storia…
Proseguiamo.
Possiamo anche ipotizzare il diffondersi di epidemie dovute alll’imputridirsi di carogne di animali morti a causa delle acque avvelenate o della carestia conseguente alle immani grandinate o all’invasione di cavallette, tafani, rane, ecc., quando…
“… le ammassarono, mucchi su mucchi
e il paese puzzava…”
(Esodo, VIII, 14)
Alcuni vulcanologi sostengono che un’eruzione come quella di Thera, le immense volute di fumo sviluppatesi, i riflessi rossastri dovuti al materiale eruttato e, forse, stazionante negli alti strati dell’atmosfera avrebbero potuto benissimo essere osservati anche a molte centinaia di chilometri di distanza, anche dal delta del Nilo, quando…
“… La colonna di nuvola non si allontanava d’innanzi al popolo di giorno, nè la colonna di notte…”
(Esodo, XIII, 22)
Ma la vera, diretta conseguenza di questo immane cataclisma sarebbe avvenuta poco dopo, quando il vulcano – o meglio ciò che rimaneva del rilievo montuoso di Thera che si era trasformato in una bocca vulcanica – collassò su sè stesso, a centinaia di metri sotto il livello del mare, dando origine ad un violentissimo maremoto, con onde alte molte decine di metri.
Goedricke sostiene che poche ore dopo questo cataclisma naturale, in terra d’Egitto l’ondata di maremoto originatasi nel Mare Egeo raggiunse i circa seicento – non seicentomila! – Israeliti che cercavano di sfuggire al despotismo del Faraone.
Annientando i soldati di quest’ultimo e lasciando salvi i primi, rifugiatisi su un rilievo, a sud-est del lago Menzaleh, sufficientemente alto da preservarli dal violento sopraggiungre delle acque.
L’Esodo, per l’egittologo americano, ebbe infatti inizio lungo la costa settentrionale che portava al Monte Sinai poichè…
“… Yahvè fece fare al popolo un giro per la via del deserto del Mar Rosso…”
(Esodo, XIII, 18)
Per evitare il deserto – sostiene ancora Goedricke – questo non numerosissimo gruppo di israeliti – presumibilmente partito dalla città di Pitom, identificata nelle rovine di Tell er-Ratab – si diresse verso nord-est per fermarsi su una collina a sud-est del lago Menzaleh, a dieci miglia dalla costa, quando si accorse di essere inseguito dalle truppe egizie.
Gli Israeliti si accamparono su una piccola altura, nota oggi come Tell Hazzob, alla cui base si erano schierati i carri degli inseguitori.
E qui, per una stranissima coincidenza potrebbe essere arrivata l’ondata di maremoto originatasi nel Mare Egeo a seguito della eruzione vulcanica dell’Isola di Thera!
Fantasie dell’eccessivamente ‘eretico’ egittologo americano?
Non proprio: il Professor Giorgio Marinelli, che insegnava petrografia all’Università di Pisa e che ebbe modo di studiare approfonditamente l’eruzione di Thera, negli anni ‘80 sostenne che “… Un’onda gigantesca e violentissima di maremoto si abbattè davvero in Egitto. E’ stato calcolato che l’energia liberatasi dall’inabissarsi di Thera fu superiore a quella di quattro grosse bombe atomiche da 100 megaton. Thera si trova poi sull’orlo di una fossa: questa posizione ha aumentato la forza dello ‘tsunami’, lo sconvolgimento marino, la cui velocità e altezza dipendono dal fondale…”.
Fu veramente l’esplosione vulcanica di Thera ad originare una violentissima onda di maremoto che alcuni studiosi identificano con la separazione delle acque del Mar Rosso e il “miracolo” di Mosè?
La scienza, la vulcanologia conforterebbero quindi l’ipotesi dello studioso statunitense?
Sembra proprio di si, poichè il Professor Marinelli prosegue affermando che “… Su Creta l’onda è piombata a 800 chilometri l’ora. Si calcola oggi che fosse alta 200 metri. Lo stesso si verificò per le isole di Caso, Scarpanto e Rodi. Tra Caso e Creta c’è un canale che guarda sul delta del Nilo, verso il Sinai. Attraverso questa ‘finestra’ l’onda è arrivata con grande violenza anche sul delta del Nilo, penetrando all’interno per parecchie miglia, favorita dalla zona pianeggiante…”.
Fu questo ‘tsunami’ a travolgere gli egiziani che cercavano di impedire la fuga, l’Esodo, degli Ebrei dall’Egitto?
Ci fu un solo Esodo – quello ‘ufficiale’ del 1290 a.C. – o ce ne furono due, ‘fusi’ succesivamente in un unico episodio?
Il biblista Gianfranco Ravasi propende per questa seconda ipotesi.
“…Ci fu un esodo-espulsione e ci fu un esodo-fuga: il primo si verificò, sembra, nel XV secolo [all’epoca dell’eruzione di Thera. N.d.C.], sotto Tutmosi I (o sotto Tutmosi II) [ e, quindi, anche o soprattutto sotto Hatshepsut! N.d.C.]; il secondo, più famoso, è del XIII secolo, sotto Ramesse II o Merenptah (di cui c’è rimasta la famosa ‘stele d’Israele’)“. Tre distinte tradizioni orali si sarebbero concretizzate in forma scritta solo nel 440 a.C.: la tradizione Jahvista (X secolo a.C.), la tradizione Elohista (VIII secolo a.C.) e la tradizione ‘sacerdotale’ (VI secolo a.C., all’epoca dell’esilio babilonese) potrebbero essersi fuse – così sostiene Ravasi – nel libro dell’Esodo.
La ‘fusione’ di queste tre distinte tradizioni ha dato origine a due diversi, possibili itinerari: uno attraverso il deserto, suggerito dalla necessità di fuggire, per evitare le strade percorse abitualmente dalle truppe egiziane, un altro lungo le strade costiere, presidiate dalle truppe egiziane.
Questo secondo itinerario, quello dell’esodo-espulsione, percorso da israeliti che non si preoocupavano di evitare le truppe del Faraone, sarebbe quello avvenuto – secondo Goedricke – quando dominava la Regina Hatshepsut, appunto la Regina Faraone, colei che si vantava di aver “… allontanato l’abominio degli dei…”.
La mummia del farone Ramses II, da alcuni identificato con il Faraone dell’Esodo descritto nella Bibbia
E il ‘passaggio’ del ‘Mar Rosso’?
Sembra che, almeno nel Mar Rosso, non sia mai avvenuto!
I greci tradussero in Mar Rosso i termini ebraici yam suf, cioè il Mare dei Giunchi, noto agli Egizi come Palude dei Papiri e che Goedricke identifica con il Lago Ballah.
In realtà essa era una zona paludosa in prossimità dei Laghi Amari, una volta in comunicazione con il Golfo di Suez.
Fu qui, nel 1290, che…
“…Yahvè faceva ritirare il mare mediante
un forte vento orientale durante tutta la notte
e convertiva il bacino del mare in suolo asciutto
e le acque si dividevano…”
(Esodo, XIV, 21)
… consentendo il passaggio degli Ebrei in fuga, come sostiene anche Ravasi?
“… Yahvè faceva ritirare il mare mediante un forte vento orientale…”
Oppure, circa duecento anni prima – al tempo di Hathsepsut e al tempo dell’eruzione di Thera, intorno al 1477 a.C. – un’onda di maremoto, un gigantesco ‘tsunami’ proveniente dal Mare Egeo, attraverso il Lago di Menzaleh, vasta laguna costiera ad ovest dell’attuale Canale di Suez, ricoprì…
“… i carri da guerra e i cavalieri appartenenti a tutte le forze militari del Faraone e che erano entrati nel mare dietro a loro. Non se ne lasciò rimanere fra loro nemmeno uno…”
(Esodo, XIV, 28)
… come sostiene l’egittologo Goedricke?
Che abbiano ragione tutti e due?
Oppure che abbia ragione il professor Luigi Moraldi – studioso di ebraismo – quando sostiene che molti riferimenti biblici, apparentemente riferiti a fatti reali, in realtà sono puramente simbolici, che per i popoli semiti il ‘mare’ è simbolo del ‘male’ e che, quindi, il ‘passaggio del Mar Rosso’ potrebbe riferirsi alla ‘vittoria’ del popolo ebraico sulle forze del ‘male’ che, invece, travolse il popolo egiziano ?
La ricerca continua…
Colosso di Ramses II
La copertina del libro di Roberto Volterri
Roberto Volterri
L’OMBRA DELLA CLESSIDRA
Tra le ombre della storia, tra infiniti misteri, tra gli angoli più oscuri delle vicende umane
Appare indubitabile è la presenza – tra le sue “ombre” create dalla “Clessidra”, dall’inarrestabile fluire del Tempo – di eventi la cui spiegazione non appare subito evidente perché la documentazione disponibile non è certamente esaustiva, perché “la Storia la scrivono i vincitori”, perché gli eventi stessi sono collocati così lontani nel tempo che una buona parte di essi appare evanescente, indecifrabile, nascosta dalle nebbie. Insieme a qualche riflessione di matrice “religiosa” sull’Anticristo, motivata dal rinvenimento di uno strano tavolaccio ligneo ora conservato a Canossa e a alla strana, “sulfurea”, chiesa parigina di St. Merry, nel libro troverete un capitolo sulle esoteriche ricerche di personaggi quali Isaac Newton e Robert Fludd seguito da capitoli sui Lapidari astrologici, sul Graal e sugli eterni “misteri” di Rennes-le-Chateau e molto altro ancora…
Per informazioni 800-082897
Tutte le foto sono state fornite dall’autore.
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Relativamente alla contemporaneità di Hatshepsut con gli eventi biblici ho scritto un articolo nel 2017 intitolato “Faccia a faccia con YHWH” sul sito Nibiru2012. Articolo in cui ho riportato diverse prove (tra cui l iscrizione dello speos Artemidos presa in considerazione nel vostro articolo) che dimostrano come Hatshepsut sia inequivocabilmente lo Jahve di Esodo.
Interessantissimo articolo. Bravo Roberto!