Il “Signore della Città di Caltanissetta” e l’enigma dei Crocifissi Neri; di Ignazio Burgio.

 

 

Immagine di apertura; particolare del Crocifisso Nero della Chiesa della Provvidenza di Aragona (AG).

IL “SIGNORE DELLA CITTÀ DI CALTANISSETTA” E L’ENIGMA DEI CROCIFISSI NERI,

di Ignazio Burgio.

A Caltanissetta, nell’omonima via, si trova il Santuario del Signore della città, una chiesa di non grandi dimensioni, in stile neoclassico.

2. Immagine sopra; Facciata del Santuario del Signore della Città  di Caltanissetta – foto di Mario Mangano, fornita dal dottor Ignazio Burgio.

 

Nonostante qualche storico sostenga che sia di origine medievale, di essa si hanno notizie certe solo a partire dal 1730 allorché era ancora dedicata a San Nicola di Bari.

Ma nel medesimo secolo crebbe d’importanza poiché accolse il crocifisso del Cristo Nero, chiamato “Signore della Città”, uno dei due santi patroni di Caltanissetta.

3. Immagine sopra; Altare principale del Santuario del Signore della Città  di Caltanissetta – foto di Mario Mangano, fornita dal dottor Ignazio Burgio.

 

Quest’ultimo, posizionato sopra l’altare principale, dinanzi a un grande mosaico dorato realizzato dall’artista Bevilacqua nel 1968, si presenta come un crocifisso ligneo di colore marrone molto scuro su cui risalta il perizoma dorato che cinge i fianchi di Cristo in croce.

La sua origine viene fatta risalire agli ultimi secoli del medioevo, tra il XIII ed il XV secolo. Secondo la tradizione venne casualmente trovato nei primi anni del XIV secolo da alcuni raccoglitori di erbe selvatiche (chiamati “fogliamari”) dentro una grotta ubicata all’epoca ai margini della città di Caltanissetta, lì dove ora si trova l’attuale Largo Scribani.

In questa caverna – che secondo alcuni studiosi sarebbe stata in realtà una chiesa rupestre, poi cancellata dall’espansione urbana della città – il crocifisso si trovava in mezzo a dei ceri accesi, che l’avrebbero col tempo annerito col loro fumo.

Riportato all’interno della città per venire restaurato, sempre secondo la tradizione, qualsiasi tentativo di ripulirlo si rivelò inutile poiché miracolosamente tornava sempre scuro.

In realtà, a prescindere dall’azione delle candele, il crocifisso venne già realizzato in origine in legno di ebano, dunque di colore scuro.

Ospitato da principio nella vicina chiesa di San Leonardo, finì rapidamente per diventare il protettore della città, finché nel XVII secolo non gli venne affiancato come compatrono anche San Michele Arcangelo in quanto si riteneva che avesse liberato Caltanissetta dalla minaccia delle peste.

La devozione dei nisseni nei confronti del Cristo Nero tuttavia non venne mai meno: nel secolo successivo – come già detto – a motivo dei danni subiti dalla chiesa di San Leonardo a causa di una frana, venne trasferito nell’odierno santuario, che da ex chiesa di San Nicolò venne ribattezzata appunto chiesa del Signore della Città.

Attualmente viene portato in processione all’interno di un fercolo dorato nel Venerdì Santo in occasione delle celebrazioni della Pasqua.

Il Crocifisso Nero di Caltanissetta non è l’unico presente in Sicilia, anche se fino a prova contraria è il più antico.

Di poco posteriori, risalenti al XV secolo, sono quelli che si trovano sia nella Cattedrale di Licata (AG) sia nella chiesa di Santa Maria Assunta a San Piero Patti, sul versante tirrenico della provincia di Messina.

4. Immagine sopra; il Duomo di Caltanissetta – (Fonte Wikipedia)

 

Diversi altri crocifissi neri in altrettante località siciliane vennero poi realizzati nella prima metà del Seicento.
Ciascuno di questi crocifissi è corredato naturalmente di storie miracolose tramandate dalla tradizione, che tuttavia non forniscono alcuna chiara risposta al perché in età tardomedievale, e successivamente nel XVII secolo, vennero realizzati in Sicilia un così gran numero di crocifissi di colore nero o perlomeno molto scuro.

Per tentare di trovare qualche spiegazione dobbiamo spostarci fuori dalla nostra isola, poiché, come si può immaginare, raffigurazioni di Cristo in croce di colore nero, o perlomeno molto scuro, non sono una prerogativa esclusivamente siciliana.

Ve ne sono esempi sia al di fuori dell’Italia – come a Essen, in Germania – sia in diverse regioni della nostra penisola.

 

Il Cristo Nero più antico in assoluto pare essere quello in legno all’interno della Cattedrale di San Martino a Lucca, chiamato Volto Santo.

5. Immagine sopra; il Volto Santo di Lucca (Fonte Wikipedia)

 

Considerato per molto tempo dagli studiosi come posteriore all’anno mille, recenti analisi al C14 lo hanno datato sorprendentemente ad un periodo tra la seconda metà dell’VIII e l’inizio del IX secolo, all’epoca in sostanza di Carlo Magno.

Tale responso coincide con la narrazione tradizionale tramandata dal diacono lucchese Leboinio che lo faceva risalire all’anno 782. Di stile alto medievale, simile alle raffigurazioni longobarde, presenta gli occhi aperti e le braccia tese in posizione perfettamente orizzontale. È inoltre rivestito di una tunica sacerdotale con maniche larghe.
Molto interessante, anche riguardo ai crocifissi neri in Sicilia, è poi anche il racconto tradizionale, e per molti versi leggendario, tramandato dal medesimo Leboinio.

6. Il “Volto Santo “della cattedrale di S. Martino a Lucca – disegno di G. Marovelli (Archivio ilpuntosulmistero)

 

La statua del Volto Santo di Lucca sarebbe infatti stata realizzata da San Nicodemo, colui cioè che, secondo i vangeli, insieme a Giuseppe d’Arimatea tolse il corpo di Cristo dalla croce per deporlo nel sepolcro.

Il volto tuttavia sarebbe stato miracolosamente scolpito direttamente da Dio e dunque secondo le credenze medievali sarebbe un acheropito (non realizzato da mano umana).

Nell’VIII secolo – sempre secondo il racconto tradizionale – per sfuggire al rischio che venisse distrutto dai nemici della fede, dal porto di Jaffa, in Terra Santa, venne imbarcato su di un vascello senza equipaggio e lasciato ai venti, finché guidato dalla mano di Dio non giunse al largo della città di Luni, in Liguria.

I Lunensi tentarono di rimorchiare la nave verso il loro porto ma senza riuscirvi. Solo con l’arrivo del vescovo di Lucca, Giovanni, avvertito in sogno, la nave attraccò spontaneamente.

Sorse dunque una disputa tra i cittadini di Luni e quelli di Lucca circa la proprietà del crocifisso Si decise allora di porlo sopra un carro tirato da due buoi senza conducente, lasciati quindi liberi di prendere la direzione che avesse voluto Dio. Gli animali si mossero verso la città di Lucca e dunque il crocifisso andò ai Lucchesi.
Sempre a cavallo tra Toscana e Liguria, nella famosa regione geografica della Lunigiana, sono presenti altri due crocifissi (o Volti Santi) di colore nero: uno nel Monastero di Santa Croce del Corvo in località Bocca di Magra, in provincia di La Spezia, e l’altro nella chiesa campestre di San Giovanni Battista in una zona chiamata Dobbiana, in provincia di Massa Carrara.

Anch’essi sono molto antichi, risalenti perlomeno all’XI secolo, e dallo stile arcaico, molto simili al Volto Santo di Lucca: sono rivestiti di tunica con maniche e con le braccia aperte perfettamente orizzontali.

Caratteristica comune di queste località che ospitano dei crocifissi neri così antichi è la loro posizione storico-geografica. Lucca, Bocca di Magra e l’area della Dobbiana si trovano infatti lungo il percorso della famosa Via Francigena, l’antico itinerario di sentieri, valichi e strade più larghe che in età medievale congiungevano l’Inghilterra meridionale con Roma, attraversando la Francia orientale, l’Italia settentrionale e quella centrale (fino a proseguire con una diramazione fino in Puglia).

Oltre che dagli eserciti e dai mercanti, essa veniva percorsa anche dagli uomini di chiesa e dai pellegrini che da tutte le parti d’Europa si dirigevano in pellegrinaggio a Roma, per poi magari proseguire fino ai porti pugliesi per imbarcarsi per la Terra Santa. Come osservato anche dagli studiosi lucchesi, sembra dunque che sin dall’Alto Medioevo i crocifissi neri fossero strettamente collegati con i pellegrinaggi anche se attualmente ne sfugge il motivo preciso.

Dalla città di Lucca, importante centro di snodo lungo la via Francigena, l’idea artistico-religiosa del Cristo Nero molto probabilmente si diffuse in altre parti d’Italia e d’Europa proprio al seguito dei pellegrini, sia ecclesiastici che laici.

Anche in Sicilia esistevano importanti vie di comunicazione tra i centri principali dell’isola che nei più antichi documenti – redatti ancora nella lingua greca bizantina – dei conquistatori normanni, provenienti dalla Francia, erano anch’esse chiamate “vie francigene” (Fragkikon odon). Una delle più importanti era la Magna Via Francigena (“Ten odon, ten megalen ten Fragkikon tou Kastronobou” recita in greco un diploma normanno del 1096) che da Palermo raggiungeva Agrigento lungo un itinerario interno che toccava le città di Corleone, Castronovo e Racalmuto.

Altre due importanti arterie erano una, la cosiddetta Via Normanna (citata in un documento normanno, sempre in lingua greca, del 1089) che da Palermo raggiungeva Messina attraversando le catene montuose delle Madonie, dei Nebrodi e dei Peloritani; e l’altra la Via Fabaria (citata anch’essa in un diploma normanno del 1105) che da Agrigento raggiungeva la Sicilia sud-orientale (Caltagirone, Ragusa, ecc.) così come anche la zona etnea con Catania. Per inciso, tali itinerari sono stati in anni recenti ripresi come veri e propri cammini di pellegrinaggio da associazioni religiose e turistiche.
Questi tre esempi, al pari di altre importanti vie di comunicazione – come la via Mazarense nella parte occidentale della Sicilia – avevano in primo luogo l’importante funzione di controllare anche le parti più interne dell’isola, collegando città fortificate e castelli isolati.

Ma su tali vie, costituite spesso solo da stretti sentieri, non transitavano solo soldati e cavalieri, ma anche mercanti e pellegrini.

Potrebbe dunque non essere affatto un caso se due dei crocifissi neri medievali presenti in Sicilia, quello di San Piero Patti (ME) sulla Via Normanna, e quello di Licata (AG), attraversata dalla Via Fabaria, si trovino lungo tali importanti vie di comunicazione.

Anche la città di Caltanissetta, al centro della Sicilia, rappresentava già in età tardo-medievale un importante snodo viario, specie per quanto riguardava il commercio di prodotti agricoli.

Essa tuttavia non si trovava lungo la Magna Via Francigena, ma al centro di altre importanti vie specificatamente religiose, come la Via dei Frati, un itinerario percorso dai Francescani che da Caltanissetta s’inoltravano per i monti delle Madonie per la predicazione e la questua.

Probabilmente furono proprio i Francescani giunti in Sicilia nel 1224, quando San Francesco era ancora vivo, a portare con sé dall’Italia Centrale il modello artistico del Crocifisso Nero, anche se molto probabilmente non subito.

Il crocifisso di Caltanissetta pur avendo uno stile piuttosto arcaico e gotico, ha le braccia appese alla croce (non tese orizzontalmente), ed il peso del corpo gravante sulle ginocchia inarcate, secondo uno stile artistico introdotto da Giotto alla fine del Duecento.

Dunque esso risale a non prima del XIV secolo, un periodo critico per tutta l’Europa, e dunque anche per la Sicilia, a causa non solo della Guerra del Vespro tra Angioini e Aragonesi, ma anche a motivo dell’imperversare della peste.
Non è affatto improbabile dunque che il Cristo Nero, o Signore della Città di Caltanissetta, abbia attirato la devozione dei Nisseni soprattutto per il terrore dell’epidemia.

E probabilmente anche i due crocifissi neri del secolo successivo, quello di San Piero Patti e di Licata assunsero il significato di miracolosi protettori non solo dalle malattie ma anche da tutti i pericoli in genere.

Secondo il racconto tradizionale, quello di Licata, presente nella Cappella del Cristo Nero della Chiesa Madre di Santa Maria La Nova, sarebbe diventato nero a causa dell’incendio della medesima chiesa in seguito all’incursione del pirata saraceno Dragut, che effettivamente avvenne nel 1553.

Ma in realtà secondo le fonti storiche venne realizzato nel 1469 dagli artisti messinesi Paolo e Jacopo de li Matinati, già di colore nero.
Per quanto riguarda i crocifissi neri realizzati nel ‘600 non è escluso che anch’essi avessero a che fare coi pellegrinaggi.

7. Immagine sopra; Crocifisso Nero della Chiesa di Santa Maria ad Altofonte (Palermo) – foto della Pro Loco di Altofonte, fornita dal dottor Ignazio Burgio.

 

Secondo la tradizione, ad esempio, il crocifisso nero di Altofonte, nella cappella dell’Addolorata della Chiesa di Santa Maria – risalente appunto al XVII secolo – fu trovato nel Baglio dei Romei, ovvero una foresteria a disposizione dei Romei, cioè i pellegrini.

Tuttavia è più probabile che anche in questo caso la venerazione per i crocifissi neri seicenteschi, che ancora oggi si esprime con festose processioni, fosse strettamente legata alla protezione dalle epidemie, specialmente dalla peste, che nel ‘600 – come sappiamo tutti dai “Promessi Sposi” del Manzoni – imperversò in Italia e in Europa.

Proprio nel drammatico XVII secolo – come già accennato – vennero realizzati in Sicilia un gran numero di crocifissi neri o di colore scuro, probabilmente grazie anche all’opera dei frati francescani.

8. Immagine sopra;  il Crocifisso Nero di Frate Innocenzo da Petralia nella Chiesa del Carmine di Furnari (ME) – (Fonte Wikipedia)

Quello presente nella chiesa del Carmine a Furnari (ME), opera di Frate Innocenzo da Petralia, un artigiano francescano famoso per le sue realizzazioni sacre, pur non essendo nero ha un colore grigio-scuro che ne esalta la drammaticità. E probabilmente non è un caso che proprio a partire dal 1635 al crocifisso nero di Licata venne data una più degna collocazione, sempre all’interno della chiesa madre, ma in una cappella barocca, ricoperta di oro zecchino e decorata ad intarsio.

9. Immagine sopra; Crocifisso Nero della Chiesa di Santa Maria La Nova a Licata  – foto della Pro Loco di Licata, fornita dal dottor Ignazio Burgio.

 

Altri crocifissi neri o scuri, realizzati sempre nel ‘600 si trovano per esempio ad Aragona (AG), nella chiesa della Provvidenza (vedere l’immagine di apertura) e a Calatafimi (TP), nella chiesa del SS. Crocifisso (distrutto da un incendio nel 1867 e sostituito l’anno seguente), che secondo la tradizione, nel 1657 guarì infermi e indemoniati.

10. Immagine sopra; il Crocifisso Nero di Calatafimi (TP).

11. Immagine sopra; il Cristo Nero della Chiesa di San Giovanni Battista a San Giovanni Gemini (AG).

 

A San Giovanni Gemini (AG) si può ammirare nella chiesa di San Giovanni Battista il crocifisso nero di Gesù Nazareno, commissionato nel 1649 dall’arciprete Francesco Giambruno, e sempre a partire da quella data nel paese si svolgono tuttora processioni di devoti che, anche scalzi, trascinano un pesante carro alto 22 metri.

Un altro crocifisso nero  trovava anche a Gela fino al 1983: in quell’anno infatti nel corso di un restauro, il crocifisso seicentesco, presente nella chiesa del Carmine, perse il suo colore scuro e diventò come i crocifissi normali.

Gli ultimi due crocifissi neri di Sicilia si trovano a Siculiana (Ag) e a Castroreale (Me) e le loro rispettive storie, vere o leggendarie che siano, sono interessanti per molti versi.

Il crocifisso seicentesco di Siculiana, di leccio tinto di marrone scuro (quasi nero) con perizoma rosso, si trova nell’omonimo Santuario del SS. Crocifisso. La sua festa che comincia il 29 aprile, è una delle manifestazioni religiose più partecipate di tutta la Sicilia. La narrazione tradizionale sostiene che esso fosse originariamente destinato al poco distante paese di Burgio, sempre in provincia di Agrigento.

Ma in seguito ad un miracolo verificatosi mentre la sacra statua sostava a Siculiana, gli abitanti del luogo lo reclamarono per loro. Sorse così una disputa tra Siculiana e Burgio, e per dirimere la questione si decise di affidarsi alla volontà di Dio: ovvero di caricare il crocifisso nero sopra un carro trainato da buoi senza conducente, e lasciare che fossero gli stessi animali a prendere la direzione o di Burgio o di Siculiana.

I buoi si volsero verso Siculiana e dunque lì rimase il Crocifisso Nero.

Al di là della veridicità o meno dei singoli elementi che compongono la narrazione tradizionale, essa sembra perfettamente ricalcata sulla leggenda medievale del Volto Santo di Lucca come riportata più sopra. Se ne dovrebbe dunque dedurre che a Siculiana in quel periodo si venne a conoscenza della storia del Crocifisso Nero di Lucca?

Oppure si deve credere a una semplice coincidenza fondata sulle consuetudini seguite dalle comunità agricole di ogni parte d’Italia per risolvere pacificamente ogni genere di controversia? Al momento la domanda rimane aperta.
Ancora più interessante è la storia del Crocifisso di Castroreale, scuro tendente al nero, anch’esso di origine seicentesca, e custodito nella chiesa madre del paese.

 

12. Immagine sopra; il Crocifisso Nero, detto anche “Cristo lungo” di Castroreale.

Secondo la sua storia gli venne attribuito nel 1854 il miracolo di una guarigione dal colera, e da quell’anno, essendo rimasti immuni dal male tutti gli altri abitanti, lo si festeggia con una solenne processione ogni 25 agosto.

Anche se l’episodio risale soltanto all’Ottocento, sembra tuttavia confermare la possibilità che i crocifissi neri fossero sin dal medioevo collegati alla protezione dalle malattie e dalle epidemie in particolare.

Purtroppo si tratta solo di un caso, e neanche troppo lontano nel tempo, e pertanto non può costituire una prova risolutiva.

Il mistero delle origini e del significato dei crocifissi neri resta in sostanza ancora irrisolto.

Soltanto uno studio meticoloso dei documenti antichi e delle fonti storiche – al di là delle tradizioni più o meno leggendarie, che tuttavia non mancano di avere un loro valore – potrà sciogliere tale enigma.

(Ignazio Burgio)

 

Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore.

Note.

Si ringraziano: Mario Mangano per le foto del Santuario del Signore della città e del Crocifisso nero di Caltanissetta; la Pro Loco di Licata (AG) per le informazioni e la foto del Cristo nero nella Chiesa Madre di S. Maria La Nova a Licata; la Pro Loco di Altofonte (PA) per la foto del Cristo nero nella Chiesa di Santa Maria di Altofonte; Raimondo Collura (admin della pagina facebook VisitAragona) per la foto del Cristo nero nella Chiesa della Provvidenza ad Aragona (AG); la pagina facebook Festa di Gesù Nazareno – San Giovanni Gemini per la foto del crocifisso nero nella Chiesa Madre di San Giovanni Battista.

 

Fonti:
AA.VV., Archivio Digitale del Volto Santo, in: www.archiviovoltosanto.org
AA.VV., Cappella del Cristo Nero, in: www.licatainrete.it
AA.VV., Chiesa del Carmine (Furnari), in: www.wikipedia.org
AA.VV., Chiesa del Santissimo Crocifisso, in: www.visitcalatafimisegesta.it
AA.VV., Cristo nero di Aragona, in: www.facebook.com/visitaragona
AA.VV., Festa del Cristo Lungo di Castroreale, in: www.siciliainfesta.com
AA.VV., Festa di Gesù Nazareno – San Giovanni Gemini, in: www.facebook.com/gesunazare
AA.VV., Il Signore della città, in: www.angelicolipani.weebly.com
AA.VV, La Cappella del Crocifisso Nero, in: www.prolocolicata.it
AA.VV., La matrice di San Giovanni Gemini, in: www.unamontagnadieccellenze.com
AA.VV., La via dei Frati, in: www.siciliaoutdoor.org
AA.VV., Santuario del Signore della Città, in: http://www.cittadicaltanissetta.com
AA.VV., Il Cristo Nero di Caltanissetta, in: www.cittadicaltanissetta.com
AA.VV., Il Santissimo Crocifisso di Siculiana e la festa del 3 maggio, in: www.siculianaonline.it
AA.VV.,Vie Francigene di Sicilia, in: www.viefrancigenedisicilia.it
Dino Adornetto, La chiesa di Santa Maria di Altofonte, in: www.prolocoaltofonte.it
Davide Baroni, Il Volto Santo di Dobbiana, (da: Hera Magazine, xpublishing.it, Hera n. 34), in: www.tarasco.it
Davide Cacciato, Gesù nero e un carro trionfale, in: www.latestatamagazine.it
Maria Concetta Di Natale, Il Crocifisso nelle Chiese francescane in Sicilia: dalla croce dipinta tardo-gotica alle sculture in legno e in mistura della Maniera, in: Opere d’arte nelle chiese francescane. Conservazione, restauro e musealizzazione, Plumelia Edizioni, 2013.
Rosario Medoro – Virgilio Argento, Il Crocifisso carmelitano, in: www.gelacittadimare.it
Pietro Vesperoni, La Via Francigena nei secoli, in: www.viefrancigene.org.

 

 

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