Invenzioni dimenticate. LA “MACCHINA ERNICA” DI ANAGNI; di Guglielmo Viti

 

Immagine di spertura: uno scorcio di Angni (FR)

INVENZIONI DIMENTICATE,

LA “MACCHINA ERNICA”  DI ANAGNI

di Guglielmo Viti 

Ti invidio turista che arrivi, t’imbevi de fori e de scavi…”

così inizia una celebre canzone di Renato Rascel del 1954 in riferimento a Roma, ma potremo anche riferirci ad Anagni.

Anagni la città “quasi vicina alle stelle”, una città, forse l’unica, legata al mondo magico, mistico, esoterico, religioso fin dalla Preistoria.

Una “capitale del sacro”. Un esempio per tutti?; Casa Barnekow che nasce in modo “naturale” in questo contesto, una scelta dell’omonimo barone obbligata dalle esperienze mistiche che lo coinvolgono.

La visita a Casa Barnekow fa rivivere e comprendere nel profondo attraverso l’interpretazione e la spiegazione di tutto il misterioso messaggio esposto attraverso lapidi e affreschi nella Tribuna Albertina il vissuto ed il pensiero di Barnekow.

Immagine in basso; Agosto 2022: alla scoperta di Anagni magica misteriosa. Giancarlo Pavat e Osvaldo Carigi sulla scalinata di Casa Barnekov. Carigi è un discendente del barone svedese Albert Barnekov (foto Beppe Donvito)

 

La Tribuna Albertina è una sorta di biglietto da visita che introduce in una visione della città particolare, più vera, più giusta e ricca di simboli e significati profondi .

In questo contesto vogliamo mostrare un oggetto particolare che nulla ha a che fare con Casa Barnekow ma è un simbolo forte dell’antichissima civiltà raggiunta dal Popolo Ernico.

Durante gli scavi archeologici del 1991-1992 fu rinvenuto uno strano oggetto  che fu identificato come giocattolo, una “trottola”.

Ho appreso dell’esistenza di questo strano oggetto grazie all’amico ricercatore storico Giancarlo Pavat , che ebbe modo di vederlo una trentina di anni fa, esposto alla mostra “DIVES ANAGNIA. Archeologia nella Valle del Sacco”.

 

Immagine sopra: il misterioso oggetto Ernico identificato come un giocattolo.

Proprio la didascalia della mostra e della foto riportata del catalogo, all’uopo realizzato per i tipi dell'”Erma di Bretschneider” e curato della dottoressa Sandra Gatti, recitava testualmente: 

Trottola (?).

L’oggetto è composto da un piede di coppa di argilla arancio con vernice nera lucente, spezzato subito sopra l’attacco dello stelo con inserito il perno di una verga e una rotella di lamina di bronzo ora deformata. Alt. mass 4,4; diam del piede 6,9 diam. della rotella 3,6. Inv. 56500.

Il piede di coppa, presumibilmente attica […] è stato riutilizzato inserendo nel foro un perno di bronzo, inferiormente a sezione sfaccettata e superiormente a sezione circolare, terminante all’estremità con una capocchia semisferica ornata da incisioni radiali. Al perno è fissato un dischetto che impedisce al piede della coppa di scendere verso il basso, mentre nella parte al di sopra dell’elemento in ceramica è inserita nel perno una rotella di lamina, con quattro raggi a fettuccia e bordo rifinito da martellature, che resta mobile e girevole. Si propone di interpretare questo oggetto come un giocattolo, con ogni probabilità una trottola, che doveva funzionare avvolgendo strettamente una cordicella intorno al perno di bronzo: lanciando lontano l’oggetto e trattenendo in mano una estremità della cordicella il giocattolo girava velocemente per lo srotolamento della cordicella stessa. […].

Un giocattolo quindi? Niente di più errato. Escludiamo che sia una trottola.

Dopo attenti esami e studi siamo giunti alla determinazione che si tratti di un meccanismo facente parte di un “orologio planetario”, identico a quello celeberrimo chiamato “Macchina di Antikitera”, dal nome dell’isola greca, al largo della quale venne trovata nel 1900 all’interno di un relitto di epoca romana.

Immagine sopra; vecchie foto del Meccanismo di Antikitera prima della pulitura e restauro delle varie componenti. Immagine in basso; una ricostruzione del Meccanismo di Antikitera.

Un meccanismo molto complesso che evidenzia un’incredibile cultura scientifica degli inventori. Ancora non è completa la conoscenza di quanti dati si potevano ricavare dalla Macchina di Antikitera, oltre alla posizione del Sole, la previsione delle eclissi, le fasi lunari, le posizioni dei pianeti conosciuti. Insomma un vero “computer analogico”.

Che sia stata questa “invenzione” del popolo Ernico ad aver influenzato la Macchina di Antikitera?

Il nostro meccanismo anagnino fu trovato in località Santa Cecilia ad Anagni in un contesto archeologico molto più antico di quello dell’isola greca.

Immagine in basso: una delle varie ricostruzioni del Meccanismo di Antikitera.

Più antico e molto particolare.  Un luogo con una pavimentazione ed una copertura che, come venne evidenziato nell’ambito della mostra, era isolato dalla necropoli e dal tempio. In pratica era un fabbricato in cui fu ritrovato solo questo oggetto Quindi, sembra, un luogo destinato alla conservazione ed uso esclusivo della presunta “trottola”, una sorta di osservatorio.

Inoltre non esistono esempi del genere di trottola. Tutte le trottola romane sono ben diverse (in un articolo su “Prometeo” ne pubblicai diverse).

In conclusione questo oggetto resta un rebus ancora tutto da decifrare. 

Attualmente sembra che l’oggetto ernico si trovi nei depositi del Museo di Palestrina (Roma). Spero che al più presto, finalmente, il Museo di Ansgni, sia allestito ed aperto e che questo reperto eccezionale possa fare bella mostra di sé in una apposita vetrina dove siano mostrate tutte le ipotesi ricostruttive e il visitatore abbia modo di formarsi una propria idea. 

Se non altro questo oggetto non è sprofondato nell’oblio. Anzi.

Presso il laboratorio di oreficeria di Maurizio Imperia sito in Anagni, in Corso Vittorio Emanuele II n. 31, è in vendita una riproduzione della “Macchina ernica” in argento, oro o bronzo adattato a ciondolo, molto originale.

(Guglielmo Viti- archeologo)

Immagine in basso: il monile in argento riproducente la “Macchina ernica” di Anagni , realizzato da Maurizio Imperia.

 

– Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore.

Immagine in basso; l’archeologo Guglielmo Viti nella cripta di San Vito ad Anagni (FR). (Foto Beppe Donvito)

 

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