SVEZIA MISTERIOSA.
MEGALITI, LABIRINTI E……
di Giancarlo Pavat e Sonia Palombo
Foto di Giancarlo Pavat e Sonia Palombo
Nell’ottobre del 2011, siamo ritornati in Svezia dopo il viaggio del giugno precedente alla ricerca del labirinto di Grinstad nel Dalsland.
Questa volta però abbiamo scelto un’altra regione. Meno remota del Dalsland ma non meno affascinante e… misteriosa.
Si tratta del Bohuslän (facente parte della Contea del VästraGötaland), regione costiera svedese del Mare del Nord, celebre non solo per la splendido litorale costituito da isole grandi e piccole e meravigliosi fiordi, ma pure per le decine di siti preistorici studiati da ricercatori ed archeologi ed accessibili al pubblico.
Molti di questi siti, che non hanno nulla di che invidiare a quelli ben più famosi di altri Paesi, sono in realtà ancora avvolti nel mistero.
Si è trattato quindi, di un viaggio, non solo alla scoperta di un altra fetta di un Paese immenso, splendido ed ospitale come la Svezia, ma pure a ritroso nel Tempo, indietro di migliaia e migliaia di anni, quando in quella regione abitavano popolazioni che ci hanno lasciato incredibili testimonianze di se stesse, del loro modo di vivere, delle loro credenze e del loro rapportarsi con sconosciute Forze primordiali della Natura.
DA GOTEBORG AD UDDEVALLA. ALLA SCOPERTA DELLA COSTA SVEDESE SUL MARE DEL NORD
Dopo circa due ore di volo attraverso l’Europa, il “Boeing 737 Airbus”, partito al mattino presto da Roma-Ciampino, è atterrato a Göteborg, che con i suoi 500.000 abitanti è la seconda città della Svezia (Stoccolma, la capitale, raggiunge gli 800.000 abitanti) affacciata al Mare del Nord; o meglio, per essere più precisi su quel tratto del Mare del Nord compreso tra Norvegia, Danimarca e Svezia chiamato Skaggerrak. Ad attenderci all’aeroporto, l’amico professor Per Ostenberg, preside e docente di Istituto Superiore ad Uddevalla.
La Svezia è un paese bellissimo ed immenso. Il più esteso di tutti i Paesi Scandinavi, con 450.295 km² di superficie. E con un lunghissimo litorale, di 7.264 km.
Per dare un idea della vastità basti pensare che la distanza tra l’estrema propaggine settentrionale, in Lapponia (in svedese Lappland), oltre il Circolo Polare Artico, ed il punto più a sud dello Skania (la regione più meridionale della Svezia), è pari a quella che divide questo medesimo punto dalla città di Roma.
Grande circa due volte l’Italia, la Svezia è abitata da appena 9 milioni di persone, concentrati soprattutto nelle città. Una densità di circa 20 svedesi per km².
La gentilezza e l’educazione dei suoi cittadini, il profondo senso civico che li caratterizza fanno della Svezia uno dei paesi più sviluppati e progrediti dal punto di vista sociale e della tutela della Natura, dell’arte e della cultura e della convivenza tra popoli e culture diverse.
Da Göteborg ci inoltriamo in automobile nella provincia del Bohuslän, ma prima ci concediamo una sosta per un tipico pranzo svedese nel ristorante “Fars Hat” nella cittadina di Kungälv. Sorta nel X secolo come insediamento vichingo in una posizione decisamente strategica tra il Nordre Älv ed il Gota Älv (il fiume che attraversa Göteborg).
Ghiotta occasione per riassaggiare, dopo l’esperienza dell’estate precedente, il tradizionale antipasto svedese; lo “Smörgåsbord”. Presente sulle tavole degli svedesi sin dal XVIII secolo, è in realtà un vero e proprio pasto. È composto da stuzzichini a base di aringhe, uova sode, tortini di carne ed insalate e piatti caldi come tra cui la celebre “Tentazione di Jansson” (ovvero patate, cipolle, acciughe e panna, il tutto al gratin).
Nei giorni successivi assaggeremo anche altri piatti della cucina svedese, preparati dall’amico Per. Come pesce e crostacei del Fiordo o arrosto d’alce accompagnato da patate, carote, cipolle bollite, salsa di funghi appena raccolti nella Taiga.
A Kungälv, l’elegante ristorante-albergo prende il nome, “Fars Hatt” (in svedese letteralmente “Cappello del padre”) da quello dell’unica torre sopravvissuta della vicina Bohus Fästning (la ”Fortezza di Bohus”). L’inespugnabile fortilizio venne costruito nel 1308 per volere di Hakon Magnusson re di Norvegia. Nel 1658, dopo la “Pace di Roskilde” (che sancì l’egemonia, durata circa due secoli, dell’Impero Svedese nel Nord Europa), assieme a tutto il territorio circostante, entrò a far parte del Regno di Svezia.
Oggi, la fortezza viene utilizzata per concerti e manifestazioni culturali all’aria aperta. Nell’antica “Piazza del Mercato” di Kungälv è possibile vedere la “Kungälus Kyrka”, l’austera chiesa principale risalente al 1679.
Salutata Kungälv, decidiamo di lasciare l’autostrada per seguire una splendida e panoramica strada che attraversa insenature, baie, isole e fiordi. L’aspetto che per primo salta agli occhi è proprio la cintura di isole e isolette che fa da corona alla costa del Bohuslän.
La prima che avremo modo di incontrare è l’isola di Tjörn. Nella zona nord-ovest dell’isola si trova Pilane Gravfält, un sito megalitico con tumuli ed anelli di pietre dell’Età del Ferro.
All’altezza di Stenungsund, sulla terraferma, imbocchiamo il moderno Tjörnbron (letteralmente “Ponte di Tjörn”). Inaugurato nel 1960, è alto 45 metri e lungo 664. Attraversatolo, si giunge, finalmente, sull’isola di Tjörn.
Dove ci fermiamo per una breve e digestiva escursione lungo le rocciose rive di granito, punteggiate dalla flora nordica. Pini, abeti, arbusti di ginepro e macchie d’erica.
Un fiordo dalle acque tranquille, solcato da silenziose imbarcazioni a vela ci divide da un’ isola molto più piccola; Mjörn. Lo attraversiamo percorrendo un altro ponte e, seguendo una strada che attraversa una foresta e dopo l’ennesimo ponte gettato su uno stretto, si arriva su una delle isole più grandi della Svezia. Orust.
Da Orust, varchiamo il Koljofijord e raggiungiamo di nuovo la terraferma, ovvero la sponda meridionale della penisola di Bokenaset. Che chiude il Hafstensfijord ed il Byfijord che assieme formano quello che comunemente viene chiamato Fiordo di Uddevalla.
Una strada turistica poco trafficata segue il profilo della riva in direzione di Uddevalla, adagiata con i suoi cantieri nell’estrema propaggine orientale del fiordo.
Uddevalla, pur risalendo al XV secolo, è una città essenzialmente moderna. Ma, oltre a musei (come il “Bohusläns Museum”) e sale espositive d’arte contemporanea (come la “Konstgalleriet”) conserva ancora alcuni edifici e monumenti antichi. Nella “Kungstorget” (letteralmente la “Piazza del Re”), di fronte al “Radhuset” (il vecchio municipio eretto nel 1500) si trova la statua equestre di Re Carlo X Gustavo.
Decisamente da non perdere è la passeggiata lungo la riva meridionale del fiordo. Da cui si ammirano numerose isolette, come quella di Lijon punteggiate da graziose e coloratissime casette. I cui abitanti soltanto durante il rigido inverno possono raggiungere la terraferma a piedi o in automobile… attraversando il fiordo ghiacciato!
Noi abbiamo fatto questa escursione nel tardo pomeriggio e ci siamo gustati un tramonto, in direzione dello sbocco del fiordo nel Mare del Nord, davvero mozzafiato.
A poca distanza da Uddevalla, nei giorni successivi, abbiamo avuto modo di visitare una piccola chiesetta medievale. La “Bokenäs Gamla Kyrka” (letteralmente “Antica chiesa di Bokenäs”), che sorge (ovviamente non a caso) presso un sito dell’Età del Bronzo.
Lo stile piuttosto arcaico della chiesa, suggerisce che sia stata costruita alla fine del XI secolo. La piccola torre campanaria ed i dipinti del soffitto sono datati invece ai secoli XVII e XVIII.
Sugli stipiti in pietra ollare di uno degli ingressi ho fotografato una decorazione formata da una sorta di “stelle a quattro punte”. Un semplice ornamento oppure quelle “stelle” rivestono un determinato significato simbolico?
In questo luogo, nel 1938, sono stati scoperti i resti di un laboratorio di fonderia risalente all’Età del Bronzo (1800-500 a.C). ed un tumulo funerario sulla cresta della collina che sovrasta la chiesetta.
Ad est del muro del cimitero che circonda la “Bokenäs Gamla Kyrka” c’è un masso con dieci coppelle scavate nella sua superficie. Queste coppelle sono piuttosto comuni in Svezia ma il loro significato rimane un mistero. Secondo gli archeologi svedesi è probabile che avessero un significato cultuale.
VISIONI DAL PASSATO
Sino a circa 12.000 anni fa, il territorio dell’attuale Regno di Svezia era completamente coperto dai ghiacci dell’ultima grande Glaciazione.
A mano a mano che il fronte dei ghiacci iniziava a regredire verso nord, le nuove terre emerse dalla gelida tomba cominciarono ad essere occupate da sparuti gruppi di cacciatori nomadi.
Circa 6500 anni fa, i ghiacciai abbandonarono finalmente e definitivamente la Svezia. Ciò che rimane di quella immensa coltre bianca sono i ghiacciai che costellano la Catena delle Alpi Scandinave, che costituisce l’attuale confine tra Svezia e Norvegia, con cime che superano anche i 2000 metri. Per inciso la punta più alta della Svezia è il monte Kebnekaise (in Lapponia), con i suoi 2114 metri slm sul livello del mare.
In un epoca attorno ai 4000 anni fa, nelle regioni più meridionali del Paese cominciò ad essere introdotta l’agricoltura e molte tribù divennero stanziali. E proprio a questo periodo della preistoria scandinava, gli archeologi hanno datato numerosi tumuli funerari
Con il passaggio alla cosiddetta “Età del Bronzo” (in Scandinavia dal XVIII al VI secolo a.C.) compaiono le prime ceramiche e, soprattutto, quelle che possiamo considerare delle vere e proprie istantanee dalla Preistoria. Ovvero l’inestimabile patrimonio di incisioni rupestri. E’ come se avessimo per davvero a disposizione il fantomatico “Cronovisore” di Padre Erneti, e lo puntassimo sull’Età del Bronzo. Vedremmo proprio quello che abbiamo potuto ammirare tra i boschi del Bohuslän, eternato su massi erratici e su pareti rocciose.
Il sito di incisioni preistoriche più celebre del Bohuslän (e comunque uno dei principali per importanza storica ed archeologica della Svezia) è quello di Tanum (o “Tanumshede”).
La località è facilmente raggiungibile da Uddevalla o da Göteborg grazie all’autostrada E6 che, proseguendo verso nord, porta sino ad Oslo, capitale della Norvegia.
Nel 1994, l’UNESCO ha dichiarato Tanumshede “Patrimonio dell’Umanità” (“The World Heritage Area”, in svedese “Världsarvsgräns”), a cagione della presenza nei suoi dintorni di una delle più alte concentrazioni di incisioni rupestri dell’Età del Bronzo scandinava.
Nel territorio di Tanum sono stati scoperti, a partire dagli anni ’70, oltre 3000 petroglifi, ma altri ne stanno tornando alla luce in continuazione. Mano a mano che le rocce vengono liberate e ripulite dal sottile strato di terra e muschio.
Tra l’altro, all’interno della striscia di circa 25 chilometri (circa 50 ettari, spiegano le guide svedesi), corrispondente all’antica linea costiera, in cui sono concentrate le incisioni (che molti hanno messo in relazione con quelle italiane della Val Camonica), si trova anche la più grande roccia incisa di tutta la Svezia.
In particolare noi abbiamo visitato il sito di Vitlycke, trasformato in parco tematico con tanto di funzionale annesso museo ed addirittura con la ricostruzione in grandezza naturale di un villaggio dell’Età del Bronzo (“Vitlycke Museum”, “Rock Art Centre”)
.
Lungo un suggestivo percorso didattico, che dal museo, attraversa il villaggio dell’Età del Bronzo, sfiora numerosi tumuli ancora inviolati, snodandosi nel bosco circostante, è stato ricostruito pure un “luogo sacro” della preistoria. Sopra un isolotto al centro di uno stagno. Un luogo abitato dagli Spiriti degli Antenati e Da quelli elementari della Natura. Al quale solo gli sciamani e gli iniziati potevano accedere. Noi siamo rimasti rispettosamente ad osservarlo dalla riva dello stagno.
Per ammirare i petroglifi, invece, ci siamo inerpicati sulle colline del sito, tra conifere e caducifoglie.
Le incisioni rappresentano scene di caccia e di pesca. Si ammirano soprattutto imbarcazioni (probabilmente dotate di bilancere, un po’ come quelle della Polinesia), ma pure scene di coltivazione dei campi con l’aratro trainato da bovini, di vita quotidiana e di riti e cerimonie (Foto 28) che per noi rimangono un mistero insondabile.
Sui massi sono molti gli animali raffigurati. Tutti tipici dell’Europa Settentrionale e ancora oggi esistenti, come cervi, renne, capodogli. Su un masso i cui petroglifi raffigurano soprattutto imbarcazioni (su una di queste sembra che ci sia un uomo che soffia dentro un corno) notiamo anche un piccolo gruppo di animali.
Il cartello esplicativo spiega che in uno di questi animali sembra di riconoscere un alce. Se così fosse, si tratterebbe di una aspetto davvero singolare. In quanto il maestoso animale “fu visto raramente sulla costa occidentale per oltre 3000 anni, poiché l’abete era raro qui. E nei boschi di latifoglie non prosperare l’alce”.
Alcuni degli animali raffigurati sono ormai estinti, come l’uro (Foto 31). Altri invece costituiscono un vero e proprio inquietante enigma.
Su una delle rocce del parco archeologico di Vitlycke si nota la figurina di un uomo, evidentemente terrorizzato, che leva le braccia al cielo. Alla sua destra si vede il motivo del suo terrore. Un serpente che striscia verso di lui. Se l’ignoto artefice ha rispettato le proporzioni tra l’uomo ed il rettile, allora l’animale è davvero enorme, un vero mostro. Oggi, tranne qualche innocua biscia d’acqua presente nelle paludi della parte più meridionale della Scandinavia, in Svezia non esistono serpenti.
MOSTRI E SERPENTI SCANDINAVI
Un rettile di quelle dimensioni ci ha fatto venire in mente le numerose leggende scandinave su serpenti o mostri marini e lacustri.
Racconti e dicerie che non sono un semplice retaggio del Passato. Ma sembrerebbero avere concreti riferimenti anche nel XXI secolo, dove coesistono tranquillamente con il moderno ed avanzato sistema di vita dei paesi Scandinavi.
Infatti pure ai giorni nostri si registrano avvistamenti di misteriose creature acquatiche. In Norvegia è molto famoso “Thelma” (in norvegese si pronuncia “Selma”), una sorta di serpente acquatico, di circa dieci metri di lunghezza, forse il discendente di qualche dinosauro sopravvissuto all’estinzione, che vivrebbe nelle acque profonde ed oscure del Lago di Seljord (“Seljordsvatnet” in norvegese), a circa 200 chilometri da Oslo.
La convinzione che l’animale (chiamato in norvegese “Seljordsormen”, letteralmente serpente o verme di Seljord) esista davvero è così radicata, che il comune che da il nome al lago, sfoggia uno stemma in cui campeggia proprio “Thelma”.
Altri laghi norvegesi che ospiterebbero “inquilini” sui generis, sono quello di Mjosa e quello di Roemsjoen, nel sud-est della Norvegia.
Ma tornando alla Svezia, è proprio questo grande Paese, costellato da innumerevoli laghi e bacini interni, che sembra il maggior candidato ad ospitare “qualcosa” o “qualcuno” nelle proprie acque.
Non dimentichiamo che in Svezia si trova il terzo lago per estensione d’Europa. Il Lago Vanern, preceduto soltanto dai laghi russi Ladoga e Onega.
Abbiamo avuto modo di ammirare il Vanern nel giugno del 2011, durante la spedizione di ricerche storiche nella regione del Dalsland, che si trova proprio sulle rive occidentali dell’immenso lago.
La sensazione che abbiamo avuto è stata quella di trovarsi di fronte ad un vero e proprio mare. Mentre ci muovevamo tra pascoli e boschi del Dalsland, di frequente abbiamo visto luccicare le acque di quelli che abbiamo scambiato per idilliaci laghetti. Invece molto spesso non erano altro che baie ed insenature del gigantesco Vanern.
Il lago ha una superficie di 5.650 km² (al confronto il Lago di Garda, il più grande lago italiano con i suoi 370 km² di superficie, sembra uno stagno), con una profondità media di 27 metri e massima di 107 metri. Per quanto riguarda la profondità il Vanern viene battuto dal nostro Lario, comunemente noto come Lago di Como, che è il più profondo lago italiano e nel suo “ramo occidentale” raggiunge una profondità massima di 425, media di 154 metri, su una superficie 145 km²).
Se qualche voce su strane creature scorte da lontano, tra le onde, circola anche a proposito del Vanern, in realtà è il secondo lago svedese, il Vattern (superficie di 1.912 km², profondità massima di 128 metri, media di 40 metri), che detiene il primato degli avvistamenti.
Quello forse più clamoroso, stando alle cronache svedesi ed ai libri sull’argomento, si sarebbe verificato nel 1975. Ed addirittura sarebbe corroborato da alcune fotografie.
Quelle più nitide mostrano una notevole increspatura della superficie del lago. Ma, francamente, non si riesce a capire se si tratta di moto naturale oppure se è stata provocata da qualcosa di decisamente grosso che stava nuotando sotto il pelo dell’acqua.
Un altro lago svedese ritenuto abitato da “qualcosa” sarebbe quello di Storsjön. Quinto lago della Svezia, con una superficie di 464 km² ed una profondità massima di 74 metri, è ubicato nello Jämtland, provincia della Svezia centro-settentrionale.
Il cosiddetto “Mostro di Storsjön” è stato fatto oggetto di numerosi tentativi di cattura, non solo “fotografica”. E’ stata messa come esca addirittura un povero maiale. Ma fortunatamente per il suino, quel giorno il “mostro” non aveva appetito e non si è fatto vedere.
Ironia a parte, non solo nelle acque interne ma pure in quelle costiere e dei fiordi sono stati fatti enigmatici avvistamenti. Ed è ovvio che qualcosa deve pur essere stato effettivamente visto.
Durante la nostra permanenza nel Bohuslän abbiamo solcato diverse volte le acque del Fiordo di Uddevalla e del Gullmarnfijord, ma abbiamo avvistato soltanto delle simpaticissime foche.
Chi ci ha messo abbondantemente del suo nel creare confusione ed avvalorare leggende e dicerie su mostri marini è stato un grande erudito umanista, cardinale svedese, la cui personale vicenda umana e storica si è intrecciata con quella del nostro Paese.
Stiamo parlando di Olaf Manson (latinizzato in Olaus Magnus ed italianizzato in Olao Magno). Nato nel 1490 a Linkoping nel ÖsterGötland e morto a Roma nel 1557. Nominato Arcivescovo di Uppsala e “Primate di Svezia”, non potè mai raggiungere la propria Diocesi a causa del passaggio della Svezia alla Riforma Protestante, per questo motivo visse in esilio in Italia, soprattutto a Venezia e a Roma. Partecipò allo storico “Concilio di Trento” e nel 1555 pubblicò in latino la celebre “Historia de Gentibus Septentrionalibus”.
Nella quale, oltre ad episodi storici, descrive gli usi e costumi, le tradizioni ed i miti delle Terre del “Grande Nord”; compresa, ovviamente, la sua amata Patria. Negli ultimi sei libri dell’opera, Olaus Magnus raccoglie una sorta di “bestiario” in cui, senza alcun criterio scientifico, descrive sia animali tipici della Scandinavia, domestici e selvatici, che mostruosi esseri avvistati da marinai o rinvenuti sulle coste. Nell’immaginario simili mostri erano soliti assalire le navi e, ghermirne gli equipaggi o affondarle direttamente.
Molte di queste descrizioni fanno certamente riferimento ad animali noti, come capodogli, balene, orche. Le cui carcasse spiaggiate, magari in avanzato stato di decomposizione e rese quindi irriconoscibili, potrebbero essere state scambiate per quelle di qualche animale sconosciuto e mostruoso.
Ma potrebbe esserci anche un altra spiegazione razionale. Dopotutto “Il punto sul Mistero” non vuole cercare di dare una spiegazione agli enigmi e svelare i misteri?
A nord di Uddevalla sorge la celebre località di soggiorni balneari di Lysekil, posta su una penisoletta protesa sul Mare del Nord. La graziosa cittadina ospita un interessante acquario di fauna marina locale. L’Havets Hus (letteralmente “Casa del Mare”) che è stato pensato e realizzato, come molti altri centri culturali svedesi, anche e soprattutto a misura dei più piccoli. Dispone pure di un centro multimediale, negozio di souvenir legati al mondo marino ed un ristorante con terrazza aperta sull’Oceano.
Una sezione dell’acquario è dedicata proprio alle leggende sui mostri e serpenti marini che arricchiscono l’immaginario tradizionale dei Paesi Scandinavi.
Ebbene, la sezione propone una spiegazione logica e razionale a proposito di tali leggende e dicerie. Mostrando pure una prova concreta a tale proposito.
Ovvero un “Pesce Remo” (o “Oarfish”, il cui nome scientifico è o “Regulecus Glene”) pescato casualmente qualche anno fa, nelle acque oceaniche antistanti Lysekill. L’incredibile pesce, la cui lunghezza può andare dai 2,5 ai 17 metri, per una circonferenza corporea di 10 – 15 centimetri, è molto raro ma assolutamente noto alla scienza. L’esemplare di Lysekill, non molto grande, è stato imbalsamato ed esposto nella sala dell’acquario per la gioia di grandi e piccini….
Guardatelo un po’, nella foto a confronto con il sottoscritto (Giancarlo è alto 1,78 metri NDR).
Secondo voi una simile creatura vista nuotare a pelo della superficie non potrebbe esser stata (e venire ancora adesso) scambiata per un serpente o altro mostro marino?
MEGALITI E CAIRNS
La vista del gigantesco serpente inciso sulle rocce di Vitlicke, ci ha fatto divagare un po’. Eravamo rimasti sulla colline attorno alla “The World Heritage Area”, alla scoperta di altri massi con petroglifi. Tra gli abeti e di pini si incontrano pure i resti di quello che probabilmente era un piccolo dolmen.
Arrivati sulla sommità della collina, contro un cielo azzurro solcato da morbide nubi bianche, si stagliano due enormi “cairns” (“rösena” in svedese), ovvero dei tumuli dell’Età del Bronzo, circa 3000 anni fa.
Secondo gli archeologi svedesi i tumuli non hanno ricoperto soltanto una funzione funeraria, ma vennero realizzati in quel preciso punto per fungere “da segnali visivi sia per la comunità stanziale che come punto di approdo per i naviganti”. Non scordiamoci che all’epoca ala linea costiera passava ai piedi delle colline con i petroglifi. La pianura di Tanum era una baia accogliente e poco profonda.
Un altro tumulo, mai sondato, ancora coperto dalla vegetazione ed alberi d’alto fusto, l’abbiamo incontrato, come già citato in precedenza, lungo il sentiero nel bosco presso il villaggio dell’Età del Bronzo.
Ma il fascino misterioso di epoche lontanissime da noi sembra pervadere tutto il territorio circostante.
Ad ovest del Museo di Vitlicke, sempre nell’area di Tanum, e precisamente presso Bjöernemyren (nelle immediate adiacenze, gli archeologi svedesi hanno trovato traccia di un labirinto di pietre, purtroppo ormai non più individuabile sul terreno), sorge il sito megalitico chiamato “Valbrets grav” (in svedese letteralmente “Tumulo di Valbret”).
Secondo la leggenda si tratterebbe della “Tomba di Valbret”, un capo scozzese, ucciso dalla popolazione locale di Tanum, durante l’Età Vichinga.
In realtà la “Tomba a galleria” è molto più antica, risalente alla Preistoria, gli Svedesi la datano al IV millennio a.C.. Quando venne realizzata si trovava vicino alla linea di costa. Il livello del mare era di 25 m più in alto di quanto lo sia oggi.
La “Camera sepolcrale” è rettangolare. Probabilmente venne usata come tomba familiare per una comunità di allevatori stanziali, che vivevano nei paraggi, per un periodo che va dal 3400 al 1800 a.C..
Intorno alla “Tomba a galleria” c’è una necropoli preistorica costituita da una decina di pietre orizzontali e tre in posizione verticale. Si presume che sia stata utilizzata sino alla la prima parte dell’Età del Ferro.
A sud dell’area “Patrimonio dell’Umanità” si trova la piccola località di Stora Anras. Dove, in mezzo ad un bosco, si incontra un grande masso erratico con inciso sopra un piccolo labirinto del modello, che come si vedrà tra poco, viene chiamato “Baltico”. Chi l’ha inciso e perché?
Persino all’interno del centro abitato di Tanum si possono vedere tumuli preistorici, alcuni mai scavati dagli archeologi.
Lasciata la cittadina, percorriamo la strada in direzione del mare, tra le dolci ondulazioni del paesaggio, costellato da boschi di caducifoglie, finché si incontra un’altro incredibile sito megalitico. Quello di Greby, a poca distanza (dal sito stesso si scorge il campanile della parrocchiale) dal paese di Grebbestad.
E’ un luogo bellissimo. Vederlo nel primo pomeriggio, con una luce tutta particolare, crea una suggestione davvero unica. Immersi in un silenzio ancestrale, sotto un cielo azzurro, solcato lentamente da maestose nuvole provenienti dall’Oceano.
Sembra di trovarsi, improvvisamente, catapultati in un’altra Era. In cui gli uomini vivevano in stretta relazione con le Forze più arcane della Natura.
Abbiamo passeggiato a lungo tra quei monumenti. Testimoni silenti di un tempo lontano in cui gli uomini innalzavano al cielo quei giganti di pietra.
Attorno a noi decine di menhir di tutte le dimensioni e forme.
Alcuni superano abbondantemente i due metri e mezzo di altezza. Altri sono enormi lastre di pietra disposte a guisa di varchi, di porte. Ma porte verso cosa?
Perché gli antichi abitatori del Bohuslän scelsero proprio quel luogo per erigere i megaliti? Era certamente un luogo sacro, dove officiavano i propri riti. Ma pure vi seppellivano i propri morti. Come dimostrano le gobbe del terreno, che altro non sono che antichi tumuli sepolcrali.
La necropoli di Greby è la più grande dell’intero Bohuslän. In totale ci sono più di 180 tumuli visibili. Ma il numero reale è certamente più elevato.
Una leggenda vuole che vi siano sepolti dei guerrieri scozzesi uccisi dopo una scorreria dalla popolazione locale.
Ma in realtà gli archeologi (a cominciare dal celebre Oskar Montelius, figura di spicco dell’archeologia svedese, che nel 1873 scavò i primi undici tumuli di Greby) hanno dimostrato che si tratta di tombe risalenti all’Età del Ferro riconducibili a genti stanziate in quell’area e dedite ai commerci oltre mare.
Probabilmente presso Greby c’era un sito commerciale associato ad un ampio cortile in cui venivano scambiate merci e prodotti nel Bohuslän con altre provenienti da tutta l’Europa settentronale.
Greby, secondo gli studiosi, risalirebbe al V – VI secolo d.C.; non sarebbe, quindi, così antica come potrebbe apparire a prima vista.
Ma sono state avanzate pure altre ipotesi secondo le quali alcuni dei megaliti di Greby sarebbero ben più antichi. Ovvero, sarebbero stati trovati già in situ dagli abitanti del Bohuslän del V e VI secolo d.C.. Certo, lascia pensare che, mentre da noi in Italia quei secoli furono quelli del crollo dell’Impero Romano, un epoca di ferro e di fuoco, di violenza, in cui si dissolse la Civiltà Classica; lassù sulle coste del Mare del Nord viveva una pacifica popolazione, dedita ai commerci, che non inumava i propri defunti con corredi di guerra e che continuò ad innalzare verso il cielo colossi di pietra, così come avevano fatto per millenni e millenni i propri antenati.
IL LABIRINTO DI ULMEKÄRR
Lasciata con un certo rammarico l’atmosfera sospesa nel tempo di Greby, abbiamo ripreso il tragitto per raggiungere un altro luogo mitico del Bohuslän; il Labirinto di Ulmekärr, “Labyrint Ulmekärr” in svedese.
Entrati a Grebbestad, in prossimità della grande parrocchiale e del suo cimitero, abbiamo svoltato a destra, direzione nord. Ad un certo punto la strada ha iniziato a costeggiare, sulla sinistra, una sorta di terrazzamento naturale.
Un cartello con rappresentato il simbolo dell’”Anello runico” che in Svezia indica un sito storico o archeologico, ci ha invitato a fermarci. Per ha parcheggiato la sua “volvo “in uno spiazzo sulla destra della carreggiata.
Attraversiamo la strada deserta ed una breve scalinata ci permette di superare il dislivello del terreno. Davanti a noi, quasi confuso con l’erba del prato cresciuta in mezzo ed attorno, ecco, finalmente, il Labirinto di Ulmekärr
.
Il Labirinto di Ulmekärr viene considerato uno dei meglio conservati di tutta la Svezia.
“I Labirinti sono tra i nostri siti antichi più enigmatici” spiegano gli archeologi svedesi “Il più antico fu probabilmente realizzato in epoca preistorica”.
Labirinti di pietre come questo di Ulmekärr rientrano nella categoria dei cosiddetti “Labirinti Baltici”, noti nell’Europa Settentrionale anche come “Ruote del Baltico”.
Così chiamati perché si trovano numerosi (e fino a qualche tempo fa erano visibili a migliaia) soprattutto sulle rive del Mar Baltico (costa orientale della Svezia, Finlandia e Paesi Baltici). Ma diffusi pure in tutta la Scandinavia, la Germania settentrionale, la Carelia, la Penisola di Kola e l’arcipelago della Solovetsky.
Il più settentrionale si trova sull’Isola di Ishavs nella Novaya Zemlya.
I labirinti scoperti sulle Solovetsky, isolette del Mar Bianco in Russia, sono stati mesi in relazione dal ricercatore italiano Marco Bulloni con la forma della mitica Atlantide, che lui identifica proprio con l’isola Gran Solovetsky, la più vasta dell’arcipelago al limite del Circolo Polare Artico.
L’inglese Jeff Saward, uno dei maggiori esperti di labirinti al mondo, ritiene che il modello “Baltico” derivi dal disegno archetipo del cosiddetto modello “Classico” (infatti in inglese viene chiamato pure “Classical”), presente però sia nella versione circolare che quadrata o rettangolare. Generato da un percorso palindromo che forma, generalmente, sette circonferenze. Sebbene venga definito impropriamente pure “Cretese” questo modello di labirinto è in realtà molto più antico e diffuso tra civiltà lontane tra loro nel tempo e nello spazio.
“La stragrande maggioranza dei labirinti di pietra nei Paesi Nordici non risale all’epoca preistorica. Devono avere una età inferiore a 1000 anni. Anzi alcuni sono più tardi, risalendo al XVIII, XIX ed addirittura al XX secolo” spiega lo studioso svedese di Labirinti John Kraft (“Labyrinths in pagan Sweden” in “Caerdroia 21”, 1987 – www.labyrinthos.net) “Esiste però un piccolo gruppo di labirinti di pietra in Svezia che potrebbero avere una età più impressionante. Sfortunatamente non vi è alcuna prova reale che dimostra che siano stati costruiti nei tempi pagani; ma ci sono diversi indizi che puntano in questa direzione”.
I “Labirinti baltici”, quindi, risalgono ad epoche diverse e sono di difficile datazione. Alcuni ancora oggi vengono creati da appassionati e cultori della materia.
In molte chiese medievali scandinave e finlandesi (ad esempio, in Svezia, a Ganthem, Hablingbo e Lye sull’isola di Gotland, oppure a Ostra Karup e nella Mariakyrka a Bastad nella regione dello Skania o nella chiesa di Sorunda nel Sodermanland, mentre in Finlandia nella Maariakyrkko a Turku) il modello “Baltico”, invece che con pietre e sassi è stato realizzato, probabilmente da monaci, affrescandolo sull’intonaco delle pareti interne.
“Nel sud della Svezia ci sono 17 – 18 siti con labirinti che sembrano appartenere a questo gruppo più antico” prosegue John Kraft (“Labyrinths in pagan Sweden” in “Caerdroia 21”, 1987 – www.labyrinthos.net) “Alcuni esistono ancora, altri sono stati distrutti molto tempo fa, altri sono indicati soltanto dai toponimi”.
Ma dei labirinti di pietre più antichi si ignorano gli artefici.
Quelli preistorici si trovano di frequente nei pressi di siti megalitici. Proprio come ad Ulmekärr.
A settentrione del labirinto sorgono alcuni tumuli e si possono ancora vedere le buche dov’erano infissi alcuni menhir. Vennero rimossi nel 1800 per essere utilizzati per costruire un ponte nelle vicinanze.
Ma, pur trovandosi nei pressi di tumuli, ”i labirinti non sono tombe” precisano gli archeologi svedesi “alcuni labirinti sono stati scavati ma non è stato mai trovato nulla che potesse far luce su di essi e sulla loro funzione”.
E questo dovrebbe servire da monito ed insegnamento a coloro, soprattutto dalle nostre parti, che ritengono di poter datare un sito soltanto sulla base di ciò che trovano o non trovano nello stesso o nelle sue immediate adiacenze.
E’ probabile che i “Labirinti baltici” venissero utilizzati per vere e proprie processioni apotropaiche o riti di fertilità o, ancora, per propiziarsi una battuta di caccia o di pesca.
Questo utilizzo è stato ipotizzato dagli svedesi proprio per il Labirinto di Ulmekärr.
Tornando a Ulmekärr, altri ricercatori svedesi ritengono invece che il labirinto sia stato realizzato in quel punto, in quanto vi si troverebbe un “nodo” delle “Ley-lines”, di correnti sotterranee di energie telluriche. Che risalirebbero in superficie in prossimità del centro del labirinto stesso.
Lasciato il sito di Ulmekärr ritorniamo alla cittadina costiera di Grebbestad e da qui prendiamo la strada litoranea che si snoda tra baie e piccole insenature, attraversando graziosi villaggi di pescatori, meta durante l’estate del turismo balneare.
Merita una menzione particolare il pittoresco villaggio di Fjällbacka, dominato da un curioso promontorio roccioso, alto 70 metri, chiamato Vetterberget.
Il Vetterberget domina la piazza principale del paese dedicata alla grande attrice Ingrid Bergman, indimenticabile protagonista di film come “Casablanca” o “Notorius”, che proprio qui a Fjällbacka aveva una casa per le vacanze. Al centro della “Ingrid Bergmans torg” è stato collocato un busto dell’attrice scolpito nel 1983 da Gudmar Olovson.
Dopo Fjällbacka tocchiamo il paesino di Hamburgsund e passiamo accanto alle “Homborgs slottsruins”. Il territorio circostante è ricchissimo di siti archeologici, come indicano i numerosi segnali con il “Nodo runico”. Ci vorrebbe una settimana intera solo per vederli tutti.
Proseguiamo verso il Bottenfjorden che segna il confine meridionale del territorio del comune di Tanum (“Tanums kommun”).
Ma prima , in un ampia pianura che si apre tra boschi, pascoli e la costa rocciosa, incontriamo la Svenneby kyrka. Ma non è questa chiesa in stile neogotico risalente al XIX secolo che ci interessa. Bensì la “Svenneby gamla kirka”. Ovvero la “Chiesa vecchia di Svenneby”.
Si tratta di una delle chiese più antiche dell’intero Bohuslän, se non, addirittura, la più antica in assoluto.
Costruita all’inizio del 1100, è stata il centro del territorio per nove secoli. Il campanile con l’orologio, costruito sulla collina a fianco della chiesa, risale invece al 1200.
La chiesa è stata costruita secondo lo stile anglosassone, che si concretizza nelle volte basse ed un lungo edificio rettangolare orientato verso est. Si entrava da dove tramonta il sole, dalle tenebre, e si andava verso dove sorge, verso al Luce.
Nel corso del tempo, al chiesa ha subito alcune modifiche. Il portico in legno è successivo al XVIII secolo.
La chiesa ha quattro sculture medievali. I dipinti del soffitto, realizzati nel 1714 dal pittore di chiese J. Alstedt, hanno tre soggetti biblici.
La ”Pala d’altare” è della stessa epoca e ritrae Gesù durante l’Ultima Cena.
Il ”Fonte battesimale”, che in precedenza era posto presso l’ingresso, realizzato in pietra ollare risale al 1100 e proviene, probabilmente, dalla Norvegia.
Si tenga presente che il Cristianesimo venne introdotto in Svezia non prima delll’inizio del XI secolo e della fine della cosiddetta ”Età Vichinga” (800-1000 d.C.).
Nel 1008, il re Olof Skotkonung (+1020) si fece battezzare assieme ai due figli (e suoi successori) Anund Jacob (+1050) e Edmund (+1060) presso il ”Pozzo di Husaby” nel Västergötaland.
Quindi la chiesa di Svenneby è di poco posteriore allo storico episodio ed all’arrivo del Cristianesimo anche nel Bohuslän.
Il nostro viaggio nel Bohuslän, nei siti più significativi tra quelli da noi visitati nell’ottobre 2011, volge al termine.
Ormai siamo sulla strada di ritorno per Uddevalla. Sul comodo (e gratuito, come le autostrade!) traghetto attraversiamo il Gullmarnfijord (Foto 58) e lanciamo un saluto alle terre della Svezia sud-occidentale (Foto 59). Un arrivederci all’anno successivo.
La Scandinavia è così immensa che di misteri da scoprire ce ne sono a bizzeffe.
Quali saranno i prossimi enigmi su cui indagare?
(Giancarlo Pavat – Sonia Palombo)
Ottimo articolo. Complimenti. Un vero reportage di viaggio come erano soliti fare i viaggiatori di un tempo. Chatwin inimitabile, però!
Essendo anch’io una grande viaggiatrice mi permetto di darvi un consiglio che poi è anche una richiesta.
Perchè a questi pezzi non allegate anche le informazioni necessarie (voli, alberghi, prezzi imbarcazioni ecc.) per poter seguire il medesimo tragitto raccontato? Non sono mai stta nella regione svedese (ma solo a Stoccolma) descritta nell’articolo e mi sembra molto interessante. Mi piacerebbe visitarla. Potete fornirci le informazioni utili?
Grazie.
Milena.