PUGLIA MISTERIOSA. I frantoi ipogei di Presicce e il mistero dei Mascarani; di Marco Di Donato.

Immagine di apertura; uno dei frantoi ipogei di Presicce

PUGLIA MISTEROSA;

I FRANTOI IPOGEI DI PRESICCE

E

IL MISTERO DEI MASCARANI

di Marco Di Donato

 

Presicce è un piccolo borgo dell’entroterra salentino all’interno del quale il tempo sembra essersi fermato. La sua interessante storia, legata ai fasti del Regno di Napoli e ad un affascinante mistero, ci fa comprendere sempre più il benessere e la ricchezza che vi erano in questi luoghi fino al XIX secolo.

In questo piccolo paese sono attualmente visibili 16 frantoi su di un totale di 23, 8 di questi sono uniti tra loro, attraverso una serie di cunicoli sotterranei che si diramano dalla sovrastante “Piazza del Popolo”, coprendo un’area di circa mille metri quadrati. Un vero e proprio dedalo ipogeo, ma anche un piccolo tesoro d’archeologia.

La vista e conoscenza della storia di questi luoghi, così nascosti, ma ricchi di fascino e mistero, lascia sbalorditi.

Tra il XVII e XIX secolo, la vicina Gallipoli era denominata la capitale mondiale dell’olio lampante.

Alla borsa di Londra il prezzo veniva fatto proprio sulla base delle quotazioni salentine. Si narra addirittura che la regina inglese volesse solo l’olio proveniente dalla zona di Gallipoli per illuminare le strade di Londra.

Abbiamo parlato di olio lampante e non olio alimentare, perché all’epoca l’olio per uso alimentare era riservato solo a pochissime persone.

L’olio per uso alimentare era il primo olio che si ricavava dalla macinazione delle olive che veniva dato al proprietario del frantoio, dopodiché si procedeva alla macinazione a pietra delle olive per ottenere l’olio lampante, molto acido e non commestibile, ma che serviva ad illuminare le strade delle grandi capitali europee.

Con l’arrivo dell’elettricità e dopo aver illuminato per vari secoli città come Londra, Parigi, Berlino, Amsterdam, Vienna e Stoccolma, giunse il periodo di crisi di questo settore e man mano dei frantoi ipogei non rimase che un ricordo.

Immagine 2. Un’altra immagine dei frantoi ipogei di Presicce.

Il lavoro sotterraneo era molto logorante, ma appagante dal punto di vista economico e veniva svolto principalmente dai marinai che – già abituati a vivere in spazi stretti – svolgevano turni massacranti senza sosta. Erano addirittura dispensati dal frequentare le funzioni religiose domenicali e le uscite erano proibite anche per evitare distrazioni del pregiato liquido.

La vita sotto la superficie era davvero dura. I marinai convivevano con due animali (solitamente asini) che venivano utilizzati per far girare la possente macina in pietra, portando dei paraocchi e delle campanelle per evitare di impazzire e per segnalare il movimento. Qui venivano utilizzati termini marinareschi come le “sentine” per indicare la parte di scolo delle acque, le “cuccette” per indicare i letti in pietra dove riposavano, gli uomini rappresentavano la “ciurma” per indicare il gruppo di lavoratori e così via. Nel frantoio c’erano circa 6-7 persone sotto la direzione di un capo-ciurma denominato “nachiro”, il cui principale compito era quello di controllare le olive che venivano scaricate attraverso un sovrastante foro sito sopra la strada in una sorta di imbuto denominato “sciara”.
Di quel periodo oggi ci sono rimasti sedici frantoi ipogei, che sono stati recuperati e restituiti al pubblico, mediante l’ausilio dei ragazzi della Proloco di Presicce, i quali con dovizia di particolari spiegano l’antica tradizione olearia e le dure condizioni di vita che conducevano queste persone che per sei mesi all’anno vivevano così nascosti.

Immagine 3. Ancora una immagine dei frantoi ipogei di Presicce.

Ma perché questi frantoi erano stati ricavati sotto terra? L’uso di scavarli nella roccia è molto antico ed è legato agli usi dei monaci greci, che per primi introdussero in questi luoghi la coltivazione della vite e dell’olivo con le relative tecniche di trasformazione. Il riutilizzo, nei secoli successi, delle cripte a pianta rettangolare in frantoi condizionerà anche lo schema costruttivo del centro storico di Presicce.
La realizzazione di frantoi ipogei aveva anche la funzione di consentire alle olive di non ammuffire – cosa che invece capitava con i frantoi di superficie – a causa degli sbalzi di temperatura, poiché in questi luoghi la temperatura era pressoché costante a circa 18 gradi.
Tutta questa organizzazione e la minuziosità con la quale veniva svolta la macinazione rilevano un sistema arcaico di lavorazione delle olive quasi a livello industriale. Un caso più unico che raro nel panorama mondiale.
Vedere questi luoghi consente di immergersi in un silenzio che ti porta lontano dalla frenesia quotidiana in un tempo fatto di sacrifici, fatica e storia.

Immagine 4; la Chiesa Madre di Presicce e la colonna con la statua di Sant’Andrea

I MASCARANI

Gli abitanti di Presicce hanno un soprannome tanto affascinante quanto misterioso: sono conosciuti con l’appellativo di “mascarani”, la cui origine del nome nasce da un giallo d’altri tempi.
Tutto nasce con la prematura scomparsa – a soli quattro anni – del figlio primogenito del principe di Castellaneta, Francesco Bartilotti e della baronessa Maria Cyto Moles, di nome Andrea avvenuta nel 1616. Quando il principe decise di far erigere una statua dedicata a Sant’Andrea Apostolo – patrono del paese.

Immagine 5; la Chiesa Madre di Presicce

La statua del santo, che poggia su di una colonna eretta in pietra leccese, non guarda la Chiesa Madre – sebbene prospiciente la stessa – ma verso altra direzione. Nonostante siano state fatte varie ipotesi nessuno ne conosce il reale motivo. C’è chi suppone che la motivazione sia collegata all’uccisione del principe Carlo Francesco Bartilotti, figlio di Francesco Bartilotti e Maria Cyto Moles, avvenuta nel 1655.
Il principe ereditario non era ben voluto dalla popolazione, in quanto oltre ad essere un taccagno ed amante del piacere, attuava la mai documentata legge dello “ius primae noctis” ovvero un presunto diritto che spettava al feudatario.

Fu così che nel 1655, mentre la piazza si animava per la consueta accensione del falò “focareddha” in onore di Sant”Andrea e il principe Bartilotti era affacciato da una finestra del castello, tra la folla un uomo mascherato (da cui mascarani) sparò un colpo, uccidendolo e facendolo capitolare dal davanzale della finestra.
L’ostilità del popolo nei confronti del principe si ripercosse anche sul clero, che non volle dare l’onorata sepoltura nella chiesa parrocchiale al principe tiranno, adducendo una serie di pretesti.
Dopo questi episodi la nobile famiglia dei de’ Liguoro acquisì il principato di Presicce apportando una riforma agricola con la redistribuzione dei terreni in enfiteusi ai contadini e l’installazione di una serie di frantoi per la produzione dell’olio lampante che, come abbiamo visto, apporterà ricchezza e benessere per molti secoli.

(Marco Di Donato)

– Le immagini sono state fornite dall’autore.

Immagine 6; Palazzo storico di Presicce.

 

 

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