Puglia misteriosa;
I SEGRETI DEL GIUDIZIO UNIVERSALE SALENTINO
DI MARCO DI DONATO
A Specchia Gallone, frazione di Minervino di Lecce (LE) sorge una delle chiese più belle del Salento, vale a dire la chiesa di Sant’Anna.
Si tratta di una splendida chiesetta che pochi conoscono ma che andrebbe senza dubbio visitata in quanto rappresenta uno degli esempi più fulgidi dell’arte italiana. Fu costruita dai frati francescani nel XIII secolo e menzionata per la prima volta dal Vescovo di Castro nel 1522 nel corso di una visita a Specchia Gallone (LE).
Per com’è formata rispecchia il progetto delle chiese francescane rupestri e gli affreschi che oggi vediamo sono quelli risalenti alla fine del 1500, inizi del 1600. I precedenti sono infatti stati ricoperti, com’era abitudine del tempo, per crearne di nuovi.
Le opere qui presenti sono state realizzate da diversi monaci, in più riprese.
La chiesa è dedicata a Sant’Anna – protettrice delle partorienti – sposa di Gioacchino e madre di Maria. Ha un esterno abbastanza semplice e sobrio (foto 1) ma è l’interno a dare meraviglia, con i suoi 90 mq di affreschi riproducenti scene dell’Antico e Nuovo Testamento nonché uno stupendo Giudizio Universale che, per determinate caratteristiche, ricorda quello presente nella Cappella Sistina in Vaticano. (foto 2)
Non a caso si ritiene che l’autore possa aver visto dal vivo l’opera michelangiolesca per poi riprodurla, sebbene in parte, in questo luogo.
L’abbondanza degli affreschi qui presenti è davvero singolare e ciò è dovuto al fatto che i frati francescani avevano l’abitudine di insegnare la Sacra novella anche attraverso l’uso dell’immagine. Qui, infatti, tutto rappresenta la concezione della cristianità.
Ma iniziamo a leggere l’opera: così come avviene per i libri, anche questa va letta da sopra a sotto.
Nella prima pagina vediamo la creazione di Adamo ed Eva, poi a seguire la cacciata dal Paradiso terrestre, Eva che partorisce con gran dolore, Adamo che lavora con sudore e fatica, le offerte di Abele a Dio e il primo omicidio della storia ad opera del fratello Caino. (foto 3)
Nella parte bassa è rappresentato il ciclo di Noè, con la costruzione dell’arca, il diluvio universale e la richiesta di benedizione della terra. Vi è poi l’annunciazione alla Vergine dove vediamo Maria a sinistra e l’Arcangelo a destra. Non a caso, a livello simbolico, Dio impartisce le benedizioni dalla destra. (foto 4)
Successivamente vediamo l’incontro della Madonna con la cugina Elisabetta che in pratica chiude il Vecchio Testamento.
Il Nuovo Testamento, infatti, si apre con la nascita di Gesù e la sua presentazione agli uomini nel giorno dell’Epifania. (foto 5)
Nel secondo registro si vede invece la presentazione di Gesù al Tempio con San Giuseppe che porta una coppia di colombi per la registrazione del figlio, mentre nel successivo riquadro vediamo la fuga in Egitto, nel cui sfondo il monte che vediamo richiama alla mente il Monte Grappa immortalato dall’artista bassanese Jacopo da Ponte (detto Jacopo Bassano) nella sua opera “Fuga in Egitto” e la cui somiglianza con l’opera salentina è davvero impressionante.
Nella parte inferiore vi sono 14 riquadri su 2 registri che richiamano l’impegno della controriforma luterana. Come sappiamo, Martin Lutero nelle 99 tesi affisse sulla Cattedrale di Wittemberg ricorda che Dio viene e salva l’uomo e che quindi l’uomo è obbligato alla salvezza, mentre per la chiesa cattolica l’uomo si salva solo per grazia e per fede.
Passiamo quindi all’opera più intensa dal punto di vista emotivo e simbolico, ossia il “Giudizio Universale” posto sulla controfacciata della chiesa. (foto 6)
L’opera è ricca di significato mistico con personaggi e scene di grande pregio: vediamo San Michele Arcangelo che sottomette Satana, gli angeli che sulle nuvole suonano le trombe bitonali della profezia di Ezechiele per richiamare i morti a resurrezione di salvezza o condanna, Caronte che brandisce il remo per buttare i dannati negli inferi. Ed è proprio questa ultima scena che ricorda quella del Giudizio Universale della Cappella Sistina, con la differenza che nell’opera vaticana, Caronte traghetta le anime sullo Stige, mentre qui è a guardia dell’Inferno. Un inferno fiammeggiante, popolato da demoni con un’entrata a forma di bocca di un animale non ben definito ma che ricorda un Leviatano, il gigantesco e voracissimo mostro acquatico della tradizione biblica, metafora del diavolo.
Ma le bellezze di questo segreto posto non finiscono qua, perché vi sono altri affreschi interessanti e misteriosi al tempo stesso, come quello di San Francesco e Sant’Antonio che vestono abiti invertiti, San Lorenzo con la graticola del martirio (foto 7), San Leonardo con i ceppi (foto 8), la Vergine Maria con la stella ad 8 punte – simbolo mariano –, (foto 9) San Vito martire raffigurato con un cagnolino (da non confondere con San Rocco il quale sebbene anch’egli è di sovente riprodotto con un cagnolino, non morì martire) con di fianco un vescovo con un cavalluccio che, nonostante non presenti l’aureola così come San Vito, si presume possa essere Sant’Agostino di Ippona proprio per la presenza del piccolo cavallo (dal greco “ippo”) ai piedi del Vescovo (foto 10).
Ma altro elemento interessante è la crocifissione dove possiamo vedere il piede destro di Gesù Cristo che sembra avere 6 dita e sebbene si possa presumere che quello di fianco all’alluce possa essere il dito del sottostante piede sinistro bisogna pur considerare che in tale prospettiva dovrebbe trattarsi del mignolo e che di sotto non si vede altro (foto 11 e 12).
Se davvero fosse il mignolo, essendo il dito più piccolo si dovrebbero vedere anche le altre dita, ma così non è. Ci troveremmo quindi davanti ad un caso di esadattilia che non è certamente rara nell’arte medievale e rinascimentale in quanto già in altre occasioni è capitato di vedere personaggi sacri raffigurati con 6 dita e non solo tra disegni e/o affreschi fatti da artisti di “minore importanza”, ma anche in opere fatta da personaggi del calibro di Raffaello Sanzio o il Perugino. Di fatto, l’esadattilia non deve essere intesa come qualcosa di negativo ma bensì come rappresentazione della natura divina del personaggio in cui è disegnata: in questo caso per l’appunto Gesù.
Tornando agli affreschi qui presenti, vediamo infine l’opera più antica qui presente – probabilmente risalente al XIII secolo – ossia la “dormitio virginis” vale a dire l’Assunzione al Cielo di Maria che, secondo la tradizione avvenne il 15 agosto. A tal riguardo, come ci descrive il Vescovo San Gregorio di Tours nel VI secolo, quando la beata Vergine completò il corso della sua esistenza terrena, tutti gli apostoli si riunirono nella sua casa, il Signore Gesù prese quindi la sua anima e la consegnò all’arcangelo Michele, ordinando che il sacro corpo fosse portato in Paradiso. (foto 13)
Per descrive questo breve viaggio all’interno di questa meravigliosa chiesa salentina ogni parola è davvero superflua. È difficile esternare la bellezza e l’armonia che si palesano al suo interno.
Il consiglio è quello di visitare questo gioiello di arte, storia e cristianità, che custodisce un alto valore morale e spirituale.
(Marco Di Donato)