Storia dimenticata. L’ANTICRISTO DI CANOSSA….di Roberto Volterri.

 

STORIA DIMENTICATA.

L’Anticristo di Canossa…

…ab corpore Ecclesiae avulsus sit!”

di Roberto Volterri

 

1. Immagine sopra; scorcio dei ruderi del Castello di Canossa in provincia di Reggio Emilia.
Beh, forse è esagerato parlare di Anticristo’, forse l’autore di queste note si è fatto un po’ ‘prendere la mano’ dai racconti di un cortese e preparato personaggio incontrato a Canossa durante un’escursione alla ricerca di “Misteri della Storia” o di “Storie dimenticate”, forse stiamo esagerando, ma la strana vicenda e le curiose testimonianze lasciate sotto forma di graffiti e incisioni lignee in ciò che rimane di un tetro maniero nascosto tra i monti, meritano di essere raccontate.
E un po’ più avanti le racconteremo, suggerendo al lettore anche una rapida visita al castello, ove –  hanno assicurato – verranno presto condotti ulteriori scavi…

Un ‘Anticristo in ‘odor di eresia, naturalmente!

Canossa. 25 Gennaio dell’Anno del Signore 1077.

 

Un’alba freddissima illumina debolmente un ben poco accogliente castello arroccato su uno spuntone di roccia situato nell’Appennino tosco-emiliano, lungo una delle tante, disagevoli strade di un’Italia addormentata sotto una bianca coltre di ghiaccio e di neve.
All’epoca, arrivare al castello di Canossa non doveva essere molto agevole: all’altezza di Reggio nell’Emilia si doveva lasciare l’antica strada romana fatta realizzare dal console Marcus Aemilius Lepidus – appunto l’attuale Via Emilia –  e dopo poco più di venti chilometri si arrivava al castello in cui si concretizzarono degli eventi da alcuni interpretati come una sorta di ‘farsa’ ben architettata da uno scomunicato Imperatore deciso a riconquistare un “potere di cui era stato privato dall’odiato” Papa.
Da altri visto come una necessaria ma mal sopportata umiliazione dello stesso Imperatore, umiliazione volta a rafforzare il prevalere ‘potere spirituale – quello del Papa – su quello “temporale”, appannaggio del primo.
Da altri ancora – più vicini alla corrente di pensiero della Curia romana – “letto” come manifestazione dell’amore universale che l’erede del Principe degli Apostoli nutriva per l’umanità intera. Imperatore compreso…

                            

2.  Immagine sopra; Da un’antica stampa, l’immagine di come doveva apparire all’epoca il castello in cui Matilde di Canossa e il Papa Gregorio VII attendevano l’Imperatore Enrico IV.

 

Tra quelle fredde mura, certamente ben poco accoglienti, due personaggi che poi lasciarono una indelebile traccia nella storia della Chiesa, attendono infatti l’arrivo di un altro personaggio che incontreremo più avanti, un personaggio verosimilmente raffigurato – da qualcuno vissuto secoli fa tra quelle mura – come una sorta di Anticristo’: Enrico IV, Imperatore della Casa di Franconia (1050 – 1106).
I messi dell’Imperatore hanno infatti annunciato al Papa –  Gregorio VII, al secolo Ildebrando da Soana (oggi Sovana), uno dei nostri due personaggi – che Enrico IV sarebbe giunto tra quelle inospitali terre in abito di penitente, senza alcuna scorta armata e per implorare il perdono.
Ma perdono per cosa? Di quale ‘peccato’ si era macchiato l’Imperatore? E perché accetta di umiliarsi di fronte al Papa e alla Contessa Matilde di Toscana, l’altro personaggio ‘in attesa’ dell’arrivo del Re di Germania e capo indiscusso del Sacro Romano Impero?
Sono tempi, questi, in cui sia la Chiesa che l’Impero versano in uno stato di profonda crisi, diciamo così, di identità.
La prima è afflitta da malesseri che rischiano di minarne le fondamenta: simonia, concubinato e inaccettabile commistione tra potere ‘spirituale’ e ‘temporale’. Comprare e vendere incarichi religiosi, nominare Vescovo o Abate personaggi indegni è solo questione di utilizzare nella dovuta quantità lo ‘sterco del Demonio’, il danaro.

 

                         

 3. Immagine sopra; Papa Gregorio VII, al secolo Ildebrando da Sovana, colui il quale, dopo averlo scomunicato, riaccolse in seno a Santa Madre Chiesa, l’Imperatore Enrico IV. Da alcuni visto come una sorta di Anticristo…

 

La mercificazione dei beni ‘soprannaturali’, appartenenti alla sfera del Trascendente, consente – all’epoca in cui si svolgono queste vicende – di corrompere i funzionari dell’Imperatore per trasformare in un batter d’occhio in ‘Vescovo-Conte’ qualsiasi laico moralmente indegno ma facente parte della più ristretta cerchia dell’Imperatore.
Abbondano così i ‘prelati mondani’ ben poco preoccupati della cura delle anime, quotidianamente presi dagli affari politici e dalla cura… dell’altro sesso.
Insomma, la confusione regna sovrana…
Regna fino a che non si sviluppa un movimento riformatore animato dai monaci cluniancensi – nome derivante dall’ Abbazia di Cluny, fondata nell’anno 910 da Guglielmo, Duca d’Aquitania, nella regione francese del Maçonnais, una provincia della Borgogna meridionale – cerca di arginare la dilagante corruzione della Chiesa, anche con l’appoggio di movimenti popolari.
Nel 1046 muore Enrico III di Franconia e il Papa Nicolò II alimenta ancor di più tale istanza moralizzatrice, anche con il validissimo aiuto di un monaco, quell’ Ildebrando da Soana che qualche anno più tardi vedremo salire al Soglio di Pietro, in Vaticano.
E sarà proprio quel Papa Gregorio VII che attende di vedere il grande Enrico IV in ginocchio, tra la neve, sicuro che l’inclemenza del clima gli raggelerà il corpo e l’anima, facendogli però meditare una vendetta che non tarderà a venire…
 

Tre giorni, in ginocchio, tra la neve…

E’ passato circa un anno dalla Dieta di Worms, in cui i vescovi tedeschi hanno dichiarato ‘deposto’ il Papa Gregorio VII, ubbidendo passivamente alla volontà dell’Imperatore.
Il 22 febbraio del 1076 nella chiesa di San Giovanni in Laterano il messo imperiale di nome Rolando, chierico di Parma, legge la sentenza emanata dai vescovi tedeschi che ‘depongono’ il Pontefice definendolo ‘falso monaco e non più Papa’.
Alcuni canonici si gettano sullo sventurato Rolando, gli strappano di mano la pergamena imperiale e tentano di linciarlo.
Solo il saggio intervento del Papa evita un omicidio in un luogo deputato alla pace, alla preghiera, alla contemplazione…
La giusta reazione papale, però, non si  fa attendere e solo due giorni più tardi il battagliero Ildebrando da Soana scomunica Enrico IV il quale – meditando una futura vendetta o spinto solo dalla ‘ragion di Stato’ e dagli inevitabili intrighi politici che consentono spesso di raggiungere gli equilibri necessari alla sopravvivenza di questa o di quella fazione – scende in Italia nel gennaio del 1077 e si avvia verso la fortezza di Canossa per ‘implorare’ il Papa e farlo recedere dalla sua condanna.
D’altra parte il venticinquenne Enrico IV se l’era proprio cercata accusando il Papa di omicidio, simonia, necromanzia e persino di avere rapporti non proprio spirituali con la contessa Matilde!
Ritorniamo ora a quel freddissimo 25 Gennaio 1077…
Negli innevati cortili del castello di Canossa, Enrico IV per riacquistare credibilità, dopo la scomunica, nei confronti dei suoi Principi e Grandi Elettori, parte dalla città di Spira, si avvia verso Besançon per  evitare indesiderati incontri con suoi sudditi della fazione papale che desideravano la completa umiliazione del sovrano, passa per Ginevra, oltrepassa le Alpi sul Moncenisio e compare nel castello della Contessa Matilde, forse  per chiedere perdono al fiero Gregorio VII, forse per inscenare una ‘tragicommedia’ imposta dalla ‘ragion di  Stato’.
L’Imperatore – accompagnato dalla moglie Berta, dal figlio e da un esiguo seguito malamente ospitato nelle scuderie del castello – resta ben tre giorni digiuno, in ginocchio tra la neve, pregando (o almeno così vorrebbe la tradizione…) e, di notte, riparandosi ai piedi di un muro.
Forse soltanto l’ultima sera la trascorse al coperto, per confessarsi, in attesa di ciò che sarebbe avvenuto il giorno successivo.

4. Immagine sopra; In questo suggestivo dipinto di Hermann Plüddemann, del 1862, l’Imperatore Enrico IV è ritratto con aria meditabonda, a piedi nudi, sulla neve, mentre attende di essere chiamato al cospetto del Papa. Nell’immaginario dell’epoca, la sua affascinante figura potrebbe realmente aver suscitato l’idea di un essere ‘demoniaco’, quasi un Anticristo. Poi raffigurato nel tavolaccio della prigione del castello di Montecchio…

 

E il giorno dopo, grazie alle trattative condotte mirabilmente  dalla Contessa Matilde – tutto sommato imparentata alla lontana con l’Imperatore stesso… – e dall’Abate di Cluny, Ugo di Semur, davanti ad una gran folla di contadini, nobili toscani ed emiliani, mercanti e curiosi di ogni genere…
 “… Finalmente per la fermezza della compunzione di lui e vinti dalla sì grande supplicazione di tutti che ivi erano, sciolto il vincolo dell’anatema, lui accoglievamo nella grazia della Comunione e nel seno di Santa Madre Chiesa, ricevute da lui le assicurazioni che sono scritte qui sotto. Delle quali anche riavemmo la conferma per le mani dell’Abate di Cluny e delle nostre figlie Matilde e contessa Adelaide e degli altri Principi, Vescovi e laici che ci parvero all’uopo…”.
28 Gennaio dell’Anno del Signore 1077. Parola di Papa Gregorio VII!
 

5. Immagine sopra; Matilde di Canossa insieme all’Abate di Cluny accoglie l’Imperatore Enrico IV, inginocchiato, venuto ad implorare l’assoluzione e il perdono da parte del Papa

 

Le vicende, alquanto tragiche, che seguono metterebbero in luce la scarsa fermezza della compunzione” mostrata dall’astuto Imperatore e getterebbero una sinistra luce su tale pur affascinante personaggio.
Ma di tali vicende, in queste poche pagine, facciamo grazia al lettore che fin qui ci ha seguiti ed esaminiamo invece un curioso reperto venuto alla luce oltre nove secoli dopo quei lontani avvenimenti.

 

  Enrico IV, uno strano tavolaccio ligneo, l’Anticristo…

Sono gli anni Ottanta del secolo appena trascorso e, durante alcuni lavori di restauro all’interno di ciò che resta dell’antico castello di Montecchio in provincia di Reggio nell’Emilia, a soli dieci chilometri da Canossa, da alcuni studiosi locali – tra i quali il gentilissimo dottor Mario Bernabei che ce ne  ha fornito la copia in gesso (molto ben riuscita!) – viene rinvenuto un antico tavolaccio in legno, un tempo usato come ben poco confortevole giaciglio da un ignoto recluso della prigione denominata ‘Gallingana’, dal nome di un temibile, locale carceriere.

6. Immagine sopra; Il temibile ‘Gallingana’ doveva essere veramente crudele per costringere un ignoto recluso a lasciare sotto forma di graffito questa testimonianza di sofferenza e disperazione!

 

Il tempo, si sa, dietro le sbarre, magari incatenati al tavolaccio stesso, non passa mai e quell’ignoto ‘artista’ vede nell’intagliare nel legno – supponiamo con attrezzi di fortuna e non di certo con un coltello… – l’unico modo per ‘evadere’ dalla grigia esistenza di tutti i giorni.
Così decide di immortalare nella materia lignea l’episodio accaduto oltre quattro secoli prima, raffigurando alcuni tra i personaggi principali che ora ben conosciamo: sul suo tavolaccio incide dunque Enrico IV con fattezze ‘in odor di zolfo’, quasi una sorta di Anticristo’, con tutti gli attributi che ben si addicono ad una creatura ‘infernale’, mentre utilizza  un portellone di una finestra – unico suo contatto con il mondo esterno – per incidervi le figure di Matilde di Canossa e di Gregorio VII.
Questi interessanti reperti – quasi miracolosamente sopravvissuti all’inevitabile degrado dovuto al passar dei secoli, ora ottimamente restaurati e visibili nel castello di Montecchio (RE) – sono rimasti sepolti per secoli sotto calcinacci e macerie varie, fino a che sapienti e opportune opere di restauro del bel castello non li hanno riportati alla luce.

7. Immagine sopra; Il bel castello di Montecchio (RE) dove sono state rinvenute le testimonianze lignee, lasciate da un ignoto prigioniero, dell’incontro avvenuto nel 1077, a pochi chilometri di distanza, a Canossa, tra l’Imperatore Enrico IV e il Papa Gregorio VII.

      

 

8.  Immagine sopra; Questa è una ben riuscita copia della formella lignea in cui una figura dai tratti demoniaci verrebbe identificata nell’Anticristo. Studiosi locali sosterrebbero che chi scolpì la formella vedeva in tale ‘sulfureo’ essere l’Imperatore Enrico IV…

 

Il volto non appare definito nei suoi tratti somatici, ma più che evidenti emergono le ‘corna’ che costituiscono la caratteristica essenziale per chi ama ‘dimorare’ tra le fiamme di quel più o meno immaginario luogo di espiazione dei peccati commessi in questa realtà immanente, in questa ‘valle di lacrime’. Il corpo di questo Anticristo  (piace, anche a chi scrive queste note, ‘leggere’ in questa chiave la natura dell’enigmatico personaggio…) è munito anche di poderose ali, caratteristiche sia delle ‘creature angeliche’ sia di quelle più in ‘odor di zolfo’ che abiterebbero un ipotetico ‘Aldilà’ caratterizzato da infiniti tormenti dell’anima e del ‘corpo’. O meglio, di ciò che ne rimarrebbe…
Ma ciò che ancor più colpisce l’immaginazione dell’osservatore sono due inconfondibili piedi ‘caprini’, ancor di più rafforzanti l’idea che la creatura immortalata nella materia lignea – l’Imperatore Enrico IV? – venisse interpretata come ‘anima dannata’, come essere dalle caratteristiche demoniache, come inarrestabile avversario del Bene, forse proprio come l’Anticristo preconizzato nell’Apocalisse giovannea…
“Figlioli, questa è l’ultima ora. Come avete udito che deve venire l’Anticristo, di fatto ora molti Anticristi sono apparsi. Da questo sappiamo che è l’ultima ora…  L’Anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio”. 
(1 Gv. 2,18-22).

  9-10 Immagini sopra e sotto; Due particolari della scultura lignea, in cui sono evidenti sia il ‘piede caprino’ che le “demoniache corna”. L’anonimo intagliatore intese forse raffigurare l’Anticristo, magari poco dopo la comparsa di Enrico IV in quel luogo, in quelle freddissime giornate del Gennaio 1077?

Ad onor del vero, tra quelli che in passato sono stati definiti Anticristo c’erano alcuni ebrei, il papato e molti imperatori.

11. Immagine sopra: Federico II di Svevia in una miniatura del suo capolavoro “De Arte Venandi cum avibus” (Archivio Ilpuntosulmistero)

Ad esempio, quando Federico II di Svevia (1194 -1250) decise di non partecipare a una crociata a sostegno della Chiesa, il Papa Gregorio IX lo definì Anticristo e lo scomunicò. Innocenzo IV, che fu papa dopo Gregorio IX, lo scomunicò di nuovo. In risposta Federico II dichiarò che l’Anticristo era… proprio il Papa Innocenzo IV.
Ci troviamo dunque di fronte ad un’eccessiva immaginazione degli studiosi che si sono dedicati al restauro della porta e alla realizzazione di magnifiche copie in gesso del ’demoniaco’ manufatto?
Forse sì, ma ciò che più ci ha affascinato durante le ricerche – a Canossa, presso il castello che fu abitato da Matilde o su interessanti pubblicazioni relative alla ben nota ‘umiliazione’ dell’Imperatore Enrico IV – è stata proprio l’identificazione, da parte dell’anonimo scultore, verosimilmente vissuto all’epoca dello storico incontro o poco dopo, della figura dell’Anticristo, del Re del Male’, con quella di chi, forse subdolamente, si era genuflesso per tre giorni, tra la neve, davanti al Papa per poi riprendere il potere e ‘vendicarsi’ dell’affronto e dell’umiliazione subiti.
Forse così non fu, forse – ripetiamo, prima che possa insorgere qualche ‘voce discordante’ –  abbiamo ‘esagerato’ un po’, ma a chi scrive… non dispiace il pensarlo.

“ Nach Canossa, gehen Wir nicht!”

E per concludere…”Non andremo a Canossa, né col corpo né in spirito!”  affermò nel Reichstag, il 14 maggio 1872, con cipiglio tipicamente ‘asburgico’, il Cancelliere dello Stato tedesco Otto von Bismarck.

 

12. Immagine sopra; il  “Cancelliere di Ferro” tedesco Otto von Bismarck nel 1871 (Bundesarchiv – D).

Era un momento di profonda conflittualità tra il governo del Reich e la Chiesa di Roma. Era l’inizio di quella che fu poi definita ‘der kulturkampf’, ovvero la ‘battaglia per la cultura’, se vogliamo una ben più moderna – forse più limitata – sfaccettatura di quella lontana ‘lotta per le investiture’ che aveva visto come principali protagonisti il Papa Gregorio VII, l’Imperatore Enrico IV e la Contessa Matilde di Canossa.
Da allora, dopo tale perentoria affermazione di indipendenza dai ‘voleri’ della Curia romana, ‘andare a Canossa’ è divenuta universale metafora e sinonimo – a volte inteso in chiave positiva, a volte inteso in senso negativo –  di umiliazione, di perdono, di riconciliazione.
Seppur, in quella lontano evento, tale occasione ci fu veramente…

13Immagine sopra; Passano i secoli ma… ‘nihil sub sole novum’!!

Nel 1521, dopo la Bolla papale emanata da Leone X contro Lutero, Lucas Cranach il Giovane raffigura il Papa mentre viene accolto dalle infernali creature tra le quali sarebbe precipitato per aver ‘osato’ contrapporsi al monaco e alle sue celebri ’Novantacinque tesi’ in cui si condannavano il mercimonio e la simonia ecclesiastiche.

 

14. Immagine sopra; Canossa, inizi anni Settanta. Un altro Papa ‘a Canossa’?

Assolutamente no: quando ancora non era salito al soglio pontificio né era ancora Cardinale, Benedetto XVI, a destra, veniva spesso… a Canossa ma solo perché invitato dall’attuale Monsignor Ruini, a sinistra nella foto, per tenere lezioni di teologia in località non distanti dal castello.

 

(Roberto Volterri)
– se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore 

 

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Tratto da recensioni pubblicate.

“… Attraverso l’entusiasmo degli Autori nel raccontare le vicende legate al cardinale Flavio Chigi e alla tradizione delle “Statue parlanti” di Roma, il libro si trasforma in un viaggio intrigante nel XVII secolo, rivelando connessioni uniche tra la vita quotidiana a Formello – ameno paese a due passi da Roma – e le dinamiche sociali dell’epoca. La fusione di immaginazione e realtà aggiunge uno strato narrativo affascinante. Le testimonianze raccolte e il richiamo ai “grilli parlanti” di Formello contribuiscono a evidenziare il ruolo sociale e comunicativo della statua del Maripara, rendendo il libro non solo un resoconto storico, ma anche una riflessione sulla persistenza di forme di critica sociale nel corso del tempo…”

“… Il “Maripara” Era ed è una sorta di ermafrodita che una volta assomigliava ad un Priapo “itifallico” mentre mostrava a tutti i paesani i suoi attributi maschili. Poi, nel corso di poco più di un secolo, molte cose sono cambiate ed ora, nel bel Museo dell’Agro Veientano di Formello, potete ammirare il cosiddetto Maripara restaurato, anche se ha perso alcune delle sue peculiarità che scandalizzarono gli abitanti (e le abitanti…) dell’ameno paese a due passi da Roma.

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