II^ parte del Report la “PRIVERNO DEI MISTERI”, VII appuntamento con gli ITINERARI DEL MISTERO.

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“LA PRIVERNO DEI MISTERI”

VII APPUNTAMENTO CON GLI ITINERARI DEL MISTERO.

II^ PARTE.

L’Itinerario del Mistero prosegue e Giancarlo Pavat continua nelle sue spiegazioni in merito ai significati allegorici degli animali stilofori visibili sul sagrato della Concattedrale; un leone, un bue, un cavallo (secondo alcuni sarebbe in realtà un cammello), una leonessa ed un orso. Altre persone si avvicinano. Curiosi che ascoltano chi di più, chi per poco.1-leone

(Immagini sopra e sotto: il leone e il bue stilofori sul sagrato della Concattedrale di Priverno – foto G. Pavat)

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(Immagini sopra e sotto: il leopardo e il cavallo (o cammello) stilofori sul sagrato della Concattedrale di Priverno – foto G. Pavat)

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(Immagine sopra: l’orso stiloforo sul sagrato della Concattedrale di Priverno – foto G. Pavat)

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(Immagine sopra: Giancarlo Pavat illustra i misteri di Priverno – foto Angela Pacchiarotti)

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(Nell’immagine in alto: il gruppo degli Itinerari del Mistero entra nella Concattedrale di Priverno. Nell’immagine in basso; la vista all’interno).

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Poi, dall’ampia piazza antistante la Concattedrale di Santa Maria il Gruppo con Alex Vigliani, Angela Pacchiarotti, Tiziana Pietrobono , si sposta in via Umberto I° e sul muretto a destra ecco che Pavat e Tiberia indicano un altro simbolo: quello della Triplice Cinta.

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(Immagini sopra e sotto: Una delle Triplici cinte visibili in via Umberto I° a Priverno – foto Angela Pacchiarotti)

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Si tratta di tre quadrati concentrici, con quattro segmenti che collegano i punti mediani dei lati. In alcune versioni, come queste di Priverno, esistono ulteriori segmenti che uniscono tra loro gli angoli ed il centro del quadrato. Di fatto è la rappresentazione grafica della tavola del gioco del “Filetto”. Chiamato a volte “Mulino” oppure “Mulinello” o, ancora, “Smerello”, dal latino “merellus“, pedina. Nei paesi di lingua tedesca è chiamato “Mùhle“. In Inghilterra è noto come “Morris“, “Mill”, “Merels” o “Tic Tac Toc”. “Mérelles” in Francia, “Morels” in Spagna e “Mølle” in Norvegia. In realtà, quello ludico è soltanto l’ultimo, in ordine di tempo, utilizzo del disegno. La “Triplice Cinta” è un simbolo antichissimo. Allo stato attuale degli studi, gli esemplari più antichi datati con certezza risalgono all’Età del Ferro. Quelli privernati potrebbero essere medievali ma non è esclusa una datazione più recente. Avendone Pavat parlato in diverse occasioni, per un approfondimento della tematica si rimanda ad altri articoli e libri (come “Nel Segno di Valcento”, edizioni Belvedere 2010). Ma le Triplice Cinte di via Umberto I° non sono gli unici esemplari visibili a Priverno. Anzi, una in particolare (che si avrà modo di conoscere a breve) costituisce una vera e propria rarità.

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(Immagine sopra: Il Gruppo risale via Umberto I°)

Ma lungo la medesima via altre simbologie attraggono l’attenzione del Gruppo. In un cortile facente parte dello stesso complesso della cattedrale, Mario Tiberia mostra una “A” incisa sulla pietra che ricorda il simbolo dell’”Archipendolo”, ovvero un simbolo massonico.

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(Immagine sopra: le due lettere tra cui la “A” che sembra un Archipendolo – foto Angela Pacchiarotti)

L’archipendolo è uno strumento di precisione formato da una squadra a forma di “A” dal cui vertice pende un filo a piombo: Veniva utilizzato per verificare la corretta orizzontalità di un piano. Gli antichi maestri costruttori adoperavano, infatti, determinati attrezzi di del mestiere, tra cui la squadra, il compasso o, appunto, l’archipendolo che sono poi diventati simboli peculiari della Massoneria.

Nel caso di Priverno si tratta indubbiamente di iniziali di un nome e cognome, P e A, ma il fatto che la lettera “A” sia stata realizzata in quel determinato modo, ha spiegato Tiberia, potrebbe indicare che l’artefice era un massone e che ha voluto lasciare un “Signum” ben preciso. Ma altri simboli attendono; come il blasone caratterizzato da un serpente e dalla frase latina NON MORDO NISI LESUS. Che in realtà dovrebbe essere scritto LAESUS e sarebbe quindi traducibile grossomodo con “Non mordo se non mi si dà fastidio”.

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(Immagine sopra: il Blasone con il Serpente – foto Angela Pacchiarotti)

È probabile che la raffigurazione presente a Priverno non sia però un mero stemma araldico.

Ma certamente non va visto come simbolo del Male. Come emergerebbe se si volesse dare una interpretazione tratta dalla Bibbia e quindi dall’Ebraismo e dal Cristianesimo. Eppure proprio nel Nuovo testamento vi sono passi in cui il Serpente non è visto necessariamente in chiave negativa. Nel Vangelo di Matteo (10 – 16) nell’invitare i propri discepoli a predicare la Buona Novella, Gesù gli dice che devono essere astuti (o prudenti) come serpenti.

Inoltre, sempre Cristo, preannunciando il proprio supplizio, spiega che verrà inchiodato come il Serpente nel deserto. Rifacendosi al passo Veterotestamentario in cui Mosè fa innalzare, appunto, un serpente di bronzo. Ma in questo caso il rettile ha un valore positivo in quanto permetteva agli Ebrei di guarire dai morsi di serpi vere, inviate da Jahvè per punirli per la loro ingratitudine. Fu lo stesso Jahvè, impietositosi, a suggerire a Mosè di realizzare il Serpente di bronzo le di imporlo ai sofferenti.

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Quindi il Serpente va visto ma come simbolo allegorico di conoscenze positive atte a sanare. D’altronde il concetto metaforico è abbastanza comprensibile. Il serpente secerne il veleno che può uccidere ma pure guarire. Inoltre, cambiando pelle, raffigura l’auspicio di rinascita e guarigione. Un Serpente inchiodato (per non dire crocifisso) su una “Croce del Tau”, viene utilizzato in ambito alchemico come allegoria della costante ricerca della “Grande Opera”, del percorso di accrescimento sia materiale che, soprattutto, spirituale dell’alchimista….dell’eterna ricerca della “Pietra Filosofale”…della “Lapis Exillis”…della “Coppa della Conoscenza”.

Questo è il significo con cui troviamo il Serpente in diverse Civiltà e culture tradizionali. Nell’antico Egitto veniva raffigurato sopra al copricapo dei Faraoni. In India, nello Yoga, rappresenta la Conoscenza che risiede alla base della colonna vertebrale nonché è il simbolo della Kundalini. Anche nei Tarocchi rappresenta la Conoscenza e nell’Arcano Maggiore precede l’Eremita nel suo cammino verso l’Illuminazione.

Quindi, il serpente non deve essere inteso come simbolo del male, ma bensì come sinonimo di “Conoscenza Suprema”.

Ma non è finita. Nei cosiddetti “Rotoli del Mar Morto”, ritrovati nella località di Qumran” e più precisamente nel Rotolo denominato “4Q285” (detto anche “Documento di Damasco”) gli Esseni chiamavano il Salvatore del Mondo o “Principe Messianico”, con il termine di “nhsh” cioè “nasi” ossia il “Serpente”. In aramaico, l’antica lingua parlata da Gesù in Palestina, “serpente” era detto “nahash”.

In un documento rinvenuto nel secolo scorso e noto come il “Documento del Cairo”, con il nome “nasi ha-‘edah” vengono identificati i successori di Re David (CD V,1 -VII) e sempre in questo documento il “nasi” viene definito come “La Stella” e Gesù ci riferisce di essere “la radice della stirpe di Davide, ossia la stella radiosa del mattino” (ossia Venere).

Sappiamo che Gesù era chiamato “Jeshua nahashira”, ovvero “Il Nazareno”. Ma il termine potrebbe essere inteso non come proveniente da Nazareth (che al tempo di Cristo non esisteva nemmeno), bensì come il Saggio” o “Risplendente”. Legato quindi al significato simbolico del “Serpente”.

photo027(Immagine sopra: Mario Tiberia spiega i significati del “Segno del Golgota” – foto Angela Pacchiarotti)

Si prosegue risalendo la via Umberto I°, ecco un altro esemplare di Triplice Cinta sulla soglia di un edifico e poco più in là, murata verticalmente su una parete, si nota una lastra di pietra con scolpito un “Segno del Golgota”. Le sue valenze simboliche vengono spiegate da Mario Tiberia e per un approfondimento si rimanda al suo articolo scritto in relazione ad un esemplare individuato nella vicina Sonnino e pubblicato su questo sito.

photo029(Immagine sopra: le strane decorazioni sotto il balcone che sono state identificate come Civette stilizzate – foto Angela Pacchiarotti)

Terminata la lieve salita si sbuca in via San Giovanni e prima di raggiungere l’omonima chiesa, Pavat indica delle particolari decorazioni sotto un balcone di pietra di un imponente palazzo. Si tratta di una sorta di paia di occhi e di due zampe artigliate. Pavat spiega agli astanti che quando notò quelle decorazioni, diversi anni prima, ne parlò con altri esperti e studiosi di simboli, che si trovarono d’accordo con lui, nel vederne la raffigurazione stilizzata di una civetta.

La civetta, pur essendo un rapace della notte, si muove anche al crepuscolo e poco dopo l’alba. Ritenuta ingiustamente apportatrice di sventura a causa del suo lugubre richiamo, è invece un volatile utilissimo in quanto predatore di animali nocivi come i topi. A lungo cacciata insensatamente, dal 1971 è finalmente protetta dalle leggi nazionali.

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(Immagine sopra: Interpretazione delle civette stilizzate di Priverno – disegno di G. Pavat)

Dal punto di vista simbolico era l’animale sacro alla dea Pallade Athena, non per nulla il nome scientifico è “Athene noctua“. La divinità dell’antica Grecia (identificata dai Romani con Minerva) nata dalla testa di Zeus, armata di tutt’appunto, con armatura, elmo ed egida, lanciando un lacerante grido di battaglia (il verso della civetta?). Athena presiedeva le arti e le scienze, ma era pure protettrice della Giustizia e dello Stato. Quindi la civetta, essendo simbolo della dea che era protettrice di Eroi e benefattori del genere umano , lo era sua volta. Inoltre, volando di notte, si riteneva (non a torto) che vedesse benissimo nell’oscurità. Ecco, quindi, che la versione stilizzata di Priverno può essere vista come simbolo di Sapienza e Conoscenza (esoterica?) ma pure con il significato allegorico di poter vedere laddove gli altri non sono in grado di farlo. Con riferimento, forse, a determinate prerogative di cui si vantava il committente o, comunque, i proprietari del Palazzo.

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(Immagine sopra: Il Mascherone apotropaici in via San Giovanni – foto Angela Pacchiarotti – Immagine sotto: particolare del medesimo Mascherone – foto G. Pavat)

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Più avanti , è un altro palazzo ad attirare l’attenzione per il mascherone apotropaico che ne custodisce l’ingresso e per le numerose simbologie, come spiralicroci visibili sul portale.

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Finalmente si giunge davanti alla chiesa di San Giovanni Evangelista (IX-X secolo). Ma prima di entrarvi, il gruppo sosta presso il monumento posto nella medesima piazzetta su cui si affaccia la chiesa e noto come “La Crocetta”. L’esistenza è attestata con certezza sin dal 1818. Si tratta di una colonna con una Croce sulla sommità, retta da quattro animali stilofori, forse databili al XII secolo. Si tratta di due leoni, una leonessa ed un cavallo (anche in questo caso alcuni vi hanno ravvisato un cammello) probabilmente provenienti dal pulpito romanico della stessa chiesa dedicata all’Evangelista. Sul muretto alle spalle de “La CrocettaPavat indica un consunto esemplare di Triplice Cinta.

2-idem-particolare(Immagine sopra: le Triplici Cinte presenti su un concio murato sul lato posteriore del corpo di fabbrica della Concattedrale di Priverno – foto G Pavat)

Ennesima conferma di come le Triplici Cinte fossero un simbolo molto diffuso nell’antica Piperno”. Tantissime altre sono sparse per il centro storico. Ad esempio sul lato posteriore della Concattedrale si nota una lastra marmorea murata verticalmente che sfoggia tre esemplari ben conservati di questo simbolo.

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(Immagine in alto. I Leoni stilofori de “la Crocetta” – foto Angela Pacchiarotti)

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(Immagine in alto: la consunta Triplice Cinta sul muretto alle spalle de “La Crocetta”  – foto G. Pavat)

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(Immagini sopra e sotto: L’interno della chiesa di San Giovanni Evangelista a Priverno)

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(Immagini sopra e sotto: L’interno della chiesa di San Giovanni Evangelista a Priverno)

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L’interno della chiesa di San Giovanni, rimasto sostanzialmente immutato attraverso i secoli, si presenta a tre navate e senza abside. Notevole l’apparato pittorico con affreschi databili a partire dal XIV secolo. Si ammirano teorie di santi (notevole un enorme San Cristoforo) e sante, le storie di Santa Caterina d’Alessandria (in cui l’angelo che interviene in soccorso della martire reca uno scudo con una Croce Patente rossa!), ben due “Annunciazioni” (attribuibili a mani ed epoche diverse), diverse “Madonne con il Bambino”, la Crocifissione, e ben tre raffigurazioni di Maria Lactans, ovvero la “Madonna che allatta”, di cui Pavat spiega i profondi significati allegorici ed esoterici.

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(Nelle immagini sopra e sotto: due “Maria Lactans” affrescate nella chiesa di San Giovanni a Priverno- foto Angela Pacchiarotti)

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photo040(Immagine sopra: una “Annunciazione” presente nell Chiesa di San Giovanni Evangelista a Priverno – foto Angela Pacchiarotti)

Ma nella chiesa di San Giovanni si è verificata (come spesso accade durante gli Itinerari del Mistero) una scoperta praticamente in diretta. Un simbolo, il “Nodo di Salomone“, graffito sopra un affresco della navata, individuato da Mario Tiberia. Il “Nodo di Salomone“, detto anche a cagione della sua forma “Nodo Cruciforme”. In un altro articolo pubblicato proprio un anno fa su questo sito (“Importante scoperta simbologica in una chiesa di Ceccano (FR)”, 11 dicembre 2015) Giancarlo Pavat ha spiegato le valenze simboliche del “Nodo di Salomone”; “Il simbolo, molto simile ad un labirinto (non per nulla nel dipinto di Bartolomeo Veneto del 1510, sul sontuoso abito di un gentiluomo rinascimentale, ad un labirinto circolare multicursale sono affiancati diversi “Nodi di Salomone”), con tutta probabilità è stato inciso durante il Medio Evo, ma, ovviamente, come ha fatto notare il ricercatore Giulio Coluzzi, allo stato attuale delle conoscenze, risulta arduo stabilire esattamente da chi. Il “Nodo di Salomone” non è un simbolo come tanti altri. Difficile pensare che l’abbia realizzato un semplice fedele. Più logico pensare che l’artefice fosse qualcuno ben ferrato nel linguaggio dei simboli e nei significati esoterici da essi adombrati. Come ho spiegato nel mio libro “Nel Segno di Valcento” (edizioni Belvedere 2010) il “Nodo di Salomone” nasce con questo nome e con determinati significati allegorici tra il IV ed il VII secolo d.C., nei territori dell’Impero Romano d’Oriente. Ma se ne conoscono esemplari (anche se non sappiamo come venissero definiti) di epoca preistorica, incisi sulle rocce come, ad esempio, in Valcamonica (BS). Il “Nodo di Salomone” trovò poi ampio utilizzo come elemento decorativo, soprattutto musivo pavimentale, sin dai primi secoli dell’Impero dei Cesari. Successivamente si diffuse rapidamente in tutta la Cristianità ma non solo. Ad esempio in Calabria, a Bova Marina è stato trovato persino in una sinagoga del IV secolo d.C., accanto al Candelabro a sette braccia, la “Menorah”, simbolo dell’Ebraismo per eccellenza. L’enigmatico simbolo scoperto da Tiberia, nel Medio Evo venne fatto proprio dal monachesimo occidentale; lo utilizzarono sia i Benedettini che, successivamente, i Cistercensi. Per quanto riguarda il simbolismo del “Nodo di Salomone”, sebbene non sia questa la sede per sviluppare una materia tanto articolata, giova rammentare che si rifà a quello dei “nodi” in generale; sia “semplici” che “complessi”. […] “Il “Nodo di Salomone”, graficamente (e non solo) nasce da una “Croce greca” poi trasformata in “Croce ansata”, in una Swastika. Che, come è noto, a sua volta rimanda ai significati allegorici della rotazione, della ciclicità e quindi rigenerazione. Nel Basso Lazio, “Nodi di Salomone” sono stati individuati scolpiti su blocchi di pietra murati su edifici medievali ad Anagni (FR), nel “protocenobio” di S. Sebastiano ad Alatri (FR), nelle grandi abbazie cistercensi di Fossanova e Valvisciolo, entrambe in provincia di Latina.

photo041(Immagine in alto: Tiziana Pietrobono del “Gruppo Arte Libera” di Priverno – foto Angela Pacchiarotti)

Nell’articolo Pavat faceva riferimento all’esemplare di “Nodo di Salomone” scoperto a Ceccano nella chiesa di San Giovanni Battista (e non Evangelista come a Priverno!) da, guarda caso, Mario Tiberia. Che sembra avere un certo “fiuto” per i “Nodi di Salomone”.

15(Nell’immagine sopra: Il “Nodo di Salomone” inciso su un affresco nella chiesa di San Giovanni, scoperto da Mario Tiberia – foto Alex Vigliani)

Usciti dalla chiesa, sempre guidato da Alex Vigliani e coordinato dai ragazzi di “Vivi Ciociaria”, il gruppo ripercorre via San Giovanni e via Pagani (lungo la quale Pavat indica un simbolo del “Fiore della Vita” e quello della Spiga di grano, entrambi scolpiti sopra una chiave di volta) per poi sbucare in via Zaccaleoni e subito dopo scendendo lungo via Coriolano, ritornare in piazza di Porta Romana. Da qui tutti a scendere lungo la via di Borgo Sant’Antonio per recarsi a visitare l’omonima ed antichissima chiesa. L’attuale edificio sacro ed il complesso circostante è il risultato di una serie di interventi architettonici finalizzati alla realizzazione del Monastero con annessa chiesa dell’Ordine di Sant’Antonio abate (o Sant’Antonio di Vienne) detto anche Ordine degli Antoniani. A cui appartenne almeno sino al XV secolo.

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(Immagine sopra: la chiave di volta in via Pagani con il piccolo “Fiore della Vita” e il disegno a spiga di grano – foto Angela Pacchiarotti)

itinerari-del-mistero-priverno-089(Immagine sopra: il gruppo davanti alla chiave di volta  con il piccolo “Fiore della Vita” e il disegno a spiga di grano in via Pagani)

La prima sorpresa che si incontra entrando nella chiesa di Sant’Antonio Abate (XIII-XIV) a Priverno, è una Triplice Cinta incisa su uno dei basoli che ancora oggi costituiscono il pavimento originale risalente al XIII secolo. Si tratta di una vera e propria rarità. Infatti, come ha tenuto a sottolineare Pavat, si tratta del solo caso (al momento conosciuto) al mondo, di una Triplice Cinta con una Croce incisa al centro; in questo caso una piccola “croce greca”. Inoltre, sino alla scoperta di Giulio Coluzzi ed Marisa Uberti, l’esemplare privernate era  pure l’unico situato all’interno di una chiesa. Infatti, nel loro libro “I luoghi delle Triplici Cinte in Italia” (Eremon edizioni, 2008) il duo Coluzzi-Uberti, descrive un’altra Triplice Cinta all’interno di una chiesa. Si trova incisa sul pavimento del duecentesco Santuario della Madonna di Sovereto (BA) in Puglia.

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(Immagine sopra: la Triplice Cinta incisa sul basolo del pavimento della navata della chiesa  di Sant’Antonio a  Priverno –  foto Angela Pacchiarotti)

Nel 2006 lo stesso Pavat rinvenne tra le rovine della chiesa di San Giovanni in Silvamatrice (nelle campagne del comune di Villa S. Stefano) un concio di pietra recante una Triplice Cinta frammentaria. All’epoca venne avanzata l’ipotesi che forse anche questo basolo un tempo si trovava dentro l’edifico sacro. Ma purtroppo il trafugamento del reperto nel 2008 ad opera dei soliti tombaroli che tanti danni hanno arrecato al patrimonio artistico e archeologico ciociaro (e non solo) ha impedito per sempre che si potesse fare chiarezza sull’esemplare. Infine, da ricordare che pure all’interno della Pieve di San Genesio (PR) è possibile vedere una Triplice Cinta. Ma in realtà è incisa sopra una lastra marmorea di epoca romana, di ignota provenienza, che non ha nulla a che fare con la chiesa e che solo successivamente è stata murata sulla controfacciata.

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(Nelle immagini sopra e sotto: la visita all’interno della Chiesa di Sant’Antonio a Priverno)

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È probabile che gli artefici della Triplice Cinta nella navata di Sant’Antonio, siano proprio i membri dell’Ordine degli Antoniani, che ebbero contati (non ancora ben chiariti dagli Storici) con l’Ordine Templare. Si è parlato spesso di contatti di natura esoterica e simbologica. E quella Triplice Cinta sembra confermarlo. D’altronde è difficile vederla come schema del gioco del “Filetto”. Non si gioca a “Filetto” sul pavimento di una chiesa. Da tenere presente, inoltre, come ribadito da Pavat, che si trova sulla porzione di pavimento appartenuto all’edificio più antico, risalente al XIII secolo.

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La Triplice Cinta è stata realizzata proprio in funzione della sua valenza simbolica. “Signum” tellurico, ha spiegato Pavat, posizionato sul pavimento, indica il sottosuolo ma tende al cielo. Così, come al centro della triplice struttura del Tempio di Salomone c’era l’Arca dell’Alleanza, al centro del simbolo privernate c’è la Croce del Salvatore

Ma oltre alla Triplice cinta, la chiesa di Sant’Antonio a Priverno custodisce altre simbologie. Pavat ne ha diffusamente parlato nel suo libro di successo “Nel Segno di Valcento” e pure durante l’Itinerario le ha proposte agli astanti.

Tutto ciò fa pensare che gli Antoniani non fossero solo dei semplici monaci dediti all’encomiabile impegno di assistere i malati ed i viandanti o pellegrini. Ma pure che avessero una componente ferrata nella sapienzialità esoterica.

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(Nelle immagini in alto: due Croci del Tau visibili all’esterno della Chiesa di Sant’Antonio Abate a Priverno – foto Angela Pacchiarotti)

100_6080(Immagine in alto: Un tau affrescato dentro la Chiesa di Sant’Antonio a Priverno – foto G. Pavat)

Basti pensare a quante volte all’interno della chiesa è stata affrescata l’immagine del Santo a cui si ispirava l’ordine. Santo ritratto con i suoi attributi iconografici e simbolici; il “Tau”, ovvero la “Vera Croce di Cristo” (che i monaci Antoniani portavano cucito sulle vesti) o la “Campanella”.

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(Immagini sopra e sotto: diverse raffigurazioni di Sant’Antonio Abate all’interno dell’omonima chiesa privernate – foto G. Pavat).

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(Immagini sopra e sotto: diverse raffigurazioni di Sant’Antonio Abate all’interno dell’omonima chiesa privernate – foto G. Pavat).

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Due protomi leonine con una figura antropomorfa tra le zampe rimandano al medesimo significato a cui si accennava a proposito della “Scimmia” di via Zaccaleoni. Non si tratta di prede pronte ad essere sbranate dai felini ma della raffigurazione allegorica del fedele, dell’adepto o iniziato che si abbandona con fiducia ad una sapienzialità superiore che lo protegge ed eleva verso altri piani spirituali.

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(Immagini sopra: le due protomi leonine presenti all’interno della chiesa di Sant’Antonio a Priverno – foto Angela Pacchiarotti

Per non parlare poi del Fonte Battesimale murato sulla controfacciata che reca mirabilmente scolpiti due “Fiori della Vita” (Immagine in basso, foto di Angela Pacchiarotti).

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Ma ha destato curiosità pure un affresco con la Madonna con il Bambino, ove quest’ultimo stringe in mano un uccellino. Pavat ha evidenziato la somiglianza con un affresco simile presente nella chiesa della Madonna dell’Auricola sulle montagne sopra Amaseno, ove il Gesù Bambino impugna un piccolo pellicano intento a beccargli il petto da cui escono stille di sangue.

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(Immagini il alto: a sx la Madonna con il Bambino con un uccellino in mano affrescata nella Chiesa di Sant’Antonio a Priverno. A dx la Madonna con il Bambino con un pellicano in mano presente nel Santuario della Madonna dell’Auricola ad Amaseno – Foto G. Pavat)

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(Immagine sopra: particolare della Madonna con il Bambino con un uccellino in mano affrescata nella Chiesa di Sant’Antonio a Priverno. Immagine sotto: il particolare dell’affresco presente nel  Santuario della Madonna dell’Auricola ad Amaseno con Gesù bambino che stringe in pugno un piccolo pellicano – foto G. Pavat)

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Il pellicano che si squarcia il petto con il becco per nutrire i suoi piccoli è la rappresentazione allegorica di Gesù Cristo che si sacrifica sulla Croce per la salvezza dell’Umanità intera. “Questa simbologia si ispira anche al “Adoro te devote”, un canto eucaristico, attribuito a San Tommaso d’Aquino, che intona “Pie pellicane, Jesu Domine, me immundum munda tuo sanguine; cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere”. Immagine ripresa anche dall’Alighieri nel Canto XXV, vv. 112-114, della Cantica del Paradiso. Dove, descrivendo l’incontro con San Giovanni Evangelista, rievoca la scena dell’Ultima Cena, quando l’Apostolo chinò il capo sul petto di Gesù. “Questi è colui che giacque sopra il petto/ del nostro pellicano, e questi fue/ di su la croce al grande officio eletto””.  Nel già citato “Nel Segno di Valcento”, Pavat ha spiegato come l’affresco della Madonna dell’Auricola potrebbe adombrare addirittura una eresia dualistica. Lo steso discorso può valere anche per l’affresco della chiesa di Sant’Antonio a Priverno?

photo063(Immagine in alto: lo strano essere (uno struzzo, un cammello?) scolpito a bassorilievo presso il portale d’ingresso della Chiesa di Sant’Antonio a Priverno – foto Angela Pacchiarotti)

Terminata la visita alla Chiesa di Sant’Antonio, il gruppo sempre coordinato dai giovani dall’Associazione Culturale “ViviCiociaria”, ritorna verso il Palazzo Comunale , ma non prima di aver sostato davanti alla facciata di Palazzo Zaccaleoni, ove vengono mostrate le numerose raffigurazioni di “Green Man“, l'”Uomo Arboreo” che la decorano.

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(Immagini sopra: alcuni dei “Green man” che decorano la facciata di Palazzo Zaccaleoni a Priverno- foto G. Pavat)

Sulla strada del ritorno c’è ancor a del tempo per osservare una curiosa “Croce a sfere” scolpita  a bassorilievo su un concio di pietra poi murato sulla facciata di un edificio in via Zaccaleoni. Si tratta di un ennesima curiosità e rarità simbologica presente a Priverno. La Croce è formata da cinque sfere verticali e tre orizzontali. Evidente il richiamo ai significati numerologici del 5 (le piaghe di Cristo)  e del 3 (la Trinità). Pavat spiega che simili croci sono più uniche che rare. Una simile è dipinta in un Trittico affrescato sulla parete di destra della Chiesa di San Francesco ad Alatri (FR) .priverno-lt-via-zaccaleoni

(Immagine sopra: la “Croce a sfere” visibile in via Zaccaleoni a Priverno – foto Angela Pacchiarotti)

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(Immagini sopra e sotto: l’affresco del Trittico con Sant’Antonio, la Vergine con il Bambino e San Leonardo della Chiesa di San Francesco ad Alatri. E il particolare della “Croce a sfere” presente nell’affresco – foto G Pavat)

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Un altro elemento enigmatico che colpisce l’osservatore del Trittico è una strana croce latina, formata da cinque sfere cuspidate verticali (il braccio lungo della croce) e tre orizzontali (il braccio corto). La croce, che si trova sovrapposta al tratto inferiore della colonnina che divide la Madonna da S. Leonardo, sembra sospesa nell’aria, infatti non tocco il terreno della scena affrescata. Quasi avulsa dal resto della raffigurazione, eppure non sembra essere stta aggiunta in un secondo momento. Che cosa rappresenta? Qual è il suo reale significato? Un altro mistero di Alatri.” (G. Pavat e C. Imperatore “Templari ad Alatri“, Nova Stampa 2011).

21(Immagine sopra: Orazio Vignola indica una piccola “Croce Patente” incisa sullo stipite dell’ingresso della Chiesa di Sant’Antonio – foto Alex Vigliani).

Giunti al Palazzo Comunale, finalmente ci si rilassa con la degustazione di prodotti tipici allestita in collaborazione con il “Gruppo Arte Libera” e “Fossanova Slow Travel” e con la partecipazione di produttori locali come Magliocchetti per le falie, la Macelleria Mastrantoni per le carni bufaline, Onorati per le mozzarelle di bufala, Orsini per l’olio e del Ristorante Antipasteria LaScifa di Frosinone per il resto del buffet. Soddisfazione, al termine del giro, da parte di tutti gli organizzatori e l’Assessore alla Cultura Sonia Quattrociocche, che hanno ringraziato gli intervenuti e appuntamento con il prossimo Itinerario del Mistero.

Dove ci porteranno questa volta “ViViCiociaria”, Giancarlo Pavat ed il Mistery Team?

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(Immagine sopra: i protagonisti dell’Itinerario del Mistero a Priverno: da sx Alex Vigliani, Tiziana Pietrobono, Giancarlo Pavat, Angela Pacchiarotti e Mario Tiberia)

A cura della Redazione de IlPuntosulMistero.

Con la collaborazione di Giancarlo Pavat e Alex Vigliani.

Tranne dove altrimenti specificato, le foto sono di  “ViVi Ciociaria”.

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Scaricati gratis la mappa con i simboli ed il percorso dell’Itinerario del Mistero a Priverno (LT).

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Un commento:

  1. Amilcari Giovanni

    Ci passo ogni giorno davanti a palazzo Zaccaleoni e non mi ero mai fermato ad osservare quelle sculture. Non immaginavo fossero interessanti. La nostra città Priverno ha davvero moltissime cose da proporre ai turisti e visitatori. Mi dispiace di non aver saputo prima dell’Itinerario del Mistero e di non essermi liberato da impegni di lavoro. Se ne verrà fatto un altro, spero presto, sarò dei vostri.
    Auguri per il Nuovo Anno a tutta al redazione.
    Giovanni

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