Alla ricerca del Pensiero. Gli esperimenti del Professor Ferdinando Cazzamalli sull’Ipotesi Elettromagnetica nelle comunicazioni telepatiche; di Roberto Volterri..

 

 

Alla ricerca del Pensiero

Gli esperimenti del Professor Ferdinando Cazzamalli sull’Ipotesi Elettromagnetica nelle comunicazioni telepatiche

 di Roberto Volterri

 

  

Già non attenderè io tua dimanda,

s’io m’intuassi come tu t’imii…

(Dante, Paradiso, IX, vv. 80-81)

 

Molti anni fa pubblicai un libro con una magnifica copertina: si intitola Alla ricerca del pensiero e volle essere, innanzitutto, un personale, modesto omaggio alla memoria di un grande e ingiustamente misconosciuto ricercatore italiano, Ferdinando Cazzamalli.

  1. Immagine sopra: Il libro “Alla ricerca del pensiero” (SugarCo, 1979) pubblicato dal dottor Volterri per consentire ad altri sperimentatori di proseguire le ricerche del Cazzamalli.

 

Nato a Crema nel 1887 e deceduto a Como nel 1958, Cazzamalli, medico neuropsichiatria, effettuò, per circa un trentennio, un’innumerevole serie di esperimenti volti a dimostrare la validità della cosiddetta “ipotesi elettromagnetica”, come base dei fenomeni telepatici.

 

 

3 Immagine sopra: il professor Ferdinando Cazzamalli, pioniere degli studi della Telepatia intesa come fenomeno avente alla base le onde elettromagnetiche.

 

4. Immagine in basso: il professor Leonid Vasiljev, lo scienziato russo che rifece gli esperimenti di Cazzamalli giungendo però a conclusioni diverse.

 

I risultati conseguiti anche se non validi in toto, gettarono nuova luce sulle ricerche in campo telepatico, aprendo una nuova via che, pur densa di validissime premesse, fu seguita soltanto dai ricercatori russi (Vasiljev ed altri), anche se le conclusioni di questi non furono altamente confortanti.

5. Immagine sopra: una rara fotografia giovanile del professor Ferdinando Cazzamalli

  1. Immagine in basso: Cazzamalli durante uno dei suoi esperimenti per cercare di dimostrare che il “supporto fisico” delle comunicazioni telepatiche fossero le onde elettromagnetiche.

 

Penso comunque che gli studi dell’italiano vadano ulteriormente approfonditi, vagliati alla luce delle attuali conoscenze nel campo della neurofisiologia e, soprattutto, con l’indispensabile aiuto che la moderna tecnologia elettronica può offrire.
Ciò che qui ho ritenuto opportuno estrapolare dal mio libro è quindi completamente dedicato alle necessarie premesse teoriche, premesse che daranno al lettore un sufficiente bagaglio di dati e di “ipotesi di lavoro” utili per il proseguimento delle esperienze pratiche descritte succintamente più avanti ma presenti in modo ben più ampio nel libro ancora reperibile da qualche parte… del web.
Queste saranno – è bene precisarlo – di esecuzione non proprio facilissima, ma neppure riservate ai depositari dei segreti… elettronici. Basterà soltanto realizzare gli apparati nella maniera più accurata possibile (cosa che, seguendo fedelmente le illustrazioni, sarà abbastanza accessibile a tutti) e, con l’ausilio di un ingrediente del tutto indispensabile, la pazienza, introdurre eventualmente, le innovazioni che la pratica e l’intuito del ricercatore suggeriranno.
Qualche difficoltà, soprattutto d’ordine… logistico, sarà incontrata nella realizzazione della “Gabbia Schermante”: l’impiego di tale strumento non è comunque necessario in assoluto, ed interessanti esperienze nel campo dei fenomeni elettromagnetici legati all’attività bio-elettrica del cervello, saranno possibili pure a chi dovesse incontrare insormontabili problemi di ingombro.
Anche per i soggetti da esperimento, credo, non ci saranno eccessive difficoltà: tutti, chi più chi meno, siamo dotati di embrionali, potenziali capacità telepatiche e tutti – indubbiamente! – possediamo un’attività cerebrale generante segnali elettrici ed elettromagnetici di intensità variabile da individuo a individuo, ma sempre rilevabili e registrabili dagli apparati, naturalmente se le esperienze verranno eseguite con la cura, la pazienza, la meticolosità necessarie.
Infine, verrà offerta al lettore una breve, ma ritengo esauriente, panoramica delle varie ipotesi, alternative a quella elettromagnetica, formulate per spiegare razionalmente i fenomeni telepatici.
Per concludere, nell’augurarmi che quanto esposto in questo Capitolo possa fornire spunto, al singolo studioso o a gruppi di ricerca, per approfondire seriamente l’interessantissima fenomenologia correlata ai campi elettromagnetici derivanti dalle attività biologiche dell’uomo, vorrei esprimere la mia più viva riconoscenza a mia madre Fernanda, a mio padre Oliviero che a questi studi, molto involontariamente, mi indirizzò ‘secoli or sono’ (oggi entrambi in un lontanissimo “Altrove”) e a mia sorella Olivia per il validissimo contributo datomi a suo tempo nella realizzazione dattilografica del testo.
Penso sia più che doveroso fare, per quanti si accingono alla lettura di questo succinte note con il proposito di effettuare delle pratiche esperienze, una necessaria premessa.
Il problema della reale origine delle comunicazioni telepatiche è alquanto dibattuto: da una parte si invoca l’intervento di energie appartenenti comunque al regno dei fenomeni naturali, energie che, anche se ancor poco conosciute in profondità, consentirebbero l’estrinsecarsi dei fenomeni in questione; d’altro canto, si contesta la base “fisica” delle esperienze telepatiche, negando addirittura che si possa mai arrivare – seguendo i concetti e i metodi della Scienza – a comprenderne l’intima essenza.
Lo scrivente, per formazione mentale e culturale, ed anche in funzione di come ha fino ad ora impostato gli studi nel campo della fenomenologia paranormale, non può che aderire alla prima corrente, quella più prettamente fisicista.
Ed in tale ambito, quella che maggiormente sembra essere una sufficientemente valida ipotesi è, a parer mio, quella “elettromagnetica”.
Quanto il lettore potrà leggere nelle pagine che seguono vuol quindi essere un’analisi comparativa tra gli studi condotti da Cazzamalli e quelli effettuati dal Vasiljev, con una particolare evidenza degli aspetti che più mettono in risalto l’ipotesi in questione. Sarà poi il lettore, nella veste di sperimentatore, che potrà ripetere in maniera più tecnologicamente avanzata, quanto già effettuato dai due citati ricercatori: io ho voluto soltanto fornire lo strumento, il mezzo tecnico atto a sondare i fenomeni telepatici in maniera più consona a quelli che sono i metodi d’indagine attualmente adottati anche nel campo dei fenomeni PSI.
Data l’aleatorietà dei fenomeni in questione, i risultati non saranno certo conseguibili da chi non intraprenda la sperimentazione con i dovuti accorgimenti sia tecnici che metodologici, e, in particolare, da chi si sentisse scoraggiato dai primi, inevitabili, insuccessi.
Basti ricordare che il Cazzamalli protrasse le ricerche per circa un trentennio!
Ciò che ora leggerete vuol costituire – ripeto – soltanto un iniziale, elementare, supporto tecnico e come tale, ne sono certi, verrà inteso.
 

Un po’ di storia…

 
Fu ad opera dell’americano Houston che, nel 1892, venne formulata l’ipotesi che le comunicazioni telepatiche fossero dovute ad onde elettromagnetiche. D’altra parte non è certo un mistero che l’attività del sistema nervoso e dell’encefalo è intimamente connessa a fenomeni di natura elettrica. Già il Berger, nel 1929, aveva scoperto il sistema di rilevare i debolissimi potenziali biologici del cervello e, amplificatili, registrarli su un apposito chirografo.
Era quindi nata la moderna elettroencefalografia. Ma tale nuova tecnica d’indagine era necessariamente legata alla presenza di un intimo contatto fisico tra i soggetto in esame e, tramite elettrodi particolari, l’apparato di rilevazione.
L’elettronica ci insegna però che ad ogni corrente elettrica variabile nel tempo (come quella relativa all’attività cerebrale) è associato un campo elettrico variabile con la medesima legge e che tale campo genera a sua volta un campo magnetico. Tale processo è a catena in quanto a quest’ultimo è concatenato un altro campo elettrico, e così via. L’insieme di tali eventi costituisce quella che viene denominata onda elettromagnetica.

 

  1. Immagine sopra: Un’indicazione molto schematica di quanto ora esposto: il campo elettrico E concatenato con il campo magnetico H.

 

A tutto ciò si obietterà che, anche ammessane l’esistenza, il campo elettromagnetico generato dall’attività cerebrale avrebbe un’ampiezza talmente limitata da essere sommerso da ben più forti perturbazioni elettriche di varia origine, tali che esso stesso e l’informazione della quale sarebbe il supporto fisico diverrebbero del tutto irrilevabili.
Nulla vieta però di ipotizzare l’esistenza (anche se le attuali conoscenze di neurofisiologia non ci consentono di confermarlo) di un meccanismo di autoregolazione, nell’ambito dell’encefalo, per cui l’effetto della distanza (affievolimento) o della limitata “potenza di emissione” verrebbero opportunamente compensati. Tale sistema, d’altra parte, viene utilizzato in qualunque ricevitore radio ed è infatti denominato “Controllo Automatico di Guadagno”, dove “Guadagno” significa appunto amplificazione dei vari stadi del ricevitore da esso controllati, ed evita che variazioni dell’intensità del segnale captato, dovute alle più svariate cause (“fading”, ostacoli, nel caso di mezzi mobili, ecc.) possano generare una fastidiosissima variazione del volume sonoro. È, in definitiva, un processo di “contro-reazione” del tutto simile a quello conosciuto, da quanti si interessano a tali problematiche, come “bio-feedback”.
Vorrei inoltre aggiungere che lo stesso Marconi sosteneva che “il cervello umano è uno strumento incomparabilmente più sottile che non importa quale apparecchio inventato dall’uomo e può evidentemente inviare informazioni a distanze molto più grandi che non importa qual meccanismo trasmittente”.
Ma lo studioso che più approfondì l’ipotesi “elettromagnetica” fu l’italiano Ferdinando Cazzamalli. Vedremo ora gli sviluppi di tali ricerche.
Siamo nel XXI secolo, nell’Anno del Signore 2017, e un bel po’di “acqua” è passata sotto i ponti da quel lontanissimo 1979, quando vide la luce il mio libro “Alla ricerca del pensiero” (SugarCo) dedicato alle ricerche sperimentali sulla Telepatia.
Il testo nacque poiché avevo letto un’interessante pubblicazione di un medico, Ferdinando Cazzamalli, su esperimenti effettuati per cercare di spiegare i fenomeni telepatici in base a ciò che all’epoca si conosceva sulle onde elettromagnetiche e sopratutto in funzione di ciò che allora la tecnologia elettronica offriva. E si sa cosa offriva: dei bellissimi, caldi e luminosi “valvoloni” del tipo usato anche nella famosa “radio della nonna”.
Erano infatti gli anni in cui il Transistor – e men che mai il Circuito Integrato – appartenevano ai romanzi di science-fiction, alla narrativa fantascientifica nei quali, in ridottissime dimensioni, trovavano posto complicatissimi circuiti capaci delle più strabilianti prodezze.
Ma poi venne il 1948 e l’invenzione di quel minuscolo – all’epoca un po’meno però… – dispositivo costituito da tre sottilissimi strati di Silicio “drogato”, in grado di svolgere le funzioni che poco prima erano di competenza di un bel Triodo, un tubo elettronico munito di regolare anodo, di catodo, di griglia, di filamento, ecc. Insomma un coreografico dispositivo – come quelli mostrati in qualche foto degli apparecchi del Cazzamalli – che oltre a occupare un bel po’di spazio, generava una quantità non trascurabile di calore.

 

  1. Immagine sopra: Uno dei semplici apparati a valvole utilizzati da Ferdinando Cazzamalli nei suoi esperimenti

 

Anche il Transistor ebbe la sua bella evoluzione e, oltre a ridursi in dimensioni quasi microscopiche, migliorò notevolmente le sue caratteristiche elettriche, le sue prestazioni all’interno di un qualsiasi circuito a bassa o alta frequenza.

9. Immagine sopra: Il primo prototipo di Transistor!

 

Ma poi venne anche il Circuito Integrato che dentro di sé accolse decine, centinaia di Transistor, in dimensioni sempre più contenute. Oggi non ci sorprende affatto usare una comune calcolatrice da pochissimi Euro in grado di svolgere operazioni complesse (elevazione al quadrato, estrazione di radice, somme, divisioni, ecc.) ma solo fino a qualche decennio fa le stesse funzioni erano svolte da calcolatori a valvole grandi come un armadio e che consumavano energia elettrica in misura superiore a quella di quattro o cinque boiler!

 

10. Immagine sopra: Il primo prototipo di Circuito Integrato, realizzato dall’americano Kylby

 

Insomma, poiché “adattarsi al tempo è necessaria virtù” in quel lontanissimo 1979 volli ripetere – con qualche successo… – gli esperimenti del Cazzamalli usando però semplici apparecchi a Transistor, un po’ più affidabili, più stabili, meno costosi e ingombranti.
Anche perché avevo scoperto – leggendo il libro di Leonid Vasiljev intitolato Esperimenti di suggestione mentale – che non era affatto vero che in Russia erano stati eseguiti esperimenti con soggetti chiusi in «camere di piombo immerse nel mercurio», il che avrebbe reso nulla la possibilità che le onde elettromagnetiche potessero spiegare i fenomeni telepatici, come ebbe a scrivere, ad esempio, il professor Emilio Servadio – all’epoca massimo studioso italiano della fenomenologia paranormale – in “La scienza ammette: è possibile prevedere il futuro” su settimanale  “Gente” – Decima puntata dell’inchiesta di Renzo Allegri, a pagina 75.

 

  1. Immagine sopra: Il libro di Leonid Vasljev che descrive gli esperimenti compiuti in Russia. Libro letto con scarsa attenzione da alcuni studiosi nostrani di qualche anno fa…

 

Questa “rivisitazione” di una piccola parte del libro Alla ricerca del pensiero, tecnologicamente parlando, non presenta particolari migliorie rispetto a ciò che venne progettato e costruito nel 1978/79, ma non penso che ciò sia determinante: invece di Transistor al Germanio si potrebbero usare Transistor al Silicio, modificando alcuni parametri circuitali, ma poco cambierebbe. Chi, tra i lettori più preparati in campo elettronico, volesse apportare migliorie o modifiche sarebbe il benvenuto!
Per il momento mi auguro che questo Capitolo possa interessare il lettore incuriosito da tutti quegli aspetti della ricerca che concorrano, in un modo o nell’altro, ad ampliare l’orizzonte percettivo e inducano a un più aperto approccio agli infiniti “misteri” della Conoscenza.
 

Le ricerche di Cazzamalli

 

Nel 1923 il russo Lasareff aveva impostato l’analisi sull’emissione di onde elettromagnetiche dagli organismi viventi, con una relazione, indirizzata all’Accademia Sovietica delle Scienze, intitolata appunto: Sulla funzione periodica dei centri nervosi e sulle onde elettromagnetiche che accompagnano la funzione nervosa.
Tra l’altro, egli scriveva “… Nei nostri lavori abbiamo indicato che la teoria ionica della eccitazione mostra che i centri nervosi devono funzionare periodicamente e che questa funzione dipende dalle reazioni periodiche che si producono nelle cellule nervose…. Le reazioni periodiche, studiate profondamente da M. W. Ostwald, M. W. Kistjakowsky e da altri scienziati, devono essere accompagnate da variazioni periodiche della forza elettromotrice…. Come sappiamo dopo la teoria elettromagnetica di Maxwell, le variazioni della forza elettromotrice devono essere accompagnate da onde elettromagnetiche, la rapidità di propagazione delle quali, nello spazio, è uguale a quella della luce. Dopo ciò che abbiamo detto, l’esistenza della forza elettromotrice variabile in un punto dello spazio conduce immediatamente all’esistenza di un’onda elettromagnetica e può essere considerata come una prova indiretta dell’esistenza dell’onda.”  
Qualcosa del genere era già stato ipotizzato dall’italiano Ruffini e dal già citato Cazzamalli. A tal proposito quest’ultimo afferma infatti “… Nulla contrasta dunque alla possibilità fisiologica che nel cervello umano ogni corrente elettrica possa agire come un flusso di elettricità, determinando un campo magnetico intorno a se stessa, con fenomeni viciniori di induzione; né vi è ragione di escludere, allo stato attuale delle nostre cognizioni di elettrofisiologia, che scariche oscillatorie e quindi fenomeni elettromagnetici (onde) possono formarsi nel cervello e da esso irradiare…”.
Come si vede vari studiosi hanno preso in seria considerazione l’ipotesi che le comunicazioni telepatiche fossero spiegabili ricorrendo alle conoscenze sulle onde elettromagnetiche: ma torniamo ora, per un attimo, ad esaminare le principali obiezioni mosse a tale ipotesi.

La distanza

La prima, come già accennato, è quella che l’intensità (per quanto, pensiamo, ci sia molto da discutere su tale termine!) della comunicazione telepatica sembra non decrescere in funzione dell’inverso del quadrato della distanza tra l’emittente e il percipiente. Ciò è invece valido, come si sa, per le altre forme di radiazioni, comprese, ovviamente, le onde radio.
Ho però volutamente messo in rilievo i termini “intensità” e “sembra” in quanto, per il primo, entrano in gioco fattori del tutto soggettivi (non credo che, al momento, esistano misuratori della ”intensità di campo” del segnale telepatico) mentre, per il secondo ritengo non si possa affatto escludere in maniera aprioristica il fatto che l’intensità in questione possa effettivamente decrescere in funzione della distanza.

12. Immagine sopra: Neurone multipolare.

a: arborizzazione terminale; b: membrana; c: nucleo della cellula di Schwan; d: nodo di Ranvier; e: citoplasma della cellula di Schwan; g: assone; h: corpi di Nissi; i: dendrite. (da R. Volterri, Alla ricerca del pensiero, 1979)

13. Immagine sopra: Micrografia di un neurone multipolare.

 

Oltretutto, come giustamente fece osservare il matematico americano Hoffman in un suo articolo intitolato Extra-Sensory Perception and the law of Invers Square, sia il Barret che il Carington, entrambi sostenitori della “legge del quadrato della distanza”, partivano da errati presupposti in quanto, nelle loro argomentazioni, sembrano confondere totalmente i termini “intensità” e “intelligibilità” che, come ora vedremo, assumono, in particolare in questo caso, significati ben lontani.
Hoffman, per esplicitare il proprio pensiero, ricorse alle leggi che governano i sistemi cibernetici e alla teoria dell’informazione. Se, ad esempio, la luce (onda elettromagnetica), viene utilizzata per attivare una reazione chimica, l’energia
ad essa associata sarà, indubbiamente, tanto più elevata quanto più piccola sarà la distanza dalla fonte di emissione (concetto di “intensità”); se però la luce viene utilizzata come veicolo dell’informazione, mediante un sistema a “tutto-o-niente” (ad esempio, nelle comunicazioni luminose, in codice, tra due navi), l’entità della distanza non avrà entro limiti ragionevoli, eccessiva importanza.

 

Il segnale trasmesso sarà infatti decifrabile sia che esso abbagli il ricevente sia che consista soltanto in un piccolo punto luminoso (concetto di “intelligibilità”).
L’Hoffman postula inoltre l’esistenza nell’uomo, come già abbiamo accennato, di un “dispositivo”, di una sezione dell’encefalo, che gli consenta di variare automaticamente ed inconsciamente, con un processo di bio-feedback, la propria “sensibilità” ai segnali telepatici in arrivo: massima per quelli provenienti da lunga distanza (e quindi di debole intensità), minima per quelli provenienti da vicino (massima intensità).
 
 

L’Uomo: apparato ricetrasmittente?

 
Altro problema di non trascurabile importanza, ai fini di una maggiore comprensione del fenomeno, è, senza dubbio, quello della localizzazione dell’apparato biologico “emittente” e di quello “ricevente”.
È direttamente il cervello, come sostenne lo stesso Cazzamalli e come preferiscono ammettere i ricercatori della scuola americana, oppure come sostengono alcuni francesi e russi, qualche altro organo, il principale “dispositivo” di ricezione dei segnali telepatici?
Il russo Saradžev sosteneva che “… la percezione dell’azione di un cervello su un altro debba avvenire attraverso un qualche recettore od organo di senso, e non direttamente da cervello a cervello; forse questi recettori si trovano nella cute”.
 
Ad esempio, egli aggiunge che alcuni pesci possono facilmente orientarsi anche nell’acqua torbida mediante un sistema di ricezione in grado di valutare le pur minime variazioni del campo elettrico, generato da appositi organi degli altri pesci.
Perché l’uomo dotato di un sistema nervoso e di un apparato cerebrale ben più complesso, non potrebbe possedere, anche se parzialmente atrofizzato, un “dispositivo” analogo?
Ho detto “atrofizzato” poiché, concordando pienamente con il Vasiljev, ritengo, “… che la capacità telepatica non sia un fenomeno evolutivamente progressivo, ma piuttosto una proprietà rudimentale, che si è mantenuta nell’uomo dai suoi antenati zoologici, e che in alcuni esseri umani, neurologicamente o psichicamente dilettevoli, ricompare come un peculiare atavismo.”
 

La schermatura

 
Veniamo ora alla seconda principale obiezione mossa all’”ipotesi elettromagnetica”: il mancato effetto schermante delle “Gabbie di Faraday” alle comunicazioni telepatiche.
“… Gli esperimenti di Cazzamalli – scrisse Vasiljev a tal proposito – non sono stati confermati. I nostri esperimenti di schermatura metallica dell’induttore e del percipiente ci hanno dato dei risultati che rifiutano più che confermare l’ipotesi elettromagnetica. Tuttavia – egli, onestamente, prosegue – adesso dobbiamo portare una importante correzione alle conclusioni cui eravamo pervenuti negli anni ’30 sulla base dei nostri esperimenti con applicazione di camere schermate. Allora non si sapeva ancora che le onde elettromagnetiche di bassa frequenza e di relativa lunghezza d’onda (da alcune centinaia di metri a più) non venivano completamente arrestate dalle nostre camere in ferro e piombo con spessore di 1 ÷ 3 millimetri delle pareti, e che esse possono anche uscirne. Perciò la trasmissione di informazioni telepatiche tramite campi elettromagnetici di bassa frequenza non è completamente esclusa dai nostri esperimenti di schermatura.”
Ritengo sia utile ricordare, in relazione a tale argomento che la profondità di penetrazione in un campo elettromagnetico in un mezzo è, in prima approssimazione, pari alla lunghezza d’onda del campo stesso, dipendendo inoltre dal mezzo nel quale viene studiata la penetrazione. Più esattamente, tale profondità è data dalla relazione:

 

 

ove S è la resistenza specifica del mezzo (misurata in unità CGS), n è la permeabilità magnetica dello stesso ed f è la frequenza del campo elettromagnetico incidente.
Ora, dalle esperienze di Vasiljev (derivate da quelle di Cazzamalli), risulta che lo spessore della lamiera di ferro utilizzata per la “Gabbia di Faraday”, all’interno della quale prendeva posto il percipiente, era di circa 1 mm: ne deriva che, al massimo, soltanto una parte dello spettro elettromagnetico veniva in realtà attenuato, in misura ragionevole, dallo schermo

  1. Immagine sopra: struttura della “Gabbia schermante” utilizzata da Vasiljev nei suoi esperimenti sulla Telepatia. Come si può ben vedere con il favoleggiato mercurio ci si poteva realizzare al massimo un bel termometro e la lamiera piombata tutto era tranne che una “camera di Piombo”! (R. Volterri, Alla ricerca del pensiero, 1979)

 

Però, oggi ben sappiamo che segnali a frequenze molto basse ad esempio nella gamma LF (Low Frequency) e VLF (Very Low Frequency), passano agevolmente attraverso spessori di ferro ben superiori al millimetro.
Frequenze del genere vengono impiegate, anche se con potenze rilevanti, nel campo delle comunicazioni radio con sommergibili in immersione, ove lo spessore di acqua marina da superare è di varie decine di metri, costituendo così un efficace, naturale, “Gabbia di Faraday”.
 
Più esattamente, la formula che dà la cosiddetta “penetrazione” (solitamente indicata con la lettera a) di una corrente oscillante di frequenza F in un conduttore di resistività elettrica ρ e permeabilità magnetica µ è data dalla relazione:

 

 

 

Se consideriamo, a puro titolo di esempio, una “Gabbia di Faraday”, realizzata con lamiera di rame, avremo una “penetrazione” di oltre 9 mm per onde elettromagnetiche alla frequenza di 50 Hz, e di oltre 2 mm per segnali di frequenza pari a 1 kilohertz!
Valori questi ben superiori allo spessore degli “schermi” utilizzati dal Vasiljev nelle sue esperienze, soprattutto tenendo conto che nulla vieta di ipotizzare l’esistenza di strutture anatomiche (cerebrali o non) in grado di generare oscillazioni elettriche a frequenza molto bassa, e soprattutto considerando che le cosiddette “onde cerebrali” (α, β, δ, θ) sono a frequenze comprese tra 0,5 e 28 Hz!

 

17-18. Immagini sopra e sotto: Una moderna “Gabbia di Faraday”, molto più efficiente di quelle utilizzate da Vasiljev e Cazzamalli. Accanto, il Dott. Roberto Volterri, molti anni, fa nel suo classico “laboratorio in cantina”, con uno dei semplici apparecchi per studiare i fenomeni elettromagnetici legati all’attività cerebrale.

 

  1. Immagine sopra: La farfalla Saturnia Pyry con una sorta di “antenne” simili a quelle usate correntemente nelle comunicazioni con onde elettromagnetiche, le diffusissime antenne Yagi.

 

  1. Immagine sopra: Dettaglio delle antenne della farfalla Saturnia Pyry abbastanza simili alle antenne Yagy. Ovviamente… un caso!

 

21-22 Immagine sopra e sotto: l’antenna Yagi con il suo inventore.

In realtà dovremmo chiamarla antenna Yagi-Uda poichè anche a Shintaro Uda è dovuta l’invenzione, insieme a Hidetsugu Yagi  di questo mezzo per ricevere o irradiare a distanza onde elettromagnetiche ad alta frequenza.

Per adesso ci fermiamo qui, ma potremmo tornare sull’argomento in un prossimo futuro. Poiché l’argomento “Onde elettromagnetiche” potrebbe essere stato un po’ ostico per alcuni lettori de “Il Punto sul Mistero” concludiamo questo excursus con  qualcosa di più divertente…

 

Telepatia… ai confini della realtà!

 

Fino ad ora abbiamo preso in rassegna le esperienze, le teorie di un medico affermato, il professor Ferdinando Cazzamalli, e i suoi esperimenti volti a ricevere e tentare di decodificare il pensiero umano mediante apparati elettronici a dire il vero un po’ antiquati. D’altra parte era quella la tecnologia dell’epoca! 
Ma i suoi studi avevano come premesse molte ipotesi di lavoro basate su principi di fisiologia cerebrale, su studi nel campo delle onde elettromagnetiche e su sperimentazioni effettuate in Russia da altri scienziati più che accreditati in ambito accademico.
Nelle poche pagine che seguono esamineremo invece le fantascientifiche teorie di un curioso individuo, tale Alberto Corva, che ai primi anni del Novecento dette alle stampe uno strano libretto intitolato “Telefonia umana” in cui esponeva un suo metodo per trasmettere a distanza pensieri e, naturalmente, riceverli da qualche volenteroso corrispondente.

 

  1. Immagine sopra: Il quasi introvabile volumetto di Alberto Corva, sostenitore della possibilità di trasmettere e ricevere i pensieri senza ricorrere a qualsiasi apparecchio tecnologico.

 

Il Corva, dando prova di onestà mentale – purtroppo non accompagnata dalle necessarie basi scientifiche indispensabili per affrontare tali complessi argomenti – premetteva che le comunicazioni telepatiche basate sul suo metodo avevano un raggio inizialmente molto limitato, di qualche decina di metri, confortando però lo sperimentatore affermando che nel giro di qualche anno egli avrebbe potuto comunicare telepaticamente con persone distanti qualche chilometro. Anche Guglielmo Marconi, d’altra parte, ebbe le stesse difficoltà nei suoi primi esperimenti nella villa di famiglia a Pontecchio…
Corre l’anno 1914 e il Corva ci assicura di avere effettuata una comunicazione telepatica, in un’ora con una gentile sua conoscente, tra il comune di San Giuliano Nuovo e quello di Tortona facendo percorrere alle sue onde cerebrali una distanza di almeno 9 chilometri, e, non contento, di aver ripetuto con successo l’esperimento collegandosi telepaticamente con l’avvocato G. Bruni e con il di lui collega B. Venghi, Cancelliere del II° Mandamento della cittadina di Alessandria, distante circa 16 chilometri.
L’ineffabile Corva – sulle cui esperienze stiamo celiando un po’, ma che meriterebbero di essere approfondite pensando a ciò che avviene tra i mistici e i maghi del Tibet – afferma che si deve ben conoscere, quasi in dettaglio, l’ubicazione del corrispondente e lì indirizzare mentalmente la propria attenzione, quasi visualizzando i “pensieri” mentre si dirigono verso il ricevente, chiamandolo mentalmente per nome.
In ogni caso, secondo Corva, il percipiente avvertirà una lieve sensazione di disagio che lo predisporrà nella condizione mentale atta a ricevere i messaggi mentali di chi sta tentando di comunicare con la sua mente
 

  1. Immagine sopra: Esistono vari metodi per cercare di sviluppare una capacità dell’entità biologica Uomo, in parte basate anche su tecniche in uso nel lontano Tibet, nella lontana India…

 

Il nostro “apprendista stregone” suggerisce anche di tradurre i propri pensieri in sommesse parole. In sussurri indirizzati alla persona con la quali ci si vuole collegare.
Nelle comunicazioni radio a volte subentrano strane interferenze dovute a disturbi nella propagazione delle onde elettromagnetiche? Ebbene anche nelle comunicazioni telepatiche con il metodo Corva, spesso – egli afferma – i pensieri subiscono curiose interferenze che indirizzano verso incomprensibili sproloqui. Capita!
Nel suo introvabile libretto, il Corva suggerisce anche come trasmettere delle immagini – che egli chiama “figure” – nella mente di altri individui.
Così si potrebbe fare apparire addirittura un “fantasma” in adatte location, quali diroccati castelli, cimiteri, ville abbandonate, oppure fare eseguire al percipiente movenze suscettibili di provocare il riso di chi sta assistendo all’esperimento.

(Roberto Volterri)

 

  1. Immagine sopra: Lo scrittore Paolo Albani ha ben riassunto in questo articolo le bizzarre esperienze ad ampio spettro del Corva e di vari altri “apprendisti stregoni”.

DA NON PERDERE!!

PROSSIMAMENTE SU AMAZON…

 

 

 

Spread the love

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *