FRANCESCO SPONZILLI, “WIRELESS” MEZZO SECOLO PRIMA DI MARCONI; di Fiorenzo Zampieri.

FRANCESCO SPONZILLI

“WIRELESS” MEZZO SECOLO PRIMA DI MARCONI

di Fiorenzo Zanpieri

 

 

Immagine di apertura: La “Piramide”, in realtà la cappella dalle particolari forme “massoniche”,  progettata da Sponzilli presente al centro del cimitero di Barletta e che in origine doveva essere posta all’ingresso principale del cimitero stesso.

 

La storia delle invenzioni celebra, “giustamente”, tutti quei personaggi che sono considerati, fra gli inventori, i più “grandi”, come Archimede, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, Alessandro Volta, Alexander Fleming, Guglielmo Marconi, Thomas Edison, Nikola Tesla, Antonio Meucci, George Stephenson, per citarne soltanto alcuni tra i più noti.
Ma esiste un “sottobosco” di scienziati, studiosi, ricercatori, che, nel loro piccolo, hanno, spesse volte, con i loro studi ed esperimenti, gettate le basi teoriche e pratiche, per quelle che sarebbero poi diventate le “invenzioni epocali” attribuite ai suddetti “grandi”.
Per un senso di giustizia, quindi, riteniamo sia corretto, se non doveroso, recuperare dall’oblio in cui sono caduti questi personaggi per riportarli alla memoria collettiva e colmare così le lacune presenti nella storia delle invenzioni.
In questo articolo certamente non possiamo avventurarci nel narrare le vicende di tutti questi misconosciuti precursori (cosa che proveremo a fare in futuro, se ci sarà permesso) ma, giusto per cominciare, proveremo a raccontare la storia di un antesignano dell’invenzione del telegrafo senza fili, per la quale sono stati conferiti, a Marconi, il Premio Nobel e la gloria imperitura.

      

Una invenzione profetica

 

Immagine 2. Francesco Sponzilli (Barletta, 26 dicembre 1796 – Napoli, 25 giugno 1864)

 

 Il personaggio in questione si chiamava Francesco Sponzilli (1796+1864), originario di Barletta, scienziato, inventore, storico, ingegnere e architetto. Come si comprende, era versato in molti campi del sapere pur essendosi formato nell’ambiente militare, prima come ufficiale del Genio Borbonico e successivamente come Generale nell’Esercito Italiano. Come Ufficiale scrisse dei testi di strategia militare, come storico scrisse un testo, rimasto famoso, sulla Battaglia di Canne tra i Romani ed i Cartaginesi, e come architetto ed ingegnere progettò opere militari e civili come, ad esempio, il Cimitero di Barletta.
Come scienziato ed inventore, ed è proprio di questa sua inclinazione che vogliamo occuparci, pubblicò una tesi dove espose una sua teoria.

 

Telegrafia senza fili.

Immagine 3. Gli “Annali delle opere pubbliche di Napoli” del 1858.

 

Tutto ebbe inizio dal grande interesse che provava verso la fisica ed in special modo verso i fenomeni elettrici, tanto è vero che ebbe modo di pubblicare alcune opere nelle quali scrisse su osservazioni e sviluppi di fenomeni elettrici.
Sulla telegrafia senza fili, argomento allora ancora assolutamente lontano da prossimi sviluppi, lo Spanzilli, pensò di inserire, in una memoria scritta negli «Annali delle opere pubbliche di Napoli» del 1858, dal titolo: «Ricerche sopra i parafulmini», un corollario con il seguente testo:
 
«…. Epperó, se l’Etere, sotto forma di luce, viene da sé a pingere una immagine sulla nostra retina, con i modi del suono viene da sé a molcere il nostro orecchio con lo dolci note della melodia; per le ignote vie magnetiche viene da sé a regolare le nostre bussole nautiche e fedel­mente indicarci la sicura via del Polo; non potremmo noi avere una ragionevole speranza che lo stesso Etere ancora da sé venisse, e senza esservi costretto dal ferreo vincolo di un conduttore, ad animare una macchina telegrafica, onde favorirne coll’officio suo nelle corrispondenze nostre col mezzo dell’elet­tricità?
«Il desiderio è meno ardito di quello che parer potrebbe a prima vista: anzi, esso nelle cose odierne della telegrafia elettrica, già si trova ottenuto per metà!
«Nei nostri primi apparecchi telegrafici, i fili condut­tori erano due, e formavano l’inalterabile circuito, l’esatta chiusura ed incolumità del quale erano già credute condizioni sine qua non, per avere stabilità una corrente voltaica fra due reomotori opposti.
«Il filo ora è uno solo! Il circuito è rotto, e pur così rotto, adempie benissimo all’officio suo! La terra che prima si credeva che disturbasse le correnti, la terra ora si è ve­duto che le favorisce!
«Insomma, ove io qui mi facessi modestamente a dire di una qualche probabilità che aver si potrebbe per una corrispondenza telegrafica elettrica, senza filo alcuno, forse farei ridere i molti che in queste cose sono maestri miei; ma son certo di non trovar pur uno fra questi miei maestri che formular potesse una dimostrazione senza replica di aver io profferta un’assurdità.
«Il riso dei dotti, in questa occasione, non potrebbe rice­versi come dimostrazione contraria alla proposta.
«Si rise forte in Inghilterra quando Arago parlò delle aurore, le quali, diceva, avevano azione sopra gli aghi ma­gnetici posti immensamente fuori la visuale del fenomeno. Dopo il riso si è trovato che non solo gli aghi lontanissimi ne risentivano, ma anche i lontanissimi fili dei telegrafi elettrici.
«Si rise, e si fece anche peggio che ridere, quando Pouillet e Matteucci parlavano della conducibilità della terra, e proposero di farla funzionare come metà del circuito nei telegrafi elettrici. Il riso non ha impedito così bella ed in­teressante modifica.
«Si rise del moto della terra intorno al sole; si rise del vapore come forza motrice, si rise dell’elica; quindi, io non mi avrò certamente a male se si riderà della mia povera profferta… habent sua sidera… anche le profferte che muo­vono alle risa.
«Quando Dollond (I788) disse di aver fatto lenti acro­matiche, il gran Newton disse che questa la era cosa impossibile.
«Quando la prima volta si parlò di telegrafi elettrici, uno dei maggiori scienziati di Europa, dichiarò tale idea una sublime utopia.
«Quando Stephenson presentò il progetto del ponte tubo­lare di Bangor, il signor W. Pasley, ispettore generale delle ferrovie d’Inghilterra, lo rifiutò come ineseguibile.
«Le trasformazioni dell’Etere, molteplici, lontane, contemporanee, celerissime, distinte, e mai sempre meravigliose e circondate dal mistero, non solamente presentano un vasto teatro adatto ad ammirar prodigi, ma un vasto campo pre­sentano ancora, a lasciar sperare ed a tentare prodigi no­velli».
Come io ho tentata una proposta, cosi di tentare ardir voglio una mia particolare spiegazione. E questa mia spiegazione (del fenomeno di una manifestazione elettrica precisa, destata e tra­smessa da acconcio ma per ora ignoto Reomotore, e ricevuta e mantenuta da altro Reomotore consimile, collocato forse agli antipodi dei primo) questa mia spiegazione sarebbe nell’ipotesi di una “generale istantanea commozione’ che si manifestasse in tutta la massa dell’atmosfera elet­trica che riveste la terra: commozione che comu­nicar si potesse a tutti i reomotori adatti a risentirla, e che ritenuta esser potesse solo da quelli che già si “farebbero predisposti a ritenerla
«Siano macchine, di acconcia futura fab­bricazione, adatte a destare una commozione generale nel dielettrico e adatte a riceverne e a ritenerne l’effetto e noi avremo stabilito una co­municazione senza conduttore.
Quando da A voglio corrispondere con B, eccito la generale commozione elettrica, e tutte le macchine capaci di sentirla l’avvertiranno. Ma solo tra me e il mio corrispondente sarà notato il valore di un pensiero, perché questo, mercé di idee telegrafiche convenute, sarà l’effetto di tanti ripetuti colpi, sarà l’effetto d una più o meno lunga durata, etc..
Intorno alla bizzarra idea della telegrafia elet­trica senza filo non aggiungerò oltre una parola sola, poiché tutto quello che potrei dire di più sarebbe perduto per coloro che non solo a livello di cosiffatti studi e superfluo agli uomini positivi, ai quali – sapienti pauca – io credo aver detto quanto basti perché giudichino di questo mio singolare corollario.
Nota • Nel momento di mettere in torchio, cioè il 12 Febbraio 1859, mi è venuto nelle mani il volume III della Revue des Applications de l’Electricitè (1957-58) par le Vic. Th. DeMoncel, e alla pag. 109 trovo un paragrafo che ha per titolo: Communications sans fils conducteurs. Le quali, o siano quelle tentate a Portsmouth servendosi dell’acqua come conduttore, o siano quelle intra­prese da Ginth per ottenere una corrente di indu­zione fra due punti vicini, sono propriamente idee di casi particolari e non hanno a che fare con la generalissima idea di ‘Telegrafia elettrica senza fili conduttori”, che già da due anni ho fatta girare manoscritta presso i nostri scienziati e che non prima d’ora ho potuto fare di pubblica ragione».
 

Immagine 4. “Annibale a Canne” di Heinrich Leutemann (1824-1905). (Fonte Wikipedia). Nel 1844, Sponzilli scrisse un trattato storico-militare sulla Battaglia di canne tra Romani e Cartaginesi, “Del vero sito della battaglia di Canne”. Anche nelle ricerche e studi storici era un precursore. Infatti propose con molti anni d’anticipo, la tesi, oggi confermata, che la celebre battaglia si sia combattuta sulla sponda destra del fiume Ofanto.

La lettura di questo “corollario” come lo chiama lo stesso Sponzilli, ci porta ad alcune considerazioni obbligate:
– la sua idea di telegrafia senza fili corrisponde esattamente a quella che verrà realizzata qualche decennio successivo;
– alcune sue intuizioni risultano compatibili con lo sviluppo successivo della fisica e cioè:
  1. a) il concetto di un etere avviluppante la terra simile all’atmosfera;
  2. b) che le azioni elettromagnetiche si propagano nell’etere con la velocità della luce;
  3. c) che un impulso d’etere, ossia una scarica elettromagnetica, si propaga in ogni direzione per tutta la Terra;
  4. d) che tale impulso può essere trasmesso da una apparecchiatura e ricevuto da un’altra apparecchiatura simile utilizzando un codice univoco predisposto.
 
Pare evidente, da quanto sopra riferito, che in realtà lo Sponzilli abbia avuta una chiara idea teorica precorritrice di ciò che effettivamente oggi sono le comunicazioni radio. Ma non era allora facile mettere in pratica e costruire gli apparecchi adatti, né la scienza e la tecnica dell’elettricità erano così sviluppate da favorire l’attuazione di questi propositi.
Lo Sponzilli morì a Napoli nel 1865: gli mancò il tempo per giungere a qualche realizzazione concreta e l’ambiente non era ancora preparato ed adeguato per collaborare con lui e prestargli quei sussidi tecnici necessari ad una pur rudimentale riuscita.
Non sapremo mai se Guglielmo Marconi, che cinquant’anni dopo sperimentò per la prima volta al mondo la telegrafia “wireless”, fosse a conoscenza degli studi di Sponzilli. Probabilmente no, ma l’epoca in cui cominciò a realizzare i suoi apparecchi telegrafici era stavolta propizia: “l’uomo giusto, al momento giusto”.
 
(Fiorenzo Zampieri)
              

– Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore.

Immagine 5.  “Obelisco dell’Orologio” posizionato sulla facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore a Barletta, progettato da Francesco Sponzilli  (Fonte Wikipedia)

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