Il “Necronomicon” e il misterioso Rattimiro Bulgheroni, uno strano, introvabile, misantropo; di Roberto Volterri.

 

Immagine di apertura: la Tomba di Famiglia di Howard Phillips Lovecraft a Providence, Rhode Island (Usa)

 

Il “Necronomicon” e il misterioso Rattimiro Bulgheroni, uno strano, introvabile, misantropo.

 

di Roberto Volterri

 

Nel libro, edito da Fanucci già ricordato in un precedente articolo, a pagina 213, c’è un interessante saggio di Giuseppe Lippi intitolato La traduzione perduta del Necronomicon.

Nel testo Lippi cita un articolo di otto pagine, pubblicato – così pare – sull’ultimo numero, Marzo-Aprile, della rivista parigina Cahiers Noires – forse intendeva Les Cahiers Noirs du Soleil? – e intitolato “Sur le Maitre Giulio Camillo Delminio, par Rattimiro Bulgheroni”.

Ora, mentre dell’umanista Giulio Camillo, detto Delminio, sono note la data di nascita (1480), quella di morte (1544), la città natale (Portogruaro) e le sue opere, dal trattato Imitazione nell’arte al mai concluso Teatro della memoria, di Rattimiro Bulgheroni, un non meglio identificabile corrispondente italiano, durante i primi mesi della mia ricerca sul ‘Necronomicon’ non sono riuscito a trovare nulla. Proprio nulla!

 

 

 

  1. Immagine sopra: l’interessante libro della Fanucci, pubblicato nel 1978, denso di informazioni (e volute disinformazioni) sul Necronomicon.
  2. Immagine in basso: frontespizio di un libro di Giulio Camillo, pubblicato a Venezia nel 1580.

 

Un vero peccato, poiché il fantomatico Rattimiro Bulgheroni, dopo avere svolto chissà quali e quante approfondite ricerche, sarebbe arrivato alla conclusione che Delminio “…conobbe senz’altro il Necronomicon e che anzi ne tentò una versione in volgare…”

Più avanti leggiamo che “…Bulgheroni dimostrò anche inconfutabilmente che tutte le volte in cui nel testo di Scotto si nomina il Liber Damnatus questo non è altri che il Necronomicon…”

Scotto? “Chi era costui?”, direbbe a tal punto il solito manzoniano Don Abbondio. Cercatelo anche sulla “Enciclopedia Treccani”: forse troverete Girolamo Scotto, alchimista e chiromante della metà del XVI secolo…

Pane per i nostri denti, non credete? Ma il “meglio” viene adesso…

Di certo gli Scotto – o anche Scotti – erano una famiglia di tipografi che operarono a Venezia tra il XV e il XVII secolo. L’attività ebbe inizio con Ottaviano il Vecchio (1440 – 1498) e continuò con Ottaviano il Giovane e Girolamo, suoi nipoti. Pubblicarono messali, testi musicali, classici e anche opere dantesche.

Ma non risulta che della famiglia facesse parte il suddetto Marco Scotto il quale avrebbe scritto, alla fine del XVI secolo, che Giulio Camillo Delminio “…non trascurò le fonti islamiche – evidenzia sempre Lippi – e che del mondo arabo riportò i preziosi insegnamenti di un maestro ingegnosissimo, Abdul Azhared – non come scrive Lovecraft, Alhazred – di Sana’a.

 

  1. Immagine sopra: No, state tranquilli, purtroppo non è la copia scomparsa del Necronomicon. Sono soltanto due antichi libri del XVII secolo trovati dall’autore dell’articolo durante le sue ricerche…

 

L’attendibilità di ricercatore del Bulgheroni – leggo ancora nello strano saggio di Giuseppe Lippi – è così confermata da Giorgio Manganelli, che lo conobbe poco prima della morte. Era un uomo schivo, assolutamente eccentrico in ogni abitudine; scriveva e leggeva schermando fino all’inverosimile le lampadine e sorgenti di luce, sicché si può affermate che lo facesse al buio…

Non vi ricorda un po’ Lovecraft che scriveva di notte mentre di giorno simulava l’oscurità chiudendosi in casa con le imposte serrate? Un caso?

5. Immagine in alto: la casa di Howard Phillips Lovecraft a Providence (Rhode Island)

 

“Era un uomo schivo, assolutamente eccentrico in ogni abitudine; scriveva e leggeva schermando fino all’inverosimile le lampadine e sorgenti di luce, sicché si può affermate che lo facesse al buio…”. Così l’introvabile Rattimiro Bulgheroni viene descritto da Giorgio Manganelli, noto uomo di cultura, traduttoregiornalistacritico letterario. Non sembra di vedere, con gli occhi della mente proprio Howard Phillips Lovecraft mentre nella sua casa di Providence, qui mostrata, scriveva i suoi racconti gotici?

…Con gli uomini parlava molto poco – continua Lippi – ma era prodigo di consigli verso gli animali, e specialmente i gatti randagi del suo quartiere, la borgata di San Basilio. Conosceva perfettamente il greco e il latino e, fra le lingue moderne, francese e tedesco li leggeva regolarmente. Era un filosofo autodidatta ma perfettamente preparato, un provetto bibliografo e un erudito conoscitore di storia delle tradizioni, specie per il verso che riguarda l’occulto e il magico. Ha compiuto studi importantissimi di regionalistica e mi auguro che presto i suoi manoscritti trovino un editore e un pubblico: interesserebbero almeno una mezza dozzina di scienze umane. Prima di morire esprimeva un solo desiderio: conoscere l’arabo medievale abbastanza bene da leggere un grimoire scritto a Damasco nell’VIII secolo e intitolato Al-Azif. A patto, aggiungeva sorridendo, di rintracciarne una copia.

Tutto ciò sarebbe stato pubblicato dal Manganelli sulla rivista Tempo del 10 febbraio 1973 in un articolo intitolato “È un filosofo? No, uno stregone”.

 

 

 

6 – 7. Immagini sopra e sotto: Rattimiro Bulgheroni forse non è mai esistito, ma la rivista ‘Tempo’ nel 1973 esisteva!  A destra un numero della rivista francese ‘Les Cahiers Noirs du Soleil’ sulla quale – con moltissimi dubbi… – sarebbe stato pubblicato l’articolo “Sur le Maitre Giulio Camillo Delminio, par Rattimiro Bulgheroni”.

 

Non sono stato in grado di procurarmi quel numero della citata rivista e l’unica cosa che ho accertato è che Giorgio Manganelli si è – en passant – occupato di Lovecraft nel suo libro La letteratura come menzogna, ristampato da Adelphi nel 2004.

Ho allora contattata telefonicamente la figlia, la quale molto gentilmente ha allargata la ricerca ad amici e collaboratori del padre, fino a che, da chi ben sosteneva di conoscere l’intera vicenda, non è giunta la risposta che qui trascrivo…

 

“… Mi affretto a dirti (scusandomi nel contempo) che l’articolo citato è uno pseudo-item, da me inventato nel lontano 1979 in un fittizio resoconto sullo pseudobiblium per eccellenza, il “Necronomicon” di H.P. Lovecraft. Il tuo illustre padre si è occupato di Lovecraft in un saggio contenuto nella raccolta “La letteratura come menzogna” ed è questo ad avermi dato l’idea di attribuirgli le ricerche sul romano Rattimiro Bulgheroni. Spero non te ne avrai a male, soprattutto trattandosi di una storia tanto vecchia; ma in una bibliografia completa di Giorgio Manganelli potresti inserire forse un codicillo sulle opere immaginarie. Spero di avere soddisfatto la tua curiosità, di avere ottenuto il tuo perdono e lasciami dire quanto sia onorato di aver fatto la tua conoscenza.

Rattimiro Bulgheroni non esiste… Frutto della fantasia di Giuseppe Lippi.”


Sarà così che stanno realmente le cose. Forse sì, forse no…

 

8 – 9. Immagini sopra e sotto: Howard Phillips Lovecraft, i suoi racconti “gotici”, le sue strane e particolari atmosfere e il suo ‘Necronomicon’ hanno fatto breccia anche in ambito accademico, come mostra questa tesi di Laurea in Scienze e Tecnologie della Comunicazione del Dr. Carlos Mastantuono. Alcune pagine della tesi riguardanti proprio il “Libro Proibito” sono state inserite ne “I Libri dell’Abisso”.

Torniamo all’introvabile misantropo Rattimiro Bulgheroni…

Lippi, a proposito di una possibile traduzione antica del Necronomicon, aggiunge anche che…

“… La fonte principale è l’opera di Rattimiro Bulgheroni, {1900-1964), tipico mezzemaniche romano: un impiegato del Ministero del Tesoro che, in quasi trentacinque anni di attività, scrisse oltre duecento fra saggi, monografie e raccolte di testimonianze su quello che lui chiamava “il mondo dell’occulto”..

Fatte le doverose indagini presso un apposito Ufficio del menzionato Ministero, emerse che nel loro Database non risultava affatto che tale Rattimiro Bulgheroni avesse mai fatto parte della loro pianta organica. Insomma, per loro non era mai esistito!

E poiché Lippi sosteneva che il Bulgheroni abitava a Roma nella borgata San Basilio, altrettante indagini feci presso l’Ufficio Anagrafe della città, indagini da cui emerse che nessun Bulgheroni aveva mai abitato l’Urbs aeterna!

Però la figura di questo stranissimo personaggio, le sue strambe abitudini, il suo interesse per il Necronomicon mi avevano affascinato e pensai di indagare ancora un po’ di più proprio sul campo, ipotizzando che il nostro personaggio avesse utilizzato un curioso pseudonimo. Invano, ovviamente!

La borgata San Basilio è a Roma e Rattimiro Bulgheroni – con un nome così! – non  pareva potesse essere un qualsiasi Mario Rossi, dei quali la capitale abbonda nel suo elenco telefonico. No, pensai, di Rattimiro Bulgheroni, se esiste davvero, ce ne è solo uno. Andai nella borgata San Basilio – tra la via Tiburtina e la via Nomentana – chiesi a destra e a manca, ma nessuno ne aveva mai sentito parlare. Eppure, date le sue “stranezze” non avrebbe dovuto passare inosservato!

Poi presi spunto da una nota a piè di pagina nel saggio di Lippi in cui, con riferimento all’introvabile articolo del Manganelli, si ricordava “…la scomparsa di Bulgheroni avvenuta in circostanze tanto misteriose da renderle romanzesche. Il 4 febbraio 1964 il ricercatore solitario sparì dalla sua casa e non fu più visto da nessuno fino al 7 ottobre dello stesso anno, epoca in cui fu ritrovato morto – ma solo da pochi giorni – in una casa colonica abbandonata presso Tarquinia. Le cause del decesso non sono mai risultate chiare, anche se il certificato di morte depositato all’anagrafe di Roma parla di trombosi ad effetto letale.”

E anche nella zona di Tarquinia feci alcune ricerche per capire se e quando fosse morto il Bulgheroni. Ma nulla emerse…

E allora, al termine di queste ricerche, cosa dedurne?

Ammettiamo che le indagini su Rattimiro Bulgheroni potrebbero essere state incomplete, ammettiamo che avrei dovuto cercare in un’emeroteca la rivista Tempo del 10 febbraio 1973, ammettiamo che avrei dovuto indagare più a lungo tra le case coloniche di Tarquinia per ricavare dettagli sulla strana scomparsa del filosofo autodidatta, ma di più non sono riuscito a fare.

Eppure, in tutte le ricerche non lesino certamente l’impegno!

Ma le stranezze, i depistaggi, non terminano qui…

Provate a trovar tracce – in Wikipedia, nella Enciclopedia Treccani, dove volete – di tale Arturo Boffa, autore – sostiene sempre Lippi – di un libro intitolato I neoplatonici del Rinascimento, libro che sarebbe stato pubblicato da Laterza nel 1929 e di un “…monumentale Magic Lore in Western Highbrow Culture edito dall’Oxford University Press nel 1965.”  Non ci sono riuscito…

Volete sapere cosa mi hanno risposto proprio dalla Oxford University Press a cui avevo chiesto “lumi” sul misterioso Arturo Boffa e su quest’ultimo libro? Eccovi accontentati…

 

 

“Dear Dr. Volterri, thank you for your query.

Unfortunately we are unable to help as this title and author do not appear on any of our databases. I have tried looking on the internet and I cannot find any record of Arturo Boffa at all.

Good luck with your research

 Kind Regards

                                          Susan Emsley

                                       Senior Bookseller”

 

Ovvero, alla Oxford University Press non risulta comparire nessun Arturo Boffa tra i loro autori e nel loro Database il citato testo… non esiste!

Un coacervo di dati errati, imprecisi, inesistenti tanto per confondere sempre di più le acque?

Un altro geniale intervento del ben noto Giuseppe Lippi, giornalista, scrittore e traduttore, curatore del mensile di fantascienza Urania e attivissimo nel campo della letteratura “fantastica” per dar vita ad un geniale espediente commerciale in ambito editoriale e creare questa strana, quasi divertente, vicenda che aumenta a dismisura la coltre di “gotica” nebbia sull’esistenza o meno del Necronomicon?

Tentate voi di fare il “Punto sul Mistero” e cercate di trovare qualche razionale conclusione…

(Roberto Volterri)

Le immagini sono state fornire dal professor Roberto Volterri.

 

 

10. Porte Magiche? Porte Alchemiche? Porte Mistiche? Porte interdimensionali? Il nostro Bel Paese, qua e là, nasconde testimonianze provenienti da un lontano passato, testimonianze che riconducono ad un epoca in cui l’Uomo ha cercato di squarciare, anche per un solo attimo, il “velo di Maya”, il “velo” che secondo una non del tutto ben compresa interpretazione del pensiero buddista – rappresenterebbe l’illusorietà della realtà che ci circonda. Un viaggio che ci porterà in molti luoghi italiani dove, davanti agli occhi di ignari passanti, si celano e nascondono delle porte che possiedono antiche e profondi significati iniziatici, esoterici e magici.

 

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