Il segreto della lapide di Opi in Abruzzo; di Guglielmo Viti

 

Immagine di apertura;  la pietra con l’epigrafe latina  “Sacerdos cerialis” a Opi in Abruzzo.

 

Il segreto della lapide di Opi.

di Guglielmo Viti 

Spesso diamo per scontato notizie, opinioni, deduzioni, fatti che derivano dalla interpretazione di testi di cui si tramanda il contenuto anche se la lettura è errata.
Così è capitato per una celebre lapide anagnina che attribuiva il restauro delle terme romane, fatte risalire per questo al I secolo d.C., al generale Fabio Valente, famoso generale e collaboratore di Nerone, mentre la dedica era ad un console meno noto di nome Fabio Vitale, con una notevole differenza cronologica per la datazione del restauro delle terme.
Ad Opi, cittadina abruzzese in provincia de L’Aquila, divenuta celebre recentemente per essere stata il set del bel film “Un mondo a parte”, esiste una lapide murata sul campanile della chiesa madre di Santa Maria Assunta che recita esattamente:
SACERDOS CERIALIS
ovvero
SACERDOTE DEI CEREALI.
Se andate a consultare qualsiasi guida che ne parli troverete come testo riportato : Sacerdos Cereris o Sacerdos Cereis , ambedue errate, con la traduzione “Sacerdote di Cerere”.

 

2. Immagine sopra; panorama di Opi (Fonte Wikipedia).

 

Senza che vi sia una spiegazione logica questa lettura ed interpretazione attribuisce la lapide ad un tempio dedicato alla dea Cerere, ad un suo culto, già fin da tempi remoti.
Ma abbiamo evidenziato che sulla lapide sta scritto Sacerdos Cerialis che tradotto significa “Sacerdote dei Cereali” ed allora andiamo a cercare nella storia l’esistenza e la funzione di questo sacerdote.
Debbo premettere che per quanto di mia conoscenza, non essendo un epigrafista, non esistono altre lapidi con questa dicitura, è un unicum, ma sappiamo di numerose lapidi dedicatorie che riportano come carica il MAGISTER CERIALIUM URBANORUM.
Riporto come esempio la lapide trovata in località Salvotta a Vasto che riporta:
HERCULI EX VOTO ARAM/L.SCANTIUS L. LIB.MODESTUS VI VIR/AUG.MAG.LARUM AUGUST.MAG/CERIALIUM URBANORUM L.D.D.D./III KL SEPTBRI
ovvero,
Lucio Scanzio Modesto, liberto di Lucio Sexmviro Augustale, capo dei Lari Augustali e Capo dei Cereali Urbani, elevò ad Ercole, in soddisfazione di voto, in luogo a lui dato per decreto dei Decurioni”.
La quasi totalità di queste lapidi sono concentrate nel Sannio e sono conseguenza della riforma territoriale ed amministrativa della penisola fatta da Augusto. Con questa riforma fu creata, appunto la carica di Magister Cerialium Urbanorum ovvero del “Magistrato dei cereali dei cittadini”, cioè di coloro che vivevano entro le mura della città e non del contado, la classe abbiente.
Questi magistrati subentravano ai preesistenti sacerdoti che rimangono come sottoposti facenti parte di un collegio ad hoc creato.
Tali sacerdoti erano addetti al culto di Cerere ma, originariamente, prima di Augusto, come stavano le cose? Ritengo che l’esistenza di sacerdoti di Cerere, Sacerdos Cereris, non escludeva l’esistenza dei sacerdoti dei cereali, Sacerdos Cerialis, visto che hanno denominazioni diverse ed incarichi specifici diversi.
Ma quale funzione e ruolo avevano questi antichi sacerdoti dei cereali?
Non abbiamo notizie in merito ma sappiamo che la più antica testimonianza sulla loro esistenza ci viene dalla Bibbia (Le 23:15-17) dove si narra che esistevano sacerdoti, detti dei cereali, che avevano come dovere quello di offrire offerte a Dio con dei pani che venivano ritualmente mangiati dall’officiante in luoghi del tempio destinati a questo.
Ma esiste una testimonianza ancor più antica legata al mondo egizio. Fra gli Egiziani esistevano dei sacerdoti dei cereali che, così come gli Ebrei, offrivano il pane agli dei.
Del resto è noto il legame storico-culturale fra i due popoli. Tornando ad Opi è indubbio che nella terra dei Sanniti il grano, l’orzo, il farro erano beni preziosi vista la natura del territorio e l’esistenza di un celebrante che si dedicasse a questo tipo di offerta è più che giustificata.
Escluderei che questa lapide fosse stata fatta come dedica ad un personaggio specifico mentre ritengo più appropriato un uso come targa fatta per indicare un luogo di competenza per quel tipo di carica sacerdotale.
Una sorta di insegna dove i fedeli potevano consegnare i loro preziosi doni. Certo è che il sacerdote operasse presso un tempio che facilmente era dedicato prima ad una divinità locale come la dea Ops, assorbita poi nel Pantheon romano, diventata Demetra e poi Cerere.
Sia Ops che Cerere sono divinità legate ai prodotti della terra, dell’abbondanza e, quindi, ai preziosi frutti che essa genera, mentre Demetra era anche legata al mondo sotterraneo, degli inferi.
Sembra allora che tutto torni: ad Opi sannita esisteva un tempio in cui un sacerdote, con la carica di Sacerdote dei cereali, riceveva in un luogo specifico i cereali come offerta alla divinità e questo luogo era indicato dalla lapide murata sul campanile.
Ma non è proprio così, dall’esame delle lettere incise ci accorgiamo di un particolare importante: la lettera A ha la traversa spezzata con la punta in basso.
La grafia di questa lettera ci porta all’epoca dell’imperatore Costantino (274-337), a quel IV ssecolo d.C. che vede l’autorizzazione alla diffusione del cristianesimo nell’impero.

 

 

 

3. Immagine sopra; la gigantesca testa di Costantino in Campidoglio, risalente al 330 circa d.C.. (Archivio ilpuntosulmistero)
 
Bisogna considerare che come in tutte la rivoluzioni, politiche, economiche, sociali o religiose c’è sempre un periodo più o meno lungo in cui le antiche tradizioni, istituzioni, convivono con le nuove. Anche oggi in molte feste e cerimonie popolari troviamo analogie con antichi riti se non, addirittura, la rievocazione proprio di quelle antichissime credenze. Soprattutto in ambito religioso è facile trovare come accanto ai culti cristiani sopravvivono tradizioni e culti pagani che vengono con il tempo assorbiti, anche con la forza.
Non è facile far cambiare secoli di credenze, di riti, cerimonie che facevano parte dell’anima stessa di un popolo. Accade spesso, infatti, che alcune feste, date, ricorrenze, figure, formule ecc.. vengano assimilate e trasformate nella nuova religione. Questa convivenza e lenta trasformazione sembra essere testimoniata dalla lapide di Opi.
In questo isolato paradiso del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise era ancora più difficile in passato, che in altri posti, trasformare le antiche e consolidate credenze e cerimoniali, ed ecco che allora l’ipotesi che scaturisce da tutto ciò che abbiamo scritto fin’ora: in tempi remoti, quando ai mitici Opici subentrano i Sanniti (Safini ex Sabini) in virtù della “Primavera Sacra”, antichissimo rituale che voleva che per guadagnare il favore degli dei per i futuri raccolti, si sacrificassero i nuovi nati della stagione, per evitare di uccidere i bambini appena nati, questa usanza fu sostituita con l’offerta agli dei di nuovi frutti della terra e si dedicavano i giovani obbligandoli a partire per colonizzare nuovi territori. A parte una mia valutazione che vuole la derivazione del termine OPI, nome della cittadina, derivante da Opici e non dalla dea Ops, proprio per l’antichità dello stanziamento e, forse, è dall’origine mitica degli Opici che nasce, invece il nome della dea, penso che questo culto di offrire le primizie alla divinità fosse di origine egizia così come anche nel mondo ebraico lo scopo di queste offerte era il medesimo.
Ritengo, quindi, che questa sia una delle più antiche cerimonie della religione in genere e sannita in particolare.
Un culto antichissimo che sopravvive nei secoli, gli dei prendono vari nomi per ragioni diverse e si consolidano nei secoli e forse Ops ricorda antiche radici, ancestrali origini e, non c’è alcuna ragione per escluderlo, trova molte difficoltà ad essere sostituita almeno nella sua essenza .
4. Immagine sopra; l’imperatrice Livia Drusilla Claudia, moglie di Ottaviano Augusto, ritratta nelle vedti dell”arcaica divinità italica Opi, poi assimilata a Cerere e a Demetra (Fonte Wikipedia)

 

Allora ad Opi esiste la testimonianza di una comunità talmente legata alla propria cultura, alle proprie tradizioni che, anche grazie ad un territorio “difficile” conserva i propri culti e le proprie figure sacerdotali anche in epoca cristiana in una convivenza e reciproco rispetto che è di commovente insegnamento, soprattutto oggi.
(Guglielmo Viti)

 

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