IL PRIMATO DI ANAGNI ERNICA; di Guglielmo Viti.

 
Immagine di apertura; “Anagnia, la Città Santa degli Ernici come descritta dal futuro imperatore Marco Aurelio all’amico Frontone. Acrilico su tela cm 70×50 dipinto dal maestro Otello Perazzi (dal libro “Antiche popolazioni italiche” di Giorgio Copiz e Gianluigi Proia – 2009).

 

IL PRIMATO DI ANAGNI ERNICA

di Guglielmo Viti

So che chi leggerà questo scritto avrà da ridire, soprattutto gli studiosi e gli esperti, ma io penso di poter esprimere le mie opinioni in modo chiaro come , credo, di aver sempre fatto.
Guardando un bel filmato del 1981 dedicato ai popoli italici curato dal grande Sabatino Moscati mi ha colpito una sua riflessione quando, parlando degli Ernici e dei Latini, ricorda che mentre conosciamo bene la storia romana grazie ai racconti di storici come Tito Livio, Silio Italico, Ennio, Svetonio ecc… poco sappiamo della storia dei popoli abitatori della penisola prima di Roma perchè non ci sono le fonti dirette di autori contemporanei.
 

2. Immagine sopra; il territorio dell’antico Latium adiectum con le poolazioni  che vi abitavano.
In realtà non è proprio così , noi abbiamo iscrizioni, testi, incisioni ecc…testi per lo più a tema religioso ma che ci danno molte indicazioni anche sulla storia.

3. Immagine sopra; Civiltà Etrusca. Ricostruzione immaginaria del mitico (e mai scoperto dagli archeologi) Sepolcro del re Porsenna (Archivio ilpuntosulmistero).
Prima di Roma in Italia ci sono due importanti poli culturali, due popolazioni che dominano la penisola:
gli Etruschi ed i Greci.
In tuscorum iure pene omnis Italia fuerat” dice Catone ( Servio, ad Aen. XI, 567) , ovvero “quasi tutta l’Italia era sotto il dominio degli Etruschi” tranne, appunto, soprattutto, la Magna Grecia.

4. Immagine sopra; Magna Grecia.  Le cosiddette ” Tavole Palatine” di Metaponto (MT),  in realtà i resti di un tempio dorico  esastilo del VI secolo a.C.,  dedicato alla divinità greca Hera (Fonte Wikipedia)

 

Noi siamo a conoscenza di molte popolazioni che abitavano lo stivale (5. Immagine in basso).
 
Ma, intendiamoci quando parliamo di popolo nel X/IX sec. a.c., a parte i gruppi citati, parliamo di piccoli gruppi formati da clan familiari che naturalmente subivano l’influenza culturale ed economica dei due popoli dominanti.
Fra questi due grandi blocchi, gli Etruschi, popolo di origine non indoeuropea che sviluppa la sua civiltà fin dall’VIII secolo a.C., grazie essenzialmente ai contatti via mare, di cui erano i dominatori assoluti, da cui il nome Tirreno (da Tirreni antica denominazione greca degli Etruschi), ed i Greci delle colonie che pur limitando la loro presenza solo alla costa del Meridione influenzarono anche le popolazioni dell’interno, scopriamo oggi un terzo polo.
Fra questi due blocchi troviamo gli Ernici, un popolo che gli autori antichi ci dicono proveniente dall’entroterra fra Umbria e Lazio, di origine indoeuropea e, quindi, provenienti dal nord Europa, così come confermato dai linguisti e da testimonianze archeologiche, nati dal gruppo dei Sabini nel corso della “Primavera Sacra” (6. Immagine in basso)

La Primavera Sacra era una cerimonia durante la quale gruppi di giovani si allontanavano dal ceppo familiare di origine per cercare e popolare nuove terre.
Sull’origine del nome Ernici ci sono varie ipotesi fra le quali una spicca di essere citata: il temine Ernici deriverebbe dal termine, di origine sabina, Herna che significa monti.
Allora gli Ernici arrivarono intorno all’VIII secolo provenienti dai monti, che oggi portano il loro nome, nelle pianure del fiume Sacco e fondarono la città di Anagni che rimarrà sempre la loro capitale.
Gli Ernici restarono per secoli un popolo misterioso, quasi mitico, legato alla leggenda di Saturno e dei Pelasgi.
7. Immagine sopra; lo straordinario ed enigmatico sito megalitico di Nardodipace in Calabria.  Secondo l'”Archeologia ufficiale” i megaliti sono una formazione naturale. Ma per altri ricercatori si tratta di vestigia del non meno misterioso popolo dei Pelasgi.
Servio ci narra, infatti, che il capo di un gruppo di Pelasgi (mitica popolazione di origine greca) si chiamava Hernicus e che da questo gruppo si sviluppò il popolo degli Ernici.
Un popolo misterioso, abbiamo scritto, legato in modo straordinariamente viscerale al territorio “L’oscurità e il silenzio dei boschi concorsero ad avvolgerli in un’aura di mistero e sacralità e a farne la dimora di esseri divini (la parola “lucus” “bosco” avrebbe finito con l’equivalere a santuario…)” ( M. Pallottino) (v. il Lucus Dianae ad Osteria della Fontana ad Anagni).
Ci sono, oggi, nuove teorie basate su scoperte e nuovi studi che vedono gli Ernici legati ai Marsi.
Gli Ernici si distinguono anche per una “maggiore antichità di stanziamento nel lazio rispetto agli altri popoli italici” ( Gatti, Coarelli ).
Stiamo in un’epoca in cui questa comunità abitava in capanne fatte di pietre, tronchi ed il tetto in canne e frasche (4) e dedita soprattutto alla pastorizia.
Gli Ernici, però, presto, fin dal VI/V secolo a.C., grazie ad un terreno particolarmente fertile trasformano la loro economia in agricola con la coltivazione del grano e della vite ed è da questo momento che, inevitabilmente, si crea un forte scambio commerciale e, quindi, culturale, con i potanti vicini Etruschi.
Gli Ernici riescono a costruire una autonomia economica importante grazie ad alleanze con Etruschi, latini, Sanniti ecc…
In questa autonomia si sviluppano le loro tradizioni formatesi in loco con le popolazioni indigene anche prima del loro arrivo nel Lazio, la loro religione, i loro costumi, la loro lingua e si dedicano anche ad uno sviluppo culturale piuttosto unico.
La loro cultura, che secondo le testimonianze dei Romani si manifesta essenzialmente nella cura delle pratiche religiose riflette certamente influenze etrusche così come l’alfabeto che usano o gli oggetti che fabbricano ma con caratteri molto particolari ed identificativi.
Contemporaneamente alle importazioni, però, questi contesti evidenziano una forte capacità di rielaborazione e di produzione locale, soprattutto nelle classi ceramiche di impasto, di bucchero e di imitazione etrusco-corinzia, denotando un ruolo di grande vitalità produttiva, economica e commerciale di Anagnia in epoca arcaica” (Gatti, Coarelli).
Noi conosciamo la cultura dei popoli dell’Italia antica per la opere artistiche di valore ispirati stilisticamente al mondo greco del Peloponneso e, prima, miceneo, egizio, punico ecc… ovvero al mondo del Mediterraneo.
8. Immagine in basso; Peloponneso. La rocca di Micene (foto G. Pavat 1986)

Noi valutiamo le capacità artistiche e quindi il valore culturale di chi ha prodotto queste eccezionali opere d’arte dalla ricchezza dei manufatti, dalla loro bellezza stilistica e dalla loro originalità. In questo modo di valutare l’importanza di un popolo, però, ci sfuggono alcune caratteristiche egualmente valide come per esempio il valore della cultura agricola o quello della pastorizia ed allevamento che, per es, nella transumanza raccontano il valore e la storia di un grande popolo come i Sanniti.
L’importanza della civiltà sannita non si può certo misurare con la produzione di ceramiche o statue ma diede vita ad una eccezionale attività metallurgica, alla costruzione di importanti centri sulla via della transumanza come Sepino, o Isernia o Avellino.

 

9. Immagine sopra; Mura megalitiche di Monte San Casto, sopra Sora (FR). Secondo alcuni ricercatori sono da attribuirsi ai Sanniti (Foto Giuseppe Rinna 2014).

 

Nelle tombe sannite non c’è oro ma armi, raffinati monili in bronzo e, dai reperti, si ricava il loro forte attaccamento alla famiglia.
Sui Sanniti ci sarebbe moltissimo da raccontare ma torniamo agli Ernici. Abbiamo scritto della cultura degli Ernici e questo sembra essere una caratteristica che li distingue da tutti gli altri popoli dell’Italia antica. Abbiamo molti indizi sulla loro profonda conoscenza e stima del loro passato tanto da essere citati da Cicerone come “ornatissimi” ”elegantissimi”e poi abbiamo anche i racconti di vari eroi anagnini da Elio Cispio (VI sec. a.C.), Buta (III sec. a.C.), Lucio Fabio Settimuleio (II sec. a.C), Fabio Valente (I sec. a.C.), donne eccezionali come Marcia (II sec.a.C.) ecc..che sono protagonisti della storia di Roma fin dalle origini .
Quando in questo articolo scrivo Ernici, intendo sempre e solo Anagni, la città principale, la capitale, che meglio li rappresenta.
Nelle tombe erniche non sono presenti tanto le armi, benché sappiamo bene quante guerre abbiano combattuto anche contro Roma, quanto il loro valore militare fosse famoso, ma abbiamo numerosissimi ornamenti come fibule, spille, bracciali, armille (10-11 immagini in basso)
e questo solo per confermare la loro cura nel vestire.

12. Imnagine sopra; un guerriero Ernico con il cosiddetto “monosandalo”. Statuetta in bronzo realizzata dal maestro Americo Pirazzi (dal libro “Antiche popolazioni italiche” di Giorgio Copiz e Gianluigi Proia – 2009).
Aggiungiamo che la caratteristica dei guerrieri ernici di combattere con un piede scalzo, il “monosandalo” indica quanto fosse forte il legame anche “filosofico” con la loro terra, come fosse importante, oltre la capacità fisica di combattere, anche l’energia magica che proveniva dal sottosuolo.
Anche questo è sinonimo di un rapporto con la terra, la natura, che va oltre il semplice sfruttamento per il sostentamento fisico, stiamo parlando già allora di rapporti con la natura di tipo “culturale”.
Abbiamo una produzione di vasi assolutamente particolare così come altri di evidente influenza etrusca e greca. Abbiamo testimonianze archeologiche di una organizzazione agricola molto ben studiata con moltissime unità di produzione a livello familiare di grano, vino ed olio. Anche a livello dello sviluppo agricolo esiste uno scambio, mai una sudditanza passiva, con la civiltà etrusca come per esempio nella coltivazione dell’uva.
Ma ciò che rende veramente unici gli Ernici, che classificherei come un terzo polo fra Etruschi e Greci, è l’avere cura della propria storia, tradizioni, lingua e sappiano conservarne con cura la memoria.
Quando l’imperatore Marco Aurelio viene in visita ad Anagni racconta in una famosa lettera a Frontone, che ciò che lo ha colpito in modo particolare è che ad Anagni “città piccolissima” esisteva un numero notevole di libri “lintei” ovvero testi scritti su tela e non su papiro e, quindi, molto preziosi.
Un imperatore come Marco Aurelio conosceva certamente se non de visu ma per fama le grandi biblioteche del mondo greco ed egizio, come Efeso ed Alessandria, oltre quelle di Roma, e rimanere colpito da quella di una piccola città come Anagni significa che doveva essere veramente straordinaria.
Chissà quanti volumi, chissà quanti temi trattati, chissà quante opere letterarie e storiche, chissà…
Ad Anagni esiste vicolo dei Pulpiti che prende il nome dai numerosi pulpiti o leggii che vi furono ritrovati nell’800 e che indicano la presenza di un notevole numero di testi, forse era questo il sito della biblioteca?
Non abbiamo altre testimonianze di biblioteche importanti nell’Italia antica e, soprattutto nel Lazio, ed ecco allora emergere la qualità straordinaria di un popolo che ama definirsi tale, di una città che Virgilio definisce “dives”  “ricca”. Anagni era ricca per la sua eccezionale produzione agricola, armata della cultura espressa dal bel vestire, dall’artigianato, dal conservare testi importantissimi, dal conoscere le tecniche di costruzione espresse nella realizzazione di templi, edifici sacri (anche questi meravigliarono Marco Aurelio) e le imponenti mura.
Anagni era considerata dai Romani una Città santa ed avevano un profondo rispetto per i culti che vi si celebravano tanto da lasciare la possibilità di continuare nei loro riti anche quando, una volta sconfitta, venne dichiarata “Civitas sine sufragio”.
Ma c’è un’altra caratteristica da rilevare per l’unicità della città di Anagni rispetto a tutte le altre città erniche: Anagni ha una cinta muraria lmitata all’abitato o più esattamente ai fabbricati importanti pertinenti il culto e la cerimonie sacre con una piccola parte dedicata all’abitato, mentre le altre cttà come Alatri, erano circondate da mura ciclopiche in pietra che chiudevano un territorio più vasto dell’abitato per consentire il rifugio anche agli animali a difesa di eventuali attacchi.

13. Immagine sopra; la megalitica “Porta Maggiore” della “Civita” di Alatri – FR (Archivio ilpuntosulmistero).
14. Immagine in basso; tratto di Mura megalitiche di Pelonga, non lontano da Alatri (FR). Sono state realizzate dagli Ernici? (Foto G. Pavat 2021).

L’economia anagnina, come scritto, era essenzialmente agricola agevolando una vita stabile con una cura particolare per la propria cultura che gli altri popoli, legati ad economie pastorali, allevamento e nomadismo, non potevano permettersi. In passato gli studiosi quando si riferivano ai popoli dell’Italia antica si limitavano ai Greci, Etruschi, e per le origini mitiche, ai Sabini e pochi altri, gli Ernici erano praticamente ignorati (15. immagine in basso).

Oggi mi permetto, invece, di inserire gli Ernici come popolo che influenzò insieme alle altre due “superpotenze” le culture limitrofe. Sulle testimonianze monumentali, sui fatti storici, sugli usi e costumi c’è ancora molto da scrivere, ci torneremo, ma intanto posso sottoscrivere che anche questo confermerà la supremazia degli Ernici. Fino a non molti anni fa, come ho scritto, degli Ernici non si sapeva niente ed ancora oggi sono praticamente ignorati dalla maggioranza delle persone.
Un popolo “mitico” che, finalmente, attraverso poche ma importanti campagne di scavo sta emergendo nella storia come “terzo polo” legato in modo determinante allo sviluppo delle popolazioni italiche compresi i Latini e Roma.
Oggi è importante che Anagni, maggiore centro ernico, capitale della confederazione, ricco scrigno di tanti tesori, monumenti, opere d’arte, testimonianze epigrafiche, diventi la vera ed unica sede di un museo ernico dove ricostruire e raccontare questa grande civiltà.
(Guglielmo Viti – archeologo)

– se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore. 

 

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