I “segreti” del Colosseo, simbolo della città di Roma, e dei “Nomi arcani” dell’Urbs aeterna; di Roberto Volterri.

 

Immagine di apertura; Uno scorcio del magnifico Colosseo, simbolo della Urbs aeterna.

 

I “segreti” del Colosseo, simbolo della città di Roma, e dei “Nomi arcani” dell’Urbs aeterna.

“Difese a Roma la gloria del mondo…”

(Dante, Paradiso, XXVII, v. 62)

Roma. Anno 80 d.C.

Un variopinto e stravagante corteo sfila tra le strade dell’Urbs aeterna precedendo l’imperatore Tito che si reca ad inaugurare un mastodontico edificio eretto nel luogo in cui, fino a pochi anni prima, esisteva la Domus aurea, la sontuosa dimora di Nerone. Voluta dal padre di Tito, Vespasiano della famiglia dei Flavi – ma sì, proprio l’inventore degli omonimi pubblici ‘servizi igienici’ diffusi anche nella Roma di qualche decennio fa! – la nuova ed architettonicamente inconsueta costruzione è poi denominata proprio Anfiteatro Flavio, ma tra il popolino si diffonde maggiormente il nome che ancor oggi conosciamo: Colosseo. Quasi certamente in ricordo di una ‘‘colossale’’ statua di Nerone che lì esisteva…

  2. Immagine sopra; Titus Flavius Caesar Vespasianus Augustus.
3. Immagine in basso; la “Fontana-labirinto” ottagonale della Domus Flavia, residenza degli imperatori Flavi sul Palatino. (Archivio ilpuntosulmistero)

 

 

Panem et circenses – anche allora… – è l’imperativo categorico per avere sotto controllo la plebe e per tenerla lontana da riflessioni politiche che possono mettere in discussione l’operato delle classi dirigenti.

Ecco perché, accanto all’imperatore, nel corteo sfilano danzatori, mimi, giocolieri, domatori di belve feroci, strani animali con la proboscide, scimmie e altre stravaganze di ogni genere. Però l’attenzione della plebe è maggiormente concentrata sui ‘‘divi’’ del momento: i gladiatori. Un po’ come ai nostri giorni avviene quando passavano ‘‘eroi’’ del calcio come il simpatico Totti o l’imprevedibile Cassano. Accanto ai gladiatori sfilano gli aurighi che guidano i cocchi nelle corse… alla Ben-Hur, ma come ‘divi’ sono considerati di serie B!

                     4. Immagine sopra; Panem et circenses!  Gladiatori che si esibivano al Colosseo.

 

L’imperatore Tito – il quale ha corso il rischio di dilapidare le casse statali per terminare il Colosseo – non bada a spese e ingaggia per ben cento giorni gladiatori, saltimbanchi, giocolieri e tutto il ‘‘Circo Barnum’’ dell’epoca.

Così l’Urbs aeterna della fine del I secolo d.C. vede esibirsi gli eques che combattono a cavallo, i murmillones, gli imponenti e temibili secutores,traces, più ‘’smilzi’’ ma non per questo meno pericolosi con le loro armi leggere ed infine i retiarii, armati solo di una rete di corda e di un tridente ma insidiosi come uno scorpione…

Lo sconosciuto e geniale architetto, al quale dobbiamo la costruzione che ancora oggi  attira a Roma milioni di persone da tutto il mondo, inizia i suoi lavori… prosciugando  il lago artificiale che Nerone aveva voluto davanti alla sua Domus Aurea.

 

 

5. Immagine sopra; Busto di Lucio Domizio Enobarbo, meglio noto come Nerone, esposto  ai Musei Capitolini a Roma (Fonte Wikipedia).

 

 

Quasi un’operazione di damnatio memoriae: si cancella del tutto il ricordo del poco amato imperatore e si costruisce qualcosa che darà al popolo giorni e giorni di divertimenti!

Con una tecnica costruttiva che farebbe invidia anche ad imprese moderne, materiali sempre meno pesanti vengono utilizzati via via che si raggiungono i piani più alti, mentre apposite squadre di operai specializzati realizzano, a parte, i modula, veri e propri elementi prefabbricati che poi saranno inseriti nel complesso edificio come una sorta di ‘’Lego’’ ante litteram.

Sistemi di sicurezza consentono di evacuare il Colosseo in appena tre minuti, apposite mura radiali dividono… la ‘curva sud’ dalle tribune d’onore in modo da evitare ‘incidenti di percorso’ e appositi teloni manovrati da marinai consentono di assistere agli spettacoli con il sole d’agosto e con le piogge di novembre.

6. Immagine sopra; Uno scorcio del Colosseo dove si intravede anche il Velarium che avrebbe consentito spettacoli anche nelle giornate eccessivamente soleggiate.

 

Poi, molti secoli più tardi, nell’arena sopraggiungono  altri romani e Papi ‘’disinvolti’’.

Così il Colosseo si trasforma in un cava di materiali da costruzione: le scalinate di San Pietro e parte della splendida piazza provengono proprio da lì…

Ma di questo scempio parleremo un’altra volta…

 

Il “mistero” dei Nomi sacri di Roma

 

“Oh, ma qual nome ora, de’ tuoi tre nomi, dirà l’Italia? Il nome arcano è tempo che si riveli, poich’è il tempo sacro…”.

 

… si domanda Giovanni Pascoli nel suo poetico componimento Inno a Roma”

 

Eh sì, perché l’Urbs aeterna di nomi sembra ne abbia ben tre, almeno uno non destinato ad essere rivelato a tutti. Vediamo alcune ipotesi…

Si è sostenuto in passato che furono i Pelasgi a darle il nome Rome che nella loro lingua avrebbe avuto il significato di ‘’forza’’ o anche ‘’valore’’, virtù queste di cui la mitica popolazione andava fiera. Rome sarebbe derivato, secondo altri autori, dal nome di un nipote o figlio di Enea e altri ancora si riallacciano alla tradizione che vedrebbe una donna troiana – appunto di nome Roma – far incendiare le navi dei Troiani ancorate lungo le rive del Tevere affinché non ripartissero.

Roma assomiglierebbe anche al nome della dea Rumina, presso i romani protettrice dei poppanti, in ricordo della mitica lupa che avrebbe allattato i due gemelli, Romolo e Remo, protagonisti del noto, cruento episodio.

Ma forse anche per la somiglianza che aveva allora il Colle Palatino con una mammella, come avvenne per il Golgotha, così chiamato per la sua somiglianza a un teschio…

7. Immagine sopra; La dea Rumina improbabile ispiratrice dei vari nomi dell’Urbs Aeterna.

 

Roma deriverebbe secondo altre tradizioni anche dall’antico nome del fiume Tevere Rumen – e sarebbe dunque “la città del fiume”, come confermerebbe anche un passo del grammatico Servio (IV-V secolo d.C.) nel commentare le opere di VirgilioFlumen Rumen dictus est…”, ma della lunga, aulica frase latina ‘facciamo grazia’ ai lettori de Il Punto sul Mistero traducendola brevemente con “… il fiume fu chiamato Rumen, e da ciò il Fico Ruminale, presso il quale furono gettati Romolo e Remo e dove è ora il Lupercale sulla rocca”.

8. Immagine sopra; Sotto il Fico Ruminale ” Romolo e Remo sarebbero stati trovati, custoditi da una “lupa”, probabilmente un’assidua frequentatrice dei… Lupanari.

 

Come ulteriore ipotesi, da cosa potrebbe derivare il nome ‘’essoterico’’ – cioè a conoscenza di tutti – della Città Eterna?

E quali sarebbero i suoi nomi “arcani”, “esoterici”, riservati ad una ristretta cerchia iniziatica?

 

 

Dalla “Groma” a… Roma.

 

Uno studioso romano, Pietro De Angelis nel 1937 dette alle stampe un interessante volumetto dal titolo “Le origini di Roma e il suo nome segreto”.

In esso, egli avanza un’ulteriore ipotesi – legata al rito di fondazione di una città – che tra tutte quelle fino a ora esaminate non sfigura affatto.

Di solito esisteva sempre un “eroe” al quale era demandato il compito di portare dalla lontana patria un pugno della terra di origine o il fuoco sacro.

Se l’eroe non esisteva… lo si creava.

I miti servono anche a questo!

Sul luogo dove si intendeva fondare la nuova città si scavava una fossa, denominata Mundus, in cui si poneva la terra portata dal luogo d’origine in modo da creare una sorta di ideale collegamento tra la nuova e la vecchia patria.

Al di là della controversia terminologica, l’eroe fondatore – e qui torniamo ai “nostri” Romolo e Remo – tracciava il sulcus primigenius mediante un aratro di bronzo trascinato da un toro bianco posto sul lato “esterno” della futura città e da una mucca bianca sul lato “interno”, avendo inoltre cura che le zolle smosse cadessero sempre all’interno del “sulcus”.

Sul solco così tracciato venivano successivamente erette le mura a difesa della città.

Questi riti avevano per i romani un’importanza così fondamentale – e l’ira attribuita a Romolo per l’onta subita da parte del fratello ne sarebbe cruenta testimonianza! – che quando essi conquistavano una città nemica non solo radevano al suolo le mura, ma cancellavano per sempre la sacralità del luogo e dei popoli sconfitti passando con un aratro – in senso inverso – nel sulcus primigenius”. 

Lo strumento veniva orientato secondo le indicazioni dell’augure e, traguardando attraverso le cordicelle fissate su bracci opposti, venivano tracciate sul terreno le linee, tra loro ortogonali, del cardo e del decumanus.

Questo ausilio tecnico – di probabile origine greca – era denominato Groma e, da qui – per afèresi, facendo cadere la prima lettera – secondo il De Angelis… il passo verso Roma sarebbe stato breve!

9. immagine sopra; L’antica Groma utilizzata per poter tracciare le linee del Cardo e del Decumano e realizzare la pianta della città.
 

Il terzo nome “arcano” di Roma.

 

Nullus locus sine Genio est” sosteneva Servio Mario Onorato (IV sec. d.C., uno dei primi commentatori dell’opera del “mago” Publio Virgilio Marone (70 – 19 a.C.).

Ogni luogo ha il suo Genio protettore”, potremmo un po’ liberamente tradurre.

Roma ne ebbe certamente uno e i Romani erano convinti che se il nome “arcano” della loro città – il terzo, forse proprio Amor – fosse stato rivelato ai nemici, costoro avrebbero potuto evocare a loro vantaggio la divinità protettrice e, di conseguenza, lanciare maledizioni sulla città stessa.

Giulio Solino, uno studioso del IV secolo d.C. nella su opera Collectanea rerum memorabilium” sosteneva pertanto che il nome arcano, esoterico della Città eterna era noto solo ai capi di Stato e al Pontifex maximus che lo pronunciava soltanto durante i sacrifici rituali.

Narra infatti Tito Livio che quando nel 396 a.C. Veio cadde in mano ai romani, il console Camillo, venuto a conoscenza che la città etrusca venerava un’importante divinità romana, la evocò così:

Ti scongiuro o Giunone Regina, che ora hai un culto in Veio, di volerci seguire vincitori a Roma ove la tua grandezza avrà un tempio degno di te!”.

 

E – riferisce Celio Firmiano Lattanzio nell’operaScholia in Thebaida” – “Iuno Veiensis migrare se Romam velle respondit…”, ovvero Giunone rispose, assecondando così Camillo e più verosimilmente anche il traditore veientano che suggerì ai romani un ingresso segreto alla città!

Giunti ora al termine di questo nostro brevissimo ‘viaggio’, lasciamo che sia ancora una volta il grande poeta di San Mauro di Romagna a ricordarci gli antichi misteri legati agli arcani nomi dell’Urbs aeterna…

 

“… Risuoni il nome che nessun profano sapea qual fosse, e solo nei misteri, segretamente si innalzò tra gli inni: mentre sull’ombra attonita una strana alba appariva, un miro sole, e i cavi cembali intorno si scotean bombendo.”

(Roberto Volterri)

– Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore. 

10. Riproduzione della celeberrima “Lupa capitolina” conservata ai Musei Capitolini. Scultura bronzea risalente probabilmente al V secolo a.C e generalmente attribuita alla Civiltà etrusca (bassa valle del Tevere). I due gemelli vennero aggiunti durante il Rinascimento e si ritiene che siano stati realizzati  da Antonio del Pollaiolo (foto G. Pavat 2024).

  

….e se volete scoprire altri segreti e misteri di Roma (e non solo…), non potete fare a meno di leggere….

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