Phobos e Deimos, Jonathan Swift…. Il “mistero” delle due “lune di Marte”, di Roberto Volterri

 

Immagine di apertura: Marte, il “pianeta rosso” su cui il 18 Febbraio 2021 è “atterata” la sonda ‘Perseverance’ poco prima delle ore 22 (in Italia).

 

 

Phobos e Deimos, Jonathan Swift….

Il “mistero” delle due “lune di Marte”.

 

di Roberto Volterri

 

“…Hanno anche scoperto due stelle interne o satelliti che girano intorno a Marte, dei quali il più vicino al pianeta dista dal centro dello stesso esattamente tre volte il suo diametro, e il più lontano si trova a una distanza di cinque volte il medesimo diametro. La rivoluzione del primo si compie in dieci ore, e quella del secondo in ventuno ore e mezzo, in modo che i quadrati dei loro tempi periodici stanno approssimativamente nella proporzione dei cubi della loro distanza dal centro di Marte …”

 

Ebbene, cosa c’è di strano nella descrizione sopra riportata, del tutto simile ad una banale osservazione astronomica?

Ovviamente pensiamo subito che questa sia la puntuale relazione su una scoperta compiuta da qualche ottocentesco scienziato interessato allo studio del quarto pianeta del nostro sistema solare, il “pianeta rosso”, Marte.

Valori abbastanza esatti delle distanze dei due satelliti dal pianeta, delle loro dimensioni, delle orbite stabilite in tempi ben definiti, farebbero proprio pensare ai calcoli effettuati da un buon astronomo alle prese con un suo sofisticato telescopio rifrattore durante lunghe osservazioni notturne. Insomma, il ‘caso’ è risolto.

Invece no! Chi ha scritto quelle osservazioni sul “pianeta rosso” e sulle sue due lune non era un astronomo accreditato in ambito internazionale, ma è stato un poeta e  scrittore irlandese, autore non di testi scientifici ma di pamphlet satirici e di normalissimi romanzi. Forse più noto come autore de “‘I viaggi di Gulliver’.

Rispondeva al nome di Jonathan Swift, era nato a Dublino nel 1667 e aveva lasciata questa ‘valle di lacrime’ nel 1745.

Quindi non aveva mai avuta la possibilità di osservare Marte e “dintorni” con nessun telescopio, non si occupava di scienza ma amava scrivere sulle facezie e debolezze dell’animo umano unendo la sua sfrenata fantasia ad una sua innata vena satirica con cui descriveva, sotto metafora, la gente della Francia e dell’Inghilterra del suo tempo.

Eppure egli aveva letterariamente ‘scoperto’ e descritti nel 1726 i due satelliti di Marte, Phobos e Deimos, molto prima della scoperta ufficiale, avvenuta nel 1877, da parte di Asaph Hall, astronomo dell’osservatorio navale di Washington.

O almeno così sembra…

 

2-3. Immagini sopra e sotto: Jonathan Swift (1667- 1745) e una curiosa immagine – quasi da “Incontri Ravvicinati del I Tipo”… – tratta dal suo “I viaggi di Gulliver”.

Nella terza parte del suo “I viaggi di Gulliver”, dedicata anche all’inesistente terra di Laputa,  Swift attribuisce infatti agli astronomi di questo mondo appartenente soltanto alla finzione letteraria, la scoperta di due lune di Marte, non ancora patrimonio delle conoscenze astronomiche dell’epoca.

Laputa sarebbe una sorta di isola rocciosa, volante, con una base di una sostanza simile al diamante, azionata ricorrendo ad un gigantesco magnete poiché gli abitanti di questo strano piccolo mondo sarebbero gente colta, esperta di studi astronomici e dedita alla tecnologia e alla matematica. Insomma dei veri e propri scienziati…

4. Immagine sopra: La prima edizione de “I viaggi di Gulliver” del 1736

 

 

  1. immagine sopra: Secondo JonathanSwift gli scienziati di Laputa sarebbero estremamente progrediti nelle scienze ma dotati di scarso senso pratico, come apparirebbe da questa stampa in cui essi fanno le loro osservazioni astronomiche utilizzando in modo un po’ strambo i telescopi rifrattori!

Lasciamo Swift alla sua finzione letteraria, saliamo su un’immaginaria “macchina del tempo” e arriviamo al 1877 quando Asaph Hall, astronomo dell’osservatorio navale di Washington, scopre che Marte ha sul serio una sorta di due piccole “lune” orbitanti intorno al pianeta rosso in tempi e modi inspiegabilmente molto simili a quelli descritti dallo scrittore irlandese.

E alle due “lune” Henry Madan dà poi il nome di Deimos e Phobos, ovvero Paura e Terrore, traendo ispirazione dalla mitologia greca e dai nomi dei figli di Ares (Marte) ed Afrodite (Venere) che accompagnano il padre in battaglia, descritti nel quindicesimo libro dell’Iliade

 

«Egli parlò, è ordinò al Terrore e alla Paura di preparare i suoi destrieri. E lui stesso indossò l’armatura scintillante
                                                 (Omero, Iliade, libro XV, 119-120)

 

 

 

  1. Immagine sopra: Le due piccole “lune” del pianeta Marte, osservate al telescopio solo nel 1877 ma descritte da Jonathan Swift poco meno di un secolo e mezzo prima, nel 1736, nel suo “I viaggi di Gulliver”.

 

 

  1. Immagine sopra: L’astronomo Asaph Hall, (1829 – 1907) scopri veramente, nel 1877, le due piccole “lune” di Marte già descritte da Swift…

 

In realtà, il periodo di rivoluzione di Phobos è di 7 ore e 65 minuti – un tempo inferiore al periodo di rotazione del pianeta stesso, caso unico nel sistema solare – contro le 10 ore previste da Swift, mentre quello di Deimos  è di  30 ore e 18 minuti invece delle 21 ore e mezza previste dallo scrittore. Licenze poetiche…

Tutte e due le “lune” sono in rotazione sincrona con Marte e pertanto rivolgono sempre la stessa faccia verso la superficie del pianeta. Come la nostra Luna.

Leggendo il romanzo di Swift salta agli occhi anche uno strano passo tratto da “Viaggio a Laputa”…

 

“…il cielo era completamente sereno…Improvvisamente si proiettò un’ombra, molto diversa, a quanto mi parve, da quella prodotta dall’interposizione di una nube. Mi volsi e vidi tra il sole e me un grosso corpo opaco che si muoveva avanzando verso l’isola… A mano a mano che si avvicinava al punto in cui io mi trovavo, mi appariva come un corpo solido, dal fondo piatto e liscio, che brillava molto intensamente al riflesso del mare su di esso… e vidi quel grande corpo discendere fino a porsi quasi sulla mia stessa linea orizzontale…”.

 

  1. Immagine sopra: “… vidi tra il sole e me un grosso corpo opaco che si muoveva avanzando verso l’isola… mi appariva come un corpo solido, dal fondo piatto e liscio, che brillava molto intensamente al riflesso del mare su di esso …”

 

Cosa era la strana “…isola volante…perfettamente rotonda…” nella quale   “… il fondo…o superficie inferiore, quella che si vede guardandola dal basso…” appariva come “…un ampio piatto di diamante lucente…”?

Chi erano, o cosa erano gli “… esseri che uscivano e scendevano lungo i bordi che sembravano in declivio…”   e che lo scrittore afferma di aver visto osservando l’isola volante con il suo binocolo?

Si tratta solo di una – come dire? – curiosa ‘anticipazione letteraria’ alla Jules Verne, una sorta di ‘science fiction’ ante litteram, oppure Jonathan Swift vide effettivamente qualcosa e attinse da qualche sua personale esperienza le sue informazioni  sull’esistenza e sulle caratteristiche dei due satelliti marziani …ancora da scoprire?

O si basò, come sostengono gli irriducibili ‘pragmatici’ della scienza, soltanto sulle conoscenze astronomiche dell’epoca?

Insufficienti, però, a fornire a chi dell’astronomia faceva pratica quotidiana – e non ad un semplice scrittore – la possibilità di annunciarne ufficialmente l’esistenza centocinquant’anni prima del buon Asaph Hall…

Chissà?

 

(Roberto Volterri)

 

  1. Immagine sopra: Il grande telescopio da 66 centimetri dello United States Naval Observatory di Washington, il più potente allora esistente, con cui Ashap Hall vide e studiò le due “lune” di Marte.

 

 

 

PROSSIMAMENTE…….

 

 

 

 

 

 

 

 

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