Pirano & Rupin/Repen, Pirkanmaa, Pyrgi, Kypros/Kibris: i segreti dell’etimologia dei toponimi; di Z. L. Kruse.

 

PIR : Tema con Variazioni

Pirano & Rupin/Repen, Pirkanmaa, Pyrgi, Kypros/Kibris:

i segreti dell’etimologia dei toponimi.

di Zoltán Ludwig Kruse

 

L’etimologia del toponimo Piran è piuttosto chiara e semplice; è il risultato della combinazione di due parole-seme del lessico kingir/šumero: pir & an. Essa è l’espressione verbale appropriata, intonata del glorioso fenomeno celeste di “crepuscolo / aurora”:

 

 2. Immagine sopra: Pir “crepuscolo / aurora”

 

In dettaglio si tratta di:

d UTU (Labat, Deimel s. no. 381), val. fon. pir, par, ud, ut, , “Sole”, (cfr. mag. pír “rossore”, út “via, percorso, viaggio”) “sorgere e tramontare del Sole”, akk. dio Šamaš, (cfr. mag. szemes “occhiuto”) “maestà”, “giorno”; «il segno arcaico è il Sole che sorge; la forma di segno più arcaico sembra di essere la falce lunare crescente [sotto] col Sole che sorge» (Deimel);  

 

BARA2 (Labat, s. no. 344) val. fon. bár, par6 , akk. parakku, “trono divino”, “sacrario celeste”, “Re, Sole”; (Deimel s. no. 344) ancora più ampio è il relativo complesso di significati nel lessico di Deimel che comprende, tra l’altro: bar akk. elîtu (cfr. mag. élet “vita”) “il sorgere, germoglio”, “fare”, “croce, crocevia”, “splendere”, “vedere”, “purificare”,  “muro anulare”, “parentela”, “città di culto/tempio”, “bambino/a” (maš), “gemello”, “la metà”, “mezzadria” (bar), “luminosità, luce”, “luce, il sorgere delle costellazioni” ecc.

Il segno arcaico con cui veniva notata la parola-seme bár, bara2 significante “trono divino”, “sacrario celeste”, “Re”, “Sole” coincide col simbolo della piramide;

tuttavia i quattro bordi del segno sono intersecati da “tre” linee perpendicolari che suggeriscono una trina “emanazione” di energia nelle quattro direzioni cardinali.

 

AN à (Labat, Deimel s. no. 13), val. fon. an , ìl, èl, ilu “cielo” (cfr. mag. menny; él “vive”, Élő “Vivente”), “in alto” (mag. fenn “in alto”, fény “luce”), AN-BIR8 “ardore del Sole, insolazione”, AN-BAR “ferro”, AN-DÙL “protezione” (dall’“alto/cielo”; cfr. mag. andjal/angyal, gr. ángelos, it. angelo, ted. Engel, ingl. angel, rum. înger ecc.), DINGIR “dio, divinità”.

 

  1. Immagine sopra: Il disco “Sole” UTU / pir, par (fonte: Epoch Times; Poesie; 14.05.2020); il vero “Rosso-scudo” (ted. Rot-schild).

Prima di approfondire l’etimologia del toponimo Piran tengo a chiarire gli aspetti fondamentali del tema pir. La parola-seme pir ovvero il “rossore del fuoco-Sole” è il vocabolo con cui esprimiamo il tema dominante della vita sul pianeta Terra. Pir è niente di meno che la base della nostra realtà empiricamente sperimentabile. Questo studio, come del resto tutti gli altri miei studi etimologici, appartiene al genere “Tema con Variazioni”, termine usato prevalentemente in ambito musicale.

 

Il “fuoco” pir cosmico è manifesto nel sincrono e perenne brillare – bruciare – vorticare solare, stellare. La forza-vortice forma la spirale; forma le brillanti galassie stellari spiraliformi.

 

Conviene rendersi conto pure del fatto che mag. pír “Sole/fuoco/rossore” è una parola-seme archetipo di uguale levatura a mag. “pietra”, kör “cerchio”, köt “connette” o út “via, percorso” di cui ho riferito nello studio «Accodi: il nome parlante». Ovviamente il suo utilizzo è stato di gran lunga antecedente alla sua prima documentazione scritta. Nonostante manchino le prove scritte, è del tutto sensato pensare che il genere homo, probabilmente Homo erectus, abbia iniziato a utilizzare la parola-seme pir almeno sin dai tempi remoti paleolitici in cui egli è riuscito ad acquisire la conoscenza del controllo del fuoco, se non addirittura prima. Il controllo del “rosso fuoco” pir è stato un processo prolungato e graduale caratterizzato dalle tre tappe di: conservazione, trasporto e produzione del fuoco. La capacità del fuoco di generare luce e calore, oltre a rendere possibili migrazioni verso climi più freddi, ha offerto agli ominidi la possibilità di cuocere il cibo; un grande vantaggio. 

 

L’astro “Sole” ⊙ šum. UTU, pir, par  – gran Signore “viaggiatore” ⁙ “cinque”, mag. ötös utas, út-úr “via/percorso-Signore / Signore-percorso”, út-ura “Signore del percorso” celeste – è la fonte del rossore e del porporino aurorale-crepuscolare; è il celeste “fuoco”: agr. pûr, gr. pyr, afr. ol. vuur, ingl. fire, luss. Feier, aated. viur, mated. fiur, ted. Feuer, sviz. Für, umbr. pir, it. pira ecc. che brucia, brilla e vortica (lat. brusiare, ingl. burn, ted. bernen per metatesi di r brennen, Bernstein “pietra che brucia” / “ambra”). Il fiammeggiante Sole brucia – brilla – vortica simultaneamente.

 

Forma antropomorfizzata del celeste “viaggiatore cinque” UTU / pir, par è Odysseus/Odisseo, nome del famoso personaggio della mitologia greca. Odysseus è originario, guarda caso, di Itaca detta la “terra del Sole”. Vista l’origine kingir/šum. UTU.KI “Sole-Terra” / “Terra del Sole”, comprendiamo all’istante che Itaca, gr. Ithaki sia un vero nome parlante. L’eroe acheo protagonista principale del poema epico Odissea narrato da Omero è il “viaggiatore” utas per eccellenza che vive varie peripezie focose e dopo “dodici tappe” percorsi in dieci anni riesce a ritornare a casa. I nomi Odysseus e Odissea rivelano una derivazione da gr. odós “via, strada, percorso” che, a sua volta, risale chiaramente a šum. UTU / pir, par “Sole”, con ampi riscontri in magyar: öt ⁙ “cinque”, át “attraverso”, út “via, strada, percorso, viaggio”, di cui úti “di viaggio” utas “viaggiatore”, utazó “viaggiante”, utazás “(il) viaggiare”, útász “pioniere” (soldato col compito di appianamento strade, livellazioni e simili) ecc.

 

La differenziazione semantica del tema archetipale pir ottiene realizzazione tramite il creativo gioco di variazione e permutazione dei fonemi propri al tema, con ulteriore allargamento suffissale. I vocabolari delle nostre lingue sono propriamente pervasi dal tema pir rispettivamente dalle sue multiple forme di variazione. Gran parte delle cose, delle attività e delle emozioni umane “focose” i parlanti di varie lingue le realizzano prevalentemente con esse:

pir, per, par, por, pur; bir, ber, bar, bor, bur; fir, fer, far, for, fur; vir, ver, var, vor, vur; bri, bre, bra, bro, bru; pri, pre, pra, pro, pru; fri, fre, fra, fro, fru; vri, vre, vra, vro, vru; irb, erb, arb, orb, urb; irp, erp, arp, orp, urp; irf, erf, arf, orf, urf; irv, erv, arv, orv, urv; rib, reb, rab, rob, rub; rip, rep, rap, rop, rup; rif, ref, raf, rof, ruf; riv, rev, rav, rov, ruv ecc.

 

Due attività focose fondamentali quali il parlare e il lavorare vengono espressi adeguatamente con vocaboli derivati dal tema pir: lat verbum, it. verbo, parola, sic. palora,  parlare, fr. parole, parler, cat. parlar, paraula, rum. vorbă, vorbire, ingl. word, ol., afr. woord, bask berba, ted. Wort, Wort-wechsel “scambio di parola/e”, armen. baṙ, tam. vārttai ecc.; lat. labor, laborare, it. lavoro, lavorare, aingl. wyrht, ingl. work, ol., afr. werk, got. arbaidjan, aisl. erfida, ted. Arbeit, arbeiten, dan. arbejde, scoz. wark, friu. vore, russ. bul., mac. rabota, pol. robota ecc.. Si tratta  della verità delle parole parlate, della verità del lavoro, della verità dell’esperienza/empirìa.

 

Nella parashah, prima parte del libro di Bereshit, il primo dei cinque libri che compongono la Torah ebraica, si narra della creazione del mondo da parte di Dio.

Bereshit, assonante a mag. piros út “rosso percorso”, significa “in principio”, gr. ghénesis “nascita, creazione, origine”. La semplice variazione del tema pir in ungherese permette evocare ed esprimere la primordiale atmosfera della genesi stellare: pír – forgó – forró – por – pára “rossore – vorticante/vortice – bollente/fervente –  polvere/porvere – vapore” di cui la frase: Forró por és pára forgó pírban forog: a piros-poros útBollente/fervente vortice di polvere e vapore in rossore vortica: il rosso-polveroso percorso” (cfr. akk. eperu “polvere, sabbia”, ebr. afar “terra, polvere”, gr. ápeiros “infinito, infinitesimo”).

 

  1. Immagine sopra: Veduta di Pirano in Istria (Croazia)

 

Pirano-Piran & Rupin/Repen

Ora ritorniamo a Pirano-Piran & Rupin/Repen.

Il toponimo Pirano-Piran come peraltro anche Pirna in Germania e i due oronimi Pirenei (catena montuosa che forma il confine fra la Francia e la Spagna) e Pirin (catena montuosa in Bulgaria), che rivelano la stessa combinazione di parole-seme pir & an/en/in, riflettono fedelmente l’incantesimo del crepuscolo mattutino detto “aurora”, cioè l’apparizione della luce, dorata e talvolta rosea o purpurea e anche ramata, che si manifesta nel cielo poco prima del glorioso sorgere del Re-Sole; ma, ugualmente, anche il fascino del crepuscolo serale che segue al tramonto del Sole. Davanti allo splendore celeste rosso-purpureo siamo tutti quanti sempre commossi. Davanti al numinoso siamo riempiti di stupore. Commossi perché ci sentiamo connessi, rilegati all’origine e, quindi, siamo religiosi (lat. religio, religiosus), nel vero senso della parola.

 

Ascoltando adesso con spirito investigativo i due toponimi Pirano-Piran e Rupin/Repen ricorrenti in due lavori pubblicati di recente su questo sito (“Pirano, non è solo la città del grande Giuseppe Tartini…. .- La donna elettrica di Pirano e altri misteri della Bioluminescenza” di Roberto Volterri e Giancarlo Pavat e nell’immagine di apertura, Mon-Rupin e Repen-tabor, del mio articolo “Tabor : Indagine sull’etimologia dell’oronimo”), rinveniamo che l’ultimo è una variazione del primo, rep/rup essendo forma speculare variata di pir: pir | rip > rep >  rup.

Quindi: Pir-an > Rip-an > Rup-in > Rep-en.

Ovvia l’affinità a lat. ruber, rufus “rosso”, rubedo “rossore”, rubino, ted. Rubin, ingl. ruby, fr. rubis; mentre i vocaboli affini gr. porphyra, lat. purpura it. porpora, fr. pourpier, rum. purpuriu ecc. risalgono a šum. BABBAR (Labat s. no. 381 UTU, pir, par , akk. Šamaš, “Sole”), a cui corrisponde mag. bíbor. Il culto principale di Šamaš si praticava a Sippar e a Larsa, nei templi É-babbar “Dimora dello Splendore” a lui dedicati. Babbar “Splendore / Splendente” era anche un attributo sumerico della divinità, con il quale veniva a volte invocato.

  1. Immagine sopra: Veduta di Monrupino-Repentabor (Trieste) al crepuscolo – foto G Pavat 2019.

 

Di toponimi inizianti con Pir ce ne sono tanti; si trovano quasi in tutte le parti del mondo, ad esempio: Pirinem, Pirda (Russ.), Pirita (Est.; v. bandiera!),  Pirkkiö, Pirlax (Fin.), Pirgovo, Pirdop, (Bul.), Pyrgos, Pireás (Gre.), Pirgoz (Tur.),  Pira (Spa./Cat.), Pirané (Arg.), Pirot (Serb.), Pirovac (Cro.), Piranshahr (Ir.), Piriyapatna (Ind.) ecc.

 

Pirkanmaa

Una forma ampliata di Piran la troviamo nel toponimo Pirkan-maa; esso designa una regione della Finlandia, la seconda per grandezza, il cui capoluogo è Tampere. Interessante notare che nella Pirkanmaa – ove maa significa “terra, suolo, terreno, paesaggio, regione, territorio” rivelandosi quindi come determinativo locativo – è presente una serie di città i cui toponimi contengono la stessa parola-seme pir/par/virr: Parkano, Pirkkala, Pälkäne, Virrat. I colori degli stemmi di Pirkanmaa e di Tampere parlano da sé: rosso fuoco – giallo dorato solare.

  1. Immagine sopra: Panorama della Finlandia.

 

Nonostante i vocaboli piran e pirkan manchino nel lessico finlandese ne troviamo in abbondanza altri, appartenenti alla sfera del rosso fuoco solare: piiri “il cerchio” (cfr. piroetta, Sole), pirteäfresco, animato, sveglio, vivace”, veri (cfr. mag. vér) “sangue”, verinen (mag. véres) “insanguinato”, verenkierto “circolazione sanguigna”, verenvuoto “flusso sanguigno”, veres (mag. veres/vörös “rosso sangue”) “fresco, giovane, nuovo”, verestää “esser rosso sangue”, verevä “purosangue, pieno di sangue”, piru “il diavolo”, pora “trapano” (mag. fúró, forogvortica”), poreilla “ribollire, fervere” (mag. forr, ted. brodeln, perlen), porina “il ribollimento” (mag. forrás “ribollimento, sorgente”), porista “ribollire”, puree “il pure” (frullato), pyrkiminen “aspirazione”, pyrkyri “arrivista, carrierista”, perä (mag. far) “posteriore”, pyrstö “coda” (mag. farok, forog “gira”), perata “purificare”, perhe “la famiglia” (parentela di sangue), perintö “l’eredità” ecc.

 

Pír in mag. significa “rossore”, riferito principalmente al Sole “nascente” e “calante” hajnal-pír & alkony-pír; secondariamente alla “pelle” bőr umana e al “sangue” vér umano: arc-pír “rossore del volto (lett. “volto-rossore”), ajak-pír “rossore della bocca” (lett. “bocca-rossore”); da pír derivano tra l’altro pirul “arrossisce”, pirít “arrostisce”, pirong “si vergogna”, pirongat “rimprovera(re), biasima(re)”, pirongatás “rimprovero” ecc.. Coincidente al toponimo finlandese Pirkan-maa è l’espressione mag. pirkan, sinonimo di pirkad di cui pirkadat “aurora”, che di consueto viene tradotto con “albeggia(re)”. Tuttavia vista la presenza di pir, la giusta traduzione di pirkan/pirkad sarebbe in fondo “rosseggia(re)”.

 

Paragonando i due toponimi Piran (Pirano) e Pirkan (kan è forma contratta di ka.an) osserviamo che tra le due parole-seme pir e an “Sole nascente” – “Cielo” è inserita ka (Labat s. no. 15) significante “bocca”. Quindi la triade pir.ka.an sta a trasmettere il significato allargato di: “rossore del Sole (sorgente)” – “bocca” – “Cielo” che in maniera poetica rivela la suggestiva immagine “La bocca del cielo rosseggia” / “La bocca del cielo (si apre) con/in rossore” / “Rossore (riempie) la bocca del cielo”.

Dicendo pirkan evochiamo, richiamiamo tale immagine incantevole rendendoci partecipi della antica visione del mondo dei Kingir/Šumeri.

  1. Immagine sopra: Crepuscolo serale (foto: Titia Amoneit)

 

Il colore rosso presente negli antichi santuari come ad esempio Lepenski Vir, Çatal Höyük, Knossos ecc., come anche spirali, vortici, ruote, svastiche sulla marea di oggetti di culto e statuine spesso femminili della antica Europa, parlano di questi contenuti “focosi” pirosi che gli esseri umani a “ribollente sangue” caldo (mag. forró vér), irradiati dal perenne fuoco solare della vita, sperimentano (cfr. gr. empiria “esperienza”, ted. “Erfahrung”, empirico “sperimentale”) da sempre sul pianeta Terra.

 

Il “fuoco” pir che vortica e ferve dentro ai nostri corpi carnosi è la “corrente del rosso sangue arterioso/venoso” mag. piros/vörös ér-vér-ár (lett. “rosso/a arterioso/venoso – sangue – corrente/ flusso” / “rossa/o corrente/flusso di sangue arterioso/venoso”). Conviene assaporare questa formulazione coerente e coesiva che si impone per il suo valore rivelatore caratterizzato da auto-evidenza. In effetti l’impiego dei sigilli fonemici p, v, é, á, r avviene in modo corrispondente: p-i-r “sporgenza – vocale più alta – rotazione”, v-é-r “vallivo – vocale di emanazione – rotazione” (cfr. šum. EME, Labat s. no. 32, “lingua, idioma, linguaggio, parlata”), é-r “vocale di emissione/ comunicazione – rotazione”, á-r “vocale centrale di massima apertura – rotazione”. Quanto al colore rosso del sangue è noto che è la (h)emoglobina, proteina a base di ferro-protoporfirina (un tetrapirrolo), che conferisce la colorazione rossa al fluido tessuto connettivo di sapore salato.

 

La nostra stessa umana esistenza sul pianeta Terra è dovuta al “fuoco” pir. Si tratta del fuoco sessuale garante di eccitazione che si manifesta con un aumento del “flusso di sangue” al pene e alla clitoride e che ci stimola all’“accoppiamento” (mag. párzás, ted. Paarung “appaiamento”), grande fonte di piacere erotico e di procreazione di prole e, quindi, di parentela. La voce éros che significa “amore” (ted. “Liebe, Eros”) in greco risulta un prodotto finito privo della peculiarità dell’auto-rivelazione, di cui invece la voce mag. erős dispone.

In effetti erős erő “potente forza” si spiega da sé: è quel “potente” desiderio di relazione sessuale che si instaura tra gli esseri umani con la forza di una calamita e che, chiaramente, è condizionata ed alimentata dal “flusso di sangue arterioso/ venoso” ér-vér-ár. Le voci erő e erős, sviluppate dalla parola-seme polisemica ér “fonte, rigagnolo, arteria/vena; (rag)giunge(re), arriva(re), pervenire, tocca(re), matura(re), ha valore”, sono la continuazione di šum. Erra, nome del forte & potente dio Nergal e sposo di Ereš.ki.gal “Signora/Sovrana/Possente della Grande Terra”, chiamata Ereš (cfr. akk. erištu “desiderio”).

 

Pyrgi – Kypros/Kibris

 Pyrgi è il nome greco di una città portuale abitata dagli Etruschi alle pendici dei Monti della Tolfa, nell’odierna frazione di Santa Severa, nel comune di Santa Marinella nel Lazio.

Il nome etrusco dell’abitato è sconosciuto. Pyrgi è un toponimo che, oltre a quello tirreno, ricorre ugualmente sulle isole greche di Kefalonia, Chios e Korfu. A quanto pare il toponimo esprime un significato universale. In effetti la combinazione Pyr-gi in greco trasmette ancora l’antico significato generico: pyr/pir “fuoco” – “terra/roccia”,  “Sole/rossore – posto/luogo/roccia” che risale a šum. UTU / pir, par “Sole” e KI / ki, ke “paese, terra, posto, regione” (Labat s. no. 381 e 461). L’equivalente mag. di Pyr-gi è: Pír-kő “Roccia/luogo del rossore” col sinonimo Nap-kő “Roccia/luogo del Sole” (cfr. Napoca città principale della Transilvania / mag. Erdély); la traduzione di Pyrgi / Pír-kő in ted. e ingl. risulta: “Sonnenröten – Stein/Gau”, “Morgenröten – Stein/Gau”, “Abendröten – Stein/Gau”. “Sunredness – stone/county”, “Sunrise – stone/county”, “Sunset – stone/county”.

9. Immagine sopra: Pira

Nel nome dell’isola di Cipro, gr. Kypros, tur. Kibris, le due parole-seme componenti Pyr – gi ricorrono in sequenza inversa: gi – Pyr > Ky – pro / Ki – bri, Kypros / Kibris “Pietra – rossa / Sasso – rosso”. Questo attronimo, ovvero “nome parlante”, che ottiene pieno sostegno dai termini šum. zu-bar “rame” & ku-bar “bronzo”, riflette fedelmente le abbondanti giacimenti di “rame” di cui l’isola in antichità disponeva.

 

In relazione alla Pyrgi etrusca Giovanni Colonna scrive:

 

«Notevolissimi anche i pochi avanzi degli altorilievi di stile ionizzante del tempio B e, per la loro unicità iconografica, le coeve antefisse a figura intera attribuite all’ala delle venti celle, con divinità o personificazioni astrali tra le quali si riconoscono il Sole, la Notte, Lucifero a testa di gallo, Eracle e l’Aurora tra i suoi bianchi cavalli». (fonte: Treccani, in “Enciclopedia Italiana”)

 

Ebbene, letto con attenzione rinveniamo che le “divinità o personificazioni astrali” sono dei veri e propri portatori del messaggio universale di “rossore/fuoco” pyr/pir: il fiammeggiante fuoco-Sole pir, che brilla – brucia – vortica “in alto”; la testa di gallo imbeccato, crestato e bargigliato di “rosso” piros, noto simbolo di ardore (bruciore), vigilanza, vittoria (brio) e salute; ed Eracle/Hercle, mitico eroe dotato di forza straordinaria. La sua sovrumana forza era determinata evidentemente dalla “rossa corrente di sangue arterioso/venoso” piros ér-vér-ár di cui il suo corpo atletico era pervaso. È stata proprio questa la fonte della sua “forte forza” erős erő. Mentre “l’aurora tra i suoi bianchi cavalli” si traduce con “rosseggiare – albeggiamento” ovvero piranpirkan.

 

Il rosso “fuoco” pir

I toponimi inizianti con Pir/Pyr esprimono, come già menzionato prima, un significato universale, generico. Uno che è impresso nella memoria collettiva del genere homo. Si tratta del rossore celeste che preannuncia il sorgere e segue il tramonto del fiammeggiante fuoco Sole. È un fenomeno naturale primordiale che gli (h)ominidi hanno sperimentato sin dagli albori della loro esistenza sul pianeta Terra che si fonde poi con la fondamentale esperienza della produzione del bifacciale, loro primo ed a lungo unico arnese di “pietra”.

 

Affini al fuoco solare pír – di cui le variazioni agr. pûr, gr. pyr, afr. ol. vuur, ingl. fire, luss. Feier, ted. Feuer, sviz. Für, umbr. pir, it. pira ecc. – sono le voci: bted. root, rot, rod, ingl. red, bret. ruz, ted. rot, fr. rouge, it. rosso, rum. roșu dan., nor. rød, sve. röd, fri. ros, ol. rood, luss. rout, nynor. raud, scoz. reid, gael. ruadh,  sanscr. rudhira, sard. ruxu, ruzu, rúgiu, ruja, sic. russu ecc..

Esse sembrano essere forme abbreviate di piros/pyros, hanno la loro origine, tuttavia, in šum. RUŠ (Labat s. no. 402), akk. ruššu “rosso fuoco”.

 

Molte sono le gradazioni del colore rosso: r. rubino, r. ruggine, r. mattone, r. cardinale, r. veneziano, r. pompeiano, r. di Persia, r. terra cotta, r. ciliegia, r. corallo, r. melograno, r. scarlatto, r. vermiglione, r. porpora, r. fucsia, r. fiorentino ecc.

Il rosso “fuoco” pir è stato fondamentale per lo sviluppo della civiltà. La cultura della lavorazione della “pietra” , di cui ho riferito recentemente, è stata arricchita fondamentalmente dalla cultura della cottura del cibo; poi anche dalla cultura di produzione e cottura di ceramica e ovviamente dalla cultura della fusione metallurgica dei metalli rispettivamente la loro lavorazione.

 

La rossa pira brucia; frattanto il vorticante processo di bruciatura produce brace e purificazione. A proposito pensiamo chiaramente al purgatorio, lat. ignis purgatorius, ted. Fegefeuer, ingl. purgatory insieme ai derivati: purificare, purezza, purismo, impuro, purgare, purga, appurare, depurare, epurare, pure, purché, puritano, puritanismo. L’aspetto offensivo, aggressivo del “fuoco” è manifesto, invece, in vocaboli come: virus, virale, virulenza, vortice, voracità, ferocia, febbre, lat. febris, ted. Fieber, ingl fever, broglio (elettorale/epidemico), imbroglio; il loro effetto: paura (lat. pavor, ted. Furcht, ingl. fear, rum. frică, alb. frikë) ecc.

Veramente la parola-seme pir con le sue multiple forme di variazione e permutazione costituisce la premessa indispensabile per la realizzazione e l’utilizzo di questa vasta sfera di voci del nostro vocabolario.

La rete di vocaboli derivanti dal tema pir nei vocabolari magyar/(h)ungherese e italiano

Ora ci rivolgiamo al “tesoro di parole” (questa è la traduzione letterale di mag. szó-kincs significante “vocabolario”) della lingua magyar/(h)ungherese e, origliando con spirito investigativo, rinveniamo una parte significativa della rete di vocaboli derivanti dal tema pir che risulta alquanto ampia. La sua base di sostegno è costituita dai “nodi” di parole-seme, notati in grassetto, che praticamente sono variazioni del tema pir:

pír “rossore”, pírkan/pirkad “crepuscola”, piros “rosso”, veres/vörös “rosso-sangue/vivace”, per “processo” (giur.), pereg “vortica”, parázs “brace”,  pirít  “arrostisce”, pirong “arrossisce”, pár “coppia, pàio” (lat. paria, par, paris), páros “geminato” (cfr. l’isola greca Paros geminata con la più piccola Antiparos), pára  “vapore”, porpolvere/porvere”, pór “povero”, bír “può, è capace / in grado”, bíró “giudice”, bér “paga”, bérc “cima, vetta, vertice”, várborgo, forte, roccaforte, castello; attende, aspetta”, várta “osservatorio solare” (ted. Sonnen-Warte), város “città” (cfr. šum. URU-ŠE, etr. spur, lat. urbs), várkő “fortezza-rocca/cittadella” (lett. borgo-pietra/rocca/sasso”); bőrpelle”, bor “vino”, borzad “rabbrivida”, ember “uomo/umano”, vér “sangue”, véres “insanguato, sanguinoso”, nővér “sorella” (lett. “donna-sangue”), fivérfratello” (“figlio-sangue”), var “crosta” (di sangue essiccato), ver “colpisce, pulsa, batte”, vers “poesia, verso”, varr “cuce”, ivar “sesso (maschile ♀ femminile ♂)”, virág “fiore”, virít  “spicca”, virul “fiorisce”, virrad “albeggia” (in fondo “rosseggia”), vírus “virus”, far “posteriore”, farok  “coda”, farkas “lupo” (lett. “con coda”), fér “si colloca/adagia”,  férj “marito, sposo”, férfi “uomo” (cfr. lat. vir), poronty “prole”, porond “arena, maneggio”, bőrönd “valigia” (borsa di pelle/cuoio), börtön “carcere”, barlang “grotta”, paradicsom “paradiso” (luogo riparato), fúrperfora(re)”, furat “foro, perforazione”, forrbolle, ferve”, fordul “verte, rivolge”, forró “bollente” (cfr. it. forno, brace, forgia), forróság “bollore, fervore”, forrás “sorgente, ribollimento”, forgó “vortice, spirale; vorticante”, forog “gira, vortica(re)”, forma “forma”, pereg “gira velocemente”, perem “bordo, orlo, gradone”, peremes “bordato/orlato/a, scalato/a”, piramis “piramide”, labirintus etc.

 

Sono in tanti a pensare che ci sia ben poco di comune tra l’ungherese e l’italiano. Ma, come risulta, le corrispondenze lessicali ci sono, e non poche. In fatti il corsivo ci permette osservare che in alcuni casi (come ad esempio in parázs – brace, forrferve, fúrperfora) la voce italiana, utilizzando ugualmente una variazione dello stesso tema pir, presenti una certa, talora anche forte, somiglianza con la voce magyar/(h)ungherese.

 

E adesso facendo una comparazione vogliamo ascoltare una parte significativa della rete di vocaboli “focosi” contenuti nel vocabolario italiano, che risultano ugualmente variazioni del tema pir:

 

pira, spira, spirale, spirito, pirofilo, pirosi, piromane, pirotecnica, piroetta, piramide, porpora, purpureo, purezza, purga, purità, purulenza, variazione, verace, veracità, verbo, verbalismo, verità, vergine, sverginare, vertebra, vertigine, verve, vortice, Vortumna, Fortuna, viraggio, virago, virata, virile, virilità, virtù, virtuoso, virtuosismo, virus, virulenza, virtuale, virtualità, vorace, voracità, voragine, bargiglio, bersaglio, esuberanza, birillo, birbo, birichinata, birra (bev. fermentata), borgo, boria, burrasca, ferace, ferino, ferinità, Feronia, ferire, fermento, fermentare, fermentazione, fertile, fertilità, fertilizzare, feroce, ferocia, ferro, ferraio/fabbro (lat. faber/ferrarius), fervere, fervore, forza, efferatezza, effervescente, foro, forra, forare, forgia (lat. officina ferrarius), forgiare, foratura, forte, fortezza, foruncolo, vortice, forma, formare, forno, fornace, furia, furbo, furbizia, furfante, furibondo, furioso, furore, furto, refurtiva, parata, paradiso, parare, parto, parola, parlare, parlata, per (x), periferia, perpetuo, perenne, persistenza, peripezia, perla, perlage, perforare, perforazione, permutazione, persona, pirla, pirlare, vampiro, brace, braciere, braciola, braccare, brado, bravata, brigante, brillare, brillante, brillatura, brillio, brio, briosità, brindare, brindisi, brivido, brodo, broglio, bruciare, brutalità, preda, predone, predica, preghiera, pregio, prepotenza, primavera, processo, prode, prodigo, prodigio, produrre, profittare, progredire, progresso, prole, proliferare, prolificare, propagare, protesta, provocare, protuberanza, sporgenza, provvidenza, prudere, prurigine, prurito, fracasso, fragola, fragranza, frate, fratello, fraternità, freddo, freschezza, fregare, fremere, frenesia, frequenza, fresatrice,  friggere, frigo, frigidità, frinire, frittata, frivolezza, frizionare, frizzante, frodare, frollare, frugare, frullare, frullatore, frullino, frutta, fruttare, fruttuosità, arbitro, arbitraggio, arbitrarietà, arbitrio, orbita, orbe, orpello, urbe, urbanesimo, urbano, urbanistica, urbanizzazione, urbanità, rapa, rapace, rapacità, rapare, rapire, rapidità, raptus, rapina, rapinare, rapsodo, rapsodia, reboante, ribelle, ribellione, ribes, ripa, rivale, rivalità, rovo, rovente, rovina, rovinare, robot, robotica, rubare, ruberia, rubinetto, rubino, rubizzo, labirinto & ovviamente moltissime altre ancora. 

 

Notiamo che nella rete di vocaboli del “tesoro di parole” italiano manca la base di sostegno del sistema di nude parole-seme. Ciò nonostante possiamo constatare che la moltitudine di voci derivate dal tema pir con variazioni sia veramente impressionante. Ora è chiaro che anche nelle altre lingue, germaniche, slave, elleniche, baltoslave ecc. la presenza della sfera di vocaboli risalenti al tema pir sia piuttosto forte/evidente. Attraverso la parlata, cioè il linguaggio parlato, verbale, siamo tutti quanti connessi alla verità del “fuoco” pir immanente alle parole. Volente o nolente, sapendolo o non sapendolo.

 

Riflettiamo un attimo. Ma ci stiamo proprio creando tutta questa realtà ideale, tutta questa sfera di vocaboli “giocando” con nient’altro che con la sola parola-seme-archetipo pir? Quasi da non crederci!

Eppure è un dato di fatto concreto semplicemente constatabile. Variandola, permutandola, allargandola con vari suffissi riusciamo a realizzare la differenziazione semantica della generalità essenziale di “rossore del celeste fuoco Sole” pir che brucia – brilla – vortica simultaneamente, condizione prima dell’esistenza della vita sul pianeta Terra.

Ma pure l’opposto di “fuoco” pir/fire/ Feuer/für, il freddo, la freddezza, la frigidità, che in fondo esprimono “mancanza di fuoco”, non riusciamo esprimere diversamente che “giocando” ancora con la stessa parola-seme archetipo pir. A questo punto ci si può chiedere: Cosa sarebbe l’urbe, l’urbanità, l’urbanesimo, che come sapiamo inizia in Kiengi/Šumer con Eridu, Uruk/Warka e Nippur/Nibbur, senza il “fuoco” pir? Niente sarebbe!

 

Il vocabolo urbanità sarebbe impronunciabile. Pir è l’essenza della cultura del urbanesimo. Il sacrario di focolare dell’arcaica abitazione umana è il “nucleo” (mag) di calore e luce intorno al quale si è creato il borgo e si è evoluta l’urbe/città, la polis/pyrgos greca, la spur etrusca/latina ecc. Questi vocaboli sono risalenti ai termini šum. URU, URU-ŠE (Labat s. no. 38) “città”, la città di ERI-DU, la più antica della Mesopotamia meridionale e patria di EN.KI; con essi coincidono: mag. vár “borgo”, város “città” ed erős erőd/vár “forte fortezza” ted. “starke Festung” (cfr. l’inno di M. Luther “Ein feste Burg ist unser Gott” mag. Erős vár a mi Istenünk, it. “Forte rocca è il nostro Dio”); sanscr. púr, pers. aurā, bār, bārū, agr. pyrgos, pólis, gr. póli, lat. burgus, dan. nor. isl. borg, ted. Burg, fr. bourg, fort, ingl. borough, rum. oraș, serbocr. Varoš, lett. pils, pilsēta, lit. pilis ecc.

 

Tanti sono i toponimi contenenti la voce pur/vár che evocano ancora la antica città sacra Nippur, residenza di EN.LIL, Signore dell’universo; ad esempio: Jaipur, Kanpur, Jabalpur, Nagpur Jodhpur, Raipur, Chandrapur in India; Peshawar, Jampur, Khanpur Shikarpur, Khairpur, Shahpur in Pakistan; Székesfehérvár (lat. Alba Regia, ted. Stuhlweissenburg – la “città dei re” in cui avevano luogo le incoronazioni dei re ungheresi), Kapuvár, Vasvár, Kaposvár, Fejérvár, Szigetvár ecc. in Ungheria.

 

In questo contesto è opportuno nominare il megaron, termine «che designa l’unità architettonica che funge da fulcro della realtà palaziale minoica e soprattutto micenea.

10.Immagine sopra: Veduta della Rocca di Micene – foto G Pavat 1986.

 

 Il megaron principale è composto di un unico locale generalmente di dimensioni rilevanti, in cui il sovrano riceveva gli ospiti, consumava i banchetti rituali e ascoltava le rappresentazioni aedico-rapsodiche ad uso privato. Quando un nobile entrava si trovava davanti ad un immenso fuoco, eskhàra, e si intravedeva oltre il re pastore, wanax, questo dava un’immagine del re come una rappresentazione terrena del dio fuoco. Al centro era il focolare, circondato da quattro colonne (poste sui vertici dell’ideale quadrato in cui il fuoco era inscritto) sulle quali potevano eventualmente essere appese le armi.

  1. Immagine sopra: particolare della celebre “Porta dei Leoni” di Micene – foto G Pavat 1986.

 

Mégaron è anche il nome della casa micenea, formata da un’unica grande stanza con al centro un grande focolare e tutt’attorno un mobilio molto grezzo ed essenziale (tavolo, sgabelli e letti)» (Fonte: Wikipedia).

In Garzanti il mégaron viene spiegato in maniera simile come: «(archeol.) sala principale del palazzo miceneo; etimologia: voce gr. deriv. di mégas “grande”».

 

I simboli adeguati a questa descrizione del mégaron sono quelli del “Sole” UTU / pir, par rispettivamente della piramide che conosciamo già:

Alla parola-seme arcaica mag “seme, semenza, grano, nocciolo, nucleo, discendente”, altro grande archetipo presente nella maggior parte delle lingue dell’umanità, di cui derivano tra l’altro mag. magas, “alto, grande, eminente” e gr. mégas “grande”, intendo dedicare uno studio a parte in futuro.

 

(Ludwig Zoltan Kruse)

 

Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dal professor L.Z. Kruse.

 

 

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