VAMPIRI PER TUTTI I GUSTI…..di Roberto Volterri e Giancarlo Pavat

(Immagine 1 – La fattoria fortificata di Prestane, o Prostranigkh in tedesco o Grad Prestranek in sloveno, in una stampa del 1679 di Johan Wikhard von Valvasor (1641-1693). Secondo una leggenda era infestata dai vampiri).

SI CONCLUDE  (PER ORA) LA NOSTRA PERSONALE TRILOGIA SUI VAMPIRI. DOPO SPADE PIÙ O MENO LEGGENDARIE O LETTERARIE APPARTENUTE ALL’ISPIRATORE DEL PIÙ FAMOSO VAMPIRO DI TUTTI I TEMPI, E UNA CARELLATA  DI RITRATTI DELLO STESSO, ORA SI FA SUL SERIO…..

 

CACCIATORI DI VAMPIRI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI A NOI….

 

DALLA TRANSILVANIA ALL’ALTO ADRIATICO; VAMPIRI  PER TUTTI I GUSTI….

 

Vampiro si diventa…

 di Roberto Volterri

 

 … o  si nasce?

Insomma, tutto questo gran parlare di ‘vampiri’ , di ‘vampirismo’, di un sadico Conte dalle insane abitudini notturne – in realtà più eroe nazionale rumeno che… tenebroso succhiatore di sangue altrui! – dovrebbe costituire argomento di conversazione più in ambito medico o far parte di un corso di studi sull’etnografia degli abitanti della lontana Transilvania?

Gli ‘esperti’ di settore dovrebbero essere gli storici o, più ragionevolmente, i medici, forse gli psichiatri?

In queste brevi note non riassumerò certamente le eroiche imprese contro gli odiati Turchi dell’ineffabile Vlad Tepeş – il quale, per alcuni aspetti, avrebbe fatto impallidire anche il ‘buon’ Marchese De Sade… –, non tornerò sull’ormai notissimo ‘vampiro’ di Bram Stoker e sull’ampia e suggestiva filmografia che ebbe proprio le sue origini dopo l’uscita del fortunato romanzo, non mi avventurerò tra ‘paletti di frassino’ e croci (preferibilmente d’argento, come le pallottole necessarie a far passare a miglior vita il degno ‘compare ‘ del ‘vampiro’, il ‘Licantropo’…), no, non farò nulla di tutto questo, ma cercherò di esaminare brevemente alcuni aspetti medico-psichiatrici del fenomeno ‘vampirismo’.

(Immagine 2 – C. D. Friedrich “Abbazia nel querceto” 1808-1810, Alte Nationalgalerie Berlin – Fonte Wikipedia)

Il titolo e l’incipit di questo articolo contengono probabilmente già la risposta al quesito che mi sono posto e che ripropongo all’attenzione dei lettori.

‘Vampiri’ – per alcune alterazioni genetiche – si nasce. Ma in certi casi… ci si diventa.

O, molto più correttamente, alcune caratteristiche del cosiddetto ’vampiro’ rientrano verosimilmente più nel campo delle patologie ematiche che in quello del transilvano folklore contadino.

Come rientrano – in taluni casi – anche nel campo delle patologie di origine psichica.

Almeno questa è l’opinione che chi scrive si è fatta dopo molte primavere (e molte altre stagioni…) passate ad esaminare la letteratura, scientifica o meno, sull’argomento.

Puntualizzo: sono convinto che non esistano, non siano mai esistiti i cosiddetti ‘non morti’. Sono convinto che alcune strane vicende accadute (si dice…) nei secoli andati – ovvero ciò che si racconta intorno al “Brukolakas” greco, il quale aveva la caratteristica di non decomporsi (perché sepolto con rito della religione ortodossa, perché suicida, perché spergiuro, perché…), ciò che si vociferava intorno al “nachzeher” di origine  polacca, ma con ‘parenti prossimi’ emigrati addirittura in Canada, il “nachzeher” affetto, diciamo così, da ‘necrofagia bulimica’ ma scarsamente raffinato poiché si sarebbe accontentato di mangiare incessantemente, nella tomba, il proprio sudario e, in mancanza d’altro, anche le proprie mani e braccia – debbano essere ‘rivisitate’ alla luce delle nostre attuali conoscenze in campo tanatologico, medico in generale e – perché no? – psichiatrico.

 

Immagine 3 – Philip Burne Jones, “The Vampire” (1897), un’affascinante vampira appartenente alle “quote rosa”

Fermo restando il fatto che l’etnografia, il folklore, la storia possono e debbono fornire le basi necessarie ad inquadrare il fenomeno ‘vampirismo’ in un’ottica più moderna, più scientifica, più rispettosa del sempre valido ‘rasoio di Occam’.

Dunque, quali possono essere in ambito medico le vie percorribili per cercare di inquadrare il fenomeno da un punto di vista prettamente medico?

Abbiamo poche ma interessanti possibilità: la ‘Sindrome di Renfield’, il ‘Morbo di Gunther’ e alcune ulteriori anomali comportamenti della complessa entità biologica che chiamiamo ‘Uomo’.

Vediamole una alla volta, estrapolandone alcune da un interessantissimo studio su tutte le sfaccettature del ‘vampirismo’ effettuato anni fa da Massimo Introvigne (“La stirpe di Dracula”, Mondadori 1997).

Proprio in onore di uno dei principali personaggi descritti da colui al quale si deve la diffusione del mito del ‘vampiro’, Bram Stoker, fu denominata ‘Sindrome di Renfield’ tutta una serie di caratteristiche cliniche costituenti la base essenziale dei casi di ‘vampirismo’ annoverati nella letteratura medica.

Nel 1992, Richard Noll, il quale si occupa a Philadelphia di psicologia clinica, enumerò alcune peculiari caratteristiche di questa ‘sindrome’:

 

  • Presenza nell’infanzia del soggetto di qualche cruento evento di natura traumatica, tale da aver fornito al soggetto stesso la possibilità di ‘assaggiare’, volontariamente o meno, il proprio sangue. Con l’avvento della pubertà, tale evento, questi ricordi, queste esperienze possono assumere connotazione ‘sessuale’ e indurre il soggetto a ripeterle per riviverne le piacevoli sensazioni.

 

  • Questa prima fase può suddividersi in momenti di “autovampirismo”, in cui il soggetto, tramite ferite autoinferte, si procura del liquido ematico da bere subito o da conservare, per breve tempo, per future occasioni. Può seguitare con l’ingestione del sangue di piccoli animali domestici ai quali viene sottratto il sangue per essere successivamente utilizzato. Anche i mattatoi sono luoghi ove di frequente si aggirano gli individui affetti da tale particolare sindrome. La fase più avanzata della malattia – perché di malattia pensiamo debba trattarsi, e non di altro – prevede il procurarsi sangue umano da luoghi ove esso viene conservato (ospedali, ad esempio) con la connivenza di personale addetto, oppure – e qui arriviamo al vero e proprio ‘vampirismo’ – ricorrendo ad esseri umani consenzienti o meno. In alcuni casi ricorrendo a delitti veri e propri.

 

  • Aberrazioni di natura sessuale che inducono, per accrescerne il piacere, all’assunzione – durante il rapporto o appena prima di esso – di piccole quantità di sangue del partner o, nei casi più gravi, della vittima vera e propria. In quest’ultimo caso si sconfina nella necrofilia vera e propria.

 

  • Convinzione che l’ingerire il liquido ematico possa far conseguire sensazioni quasi di ‘onnipotenza’, essendo esso alla base del fenomeno della vita degli organismi superiori.

 

Ciò che emerse dagli studi di Noll fu che il ‘vampirismo’, inquadrabile nell’ambito delle caratteristiche fin qui descritte, appare quasi esclusivamente caratteristico del sesso maschile, essendo probabilmente legato anche a fenomeni di natura ormonale.

Ma anche il ‘gentil sesso’, forse per cause diverse, non appare alieno a comportamenti…’vampireschi’.

Vediamone un altro aspetto.

Nel 1964 un medico, tale Dr. Illis, suggerì che alla base di gran parte dei fenomeni etichettati in passato come ‘vampirismo’ ci fosse una rara patologia, causata da una deficienza enzimatica, nota come ‘Morbo di Gunther’ o “Porfirìa eritropoietica congenita”.

 

Immagine 4 – Qualche inquietante manifestazione della Porfiria può aver dato origine tradizioni legate al Vampirismo. Oppure…

 La ‘Porfirìa’ dà origine soprattutto ad una grave forma di anemia emolitica, ovvero di distruzione massiccia dei globuli rossi, e ad una consistente fotosensibiità, con conseguenti manifestazioni di ‘eritrodonzia’ che farebbe apparire eccessivamente bianchi, quasi ‘fluorescenti’ i denti illuminati con luce ultravioletta.

A parte quest’ultimo aspetto (non ci risultano ‘vampiri’ osservati alla ’luce di Wood’!), riguardo a un aspetto dell’iconografia classica del ‘vampiro’, la ‘Porfirìa’ può senza dubbio causare un notevole assottigliamento dei tessuti intorno alle gengive, con conseguente bella mostra dei denti più… vampirescamente prominenti: i canini.

Più in dettaglio, le porfirìe costituiscono un gruppo di malattie a base ereditaria provocanti blocchi nella biosintesi dell’eme, una molecola importante per la formazione di sostanze complesse come l’emoglobina – indispensabile per il trasporto dell’ossigeno nel sangue – e i citocromi, necessari alla respirazione cellulare.

Problemi nella sintesi dell’eme conducono inevitabilmente alla formazione di porfirine accumulatesi nel fegato, nel midollo emopoietico, nella cute.

La carenza degli enzimi necessari alla sintesi dell’eme appare più evidente in seguito al manifestarsi di alcune cause scatenanti, quali sconvolgimenti ormonali, infezioni, stress o assunzione di alcuni farmaci. La Porfirìa è rara in età pre-puberale, appare latente nel 90% degli individui (siamo quindi quasi tutti potenziali ‘vampiri’!) e gran parte dei casi (l’80 %!) costituisce – con buona pace del già citato Noll – la ‘rivincita’ del ‘sesso debole’ nei confronti dei maschi, poiché colpisce donne di età compresa tra i 15 e i 45 anni, scatenata soprattutto da alcuni momenti del ciclo catameniale.

Quali i sintomi (senza allarmarci e rifuggire subito da cibi a base… di aglio) ?

Un persistente dolore addominale, localizzabile però anche nella schiena e nelle gambe, nausea, vomito, tachicardia e, ovviamente… eccessivo pallore del viso, concorrono a fornire un esauriente quadro clinico della ‘Sindrome di Gunther’ o ‘Porfirìa’.

Altre peculiari caratteristiche che forse hanno in passato contribuito a far percorre tale strada agli studiosi del ‘vampirismo’ sono anche un’eccessiva ricrescita di peli intorno a cicatrici, progressive deformazioni delle dita delle mani, del naso e delle orecchie, elementi questi che fanno apparire il malcapitato affetto da ‘Porfirìa’ quasi un tipico seguace del ‘vampiroben illustrato da Friedrich W. Murnau nel film ‘Nosferatu! Eine Simphonie des Grauens’ del 1922, argomento poi ripreso successivamente e più efficacemente nel film interpretato da Klaus Kinski.

Non solo, ma non dimentichiamo che nell’immaginario popolare il ‘vampiro’ è soprattutto una ‘creatura delle tenebre’!

Ebbene, quasi a farlo apposta, i problemi del povero malato di Porfirìa si accentuano notevolmente quando si espone alla luce solare, soprattutto nella gamma dell’ultravioletto, poiché essa funge da catalizzatore nel formarsi delle porfirine cutanee.

Tutto ciò può aver suggerito, soprattutto in passato, che ‘strane’ abitudini notturne, eccessivo pallore del viso dovuto ad anemia e a… scarsa abbronzatura, particolare magrezza degli individui, eccessiva sporgenza dei canini dovuta al ‘ritiro’ delle circostanti mucose, deformazioni delle mani e di alcuni tratti del volto, fossero dovuti al ritorno su questo nostro strano mondo di qualche… ‘non morto’.

 

Immagine 5 – Un bravissimo Klaus Kinsky nel film “Nosferatu, il Principe della notte”

 Nel 1985 ci si mise anche tal dottor David Dolphin, noto chimico dell’Università della Columbia Britannica.

Egli presentò all’American Association for Advancement of Science una sua relazione intitolata ‘ Were-Wolfes and Vampires’ in cui sosteneva che ‘nel Medioevo’ per alleviare i sintomi della Porfirià, chi ne era affetto cercava di bere grandi quantità di sangue, procurandoselo… come poteva.

Aggiungeva inoltre che chi era colpito dalla ‘Sindrome di Gunther’ era particolarmente sensibile all’allicina, e al suo caratteristico odore, contenuta appunto nell’aglio. Purtroppo la sua relazione conteneva alcuni piccoli, ma basilari, errori di carattere storico e medico.

Il dottor John Vellutini fece infatti notare, in un suo articolo intitolato ‘The Epidemiology of Human Vampirism: Porphyria’, che  innanzitutto i casi accertati di comportamento ‘vampiresco’ risalgono al XVII o XVIII secolo e non al Medioevo , anche se tale precisazione, a chi scrive, appare non del tutto rilevante  e in contrasto con ciò che si sa a proposito di ‘casi’ risalenti addirittura all’XI o XII secolo, come quelli, ad esempio, descritti in una curiosa dissertazione pubblicata da tale Walter Map in Inghilterra, nel 1190.

Per non parlare di casi risalenti addirittura ai tempi di Apollonio di Tiana…

Il Vellutini metteva inoltre in evidenza come ingerire del liquido ematico non arrecherebbe alcun sollievo al soggetto affetto da Porfirìa poiché i succhi gastrici annullerebbero inesorabilmente i possibili effetti curativi del sangue.

Effetti ottenibili, invece, mediante opportune trasfusioni, impossibili nei secoli passati.

Rimanendo nell’ambito prettamente medico, anche una semplice anemia, comportante un basso numero di eritrociti e conseguente pallore del volto e delle mani, respiro affannoso, continua stanchezza e, quindi, atteggiamenti che potevano apparire ‘strani’ come la necessità di rimanere a lungo a letto, possono aver suggerito in passato che chi ne era colpito era stato… morso da un ‘vampiro’ e, pian piano, ne stava assumendo le caratteristiche.

Anche la catalessi, comportante una perdita totale del controllo sulla muscolatura volontaria, una rigidità del corpo associata ad insensibilità verso il calore e stimoli dolorifici, potrebbe aver fatto diagnosticare, troppo affrettatamente, un decesso… mai avvenuto, con conseguente, tragica inumazione di un cadavere che tale non era.

Nell’avello, il malcapitato avrebbe potuto ‘risvegliarsi’, disperarsi inutilmente, cercare di mangiare ciò di cui disponeva – il sudario e anche il proprio corpo… – dando così origine a strane e improbabili leggende sui morti di ‘buon appetito’ di cui sono piene le tradizioni popolari di ogni tempo e contrada, come testimonierebbe una introvabile – quasi uno ‘pseudobiblion’ – e strana pubblicazione di Phillip Rohr, del 1679, intitolata appunto ‘De masticatione mortuorum in tumulis’…

 

Immagine 6 – Sono stati trovati alcuni scheletri ai quali era stata posta una grossa pietra tra i denti, forse per impedire al “non-morto” di dedicarsi ancora alla sua attività preferita…

 

Immagine 7 – Roberto Volterri, durante una sua ricognizione in Romania per esplorare la terra dei “Vampiri”, accanto al ritratto del terribile Vlad Tepeş. Con un personale omaggio al film di  Francis Ford Coppola “Dracula di Bram Stoker”…

   

Immagine 8 – Una rara edizione del celebre trattato “De masticatione mortuorum in tumulis”. 

 

Ma perché dimenticare – in questo breve excursus nel campo delle patologie che, in qualche modo, potrebbero spiegare alcuni fenomeni legati al mondo delle credenze popolari in tema di ‘strane creature’ – la ‘licantropia’ che, per alcune caratteristiche, appare parente stretta del più… alla moda fenomeno del ‘vampirismo’?

La cosiddetta ‘rabbia urbana’, ai giorni nostri ormai del tutto debellabile grazie a tempestive vaccinazioni, appare come una malattia infettiva dovuta ad un virus, spesso ad esito letale. Viene descritta addirittura a partire dal VI secolo a.C.

Immagine 9 – Forse alcuni casi di morte apparente hanno dato origine alle vicende dei “non-morti”. Oppure…

L’infezione viene trasmessa dal morso di animale infetto (spesso cani o gatti) o dal contatto di una ferita presente sulla cute del soggetto con la saliva di un animale contagiato.

Esiste poi un particolare tipo di ‘rabbia’ – la ‘rabbia silvestre’ – tipica di zone a scarsa o nulla presenza antropica, in aree dunque dove l’uomo è praticamente assente.

In tali casi l’animale ‘veicolo’ della malattia può ad esempio essere la volpe in Russia, il lupo in Iran, dei tipici chirotteri ematofagi nell’America del Sud, le manguste in Sud Africa e India, alcuni scoiattoli in Nigeria e così via.

I sintomi che possono, in passato, aver fatto pensare seriamente alla trasformazione di un uomo in un lupo si manifestano dopo circa 36 ore e mostrano alterazioni del comportamento e dell’umore, stati allucinatori, eccessiva salivazione.

Nella fase successiva – la cosiddetta ‘rabbia furiosa’ – il soggetto manifesta un’eccessiva aggressività, un evidente strabismo, miosi (caratterizzata da pupilla puntiforme), insensibilità al dolore, idrofobia, ptosi linguale (lingua… a penzoloni), profonda alterazione della voce.

Complesso quadro clinico, questo, che, secoli fa, potrebbe senza dubbio aver fatto diagnosticare una ‘licantropia’ in piena regola, da curare a base di crocifissi e pallottole d’argento!

Ma per tornare al ‘vampiro’, a conclusione del nostro rapido viaggio qua e là tra le ‘creature delle tenebre’, vorrei suggerire ai lettori di effettuare un’escursione in Transilvania, nei territori che videro le gesta del vero ‘Dracula’, ossia Vlad III di Valacchia, il quale, su ‘suggerimento’ di Papa Pio II (potenza della ‘fede’!), in difesa del cristianesimo sterminò circa duecentocinquantamila ottomani.

Come ha già fatto l’autore di queste note, si potrà visitare l’isola situata nel lago Snagov, dove sarebbe stato sepolto l’intrepido Vlad III e poco lontano si potrebbe visitare Tirgoviste, tra XIV e XVII secolo capitale della Valacchia, dove ancora esiste la ‘Curtea Domneasca’, all’epoca residenza del terribile despota, oppure la ‘Torre Chindia’, il palco privato da cui Vlad III Tepes assisteva compiaciuto all’impalamento degli odiati turchi.

Immagine 10 – 11 – Sopra: il ricercatore Dino Coppola con il celebre ritratto di Vlad III Voivoda di Valacchia conservato nel Castello di Ambras in Tirolo  – – Austria – foto Albamarina Coppola 2020. Sotto: Il castello di Ambras in Tirolofoto Albamarina Coppola 2020)

 

(Immagine 12 – Moderna statua di Vlad III a Tirgoviste in Romania).

Dieci chilometri più ad ovest c’è la ‘Curtea de Arges’, a ridosso dell’omonimo fiume, eretta su uno scosceso picco. Da vedere soprattutto al tramonto, quando calano le nebbie e si ode qualche ululato in lontananza…

Visitabile è anche Castel Bran, dove, si racconta ai turisti che l’implacabile Vlad fu tenuto prigioniero. È stato restaurato… sempre per i turisti, in perfetto ‘stile Bram Stoker’!

Il viaggio potrebbe continuare per Sighisoara, dove si dice sia nato Vlad e, seguendo alla lettera il fortunato romanzo di Stoker, passare per Cluj – dove Jonathan Harker fa tappa, dopo essere passato per Vienna e Budapest – proseguire per le impressionanti ‘gole di Turdan’, tagliate nel calcare dei Monti Trascau, transitare per Bistrata e giungere finalmente al più noto Borgo Pass, magari non in carrozza come il ‘buon’ Harker ma su una strada asfaltata che attraversa stupendi prati e frutteti.

Solo, anche qui, finché non si alza la nebbia e c’è ancora la luce del sole…

Immagine 13 – Il celeberrimo castello di Bran, al confine tra Transilvania e Valacchia, in Romania

 

Per chi volesse cimentarsi nella non semplice professione di “cacciatori di vampiri” o, più semplicemente, volesse mettersi alla ricerca delle origini del mito di Vlad III di Valacchia, esistono diversi tour-operator che organizzano viaggi nel crepuscolare “regno di Dracula”.

In Internet se ne possono rintracciare alcuni.

Per il coraggioso (in tutti i sensi!) “turista-fai-da-te”, è possibile suggerire qualche punto di riferimento in loco.

A Borgo Pass, ad esempio, c’è Castel Dracula (tel. 0040-63-266841); a Brasov c’è l’Hotel Alpin (tel. 0040-68-262343) mentre a Tirgoviste c’è l’Hotel Dambovita (tel. 0040-45-613061) e a Cluj ci si po’ rivolgere alla Casa Alba (Tel. 0040-64-432277).

Ovviamente salvo variazioni ‘telefoniche’ apportate in tempi recenti!

 

E se le ricerche ed elucubrazioni del professor Van Helsing, pardon, Roberto Volterri non vi hanno terrorizzato troppo, vi invitiamo a venire con noi a caccia dei….

VAMPIRI DEL CARSO E DELL’ISTRIA

di Giancarlo Pavat

Immagine 14 – Ingresso del paesino di Orehek nel Carso sloveno. Sullo sfondo l’altissimo campanile fortificato della chiesa di Sant’Ubaldo – foto G. Pavat 2019)

Ma se non si vuole arrivare sino in Romania, esistono contrade ben più vicine a noi che in tema di Vampiri non hanno alcunché da invidiare (anzi) alla letteraria e cinematografica Transilvania.

Infatti, se si vuol prestare fede alle leggende e dicerie, il Carso e l’Istria sarebbero state davvero terre titolate ad essere infestate dai crepuscolari “succhiasangue”.

Partendo da Trieste, passato il confine con la Slovenia, lungo la strada che da Prevallo conduce a Postumia, dopo qualche chilometro, sulla destra si incontra un bivio.

Immagine 15 – Il campanile fortificato della chiesa di Sant’Ubaldo a Orehek in Slovenia – foto G. Pavat 2019.

Imboccatolo, si arriva al paese di Nogaredo (in sloveno Orehek, frazione del comune di Postumia) celebre per il suo altissimo e massiccio campanile fortificato del XV secolo, che assieme ad una cinta muraria difendeva la chiesa locale, e per il castello (o, meglio, fattoria fortificata) dei nobili Nussdorf.

Immagine 16 – Giancarlo Pavat, Maurizio Ceppi, Gioia, Francesco e Luca Pavat davanti al campanile della chiesa di Sant’Ubaldo a Orehek in Slovenia – foto G. Pavat 2019.

 

Immagine 17 – Interno della chiesa di Sant’Ubaldo a Orehek in Slovenia – foto G. Pavat 2019.

Immagine 18 – lapide tombale della Famiglia Rossetti all’interno della chiesa di Sant’Ubaldo a Orehek in Slovenia – foto G. Pavat 2019.

 

Lasciato Nogaredo/Orehek in direzione di San Pietro del Carso (in sloveno Pivka), si arriva alla località di Prestane (in sloveno Prestranek). E qui, è davvero salutare tenere a portata di mano aglio e paletti di frassino.

Infatti a Prestane sorge una grande fattoria che un tempo era difesa da una torre rotonda.

Immagine 19 – L’antica fattoria fortificata di Prestane, ovvero Grad Prestranek nel Carso sloveno – foto G Pavat 2019

Oggi Prestane è uno splendido centro per gli appassionati di equitazione, dove si possono fare passeggiate tra i pari e nei boschi e assaggiare le specialità culinarie, come le gustose palačinke, ripiene di marmellata o cioccolata, spolverate di zucchero a velo, cacao o guarnite con panna montata

Immagine 20 – Altro che aglio o rosa canina, a Grad Prestranek è molto meglio gustare le palačinke

Eppure esistono diverse leggende locali, sia di tradizione slava che italiana, secondo le quali la fattoria era (o è) abitata da una stirpe di orripilanti vampiri.

Solo leggende o sciocche superstizioni di contadini ignoranti? Probabilmente sì, anche se qua e là in antiche cronache (a volte nemmeno tanto remote) spuntano fuori strane e misteriose morti (per dissanguamento) avvenute nei boschi circostanti.

Immagine 21 – Moderna targa che ricorda la vicenda dello “strigòn” istriano Jure Grando a Kringa in Croazia.

Ma c’è di più Molto di più.

Il non lontanissimo paesino istriano di Corridico o Coridigo (oggi Kringa in Croazia), nel XVII secolo, fece da sfondo alle sanguinose e vampiresche imprese di un personaggio su cui non si è fatta completamente luce (visto che preferiva muoversi con il favore delle tenebre!) che (da vivo, ovviamente!) rispondeva al nome di Jure Grando. Passato alla storia grazie alla descrizione che ne ha fatto Johan Wikhard von Valvasor (1641-1693) nel suo libro del 1689 “Die Ehre des Herzogthums Krain”.

Sembra, ma non è certo, che questa vicenda abbia ispirato il primo racconto della letteratura europea dedicato a un vampiro, che non è “Dracula” di Bram Stoker, bensì “Il Vampiro” di John Polidori del 1819.

 

Ma torniamo a Corridico e all’inquietante storia dello “strigòn” Jure Grando. Vicenda su cui venne informata anche la Corte asburgica di Vienna, facendo molto scalpore.

Infatti, il problema era che lo “strigon” istriano aveva ufficialmente lasciato questa valle di lacrime nel 1656, ma subito dopo il funerale cominciò a circolare la voce che era stato visto girare per il paese e che aveva importunato (diciamo così) diversi suoi compaesani tra cui lo stesso parroco che ne aveva officiato le esequie.

“Narrano le antiche cronache” che, dopo varie apparizioni (tra cui quella nel letto della sua vedova che era fuggita terrorizzata) si decise una spedizione puniva guidata dal Balivo (Zupan in croato) Radesich (o Radetic) e dal parroco, con i paesani tutti armati di Crocifissi e paletti bene appuntiti.

Entrati nel camposanto di Corridico, con circospezione venne aperta la tomba e la cassa di Jure Grando, il quale venne trovato non solo incorrotto ma pure in ottima forma e forse un po’ paffutello.

Spaventati, i membri della spedizione punitiva, compresero che bisognava agire come da manuale (di ammazza vampiri) e decapitare lo strigon istriano.

Immagine 22 – Una veduta “in tema” di Kringa in Croazia.

Ma, comprensibilmente, la paura era tanta e solo dopo vari tentativi andati a vuoto per scarsità di mira e forza, uno di loro, tale Stefan Milasich, riuscì nell’impresa.

Stando sempre alle antiche cronache e come in ogni film splatter che si rispetti, il vampiro istriano avrebbe lanciato un urlo terrificante (naturalmente dalla bocca della testa decapitata) mentre la tomba si sarebbe riempita di sangue.

Il dotto e rispettabile erudito Johan Wikhard Valvasor ci garantisce nel suo libro che la scena finale nel cimitero di Corridico si svolse davvero nel modo appena narrato;  “… nessun dubbio è permesso quanto allo svolgimento di questa impresa: mi sono io stesso intrattenuto con le persone che vi si trovavano presenti”, anche se da persona di cultura e illuminista ante litteram, lascia intendere di non credere affatto che Jure Grando sia davvero uscito dalla tomba ed abbia vampirizzato in suoi ex compaesani e che tutto non sia stato altro che una sorta di psicosi (diremmo noi oggi) collettiva.

Immagine 23 e 24– Vedute dei resti e della Torre restaurata del Castello di Steinberg nel Carso sloveno. Secondo alcune dicerie, non si sa quanto antiche, anche in questa zona si aggirerebbero sinistre creature delle tenebre – foto G Pavat 2019.

Immagine 26- In basso: anche i ragazzi del Mistery Team Next Generation impegnati a Steinberg – foto G Pavat 2019.

In qualunque modo siano andate le cose, Jure Grando è stato neutralizzato per sempre dal “commando“ di coraggiosi contadini istriani, ma possiamo dire altrettanto delle creature d’incubo che avrebbero abitato nella fattoria di Prestane?

Quindi è meglio non indugiare troppo in quelle contrade quando scende l’oscurità.

Immagine 23 – 24:  il giorno sta finendo e a breve scenderà la sera…meglio affrettarsi ad andarsene…. – foto G Pavat 2019.

Sotto: Ancora un omaggio a C.D. Friedrich “Ingresso di cimitero”, Galerie Neue Meister Dresden – fonte Wikipedia)

 

(Roberto Volterri & Giancarlo Pavat )

 

  • Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dal professor Roberto Volterri.

 

Immagine 25 –  Copertina del libro “Biologia dell’impossibile”

EREMON EDIZIONI          info@eremonedizioni.it

Questo libro di imminente pubblicazione (Eremon Edizioni) vi accompagnerà in una lunga, interessante, a volte incredibile visita tra le infinite stanze che compongono il virtuale “Laboratorio del Dr. Victor von Frankenstein”. Osserverete da vicino qualche esperimento realmente effettuato da medici ai confini tra una geniale follia e il desiderio di far progredire le tecniche dei trapianti. Inoltre vi introdurrete di soppiatto nei laboratori del Dr. Voronoff e vedrete ciò che sperimentava in una villa al confine tra la Liguria e la Francia per donare all’Uomo l’Immortalità. Constaterete come la Natura sia a volte ben più Matrigna che Madre poiché mette al mondo poveri infelici affetti da ogni sorta di anomalie morfologiche. Draghi, mostri veri, finti ed immaginari – forse anche “Vampiri” – vi faranno compagnia per qualche Capitolo mentre vi avvicinerete alla parte più ‘preoccupante’ del libro: le Appendici Sperimentali in cui imparerete a realizzare qualche semplice esperimento che vi introdurrà, embrionalmente, nel misterioso mondo dove si aggirarono Luigi Galvani, Giovanni Aldini, Sergej Voronoff, Ulisse Aldrovandi, Konrad Dippel, Raimondo Di Sangro e vari altri folli ingegni che osarono affacciarsi su un mondo strano, affascinante, a volte… inesistente.

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