Visitiamo assieme: LE MEGALITICHE “CASE DI DRAGO” DELL’ISOLA DI EVIA in Grecia; di Teresa Ceccacci.

 

Immagine di apertura: DRAKOSPITA dell’isola di Evia in Grecia.

 

Visitiamo assieme:

DRAKOSPITA;

LE MEGALITICHE “CASE DI DRAGO” DELL’ISOLA GRECA DI EVIA (EUBEA)

di Teresa Ceccacci (*)

 

 

L’isola di Eubea denominata Evia dai Greci e dai Veneziani Negroponte appartiene alla regione della Stereà Ellada (Grecia centrale), assieme all’isola di Skyros e Avlida e Anthedona sulla terraferma. È proprio questa conformazione geografica a caratterizzare la provincia che diventa insulare e continentale allo stesso tempo. È qui che si trovano le Drakospita, le “Case di Drago.
Queste insolite strutture si concentrano nella parte centrale e meridionale dell’isola. In particolare nella Karistia Meridionale a Styra e sull’estrema punta inferiore a Karystos.
Il grande sviluppo economico, dovuto alla ricchezza dell’entroterra e dall’estrazione del marmo verde, noto anche come pietra di Karystos e la posizione strategica della città e del suo porto hanno attirato molti conquistatori. Il comune di Styra, in antichità era abitato dai Driopi, antica tribù greca, e nel paese di Almyropotamos sono stati ritrovati dei fossili di mammiferi vissuti più di 8 milioni di anni fa.
Assieme alle Drakospita, le “Case di drago, si trovano qui le miniere antiche nei pressi delle Mura Ciclopiche le cui rovine ornano la cima della collina insieme all’imponente porta megalitica di Armenon emblema del comune di Styra.
Il paesaggio di Karystos invece ricorda le Cicladi con valloni sprofondati nel verde e spiagge luccicanti senza fine. La zona è ricca di antiche leggende.
Tornando alle nostre Drakospita, l’isola di Evia risulta l’unica nell’Egeo a possedere questo genere di costruzione.
Se ne contano ventitré in tutto. Queste “case” sono state realizzate tra sentieri impervi e ad una ragguardevole altezza. Costruite senza l’ausilio della malta, presentano un foro centrale ricavato nel tetto per permettere alla luce di entrare. Si tratta di pietre di notevoli dimensioni, calcaree grigiastre piatte accostate e tenute insieme da giunti verticali. Le abitazioni sono spoglie e senza pavimento.

2-3-4 Immagini sopra e sotto; DRAKOSPITA dell’isola di Evia in Grecia

 

La tecnica così come la loro funzione resta un mistero.
Se si considerassero alla stregua di un santuario potrebbero coincidere con un tempio dedicato ad Hera Teleia, ma risulterebbe difficile comprendere la tipologia dei riti officiati nel suo interno. La vetta più alta è il Monte Ochi, Ohis si presenta imponente e domina la regione, tocca i 1400 metri di altezza ed è proprio lì che si conserva la struttura meglio conservata. Si narra che sulla vetta si siano incontrati Zeus ed Hera e che il nome del monte provenga da questo incontro.

5. Immagine sopra: Cartina dell’isola di Evia.

 

Inoltre, nel corso del tempo. Si è pure pensato che queste possenti strutture possenti fossero stazioni di guardia, per le segnalazioni luminose con il fuoco dette Phryktorion o magazzini per approvvigionamento delle derrate alimentari.
La datazione resta tuttavia incerta. Come per le altre opere megalitiche, vengono datate dagli studiosi al VI secolo a.C, lasciando però numerosi dubbi in merito. Secondo Nikolaos K. Moutsopoulos si tratta di edifici megalitici di difficile interpretazione a cominciare dal nome. Infatti, perché chiamarle “Case di Drago”?
I locali le chiamano Dhragò e affermano di riferirsi al modo coraggioso ed esperto con il quale furono costruiti. I pastori della zona notando le enormi differenze con le loro capanne o le case dei villaggi adiacenti, le chiamarono in questa maniera pensando che fossero opere di superuomini, ciclopi o che addirittura fossero abitate da draghi o altre mostruose creature.
Si è ipotizzato che il riferimento al Drago fosse di natura essenzialmente simbolica ed esoterica.

6-7. Sopra e sotto: altre immagini delle “Case del Drago” dell’isola di Evia in Grecia.

Il Drago, creatura mitologica presente nei poemi mitologici come custode dei tesori, lo ritroviamo nel poema delle Argonautiche di Apollonio Rodio (295-215) a guardia del vello d’oro, e trafitto da Peante con un colpo di freccia, a Creta si presenta come il gigante Talos tutto di bronzo. Un automa creato da Efesto come guardiano. Fu realizzato per donarlo a Europa, con lo scopo di fermare tutti coloro che volessero sbarcare senza il suo consenso.
Talos, equivale al Drago custode che sorveglia nascosto (TaleLathe, latere-nascondere) sotto le spoglie persino di un agnello, Thale. I Cretesi nel loro dialetto consideravano Talos un sinonimo di Elios, il Sole.
Nell’”Apocalisse di Giovanni”, il “Drago Rosso” con le sette teste (sette sigilli) e dieci corna insidia la donna vestita di sole.

 

8. Immagine sopra: una “Casa del Drago” dell’isola di Evia.

 

Ma visto che si parla di draghi, sarà il caso di fare un po’ di chiarezza perché sia nei miti, che in araldica, che nel simbolismo esoterico, non tutto ciò che, generalmente viene definito “drago” lo è davvero!
E lo faremo assieme a chi, di simboli se ne intende! Ovvero lo scrittore e ricercatore storico Giancarlo Pavat.
Quello che normalmente anche il profano in materia conosce come “Drago” è generalmente l’essere definito dagli studiosi di araldica, folklore o iconografia sacra come “Drago occidentale” o “Drago classico della tradizione europea”. Per la cronaca è quello che compare nella bandiera del Gallesspiega Pavat “Si tratta di una sorta di rettile, simile ad un coccodrillo di smisurate dimensioni, e quindi con un corpo coperto di scaglie, con quattro zampe, ali membranose d pipistrello, corna, spesso una cresta, coda acuminata e capacità di sputare fuoco e fiamme. Così lo vediamo nell’arte romanica e gotica. Nelle opere miniate era quasi sempre verde in quanto era il colore del veleno. Infatti la creatura era ritenuta capace di emettere effluvi pestilenziali e mortiferi dalle sue fauci. Ne era convinta anche Santa Ildegarda von Bingen, che lo spiega in uno dei suoi scritti.
Il Drago alato unisce il simbolismo del serpente e quello dell’uccello (materia e spirito) l’uno che imprigiona l’altro, l’uccisione del drago libera l’uomo dalle forze che ne irretiscono l’anima e lo spirito”
9. Immagine sopra: Duomo di Trento. Bassorilievo con Viverna.

 

Ma oltre al “Drago occidentale” esistono i:
Draghi serpenti
Ovvero “smisurati serpenti dotati però di una testa draghiforme (o da coccodrillo) con corna ma privi di zampe e di ali.

10. Immagine sopra: lo stemma del comune di Itri in Provincia di Latina

Anche se molti lo scambiano per un normale serpente” prosegue Pavat. Il quale ci ricorda che esistono pure i:
Mezzi draghi o Lindwurm
Il nome deriva dall’antico alto tedesco “Lint”, ovvero tenero, molle e “wurm”, appunto verme o serpente. Questa creatura, detta anche Lindworm in inglese o Lindorm o Linnorm nelle varie lingue derivanti dal Norreno, occupa un posto da protagonista nella mitologia e nelle saghe dei popoli e delle culture nordiche.

11. Immagine sopra: un Lindwurm come compare nello stemma trecentesco di Murnau in Baviera (D) – (disegno di G. Pavat 2014)

Generalmente vive in caverne sulle montagne o sulle sponde di laghi o scogliere. Sebbene esistano alcune varianti, grossomodo era descritto con un corpo serpentiforme, privo di ali ma dotato di due sole zampe artigliate. Portatore di guerre, pestilenze, sciagure d’ogni genere, era pertanto sempre esiziale per l’Uomo e, alla fine, anche per gli Asi, gli dei Norreni destinati a perire il giorno del Ragnarok.

12. Stemma di Klagenfurt, capitale della Carinzia in Austria

Infine, non vanno dimenticate le:
Viverne
Ovvero la creatura mostruosa “più simile al cosiddetto “Drago occidentale”, ovvero al Drago classico della tradizione europea. Si differenzia però per l’assenza delle zampe anteriori. Dotato di ali, non sempre soffia fuoco, (ma anche in questo caso vi sono alcune eccezioni), e in molte leggende e saghe è dotato di uno uncino posto al termine della coda con cui punge i malcapitati, iniettando loro un mortale veleno. Una famosa Viverna è il celeberrimo “Drago di Klagenfurt immortalato non solo nello stemma (risalente al XIII secolo) della graziosa cittadina austriaca capitale del Land della Carinzia ma persino nella rinascimentale fontana monumentale che troneggia al centro della Neuerplatz. In realtà in alcune delle versioni della leggenda il mostro sembrerebbe essere un Lindwurm. Mentre la statua in pietra di oltre sette metri di lunghezza, realizzata nel 1590 dallo scultore Andreas Vogelsang (nel 1636, Michael Honel, vi aggiunse la statua del gigante munito di clava), raffigura un “drago occidentale”. Comunque sia, la testa del drago della Neuerplatz venne modellata basandosi sullo spaventoso cranio ritornato alla luce nel 1335 a Klagenfurt (secondo alcuni resoconti proprio presso in quella piazza). Gli abitanti di Klagenfurt identificarono subito il cranio come quello del mostro, trovandovi, quindi, conferma alla leggenda. In realtà si tratta del cranio di un “rinoceronte lanoso” (Coelodonta o Rhinoceros antiquitatis), un grande erbivoro contemporaneo dei Mammut che si estinse in Europa al termine dell’ultima Glaciazione, circa 10.000 anni fa”.

13. Viverna araldica (disegno di G. Pavat)

 

Tornando alle Drakospita e al mistero che circonda il loro reale utilizzo, giova ricordare, sempre assieme a Giancarlo Pavat, che in “molte antichissime leggende il Drago appare non tanto come una creatura malvagia tout court, ma piuttosto come il geloso e severo custode d’immensi tesori (o di luoghi paradisiaci cui si offre il più prezioso e fragile dei tesori: la Felicità), che si trovano in caverne inaccessibili oppure in arcaiche tombe megalitiche” conclude lo studioso di simboli Giancarlo Pavat (che tra l’altro è uno dei maggiori esperti italiani di Labirinti che in alcune leggende sarebbero anch’essi tane di creature draghiformi o comunque teratomorfe). Ad esempio, in Scandinavia esistono dei siti megalitici non tanto dissimili dalle Drakospita che a partire dal XVIII secolo vennero ritenuti tane di draghi o altre di altre mostruose creature draghiformi del ricchissimo folklore norreno.

 

(*) Teresa Ceccacci, archeologa e scrittrice. Direttore del Museo Archeologico “Amedeo Maiuri” di Fregellae  – Ceprano (FR).

 

  • Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autrice.

14. Immagine sopra: Uno stupendo bassorilievo, forse medievale o rinascimentale, raffigurante una Viverna (o forse un Drago, non è chiaro se abbia soltanto due zampe…) presente nella cripta della chiesa di San Giovanni Battista a Ceccano (FR) e che meriterebbe una più degna collocazione (foto di Roberto Adinolfi).

15. Immagine in basso: un enorme trilite connesso alle Drakospita sull’isola di Evia (Eubea) in Grecia.

 

 

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