Visitiamo assieme; ALLA SCOPERTA DELLE ARCAICHE MURA MEGALITICHE DI CECCANO.

 

Immagine in alto: un tratto della cerchia muraria megalitica visibile presso la diruta chiesa di San Pietro a Ceccano (foto Giancarlo Pavat)

Visitiamo assieme:

ALLA SCOPERTA DELLE ARCAICHE MURA MEGALITICHE DI CECCANO (FR)

di
Roberto Adinolfi (ingegnere)
Teresa Ceccacci (archeologa)
Giancarlo Pavat (ricercatore storico)

 

 

Quando mi trovai davanti a quella nera costruzione titanica, conservata in ottimo stato, quasi non contasse secoli e secoli, ma soltanto anni, provai un’ammirazione per la forza umana, assai maggiore di quella che mi aveva ispirata la vista del Colosseo”

(Ferdinand Gregorovius, “Itinerari laziali 1854-1873”, Edizioni Belvedere 2007)

 

Le massicce fortificazioni delle alture del Lazio Meridionale rientrano nella tipologia delle costruzioni realizzate a secco con grandi blocchi di roccia calcarea.

Le imponenti cinte murarie sono formate dalla sovrapposizione di massi di grandi dimensioni tagliati in forma poligonale.

Le città dotate di mura megalitiche (dal greco, Grandi Pietre) alla stregua di cinte difensive di Tirinto, e Micene nel Peloponneso (Grecia), vennero denominate anche ciclopiche, (fratelli di Saturno) o pelasgiche.

Immagini sopra e sotto: i resti delle Mura Megalitiche presso i ruderi della chiesa di San Pietro a Ceccano (foto Giancarlo Pavat)

I Pelasgi, una civiltà da sempre avvolta nel mistero, la cui esistenza storica risulta ancora oggi controversa, ma su cui diversi autori in passato hanno scritto fiumi di inchiostro.

Si narra che siano una etnia originaria dell’Asia, o Aborigena antica, o, ancora, un popolo arrivato dal mare, o una stirpe generata dalla “terra nera”, e che costretti ad emigrare avrebbero poi occupato il Peloponneso e tutta la Grecia.

Molte località delle terre bagnate dal Mediterraneo conservano infatti enormi blocchi poligonali, secondo diversi studiosi sarebbero la muta testimonianza della presenza pelasgica.

La somiglianza delle tecniche costruttive con questo popolo e la presunta origine preindoeuropea della messa in opera ha permesso tale accostamento.

Erodoto stesso, nelle sue “Storie”, riconduce le maestose costruzioni e i numerosi simboli scolpiti sulle mura proprio al popolo pelasgico.
Tuttavia, l’edificazione delle mura del Lazio non viene fatta risalire oltre VI secolo a.C..

La storia dei Pelasgi, i creatori delle città ciclopiche del Lazio, è ancora avvolta nelle nebbie di un passato da cui non ci giungono documenti attendibili. Ma certo in tutta questa zona, da Veroli a Ferentino, da Artena a Segni, da Norma a Montecassino (per fare alcuni nomi soltanto) vissero i protagonisti di una tecnologia straordinaria, che utilizzarono alture naturali per farne fortezze imprendibili. E tali furono al punto che, più della guerra, le conquistò la pace romana, quando tutte le valli intorno vennero occupate e non ebbe più senso la difesa”.

(Sabatino Moscati da “Nuove passeggiate laziali 1883”)

Le imponenti muraglie che, nella forma più accurata, prende il nome di “opus siliceum”, venne distinta in quattro maniere e presentava piani di posa sfalsati che le conferivano carattere antisismico.

I blocchi accostati e le porte sono spesso sormontate da architravi imponenti.

Qui vediamo davanti a noi mura colossali, di cui ogni pietra non è un grosso pezzo quadrato, ma un vero macigno di forma irregolare e se ci domandiamo meravigliati con quali mezzi si siano potuti sistemare tali massi gli uni sugli altri, si arriva ancor meno a comprendere come sia stato possibile incastrarli in modo da non lasciare il minimo spazio, producendo l’effetto di un gigantesco mosaico lavorato con la massima precisione”

(Ferdinand Gregorovius, “Itinerari laziali 1854-1873”, Edizioni Belvedere 2007)

Le mura destarono e destano ancora oggi, meraviglia e stupore negli occhi dei visitatori. Come dimostrano le citazioni dell’erudito viaggiatore prussiano Ferdinand Gregorovius (1821-1891) e del grande archeologo e docente universitario romano Sabatino Moscati (1922-1997).

Sopra: una suggestiva immagine dei ruderi megalitici presso la diruta chiesa di San Pietro a Ceccano (foto Giancarlo Pavat)

Come in quasi tutti più antici centri abitati del Lazio Meridionale (Alatri, Ferentino, Veroli, Arce, Sezze, Norba, Cori, solo per citare i più importanti) anche a Ceccano, sorta nel Medio Evo sul sito dell’arcaica Fabrateria Vetus, esistono resti di mura megalitiche.

Grazie alla recente opera di bonifica e ripulitura di ampie zone del centro storico ceccanese, voluta e coordinata dall’assessore all’ambiente Riccardo Del Brocco, alcuni tratti di mura sono tornati ad essere visitabili e fruibili al pubblico.

Questi frammenti di un lontanissimo e mitico passato, si trovano tutti nel centro storico di Ceccano e permettono di farsi una idea dello sviluppo della cerchia muraria megalitica.

Il primo tratto è visibile all’esterno della chiesa medievale di S. Nicola, sul lato sinistro del giardino comunale noto come “Hortus Conclusus”. Sono 6 blocchi calcarei diseguali, poggianti su una roccia affiorante per un tratto di circa 2 metri.

Immagine sopra: il tratto di mura megalitiche visibile all’esterno della chiesa di San Nicola a Ceccano. Immagini in basso: I massi ciclopici visibili nella cripta della chiesa di San Giovanni Battista e sul muro laterale esterno (foto Roberto Adinolfi)

Altre 2 porzioni di mura si trovano presso la chiesa di S. Giovanni Battista. La prima è visibile nell’ambiente ipogeo in cui a Natale viene allestito il Presepe e che si apre sotto la sacrestia. La seconda, invece, è costituita da un grande blocco lapideo isolato presente sul muro laterale destro della chiesa.

Il tratto più completo e meglio conservato, si trova sotto i ruderi della chiesa di San Pietro distrutta dai bombardamenti Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.

La ripulitura dell’area volta alla valorizzazione ddll’antico circuito difensivo ha permesso di evidenziare una porzione lunga alcuni metri.

Questa porzione muraria sorge in posizione strategica dominante, quasi a picco sul fiume Sacco 

I blocchi posti in opera di II^ maniera, sono parzialmente lavorati sulla faccia a vista, presentano un taglio sommario e risultano accostati e sovrapposti senza l’ausilio di malta o altri leganti. Gli interstizi riempiti con piccole pietre e materiale di risulta. I paramenti si contraddistinguono per l’aspetto dei tagli resi in maniera differente a seconda della loro posizione nella cinta muraria; in alcuni punti appaiono rozzi e sommari, mentre in altri particolarmente curati.

La stabilità in alcuni punti è garantita dal peso stesso, negli angoli diventa incerta e aggettante verso l’interno.
Non si rilevano trincee di fondazione, ma i blocchi risultano messi in opera direttamente sulla roccia e condizionati dalla naturale pendenza del terreno. Una parte di essi risulta inglobata e immediatamente a ridosso del corpo di fabbrica della chiesa risalente al periodo medievale.

 

Infine, il sito megalitico ceccanese fa parte di una delle raffigurazioni che il dottor Giorgio Copiz (scomparso nel 2019) aveva individuato sul territorio del Lazio Meridionale e che riproducevano alcune Costellazioni. In sintesi, l’insigne studioso aveva scoperto o (come diceva lui stesso) constatato, come le località del Basso Lazio che ospitano le straordinarie muraglie ciclopiche, tracciavano al suolo le figure di dei, semiseria, eroi, mostri, animali, che i nostri predecessori vedevano nel cielo notturno.

In particolare, Ceccano (assieme a Norba, Ferentino, Alatri, Arpino, Atina, San Donato Val Comino, Montecassino, Ausonia, e Alfedena on Abruzzo  e Cerro al Volturno in Molise) “disegna” la “figura” della Costellazione del Leone.

Immagine in basso: mappa di Giorgio Copiz, elaborazione di Roberto Adinolfi.

 

Questo articolo e le iniziative ad esso collegate (come, ad esempio, l’installazione di pannelli esplicativi a cura dell’Amministrazione Comunale guidata dal sindaco Roberto Caligiore e in particolare dell’assessore Riccardo Del Brocco) vuole contribuire a far conoscere a un pubblico più vasto queste vestigia megalitiche ceccanesi, rimaste troppo a  lungo dimenticate.

Roberto Adinolfi (ingegnere)

Teresa Ceccacci (archeologa)

Giancarlo Pavat (ricercatore storico).

Immagine sopra: gli autori dell’articolo nonché dei testi della pannellistica relativa alle mura megalitiche di Ceccano. Da sx: Roberto Adinolfi, Teresa Ceccacci e Giancarlo Pavat (foto Gianluca Riggi)

 

 

 

 

 

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2 commenti:

  1. Salve, è incredibile come l’Italia nasconda ancora tanti segreti. Può essere che le mura pelasgichecdi Ceccano siano state volutamente dimenticate perché scomode per l’archeologia ufficiale?
    Non sarebbe il primo caso. Chissà quali segreti nascondono.
    Con l’arrivo della bella stagione cercherò di andare a visitarle.
    Michela.

  2. ilpuntosulmistero

    Buonasera, sono un’appassionato di misteri archeologici. Non sapevo che a Ceccano c’erano mura ciclopiche. Quindi sono visitabili? Bisogna prenotare? C’è una guida? Bisogna contattare il Comune?
    Vi sarei grato se potreste darmi queste informazioni.
    Grazie.
    Ignazio (Roma)

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