L’ENIGMA DELLA STELE DI NOVILARA di Ferdinando de Rosa e Floriana Bartolucci

Immagine 1; Stele detta di Novilara

(Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “L. Pigorini”, Roma). Lato scritto

 

 

 

L’ENIGMA DELLA STELE DI NOVILARA

 

di Ferdinando de Rosa e Floriana Bartolucci

 

Immagine 2; Stele detta di Novilara

(Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “L. Pigorini”, Roma). Lato figurato

 

La stele fa parte del gruppo III delle stele di Novilara, caratterizzato dalla forma parallelepipeda con base a zoccolo, databile nella seconda metà del VI sec. a. C. Sono ignote le circostanze di rinvenimento della stele; secondo il Brizio proviene da S. Nicola in Valmanente di Pesaro.

La stele fu acquistata dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1892, da dove, il 25 maggio 1904, fu trasferita al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “L. Pigorini”, Roma.

Le considerazioni trattate sono tratte dalla pubblicazione degli AA[1].

Da sempre è nota la traslitterazione di queste 12 righe, dal momento che si tratta di alfabeto del tipo Greco Antico-Etrusco-Italico, scritto da destra verso sinistra, in uso nella nostra Penisola e che ritroviamo nei reperti dei popoli che abitarono anticamente l’Italia nel VI_V sec. a. C. 

 

MIMNIS  ERUT  CAARES  TARES

 

ROTNEM  UVLIN  PARTEN   US

 

POLEM  ISAIRON  TET

 

SUT  TRATNESI  KRUVI

 

TENAC  TRUT  IPIEM  ROTNEM.

 

LÚTUIS  THALÚ  ISPERION  VÚL

TES  ROTEM  TEÚ  AITEN  TASÚR

SOTER  MERPON  KALATNE

NIS  VILATOS  PATEN  ARN

ÚIS  BALES  TENAC  ANDS  ET

SÚT  LAKÚT  TRETEN  TELETAÚ

NEM  POLEM  TISÚ  SOTRIS  EÚS

Nel 2000 erano noti alcuni infruttuosi tentativi di traduzione di questo testo di stele funeraria, ma il fatto che la città di Pesaro fosse situata sulla foce del Fiume Foglia che anticamente era nominato Isauro ci aveva colpito suggerendo che due parole polem isairon significassero <città di Pesaro>.

L’antico greco nella versione dorica e i dialetti italici, dal momento che questa popolazione frequentava le nostre coste insieme a Etruschi, Umbri, Piceni, ecc, sembravano indirizzarci verso la comprensione del testo.

Anche il retro figurato, sempre letto da destra verso sinistra, illustrava scene di battaglia che certamente avevano a che fare con il testo e con il personaggio che era stato sepolto e dopo secoli ritrovato in località Valmanente (non è un caso che il nome derivi da Vallis Manium, cioè Valle dei Defunti).

 

Si vedono personaggi armati e vincitori, in piedi con le lance ed ai loro piedi una strage di nemici a terra e sulla sinistra si nota un triangolo, che nelle antiche iconografie veniva utilizzato per rappresentare il villaggio.

 

La scena in basso sembra indicare il ritorno alla normalità dopo la battaglia, con la caccia al cinghiale e la pratica agricola da parte dell’eroe sepolto ed onorato con la stele, di cui non riuscivamo a carpire il nome.

L’ultima parola infatti che abbiamo compreso è stata MERPON, appunto il nome del personaggio sepolto e nel dubbio sono rimaste per molti anni i vocaboli caares tares, che sospettavamo fossero i nemici, coloro che nella figura erano stati uccisi.

 

Inutilmente abbiamo cercato popoli transadriatici con tali nomi, senza trovarli, fino al 19 gennaio 2019 anno in cui siamo andati a Trieste per un convegno sugli antichi popoli dell’Istria, organizzato dalla Comunità Croata.

Allora siamo venuti a conoscenza del fatto che fra i popoli Istri c’erano anche i Cari e Tari, che possono bene inquadrarsi nella nostra ipotesi.

I venti prevalenti da nord-est in direzione Pola verso Pesaro e da sud-ovest di ritorno da Pesaro verso Pola certamente favorivano la navigazione e le scorribande piratesche note anche in epoca romana nell’Adriatico.

In occasione del Convegno l’Archeologa Kristina Mihovilic’ di Pola ci confermò che esistevano prove archeologiche degli spostamenti via mare in direzione sud verso l’Italia, ritrovate sulle isole istriane.

Ulteriore conferma dei rapporti fra le due coste le abbiamo ritrovate nelle analogie dei reperti della necropoli di Novilara e di quelli dell’Istria.

  Riportiamo la traduzione letterale del testo della stele funeraria, che è ben comprensibile e che nella specifica pubblicazione citata esplichiamo parola per parola:

 

ALL’IMPROVVISO ASSALTARONO CARI  TARI

NON FORTIFICATA UNA VOLTA IN PARTE CHE E’

CITA’ PESARO. QUESTO

ASSALTO CI ATTERRIVA NASCOSTI

CON TENACIA, ATTERRIRONO LA STESSA NON FORTIFICATA

CON LUTTI. RIEMPI’ FINO A SERA CON VOLUTTA’

PER COSTORO IL CARRO. TRATTENNE COSI’ IL BOTTINO

IL SALVATORE MERPON. URLAVA

AI NOSTRI DEL CONTADO DI RAGGIUNGERE LA RIVA.

ESSI  LANCIASSERO CON TENACIA LE LANCE E (FU)

L’ASSALTO. URLARONO PER TERRORIZZARE. LIBERO’

LA NOSTRA CITTA’. A RINGRAZIAMENTO DEL SALVATORE DI ESSA.

 

Possiamo esaminare brevemente le singole parole.
MIMNIS, è simile al latino minimis, che vuol dire al minimo, in poco tempo, all’improvviso! Oppure anche <nimis> che è un avverbio che significa troppo, troppo grande, troppo potente, smisurato, troppo violento, che significherebbe nel contesto un attacco violento e improvviso. ERUT, passato remoto 3 persona pl del verbo eruere (lat eruerunt), irrompre, distruggere. CAARES, è la popolazione istriana dei Cari. TARES, analoga popolazione dei Tari. ROTNEM, aggettivo al caso accusativo collegato al nome polem (città) analogo al latino “ruptam”, interrotta, spezzata, non munita, non fortificata. ÚVLIN, avverbio di tempo nella versione italica più antica, dove ancora non è scomparsa la consonante sibilante <V>, analogo al latino olim, che si traduce un tempo, a quel tempo, allora. PARTEN, avverbio derivante dal sostantivo pars (nominativo) partis (genitivo), cioè parte della città, da leggersi in questo testo <in parte>. ÚS, singolare di quis, quid, che, che cosa. POLEM, accusativo del sostantivo città, nome di origine greca e perfettamente in sintonia con la presenza dei Dori. ISAIRON, è l’antico nome del Fiume Foglia (Isauro) che deriva dal greco <epì auras>, cioè sopra l’acqua, ed è il toponimo che era utilizzato per indicare l’approdo della città di Pesaro, che era appunto situata sul fiume Isauro. Auras, ausa, apsa erano varianti di un termine indicante le acque dolci (apsu era l’abisso delle acque da cui avevano origine i fiumi secondo la cosmologia degli Assiri). TET, questo, ancora oggi il termine è presente in molte lingue aventi questa radice in forma di aggettivo, per es. este (spagnolo), questo (italiano), testo (dialetto) ed era presente e lo è tuttora) nelle lingue antiche slave come voce eto, eti (russo) per indicare questo, questi. SÚT, è facilmente percepibile in questa parola la lontana origine del termine sanscrito <SUT> che indica l’aggettivo …che estrae, che spreme, che costringe e da questo deriva la radice del verbo <ad…sut> andare ad estrarre, andare a spremere, andare a costringere e tanti sostantivi che indicano il risultato di queste azioni di assaltare. TRATNESI, deriva dalla radice del verbo greco tréo o treìo, che ha il significato di prendere la fuga, fuggire tremando, fuggire atterrito, ritirarsi, atterrirsi, essere preso da panico, tremare, temere; in questo contesto l’imperfetto, 3° persona singolare, etrèten che in dorico suonerebbe tratne, trasposizione presente anche nell’altro verbo più avanti kalatne; il riflessivo è dato dal suffisso finale –si, si propone il significato ci atterriva, ci faceva fuggire, ci faceva tremare. KRÚVI, il termine greco krufè (nascondiglio), aggettivo krufios, krufaios (nascosto) quindi nominativo plurale krufaioi, krufi, kruvi cioè nascosti. TENAC, in latino tenax-tenacis significa tenacia, accanimento e l’avverbio tenaciter, reso tenac nel linguaggio di Isairon. TRÚT, la medesima radice del precedente verbo treio o treo , ed in questo caso si tratta di una voce di passato remoto (perfettivo) alla 3° persona plurale, che indica una azione terminata, cioè interpretabile come: atterrirono, presero, conquistarono. IPIEM, identificabile nel latino idem, lo stesso, il medesimo. ROTNEM, ha lo stesso significato dell’aggettivo latino ruptus, che era reso probabilmente in versione italica rotnus, aggettivo è già comparso più sopra nel testo e la traduzione è ovviamente la stessa interrotto, non fortificato, non completo, non munito, spezzato, non difeso. LÚTUIS, la radice latina luctus, da cui deriva anche la parola italiana lutto. THALÚ, è la 3° persona singolare del passato remoto derivante dal verbo greco thalèo (dor.), che nella versione classica è thelèo e che significa: abbondare, riempire, essere pieno, quindi letteralmente fu pieno, fu riempito. ISPERION, dal sostantivo greco <espéra>, sera, vespero, quindi fino a sera. VÚL, in latino l’avverbio <volup> significa <piacevolmente>, con voluttà, con ingordigia, con astuzia. TES, come indicato sopra per la voce TET da tis, ti, pronome indefinito greco per indicare qualcuno ed in questo contesto al dativo plurale (lett. tisì) probabilmente reso come TES significa “a qualcuno”, “a costoro”. ROTEM,  metaforicamente la parte per il tutto e nella fattispecie la ruota per indicare il carro, anche l’antico sanscrito chiamava il carro <roto> o <biroto> (biroccio). TEÚ, dalla stessa radice del verbo latino teneo, è la voce passata perfettiva, cioè il passato remoto, di 3° persona singolare, con il significato di tenne, trattenne. AITEN, avverbio analogo al latino ita, che in italiano traduciamo <così>, la voce greca classica ionica <εíta>, <εíten> ha questo significato, ed ha il suo analogo dorico <aíten>. TASÚR, la radice non abbisogna di molte spiegazioni, bottino, tesoro. SOTER, è il sostantivo greco che significa il salvatore, colui che salva e questo nome compare anche in una parte successiva del testo, in forma genitiva sotris. MERPON, è il nome di persona….. è proprio lui l’eroe…Merpon. KALATNE, dal verbo greco kelào, che nella versione dorica è kalào, in questa caso si tratta di un passato imperfettivo come indicato in precedenza per il verbo tréo, abbiamo il solito suffisso dorico –tne, che in geco classico suonava –ten come ekalaten, ed in dorico appunto kalatne per la 3° persona singolare, con il significato: chiamava, metteva in allarme, convocava, faceva venire, urlava; ricordiamo come Omero spesso ci descrive le tempeste che il povero Ulisse deve superare in un mare urlante per il ribollire della furia dei venti: “kelàdont epì oìnopa pònton, tradotto <urlante sul livido mare>! NIS, analogo al latino nos = noi ed indica l’aggettivo possessivo al caso ablativo, con il significato di <ai nostri>. VILATOS, villaggio, contado, abitanti dei villaggi. PATEN, verbo patèin, cioè andare, raggiungere. ARN, arna, paten arn cioè “raggiunger la riva ”. ÚIS, come il latino quis. BALES deriva dal verbo greco bàllo cioè lanciare. TENAC, la parola è già rappresentata in un’altra parte del testo, in cui viene interpretata come l’avverbio latino tenaciter, nel quale caso il testo potrebbe essere letto “lanciassero con tenacia …..”. ANDS, probabilmente l’equivalente dorico del latino enses le spade, le lance. ET, come il latino ed è la congiunzione e. SÚT, presente nel testo anche sopra tradotto con “l’assalto”, “il combattimento”. LAKÚT, dal verbo greco lekéo nella versione classica che è lakéo nella voce dorica, al passato remoto (perfettivo) di 3° persona plurale, con il significato di: crepitarono, risuonarono, fecero clamore, urlarono.
Immagine 3; Porta d’accesso a Novilara
TRETEN, dalla radice del verbo trémo che significa tremare, trepidare, agitarsi, temere analogamente all’altro verbo simile tréo, qui traduciamo una probabile forma infinita tretein con “per atterrire”. TELETAÚ, dal verbo greco teletào o anche telèo che significa porre fine, liberare e in questo contesto ha il significato di 3° persona singolare al passato perfettivo, passato remoto, cioè pose fine, liberò. NEM, accusativo singolare che indica l’aggettivo possessivo (nos). POLEM, accusativo di polis, cioè città. TISÚ, deriva certamente da un verbo di origine greca arcaica tisao dal significato di pagare, infatti esiste la parola greca tisis che significa paga, mercede, ricompensa e qui assume il significato di “a mercede” cioè “a ricompensa” e quindi anche “a ricordo”. SOTRIS, dal sostantivo soter, salvatore, in questa riga il sostantivo è al caso genitivo singolare (vedi la voce SOTER). EÚS, come il pronome latino is, ea, id che significa egli, ella (essa), esso (essa) che al genitivo assume la forma eius e quindi con il significato “di essa”.

 

(Ferdinando de Rosa – Floriana Bartolucci)

 

Le immagini sono state fornite da Ferdinando de Rosa.

 

[1] <F. De Rosa, F. Bartolucci, “Le Stele di Pesaro e Novilara”Ernesto Paleani Editore, Pesaro 2018, III Ed>.

Stele da Novilara
– Museo Pigorini di Roma

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