I MISTERI DEL SANTUARIO DELLA MADONNA DELL’AURICOLA III parte, di Giancarlo Pavat

 

(Immagine sopra: facciata del Santuario della Madonna dell’Auricola ad Amaseno – foto G Pavat 2018)

I MISTERI DEL SANTUARIO DELLA MADONNA DELL’AURICOLA

III parte

di Giancarlo Pavat.

SVELATO L’ENIGMA DEL CAVALIERE DELL’AURICOLA. 

 

Ma i dipinti dell’Auricola che sembrerebbero celare chissà quali segreti, non sono certamente finiti.

La seconda cappella a sinistra, quella che forse costituiva l’ingresso della chiesa primitiva, ospita sulle due pareti laterali due affreschi decisamente interessanti sebbene recanti ampie lacune a causa del distacco dell’intonaco.

La parte inferiore delle pareti è decorata con un “velarium” che ricorda quello del cunicolo del chiostro di San Francesco ad Alatri in cui si trova l’ormai celeberrimo affresco del Cristo nel Labirinto.

Immagine sopra: il Velarium della seconda cappella a sx della Chiesa dell’Auricola  – foto G Pavat 2016. Sotto il Velarium del cunicolo del Chiostro di San Francesco ad Alatri – foto Comune di Alatri 2012)

(Immagine sotto: una delle Roselline a 5 petali affrescate sul Velarium della seconda cappella a sx dell’Auricola – foto G Pavat 2016)

(Immagine sopra: la Natività affrescata nella seconda cappella di sinistra. Immagine sotto: particolare della Madonna e del donatore – foto G Pavat 2016)

Sulla parete di sinistra si riconosce una Natività. Sono sopravvissuti San Giuseppe, la Vergine distesa e con la testa appoggiata alla mano in un atteggiamento quantomeno curioso e un personaggio (forse un pastore o forse il donatore dell’affresco) inginocchiato in atteggiamento di venerazione.

Sulla parete di fronte, invece, sebbene manchi tutta la sezione centrale dell’affresco, si riconosce, in alto, Cristo nella “Mandorla mistica” o “Vescica Piscis” .

(Immagine in basso: affresco raffigurante con tutta probabilità la scena dell’Ascensione – foto G Pavat 2016).

Il volto di Cristo (Immagine sopra- foto G Pavat 2016), perfettamente conservato, mostra cappelli e barba rossicci. Alla sua destra si nota la testa di una figura femminile, probabilmente inginocchiata in atteggiamento di venerazione. Ha lunghi capelli fluenti anch’essi di colore rosso; si tratta della Maddalena? (Immagine in basso.  Foto G Pavat 2016)

Mentre alla sinistra di Cristo (destra per chi osserva l’affresco), l’ignoto artefice ha effigiato un personaggio maschile coni cappelli sempre rossicci ma decisamente scarmigliati. È forse Giovanni Battista? (Immagine in basso. Foto G Pavat 2016)

Ma qual è il messaggio che vogliono veicolare i cicli affrescati della seconda cappella? Rappresentano due momenti importanti della vicenda terrena di Cristo. La nascita e, probabilmente, l’Ascensione. Ovvero il Verbo fattosi carne, Dio fattosi Uomo, e il ritorno al Cielo, al Padre. Manca la Passione e la Crocifissione.

E in questa omissione qualche ricercatore ha voluto vedervi l’ennesimo indizio di una presenza Templare all’Auricola. Infatti, è rarissimo trovare all’interno di chiese costruite o comunque appartenute all’Ordine, rappresentazioni della Crocifissione.

E un Cristo completamente diverso è stato ravvisato da alcuni storici dell’Arte, affrescato sul pilastro sinistro sempre della seconda cappella. Si tratta di un Cavaliere a figura intera.  

(Immagine sopra: il cosiddetto “Cavaliere dell’Auricola” – foto G Pavat 2016)

Ma chi è il Cavaliere effigiato? E’  davvero Gesu Cristo?

Il Tomassetti, il Giannetta, e non soltanto loro, hanno creduto di riconoscervi San Giorgio.

Personalmente ritengo che l’identificazione con San Giorgio sia assolutamente errata perché mancano alcuni elementi iconografici che accompagnano quasi sempre il Santo. Il cavallo, ma soprattutto il Drago.

E’ rarissimo trovare, in tutta la storia dell’arte, dall’affresco del XIV secolo del Castello di Fenìs in Valle d’Aosta (Immagine in alto – foto G Pavat 1996) al San Giorgio di Paolo Uccello conservato alla National Gallery a Londra, a quello di Raffaello esposto al Louvre, un San Giorgio senza il fedele destriero e l’immondo rettile simboleggiante il Maligno.

(Immagine sopra: il capolavoro di Paolo Uccello conservato alla National Gallery a Londra – UK. Immagine sotto: il capolavoro di Raffaello conservato alla National Gallery a Washington.- USA 

Qualcuno avanzerà obiezioni, spiegando che non è sempre così. Ad esempio, nel “San Giorgio” del Mantegna (1431-1506), custodito alla Galleria dell’Accademia a Venezia. (Immagine in basso – fonte Wikipedia)

Oppure nella “Sacra Conversazione” (con la Vergine ed il Bambino, la Maddalena e, appunto, San Giorgio); del 1521; di Jacopo Palma il Vecchio (1480-1528), tavola conservata a Vicenza, il cavallo manca. Ma il drago c’è. Eccome! Ormai esamine, ai piedi del cavaliere vincitore.

(Immagine sopra: Sigillum Templi – disegno G Pavat 2009)

Ma se non è San Giorgio, allora chi è il guerriero dell’Auricola? Scarto subito la solita “ipotesi templare”. Non si tratta di un Cavaliere del “Valcento”. Non c’è nulla nell’immagine che possa, anche solo lontanamente, farlo supporre. Nemmeno una croce di colore rosso, “patente” o “potenziata” che sia.

(Immagine  sopra: affresco del “Cavaliere dell’Auricola”, particolare degli speroni – Immagine sotto: particolare della decorazione della veste  – G Pavat 2016)

La figura ha la spada sguainata e sollevata da terra, calza guantoni e speroni e indossa mantello e tunica di colore bianco con dei piccoli disegni che sono stati identificati come piccole aquile nere.

Se davvero si tratta di aquile, allora potrebbero contribuire a dare un nome all’armato. E’ stata proposta l’identificazione con uno dei Conti di Ceccano. Ovvero quel Riccardo “de Ceccano“, che fu munifico non solo nei confronti dell’Auricola ma anche verso le Chiese di San Pietro e di Santa Maria ad Amaseno. In quest’ultima venne sepolto come espressamente richiesto nel suo Testamento.

…Sepeliatur in ecclesia sanctae Mariae Castri Sancti Laurentii, patria parentum seu antiquorium sourum…” (Archivio Colonna, III, BB. Liv. N. 9 da “Amaseno” di G. Tomassetti – Roma, 1899).

Ma i dubbi su tale identificazione sono davvero tanti. A inficiare tutto basta il fatto che, se è vero che sullo stemma della schiatta ceccanese campeggia un’aquila, questa non è nera ma d’argento in campo rosso.

(Immagine sopra: Stemma araldico dei de Ceccano visibile nel Palazzo del cardinale Annibaldo ad Avignone – foto sito del Comune di Ceccano)

L’Aquila Nera era il simbolo del Sacro Romano Impero. Che, per inciso ritorna anche nell’Aquila Leporaria del pulpito della Collegiata di Santa Maria ad Amaseno. Simbologia, quella dell’Aquila (o del falcone, come dice don Italo Cardarilli, parroco di Amaseno nonché storico dell’Arte) che ghermisce una preda (animale o uomo che sia), che ha pure un significato esoterico. Il rapace rappresenta la Sapienzialità trascendente,  quella che conduce a Dio, alla quale si abbandona fiducioso il Fedele,  l’Adepto,  l’Iniziato, rappresentato, appunto,  dalla creatura stretta tra gli artigli.

(Immagine sopra: Aquila Leporaria o falcone scolpita sul pulpito della Collegiata di Santa Maria ad Amaseno – foto G Pavat 2016)

(Immagine sopra: l’Aquila Leporaria nella Sala di Ruggero II nel Palazzo dei Normanni a Palermo – foto G Pavat 2017)

Tornando al “Cavaliere dell’Auricola”…. e se fosse davvero Gesù Cristo (come ipotizzato nel 2007 dal compianto professor Marangon). Ovviamente visto come invitto e lucente guerriero, che guida le proprie armate contro le Forze del Male, sotto qualunque spoglie si nascondano. Sebbene l’opera non sia in buono stato di conservazione, sembra di notare attorno alla testa una specie di aureola.

Una immagine “forte”, quindi, ma non così lontana da una certa mentalità ed ideologia che caratterizzava coloro che si definivano difensori della Vera Fede e “Miles Christi“.

Ma spesso si dovrebbe applicare il cosiddetto “Rasoio di Occam”, ovvero il principio metodologico di ricerca che recita “A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire”, formulato nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese Guglielmo Occam (1285-1347).

(Immagine sopra: l’Aquila Sveva)

Infatti esiste un beato che viene ritratto in armatura e con la sopravveste decorata non da aquile nere ma dalle “macchie” dell’araldica “pelliccia di ermellino”, che tra l’altro è il blasone del Ducato di Bretagna.

Si tratta di Carlo II di Châtillon, meglio noto come Carlo conte di Blois (1319–1364), pretendente al titolo di Duca di Bretagna nella “guerra di successione di Bretagna” (una delle fasi della cosiddetta “Guerra dei Cent’Anni” tra Inghilterra e Francia) dal 1341 al 1364.

(Immagine sopra: Carlo II di Blois-Chatillon – fonte Wikipedia)

Se osserviamo un qualsiasi ritratto di Carlo di Blois, la somiglianza iconografica con il “Cavaliere dell’Auricola” è sorprendente.

Ritengo (forte anche del fatto che alla medesima conclusione e’ giunto pure don Italo Cardarilli) che non possano sussistere più dubbi sull’identificazione del “Cavaliere dell’Auricola” con Carlo di Blois). Ma tutto ciò genera altri enigmi.  

(Busto di Carlo di Blois – Versailles- Francia)

 Che cosa ha a che fare Carlo di Blois con il Santuario dell’Auricola ad Amaseno? Apparentemente nulla. Nella storia del pretendente al Ducato di Bretagna non sembra esserci nulla che possa collegarlo al Santuario amasenese. Carlo  morì il 29 settembre 1364 nella battaglia di Auray.

Essendo morto in odore di santità, il processo di canonizzazione iniziò subito ma fu bloccato su intervento di Giovanni duca di Bretagna, ovvero colui che aveva sconfitto Carlo. Sembra che tutti i documenti del “processo” siano andati perduti alla Corte papale quando questa si trasferì da Avignone a Roma. E soltanto nel XX secolo, papa Pio X riaprì la “causa”, giungendo a proclamarlo Beato il 14 dicembre 1904.

Quindi il committente dell’affresco con il “Cavaliere” non solo doveva essere un sostenitore di Carlo di Blois ma lo riteneva “santo” (visto che l’ha fatto ritrarre con l’aureola, ovviamente dopo il 1364) anche se il processo di canonizzazione si era interrotto. Quindi chi era questo committente? Tutto ciò ha forse a che fare con le fasi oscure della storia dell’Auricola?

Un indizio potrebbe essere un altro affresco che ritrae Carlo di Blois e che si trova non molto distante (in linea d’aria) da Amaseno. Anzi, proprio dietro i Monti che fanno da corona all’Auricola.



(Immagine sopra: Giancarlo Pavat durante il convegno “Pelagos”, il 10 novembre 2012 a Palazzo Caetani a Fondi. Alle sue spalle il piccolo affresco raffigurante Carlo di Blois – foto S Palombo.

Immagine sotto: un’altro scatto relativo al convegno “Pelagos” del 10 novembre 2012. Anche in questo caso,  si nota il piccolo affresco con Carlo di Blois, in alto, sulla destra della moderatrice dottoressa Anna Copiz.  – foto S. Palombo).

 

(Immagine sotto; particolare dell’affresco con Carlo di Blois visihile a Fondi – foto G Pavat 2012)

Si sta parlando del piccolo affresco, (datato dalla professoressa Sandra Vasco Rocca  al XV secolo),  visibile in una nicchia all’interno del Palazzo Caietani a Fondi (LT) . Che si tratti di Carlo di Blois (ritratto a mezzo busto ma in realtà la parte inferiore dell’opera e’ andata petduta) non vi è alcun dubbio. Anche qui il Pretendente al Ducato di Bretagna è ritratto con l’aureola che sembra venirgli posta attorno al capo da due angeli in volo. La veste è decorata con il manto araldico dell”ermellino. Si sa poco o nulla anche di questo affresco. Secondo Federica Savelli l’opera sarebbe ascrivibile ai rapporti tra i Caetani di Fondi e la Casa d’Angiò. Soprattutto se pensiamo che durante (e subito dopo) il famoso  (o famigerato) Concilio di Fondi del 1378 (che il 20 settembre elesse come pontefice  Roberto di Ginevra che prese il nome di Clemente VII, da alcuni ritenuto un antipapa, e con cui iniziò il cosiddetto Grande Scisma d’Occidente durato dal 1378 al 1418), la cittadina del Basso Lazio fu sede della Corte papale e vi si diedero convegno importanti personaggi europei,  religiosi e laici, oltre ad ambasciatori dei sovrani alleati di Clemente VII. Tra tutti questi anche cardinali e nobili bretoni con le loro truppe che erano devoti alla memoria del loro antico e sfortunato comandante. Sempre secondo Federica Savelli, il conte Onorato Caetani di Fondi potrebbe aver fatto realizzare l’affresco nell’avito Palazzo, per rendere omaggio a Luigi d’Angiò,  parente di Carlo e alleato dei Caetani. Oppure l’opera sarebbe collegata ad un altare (forse sottostante la nicchia e oggi scomparso) voluto sempre da Onorato I° Caetani in quanto investito di un titolo onorifico legsto a Carlo di Blois. Ovvero l’Ordine francese dell’Ermellino.

Il problema è che questo Ordine è  stato creato ufficialmente nel 1381 da Giovanni IV di Monfort. Famiglia rivale dei Blois e quindi non sarebbe pertinente con Carlo. Ma molti storici d’Oltralpe ritengono che l’Ordine sarebbe stato fondato qualche anno prima dai fedeli bretoni di Carlo e successivamente “scippato” dai nemici Monfort.

(Immagine sopra: Castello e Palazzo Caetani a Fondi  -foto G Pavat 2012)

Aldilà di queste ipotesi, un ulteriore conferma indiretta che l’affresco di Fondi raffigura Carlo di Blois sta nel fatto che successivamente venne coperto come se fosse stato colpito da una “damnatio memoriae”. Responsabile tutto ciò fu certamente Onorato II Caetani (1441-1491) che, schierato con gli Aragonesi contro gli Angiò aveva più di un motivo per cancellare la memoria della vecchia politica e il ricordo degli alleati francesi dei suoi antenati.

È possibile che quanto si è scritto in merito al ritratto di Carlo di Blois visibile a Fondi, possa valere anche per l’affresco dell’Auricola? Non si può escluderlo a priori. Ma sono necessari ulteriori ricerche  e studi.  Per ora, rimangono ancora molti enigmi e quesiti a cui dare risposta.

Fine III parte – continua. 

(Giancarlo Pavat)

(Immagine in basso: il fianco sx della Chiesa della Madonna dell’Auricola – foto G Pavat 2012)

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