MARGHERITA DE CECCANO, LA DUCHESSA DIMENTICATA; di Giancarlo Pavat

La vera Storia della Contea di Ceccano.

MARGHERITA DE CECCANO

LA DUCHESSA DIMENTICATA

 di Giancarlo Pavat

In tutta Italia e in Europa sono note le gesta delle grandi famiglie nobili come i Colonna, gli Orsini, i Visconti, gli Svevi, gli Altavilla, i da Camino, gli Ezzelino (solo per citarne alcune), che hanno fatto la storia dell’Europa occidentale nel Medio Evo e nel Rinascimento: ma a questo novero mancano, incredibilmente, i membri della stirpe dei Conti de Ceccano.
Difficilmente, per non dire impossibile, trovare traccia nei manuali scolastici o nei libri divulgativi, dei Conti de Ceccano. Eppure i membri di questa famiglia comitale hanno dominato una vasta porzione del Lazio meridionale per diversi secoli. Molti di loro sono stati grandi protagonisti delle vicende storiche e politiche dell’Europa medievale.

 

Nemo propheta in patria, giusto per citare la celeberrima frase pronunciata da Gesù Cristo e riportata in tutti e quattro i Vangeli canonici (Matteo 13,57, Marco 6,4, Luca 4,24 e Giovanni 4,44). E infatti si cercherebbe invano nella loro capitale, Ceccano (la romana Fabrateria Vetus) una via, una piazza, un vicolo, intitolati a uno qualsiasi degli appartenenti alla stirpe comitale.

2. Immagine sopra: Avignone, “Bibliotheque Ceccano”.  stemma dei Conti di Ceccano. Si tratta dell”unica raffigurazione coeva originale nota del blasone dei Conti de Ceccano. Fu fatta realizzare nel XIV secolo dal cardinale Annibaldo (IV) de Ceccano in quello che era il proprio sontuoso palazzo.

Dopo l’estinzione, nel XV secolo della linea maschile dei Conti, una sorta di damnatio memoriae ha colpito la nobile schiatta.

Damnatio memoriae che è  stata impietosa ovviamente anche nei riguardi di una Contessa del XIV secolo, la cui stessa esistenza dimostra, invece, l’importanza che aveva, appunto, assunto la Famiglia de Ceccano nel panorama italiano dal Medio Evo sino alle soglie del Rinascimento. Si tratta di Margherita de Ceccano.

 

3. Immagine sopra; Castello dei Conti de Ceccano (foto Archivio de IlPuntosulMistero)

Margherita era figlia di Riccardo (II) de Ceccano detto “Vetulus” e Francesca Caetani, uccisa assieme agli altri figli dal nipote, il terribile Francesco III de Ceccano.

Era sorella di Cecca, ovvero Francesca de Ceccano, che la nominò sua erede.

Suo nonno era il famigerato Giovanni (III) de’ Ceccano, guerriero violento e spregiudicato politico e avventuriero, che devastò Terracina e venne imprigionato da Bonifacio VIII. Sarà anche per liberarlo dalla dura prigionia e per vendicarlo, che i Conti de Ceccano organizzeranno e parteciperanno attivamente (sembra con 800 soldati) alla congiura contro il Pontefice che culminerà con l’assalto al Palazzo anagnino di Bonifacio VIII e con l’episodio passato alla Storia come “Schiaffo di Anagni” (7 settembre 1303).

4. Immagine sopra; lo “Schiaffo di Anagni” in una incisione francese del XIX secolo.

Margherita fu a lungo in lite con le nipoti Francesca e Giovanna e con i cugini Goffredo e Landolfo III de Ceccano per il controllo di Carpineto e con Pietro Caietani per il feudo di Gavignano.

Altri problemi li ebbe con Tommaso II de Ceccano che si impossesserà con l’inganno della sua parte (un quarto) del Castrum Sancti Stephani (l’odierna Villa Santo Stefano nell’alta valle del fiume Amaseno). Margherita si rivolgerà al rettore di Campagna e Marittima che, a nome del Pontefice, intimerà a Tommaso II di restituirle i beni.

Margherita sposò in prime nozze Carlo de Cabannis (1301-1340), figlio di Raimondo conte di Eboli e Gran Siniscalco del Regno di Napoli. In realtà, diversi storici ritengono che Carlo fosse figlio dello schiavo ebreo “moro”, convertito al Cristianesimo e affrancato Raimondo De Cabannis. Carlo sarebbe poi diventato per legge figlio adottivo del de Cabannis, acquisendone in questo modo i titoli, il blasone e le ricchezze.

5. Immagine sopra; Tomba di Raimondo de Cabannis, conte di Eboli

Qualunque sia la verità storica, da Carlo Margherita ebbe 3 figli: Catuzia, Giovannella, e Raimondo (detto anche Raimondello), nato nel 1328 a cui venne dato il nome del nonno, naturale o legale che fosse.

 

Recentemente le due figlie, Catuzia e Giovannella, sono finite all’attenzione di alcuni ricercatori storici in merito alla citazione che ne fa la madre nel proprio Testamento.

Purtroppo, recentemente in un convegno a Ceccano, un sedicente esperto ha riferito che il Testamento della Duchessa di Lucera,  è contenuto nella “Cronaca di Fossanova”, o “Annales Ceccanenses”, compilata quasi due secoli prima!! No comment sul livello culturale di questo relatore.

Infatti il Testamento di Margherita  de Ceccano venne redatto il 17 giugno 1384, nel Castello di Maenza (oggi in provincia di Latina ma all’epoca facente parte della Contea di Ceccano), nel salotto della testatrice, posto presso la camera della stessa.

Il Testamento è stato tradotto dal latino medievale da Umberto Germani nel 2002 (e pubblicato a cura dell’Associazione Culturale Fabraterni), basandosi sui testi in lingua originale riportati da Michelangelo Sindici nel volume “Ceccano, l’antica Fabrateria”.

Nei miei due libri “Valcento. Gli Ordini monastico-cavallereschi nel Lazio Meridionale” (2007) e “Nel Segno di Valcento” (2010), entrambi pubblicati dalle edizioni Belvedere di Latina, ho segnalato il seguente passo del Testamento della Duchessa;

Così delle case del Tempio site in Terracina […] La testatrice lascia alle sorelle Catuzia e Giovannella, sue figlie, ogni diritto di rendita sulle acque, l’altura e il canale che la rasenta, il diritto di frantoio, i pedaggi delle case del Tempio e tutti gli altri profitti, redditi, evenienze e pertinenze di Terracina spettanti alla testatrice per qualsiasi diritto, titolo o causa”.

Queste “case del Tempio site in Terracina” potrebbero essere afferenti a beni immobili situati in una zona della città portuale nota, appunto, come Tempio”, probabilmente perché in epoca romana vi sorgeva un luogo sacro pagano.

6. Immagine sopra: Terracina (LT), la sinistra Chiesa del Purgatorio. (Foto Archivio de IlPuntosulMistero). 

7. Immagine in basso: il Capitolium di Terracina (LT). (Foto Archivio de IlPuntosulMistero). 

 

Oppure riferirsi a possedimenti un tempo appartenuti ai Cavalieri Templari (e che, nella seconda metà del XIV secolo, quando l’Ordine del Tempio era ormai soppresso da anni, erano in mano alla Famiglia dei de Ceccano e, in particolare, nelle disponibilità personali della Duchessa di Lucera.

Nel secondo caso si avrebbe la prova storica della presenza (ipotizzata da diversi studiosi ma mai dimostrata con certezza) dei Templari a Terracina.

Ovviamente quel passo del Testamento non può nella maniera più assoluta essere utilizzato come prova che i Conti di Ceccano fossero appartenenti all’Ordine, come da qualche tempo millantato  da certi autonominatisi esperti storici.

8. Immagine sopra: scorcio del Castello Svevo-angioino di Lucera (FG). Nel 1976, al suo interno sono state girate diverse scene del film “Soldato di Ventura” di Pasquale Festa Campanile e con il grande Bud Spencer nella parte di Ettore Fieramosca (9. Immagine in basso)

Tornando a Margherita, rimasta vedova si risposò con Pietro Pipino, da cui ebbe un figlio Giacomo (o Jacopo).

Pietro era conte di Vico (che oggi si chiama Trevico e si trova in provincia di Avellino) e duca di Lucera (oggi in provincia di Foggia).

10. Immagine sopra: l’anfiteatro di Lucera (FG)

 

Pietro era figlio di Giovanni Pipino da Barletta, conte di Lucera e di Giovanna di Altamura contessa di Minervino.

11. Immagine sopra: il Castello Svevo di Barletta (foto G. Pavat 2017)

La Famiglia dei PIPINO di Barletta era “di modestissima origine, seppe elevarsi a nobile condizione mercè il favore dei più potenti principi che la resero degna di molti onori” (da Giovan Battista di Crollalanza “Dizionario Storico-Blasonico delle Famiglie Nobili e Notabili Italiane estinte e fiorenti”; 2° vol. Arnaldo forni editore 1965). “[…] originaria francese e fu portata nel Regno di Napoli da Gualtiero Pipino Consigliere e Capitano di Carlo I d’Angiò, il quale seguendo le armi di lui, stabilì la sua famiglia in Aquilam> […]” (da Berardo Candida Gonzaga “Memorie delle Famiglie Nobili delle province meridionali d’Italia”; I° vol., De Angelis e Figlio 1875). 

“[…] la Casa Pipino di Barletta da bassi natali, fu dalla Fortuna accresciuta co(n) molto sp(l)e(n)dore, e grandezza, a(l) te(m)po del primo, e del secondo Carlo […]” (da Camillo Tutini “Dell’Origine e Fondazione dei Seggi di Napoli” Luciano editore 2005).

12. Immagine sopra: lo stemma dei Pipino da Barletta si presenta d’argento con tre conchiglie di San Giacomo oro in banda azzurra.

 

Con questo matrimonio, Margherita contessa di Ceccano (nel frattempo aveva ereditato il possesso di metà della capitale dell’antica Contea) divenne pure la potente Contessa di Vico in Capitanata (oggi Trevico in provincia di Avellino) e duchessa di Lucera in Puglia.

13. Immagine sopra: la cosiddetta “Torre picta” del Castello  comitale di Ceccano (FR). Secondo alcuni studiosi, il matrimonio tra Margherita de Ceccano e Pietro Pipino sarebbe stato celebrato proprio in questo ambiente. (Foto Archivio de IlPuntosulMistero)

Relativamente a Ceccano, il 25 ottobre 1376, Margherita ricevette il giuramento di fedeltà da parte dei cittadini. Ma oltre a metà dell’antica Fabrateria, la contessa ebbe in feudo diversi castelli e borghi nel Basso Lazio e in Campania, come Cava dei Tirreni e Aversa.

La vicenda di un suo presunto ritiro in convento è del tutto priva di riscontri storici. Anzi. Margherita visse sempre in maniera sfarzosa, immersa nel lusso. Intelligentemente si tenne fuori dalle contese e guerre che vedranno coinvolta la famiglia del marito. L’ultimo periodo della sua vita lo passerà nel Castello di Maenza, ancora oggi esistente in provincia di Latina.

14. Immagine sopra: il Castello di Maenza appartenuto a Margherita de Ceccano (foto G. Pavat 2016)

 

Al momento della stesura del Testamento nel Castello di Maenza, sia il secondo marito, Pietro Pipino, che il figlio Giacomo, erano già deceduti.

Dopo la morte della contessa Margherita (di fatto unica erede, de facto e de jure, dei de Ceccano del ramo di Riccardo (II) “Vetulus”) il maniero maentino passerà al figlio avuto dal primo matrimonio, Raimondo (Raimondello).

 

Il quale, in ricordo della madre, Margherita de Ceccano duchessa di Lucera, creò il proprio stemma inquartato, inserendo nel secondo e terzo quarto la gloriosa “Aquila” dei de Ceccano e nei rimanenti quarti le due onde azzurre poste in fascia in campo d’oro dei de Cabannis.

15. Immagine sopra: il blasone di Raimondello de Cabannis visibile nel Castello di Maenza – LT (disegno G.Pavat 2023)

16. Immagine in basso: il blasone dei Caietani di Sermoneta. Simile ma non uguale a quello di Raimondello de Cabannis. 

Raimondo (Raimondello) non ebbe figli maschi, pertanto i beni ereditati dalla madre Duchessa di Lucera toccheranno alla figlia Margherita (II) e al genero Francesco III Caietani di Sermoneta.

Con il figlio della coppia, Raimondo (il suo Testamento è datato 18 aprile 1504 ma dovrebbe essere morto attorno al 1556) inizierà il ramo Caietani di Maenza. Circostanza testimoniata anche da una lapide in cui si ricordano i restauri del castello maentino voluti da “Raimundus Gaitanus”, Raimondo Caietani, appunto.

Poi, come si accennava all’inizio, un velo di oblio scenderà sulla storia di questo ramo dei de Ceccano. Un velo che speriamo, con questo breve articolo, di contribuire a dissolvere.  

(Giancarlo Pavat)

17. Immagine sopra: il Castello dei Conti de Ceccano visto dalla riva destra del fiume Sacco (foto G. Pavat 2023)

Se non altrimenti specificato, le immagini sono tratte da Wikipedia, che si ringrazia 

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